6
1) Non esistono fonti prime di conoscenza […] .
2) La questione epistemologica appropriata non concerne le fonti ; noi piuttosto
chiediamo se l’asserzione fatta è vera, cioè se concorda con i fatti . L’opera di Alfred
Tarski ha mostrato che possiamo operare con l’idea di verità oggettiva nel senso di
corrispondenza con i fatti, senza imbatterci in antinomie . E tentiamo di scoprire ,
per quanto possiamo, se la nostra asserzione, concorda con i fatti, esaminando, o
sottoponendo a controllo, le sue conseguenze.
3) Tutti i tipi di argomentazioni possono essere rilevanti ai fini di questo esame. Una
procedura tipica è quella che consiste nell’esaminare se le teorie sono coerenti con
le osservazioni[…].
4) Sotto l’aspetto quantitativo, come pure sotto quello qualitativo, la fonte di gran
lunga più importante della nostra conoscenza – a parte la conoscenza innata – è la
tradizione. La maggior parte delle cose che conosciamo le abbiamo imparate da
esempi, o perché ci sono state dette, o perché le abbiamo lette nei libri, o imparando
come criticare, come accogliere e accettare le critiche, come rispettare la verità.
5) Il fatto che la maggior parte delle fonti della nostra conoscenza proviene da una
tradizione , condanna come futile l’antitradizionalismo.
Questo fatto tuttavia non deve essere addotto per sostenere un atteggiamento
tradizionalistico: ogni tratto della conoscenza tradizionale e anche della nostra
conoscenza innata è aperto all’esame critico, e può essere rovesciato. Nondimeno ,
senza la tradizione la conoscenza sarebbe impossibile.
6) La conoscenza non può partire dal nulla – da una tabula rasa – e neppure
dall’osservazione. L’avanzamento della conoscenza consiste principalmente nella
modificazione di nostre conoscenze precedenti […].
7) Le epistemologie pessimistiche e quelle ottimistiche sono pressoché ugualmente
errate. Il mito pessimistico della caverna , in Platone , è quello vero : non lo è la
storia ottimistica dell’ anamnesis , anche se dovremmo ammettere che tutti gli
uomini, come tutti gli altri animali , e addirittura come tutte le piante , posseggono
conoscenze innate . Tuttavia , anche se il mondo che ci appare è davvero un mondo
di mere ombre , proiettate sul muro della nostra caverna , noi tutti ci spingiamo
costantemente oltre esso ; e anche se , come disse Democrito , la verità si cela nel
profondo , noi possiamo sondare la profondità . Non disponiamo di nessun criterio di
verità, ed è questo fatto che alimenta il pessimismo. Ma possediamo dei criteri che ,
se abbiamo fortuna , possono permetterci di riconoscere l’errore e la falsità . La
chiarezza e la distinzione non sono di per sé criteri di verità, ma elementi quali
l’oscurità e la confusione possono essere indizio di errore . Analogamente , la
coerenza non può stabilire la verità , ma l’incoerenza e la contraddittorietà
sanciscono la falsità . E quando li abbiamo individuati , sono i nostri stessi errori a
fornirci i deboli segnali rossi che ci aiutano a trovare a tentoni la via d’uscita dalle
oscurità della caverna .
8) Né l’osservazione , né la ragione sono della autorità.
7
L’intuizione e l’immaginazione intellettuali sono estremamente importanti , ma non
possiamo fare affidamento su di esse : può darsi che ci mostrino le cose molto
chiaramente , ma può anche darsi che ci portino fuori strada . Sono indispensabili in
quanto fonti principali delle nostre teorie, ma la maggior parte delle nostre teorie
sono, in ogni caso, false . La funzione più importante dell’osservazione e del
ragionamento , come pure dell’intuizione e dell’immaginazione , è quella di aiutarci
ad esaminare criticamente delle congetture ardite che sono i mezzi con cui sondiamo
l’ignoto .
9) Anche se la chiarezza è di per sé pregevole , lo stesso vale per l’esattezza e la
precisione ; può risultare inutile cercare di essere più precisi di quanto richiede il
problema che affrontiamo. La precisione linguistica è un fantasma , e i problemi
legati al significato o alla definizione delle parole sono privi d’importanza […] . Le
parole sono importanti soltanto come strumenti per la formulazione delle teorie , e i
problemi di carattere terminologico dovrebbero essere evitati ad ogni costo .
10) Ogni soluzione di un problema solleva nuovi problemi insoluti ; tanto più ne
solleva, quanto più profondo è il problema originale e più ardita la sua soluzione .
Quanto più impariamo sul mondo , e quanto più profondo è il nostro apprendimento ,
tanto più consapevole, specifica e articolata sarà la conoscenza di ciò che non
sappiamo , la conoscenza della nostra ignoranza . Questa, infatti, è la fonte
principale dell’ignoranza : il fatto che la nostra conoscenza può essere solo finita ,
mentre la nostra ignoranza non può che essere, di necessità infinita »
5
.
Questa dunque la « teoria della conoscenza » fallibilista
6
di Popper. Di qui al suo «
criterio di falsificabilità » ( e alla critica dell’inferenza induttiva : rispettivamente,
chiamate , il « problema di Kant » e il « problema di Hume » ) il passo è breve .
Sentiamo ancora Popper « importante è la falsificabilità ( ed è più importante della
verificabilità , appunto perché la verificabilità non può applicarsi alle teorie
scientifiche ) ; e quel che è particolarmente importante è l’atteggiamento critico : il
procedere criticamente »
7
.
Apprendiamo dunque che la verificabilità non si applica alle teorie ( alle ipotesi )
scientifiche ( come voleva il Circolo di Vienna col suo criterio del « significato »
mutuato da Wittgenstein) ; le teorie ( le ipotesi ) possono essere solo falsificate (
contraddette , distrutte , possono solo mostrare il proprio limite ) mai verificate .
Ma che cos’è questo atteggiamento critico , tanto raccomandato da Popper allo
scienziato ? Dice a questo riguardo lo stesso Popper «L’atteggiamento critico è
caratterizzato da questo : che ci sforziamo, non già di verificare le nostre teorie , ma
di falsificarle . Le verificazioni sono a buon mercato : sono troppo facili da trovare ,
se le si cerca. Le sole verificazioni che abbiano peso sono quei severi tentativi di
falsificazione che non abbiano raggiunto il loro scopo e abbiano condotto , non già a
una falsificazione , ma a una verifica. Naturalmente , però , neanche in casi del
genere è sempre possibile che un successivo controllo della medesima teoria metta
capo a una falsificazione »
8
.
5- K. Popper , Congetture e confutazioni , Trad. di G. Pancaldi , Il Mulino, Bologna , 1972 , pp. 53
– 54 – 55 – 56.
8
6- Espressione, che, a detta di Popper, compare per la prima volta in Charles Sanders Peirce.
7- K. Popper , I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza , trad. di M . Trinchero, Il
Saggiatore , Milano , 1987, p. XXX.
8. Ibidem.
Dunque: cerchiamo di trovare gli errori delle nostre ipotesi mai di provare che esse
sono corrette ( le contraddiciamo cioè le tendiamo al proprio naturale limite) , da
qui. Come si suol dire, il passo è davvero troppo breve alla critica kantiana dell’a
priori, al paragone con le speculazioni di Cartesio sul dubbio metodico, alla teoria
dei tre mondi , alla concezione di verità oggettiva ed infine , alla definizione di
società aperta . E’ così che l’epistemologia popperiana funziona. Criticamente ,
ragionevolmente, ottimisticamente ; fra ipotesi e limiti , teorie e contraddizioni;
sempre alla ricerca della verità , sempre, proiettata, verso la scoperta degli abissi
della nostra ignoranza.
Come Sisifo; come Popper dice di Einstein, come ogni essere umano ragionevole e
critico.
9
RINGRAZIAMENTI
Questo lavoro nasce da un mio studio delle teorie epistemologiche di Popper durato
per un tempo che reputo lungo da una parte e dovuto dall’altra.
Ma, non sarebbe potuto nascere, senza la collaborazione di alcune persone: prima di
tutte il Ch. mo Prof. Giuseppe Gembillo che mi ha stimolato molto a riflettere su
Popper, poi il prof. Salvatore Crea ( cui devo qualche, giusta, imbeccata sull’ «
idealismo » hegeliano e « popperiano » che sia ) , e ancora: il dott. Vincenzo Zuccalà
che mi ha spronato tanto, quando il lavoro languiva ed infine Enzo Caccamo che mi è
stato ad ascoltare quando avevo qualcosa di « popperiano » da dirgli, ed è già
abbastanza.
Reggio Calabria, settembre 2003
10
I. L’EPISTEMOLOGIA DI POPPER
I. 1. Il problema di Hume e il problema di Kant
Per Imre Lakatos, la filosofia di Popper rappresenta « la filosofia più avanzata del
nostro tempo ».
E in effetti gli encomi guadagnati dal nostro epistemologo sono stati negli anni, molti
e considerevoli. Marcello Pera così sintetizza questo indirizzo fondamentale di
Popper ( e stabilisce le utili linee di ricerca). « Si tratta […] di esaminare criticamente
se le risposte di Popper sono in grado di risolvere in modo soddisfacente i problemi
principali che egli stesso ha sollevato e che oggi sono al centro del dibattito
epistemologico, cioè il problema della demarcazione della scienza dalla
pseudoscienza e il problema della razionalità del metodo scientifico »
9
.
I due problemi al centro dell’epistemologia di Popper, sono dallo stesso filosofo
austro-inglese, chiamati: « il problema di Hume » e « il problema di Kant ». Ma
prima di affrontare questi problemi dobbiamo dare un occhiata a quale è la
concezione della scienza in sé che ha Popper. Egli stesso, con una felice metafora, la
esplicita in questo modo: « la scienza non poggia su un solido strato di roccia.
L’ardita struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. E’ come un
edificio costruito su palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall’alto giù nella
palude: ma non in una base naturale o “ data ”; e il fatto che desistiamo dai nostri
tentativi di conficcare più a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un
terreno solido. Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che
almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura ».
Fallibile l’essere umano , come vedremo per Popper , e fallibile la sua « scienza »:
una costruzione esilissima, poggiata su palafitte. ( Sempre con la coscienza socratica
di non sapere e di sapere di non sapere; da cui nasce la critica, il problema, il
tentativo di soluzione del problema, la soluzione sbagliata, la confutazione e la
crescita della conoscenza, che è , nella fattispecie, per Popper solo conoscenza
scientifica, cioè scienza ).
Popper non è, come visto, né un positivista logico ( come Carnap ) né un anarchico
metodologico ( come Feyerabend ). Dice a questo proposito ancora Pera : « Al mito
induttivista delle “ fonti ” o delle “ basi ” Popper ha contrapposto una conoscenza
poggiante su palafitte; al mito irrazionalista del “paradigma” ha contrapposto la
discussione critica »
10
. La scienza è solo una
9- M. Pera, Popper e la scienza su palafitte, Laterza , Roma - Bari , 1981 , p. VIII.
10- Ivi , p. 4. Popper è ed è stato per tutta la sua vita un avversario di positivisti e irrazionalisti e per
di più un avversario ben armato e battagliero. Vi possiamo però, ad esempio chiedere : « per quali
connotazioni la filosofia di Popper segue la traccia del neopositivismo ?». In larga parte: è
l’impostazione dei problemi che coincide. Ma le conclusioni sono radicalmente differenti.
11
palafitta su una palude per almeno due fondamentali motivi : perché le osservazioni
ed i fatti , che pure sono essenziali alla stabilità dell’intera struttura, non
costituiscono una base naturale di appoggio ( in quanto non esistono e non possono
esistere «dati» ultimi e definitivi ai quali ci si debba necessariamente arrestare ); e
perché nessuna osservazione e nessun fatto è mai completamente affidabile, in quanto
anche l’asserzione fattuale più elementare è sempre un’ipotesi imbevuta di teorie (
una descrizione, dice Popper, che « trascende » l’esperienza). I fatti non sono rocce,
ma soltanto punti d’appoggio transeunti, e nello stesso tempo sono solo ipotesi (
qualcosa che comunque resta sempre soggettivo). Non esiste un dato ultimo a cui
affidarsi nella scienza e anche un presunto dato ultimo e cioè un fatto tout court è
sempre qualcosa di personale. E’ la critica corrosiva di tutto che Popper vuole alle
radici della scienza ( su palafitte ) e costituente la scienza stessa mai qualcosa di
concluso ma sempre in divenire e in un divenire fallibile, umano, falsificabile. Sisifo
ritorna!
Il problema di Hume e il problema di Kant potrebbero anche, benissimo, chiamarsi il
«problema dell’induzione» e il « problema della demarcazione ». Popper è, a questo
riguardo, antinduttivista e falsificazionista. Vediamo che cosa ciò significhi. «
L’antinduttivismo di Popper ha in primo luogo il significato e il valore di una
denuncia del mito dei fondamenti e degli elementi ultimi ( o primi ) a partire dai quali
costruire ( o ricostruire ) il mondo […]. Popper ha visto nettamente le illusioni - e i
pericoli non meno gravi delle illusioni- delle epistemologie fondazioniste e delle
teorie delle fonti della conoscenza. Opponendosi alla richiesta di “ verificazioni ” (
nel senso tecnico neopositivista ) egli si è opposto alla scienza certa e definitiva, allo
stesso modo che, rifiutando la richiesta di “ giustificazioni ” ( anche nel senso tecnico
di fondazioni o prove ) egli ha rifiutato l’ideale della conoscenza dimostrata »
11
.
Ecco in sintesi i due problemi ( di Hume e di Kant ) esposti da Pera in maniera
paradigmatica. In Popper: il rovesciamento della concezione empirista ci appariva
allora quale in effetti è: completo e radicale. Il primato neopositivista del « dato » di
esperienza diventa in Popper il primato della teoria. ( Di qualcosa cioè di soggettivo e
non fattuale; e non, kantianamente, a posteriori ) . Ma è proprio su questo punto ( e lo
evince ancora bene Pera )- sul primato della teoria che tende a diventare il dominio
della teoria - che il razionalismo critico ( di Popper ) tende a introdurre nel suo corpo
« germi autodistruttivi ». Il razionalismo critico ( proprio , appunto , di Popper )
In particolare sulla diatriba col neopositivismo possiamo dire in sintesi che il programma
neopositivista ruota attorno a due cardini principali, uno di metodo che ne indica l’impostazione e
uno di merito che ne segna la natura filosofica. Il primo cardine è la riduzione della « filosofia
della scienza » a logica della scienza ( con la conseguente riduzione della metodologia a proposta
convenzionale di regole di comportamento pratico nei confronti delle proposizioni ). Il secondo
cardine è il riduzionismo nella forma della fondazione o giustificazione induttiva delle proposizioni
complesse ( ipotesi o teorie ) sulla base di proposizioni elementari ( i cosiddetti « protocolli »). La «
filosofia della scienza » proposta da Popper, nella fattispecie, rifiuta il secondo cardine del
programma neopositivista. Ma poggia interamente sul primo ( ecco l’affinità ). Infatti dice Pera: «
Allo stesso modo dell’impostazione neopositivistica, l’impostazione di Popper è logico-linguistica e
antipsicologistica» ( Ivi , p. 9).
11- Ivi, p. 19.
12
vive sull’idea della falsificazione. Ora, la falsificazione ha bisogno dei fatti; una
teoria scientifica si falsifica esibendo qualche « fatto » che ne metta in contraddizione
qualche derivazione logica. D’altro canto, il razionalismo critico vive anche sull’idea
della teoreticità delle osservazioni. E la teoreticità delle osservazioni esclude
l’indipendenza e l’autonomia dei « fatti »: un fatto scientifico , per Popper, come
detto: è sempre intessuto di qualche teoria. Così il pensiero di Popper in questo caso
oscilla. Per un verso il razionalismo critico esige la distinzione tra linguaggio
osservativi e linguaggio teorico, mentre per l’altro, lo nega. Da una parte, esso va
verso il realismo ( contro ogni idealismo: hegeliano e non ) ma dall’altra ( in
proporzione alla sua insistenza sulla tesi che tutti i dati sono interpretazioni alla luce
di teorie ) esso si muove verso il costruttivismo e il teoreticismo ( cioè verso forme di
idealismo). Posto sul punto d’incrocio di queste due forze divergenti, il pensiero di
Popper si trova ad oscillare : la sua soluzione del problema di Kant lo porta verso una
direzione, mentre la sua soluzione del problema di Hume lo chiama verso un’altra.
Da una parte realismo e dall’altra teoreticismo. Come dire: il diavolo e l’acqua santa.
E’ una lieve contraddizione ( ma considerevole) del pensiero di Popper impegnato
nella soluzione dei due problemi. I due problemi maggiori dell’epistemologia ( Die
beiden Grund probleme der Erkenntnistheorie) come dice il titolo originale
dell’opera di Popper che poi, assai mutilata, vide la luce a Vienna nel 1934, quale
Logik der Forschung ( e in versione inglese ampliata a Londra nel 1959 quale Logic
of scientific discovery) sono, come è noto, il problema della demarcazione tra scienza
e pseudoscienza o metafisica, e il problema dell’induzione ( cioè, rispettivamente, i
problemi di « Kant » e di « Hume », secondo le espressioni usate dallo stesso
Popper). Popper è categorico nella impostazione e nella soluzione di questi due
problemi. A titolo di esempio sul problema di Kant dice a un certo punto: « ogni volta
che uno scienziato pretende che la sua teoria sia sostenuta dall’esperimento e
dall’osservazione dovremmo porgli la seguente domanda: puoi descrivere una
qualsiasi osservazione possibile che effettivamente compiuta , confuterebbe la tua
teoria? Se non lo puoi, allora è chiaro che la teoria non ha il carattere di una teoria
empirica . Logicamente, oltre che cronologicamente, per scendere più nel dettaglio, i
due problemi sono per Popper connessi. La particolare soluzione popperiana del
problema della demarcazione contiene una risposta conseguente anche al problema
dell’induzione. Ma come nacque nella mente di Popper il problema della
demarcazione? Vedremo che questa genesi ha, come detto per i legami tra
l’epistemologia e la teoria sociale in Popper, una matrice che potrammo definire
«politica». Il problema della demarcazione tra scienza e pseudoscenza nacque nella
mente di Popper negli anni 1919-20 da una personale acuta insoddisfazione circa lo
statuto e le pretese scientifiche delle teorie di Freud, Marx e Adler. E la crisi del suo
marxismo nacque anch’essa da un episodio della sua vita molto « politico »: la
barbara conclusione di una dimostrazione di giovani comunisti ( ai quali Popper
apparteneva ) a Vienna, alcuni dei quali vennero uccisi ( fra l’altro, tutti amici
personali del giovane Popper); questo gli impose, quasi di forza, una radicale e
tragica revisione dei suoi ideali e valori epistemologici e politici. Nella fattispecie del
1919-20 l’insoddisfazione di Popper, riguardava la circostanza singolare che quelle