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Introduzione
Il presente lavoro è frutto della ricercata volontà di cimentarsi per la prima
volta nella traduzione letteraria di un testo dalla lunghezza maggiore e che presentasse
questioni linguistiche interessanti da poter analizzare e, successivamente,
approfondire. Il romanzo in questione è Jamás, nadie di Beatriz Rivas, pubblicato per
la prima volta a Città del Messico nel 2017 dalla casa editrice Alfaguara.
La scelta di tradurre Jamás, nadie deriva innanzitutto dall’interesse personale
suscitato dalla narrativa ispanoamericana, in aggiunta alla volontà di trattare oltre che
una tematica estremamente attuale, l’immigrazione, una storia di cui molti non hanno
mai sentito parlare.
Il libro, ispirato ad eventi realmente accaduti e occultati dall’omertà della
comunità messicana fino agli anni 2000, narra le vicende di Yan, un giovane orientale
che recatosi a Torreón nel 1910 in cerca di fortuna, si ritroverà quello stesso anno
coinvolto in un vero e proprio massacro in cui perderà i suoi cari. Un drammatico
evento che lo vedrà costretto a vivere con il peso di essere sopravvissuto.
Per presentare al meglio il suddetto lavoro, si è deciso di ripartire il presente
elaborato in tre capitoli.
Nel primo capitolo vengono fornite informazioni relative al libro e alla
scrittrice, ponendo particolare attenzione al suo processo di ideazione e scrittura del
romanzo, alla particolare struttura in cui vengono narrati gli eventi, giungendo infine
a un excursus storico utile a fornire le dovute informazioni al lettore, trattandosi di un
evento poco noto alla collettività. In seguito, viene fornita un’analisi quanto più
completa delle principali caratteristiche del libro dal punto di vista lessicale, sintattico
e stilistico, esplicando, inoltre, quelle che sono le particolarità dello spagnolo
messicano, varietà in cui viene scritto il romanzo.
Nel secondo capitolo viene presentata la proposta di traduzione parziale del
libro con relativo testo originale a fronte.
Nel terzo capitolo, infine, dopo aver fatto accenno all’approccio traduttivo
adottato con riferimento ad alcune figure della storia della traduzione, viene fornita
un’analisi del testo di arrivo, affiancata da esempi volti a rispecchiare le scelte
traduttive adottate.
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Naturalmente, sono state prese in considerazione parti del testo che avrebbero
potuto generare problemi traduttologici e la cui la resa in italiano avrebbe potuto,
pertanto, essere non immediata ma frutto di ricerca e studio, considerando le
divergenze linguistiche e culturali delle tre culture: quella messicana, italiana e cinese.
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Capitolo I
Analisi del testo di partenza
1.1 Introduzione all’autrice: Beatriz Rivas
1
Beatriz Rivas nasce il 9 maggio del 1965 a Città del Messico. Maggiore di tre figli,
Rivas ha vissuto la sua infanzia in una piccola casa di campagna assieme alla sua
famiglia, che ha svolto un importante ruolo per quello che sarà il suo futuro in quanto
scrittrice. Infatti, sua madre, insegnante e pittrice dalla fervida immaginazione, ogni
giorno, durante il pranzo, raccontava a lei e ai suoi fratelli delle storie inventate al
momento. Ciò non fece che alimentare la sua immaginazione. Inoltre, entrambi i
genitori sono sempre stati degli abili lettori. Rivas ha vissuto la sua vita contornata da
libri ed è per questo che è cresciuta con il desiderio di voler diventare una scrittrice.
“De ahí viene mi vena literaria
2
”, afferma.
Prima ancora di iniziare la sua carriera professionale ha vissuto a Parigi per un
anno, studiando francese e civilizzazione alla Sorbona. Purtroppo, il 1982 si rivelò
essere un pessimo anno per la sua permanenza nella città dell’amore. L’allora
presidente messicano, José López Portillo, impedì il flusso di dollari all’estero. Fu così
che Rivas si ritrovò a vivere in un alloggio più modesto e a lasciare l’accademia d’arte
a cui si era iscritta. “Acabé en un cuartucho para estudiantes – en el que apenas cabía
una cama individual y un guardarropa minúsculo – con un baño compartido y un
minuto de agua caliente, y eso si lo pagabas
3
”. Di notte, lavorava come tata, nonostante
la sua esplicita avversione per i bambini.
Inaspettatamente, questo momento difficile per Rivas si trasformerà in qualcosa di
decisivo per la sua biografia. Come nei film, fu proprio sulle rive della Senna che
conobbe Daniel Paz, un professore uruguaiano che insegnava alla Sorbona letteratura
iberoamericana. Paz la introdusse a Cortázar regalandole Rayuela, un suo romanzo, il
1
Le informazioni contenute in questo paragrafo sono state rielaborate da due interviste reperibili su
Youtube: un’intervista programma radiofonico ¡Qué tal Fernanda! nel 2018, la seconda con Ruiz
Healy, J. nel 2020. I rispettivi link che rimandano alle interviste sono stati inseriti nella bibliografia.
Inoltre, sono state aggiunte ulteriori informazioni fornite dalla stessa autrice nel corso di
conversazioni private con il traduttore.
2
Ecco da dove nasce la mia vena letteraria (traduzione mia).
3
Sono finita in un dormitorio per studenti – che a malapena aveva spazio per un letto singolo e un
armadio – con un bagno in comune e un minuto di acqua calda, tutto questo pagando (traduzione
mia).
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più famoso all’epoca, considerato il corrispettivo dell’Ulisse di James Joyce, e
impartendole successivamente qualche lezione informale durante incontri pomeridiani
nei café. Da quegli incontri, la vena letteraria di Rivas dovette attendere qualche anno.
Si iscrisse a Giurisprudenza presso la Escuela Nacional de Estudios Profesionales
(ENEP) Acatlán, che lasciò presto, e a giornalismo presso la Universidad Nuevo
Mundo, ormai non più operativa. A metà carriera accademica ottenne lavoro
all’Imevision, l’ente governativo che gestiva le stazioni televisive del governo
federale. Lì incontrò il suo primo marito con il quale si sposò non appena compiuti
ventidue anni.
Qualche anno dopo Rivas diventò il braccio destro di José Gutiérrez Vivó, celebre
conduttore del famoso notiziario mattutino Monitor, per poi diventare responsabile
delle edizioni speciali del programma. La sua carriera progrediva mentre il matrimonio
con suo marito andava a rotoli.
Ormai stabilita a casa dei genitori e in ricerca di un nuovo lavoro, prese parte, per
la prima volta, ad un laboratorio di lettura assieme al romanziere Edmundo Valadés.
Ne seguì un altro alla Universidad de las Américas. All’improvviso, la scrittrice si
mise all’opera. Grazie alla partecipazione al laboratorio di Guillermo Samperio uscì il
suo primo libro collettivo, Las mujeres de la Torre (1996).
Dopo alcuni anni di lavoro nel campo dei media, pur sempre coltivando un certo
interesse per la scrittura, Rivas fondò Info Press, un’agenzia volta a fornire notizie e
sintesi di opinioni e comunicati stampa. Dopo la nascita della sua unica figlia, frutto
del suo secondo matrimonio con lo scrittore Francisco Martín Moreno, l’allora
cancelliere Jorge Castañeda la assunse come consigliera. Nello stesso periodo, Rivas
stava scrivendo il suo primo romanzo, La Hora sin Diosas, pubblicato nel 2003.
Amante dei viaggi, della lettura e del whisky, Rivas decise di vivere finalmente di
ciò che le era sempre interessato, i suoi romanzi. Iniziò il secondo, Viento Amargo
(2006), lasciando incompiuto il master in letteratura contemporanea alla Universidad
Iberoamericana.
L’autrice di Todas mis vidas posibles (2009), dei due volumi di Amores Adúlteros
(2007; 2011) e di Dios se fue de viaje (2004) ha tenuto diversi laboratori di scrittura.
Idea che deve a un’altra scrittrice, nonché amica, Ruth Reséndiz. Fu un incontro del
tutto fortuito in palestra, in cui la Reséndiz chiese a Rivas di poterle fare da assistente.
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All’epoca Rivas non poteva permettersi di pagarne una, dunque, nacque una
scommessa: questo laboratorio di scrittura si sarebbe svolto solo se la Reséndiz
avrebbe raggruppato sei persone che potessero prendervi parte. Ciò accadde circa
sedici anni fa. Da allora, con una frequenza di più o meno un anno, vengono fuori
nuovi romanzi. “Es muy rico ver después de unos dos años de esfuerzo cuando te
entregan tu libro. Es una emoción maravillosa. O sea, estás viendo un esfuerzo
tangible. Ahí está.
4
”.
Per Rivas, scrivere, che si tratti di un romanzo o di un’antologia di racconti, può
essere ricondotto solo ad un’esperienza positiva. Anche riguardo i rapporti con
l’editore, noti per risultare spesso problematici, Rivas afferma di non aver mai
incontrato ostacoli. “Era muy respetoso, muy delicado. Era un gran lector
5
” sono le
parole con cui Rivas descrive l’editore, nonché scrittore, Ramón Córdova. La scrittrice
ricorda Córdova con molto affetto, visto che fu l’editore della sua prima opera
pubblicata nel 2003, e lo descrive come il miglior editore del Messico. “Jamás tuve
problemas con él. Era un hombre que sabía cual era tu estilo y dentro de ese estilo te
hacía sugerencias para mejorar, para que brillaras más
6
”.
E riguardo al processo creativo, Rivas lo paragona ad un sandwich:
Yo tengo la tapa de arriba y la tapa de abajo, me falta el relleno. Y lo voy rellenando. A
veces tengo que modificar un poco el final. Pero normalmente acaba como lo pensé.
Que sean novelas completamente inventadas o con personajes históricos
7
.
(Rivas, El proceso creativo en la escritura de Beatriz Rivas, 2020)
4
È fantastico quando, dopo due anni di sforzi, ti consegnano il tuo libro. È un’emozione unica. Vale a
dire, è uno sforzo tangibile. È lì davanti a te (traduzione mia).
5
Era un uomo che portava molto rispetto, molto delicato. Un gran lettore (traduzione mia).
6
Non ho mai avuto problemi con lui. Era un uomo che conosceva il tuo stile e, tenendone conto, dava
suggerimenti volti a migliorare il libro, affinché splendesse di più (traduzione mia).
7
Io ho la prima e l’ultima fetta. Mi manca il ripieno, che costruisco pian piano. A volte mi capita di
dover modificare un po’ il finale. Generalmente, però, termina come l’avevo pensato. Questo che si
tratti di romanzi con personaggi completamente inventati o che ci siano personaggi storici realmente
esistiti.
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1.2 Introduzione al libro: Jamás, nadie
8
Jamás, nadie, il più recente romanzo di Beatriz Rivas, pubblicato nel 2017 dalla
casa editrice Alfaguara, affronta un cruento capitolo che la storia del Messico ha in
tutti i modi cercato di occultare: il massacro di 303 membri della comunità cinese nel
1911, nel pieno della Rivoluzione messicana.
Anche se all’interno del libro troviamo messaggi positivi, di speranza e
riconciliazione, Rivas pone l’accento sulla società che prese parte a questo massacro,
avvenuto per mano dei soldati maderisti e degli abitanti di Torreón che non persero
occasione di aggredire gli stranieri giunti nel loro paese: vedevano nella dedizione e
nella frugalità dei cinesi una minaccia per le loro opportunità. Non a caso i cinesi sono
riconosciuti per essere lavoratori instancabili, anche di domenica, demolendo dunque
il celebre concetto di siesta; vivevano all’interno delle loro stesse attività, così da
risparmiare su tasse e imposte; preservavano i propri costumi conquistando sempre più
i coahuilensi per il loro prezzo migliore.
I soldati e il popolo di Torreón non erano i soli, difatti anche le istituzioni
fomentavano l’odio e incoraggiavano al massacro della comunità cinese. Furono
istituite delle tasse speciali solo per chi era cinese, vi erano delle leggi che impedivano
alle donne messicane di sposare chiunque avesse una provenienza asiatica, e qualora
lo avessero fatto, avrebbero perso la nazionalità. Vi erano campagne che li insultavano
pubblicamente, ad esempio con manifesti posti su pali che mostravano messicani
vigorosi accanto a cinesi più deboli con su scritto “Éstas son las enfermedades que nos
pueden traer
9
”.
Nel frattempo, il governo, pur discriminandoli, continuava a servirsi della loro
forza lavoro a buon mercato. Il Messico, infatti, aveva un forte bisogno di manodopera
economicamente accessibile in una zona ormai disabitata. Le istituzioni avevano
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Le informazioni contenute in questo paragrafo sono state rielaborate da due interviste reperibili su
Youtube: un’intervista programma radiofonico ¡Qué tal Fernanda! nel 2018, la seconda con Ruiz
Healy, J. nel 2020. I rispettivi link che rimandano alle interviste sono stati inseriti nella bibliografia.
Inoltre, sono state aggiunte ulteriori informazioni fornite dalla stessa autrice nel corso di
conversazioni private con il traduttore.
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Queste sono le malattie che possono portarci (traduzione mia).
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timore della presenza di enormi territori abbandonati accanto a un vicino avido e
approfittatore, gli Stati Uniti d’America.
Sebbene avessero preferito ricevere migranti europei, ad accettare tali condizioni
di lavoro furono i cinesi. Porfirio Díaz avrebbe voluto gli europei affinché la razza
messicana si “imbiancasse”, peccato che questi non avessero alcun interesse a lavorare
in Messico.
She Yan, il protagonista di questo romanzo, ha appena quindici anni quando migra
da Canton, in Cina, a Torreón, in Messico, alla ricerca di una vita migliore. A spingerlo
è la siccità, e di conseguenza la fame, che la sua città natia sta soffrendo. Così, nel
1910, raggiunge a Torreón, città del nord del Messico, suo padre, suo fratello e suo
cugino, che si erano già stabiliti lì da qualche tempo. Il loro intento era quello di
lavorare duramente, senza mai lamentarsi e con devozione, come di consueto secondo
la loro concezione del lavoro, per poter racimolare abbastanza denaro da inviare
successivamente alle donne della famiglia rimaste a Canton e dare loro un futuro.
Questo finché l’invidia e l’odio finirono per avvolgerlo in un vortice di sangue e di
morte. All’alba del 13 maggio 1911, 303 membri della comunità cinese a Torreón
furono perseguitati e assassinati durante la presa della città da parte dell’esercito
maderista, in occasione dell’inizio della Rivoluzione messicana. Quel giorno il
giovane Yan vedrà morire i suoi cari nella maniera più spregevole: verranno umiliati
e, successivamente, i loro corpi massacrati. Da quel momento in poi quella di Yan sarà
una corsa contro il tempo. Fuggirà per mettersi in salvo. Incontrerà diverse donne nel
suo cammino, che in modo diverso lo distoglieranno da tutto quello che ha vissuto.
Finirà per ricostruirsi una vita, cercherà di cancellare ogni traccia della sua origine:
non a caso, il suo nuovo nome sarà Juan. Gestirà diverse attività con cui mantenere la
sua nuova famiglia, perché sì, il suo cuore sarà in grado, nonostante tutto, di amare
incondizionatamente sua moglie Luz e sua figlia Mía.
Eppure, tutto questo non basterà mai a fargli dimenticare tutti gli attimi di terrore
che ha vissuto. Vivrà in eterno con il senso di colpa di non aver fatto nulla per i propri
cari, di non averli difesi, messi in salvo. In un certo senso, Yan, vivrà il resto della sua
esistenza con il peso di essere sopravvissuto.