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Introduzione
L’attività innovativa di un’ impresa, sia a livello di input che di output, sta
acquisendo sempre più importanza, in quanto driver principale della
salvaguardia e della sostenibilità del vantaggio competitivo e della posizione di
leadership in un determinato mercato. Questa spinta è dovuta principalmente
al cambiamento strutturale dei mercati in generale, e in particolare in quei
segmenti ad alto tasso tecnologico, dove il ciclo di vita dei prodotti si sta
riducendo sempre più. Queste attività rappresentano la risposta concreta delle
imprese alle continue pressioni dei cicli tecnologici e delle richieste dei
consumatori, i quali determinano la sorte e la vita di un prodotto sul mercato.
Quindi solo innovando, l’ impresa rimane competitiva e di conseguenza riesce
ad attuare e ampliare le proprie politiche interne di crescita. Le attività legate
all’ innovazione oltre a portarsi dietro le problematiche inerenti le traiettorie
tecnologiche e le richieste del mercato, sono strettamente connesse ad altre
attività ugualmente rilevanti. In particolare innovare consiste anche nel saper
gestire tutti i processi di natura innovativa ed essere soprattutto in grado di
proteggere nel miglior modo possibile il valore generato dalle innovazioni. Altro
aspetto rilevante per il conseguimento di tutti i progetti innovativi messi in
atto è l’ ottenimento di capitali per il finanziamento, in particolare l’ accesso
alle fonti finanziarie di per se è complicato perché non sempre si riesce a
stimare il giusto valore dell’ innovazione o perché molto spesso mancano le
garanzie tangibili per garantire i finanziamenti. Inoltre in un periodo come
quello che si sta vivendo le vie di accesso al credito risultano ancora più
problematiche e vincolate, in quanto la crisi ha portato ad una continua
diminuzione delle linee di prestito da parte degli intermediari finanziari per via
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dell’ instabilità diffusa e della fiducia in continua decrescita. In quest’ottica
solo le imprese innovatrici che riescono a mantenere alto il livello competitivo,
non solo a livello nazionale ma anche internazionale, riescono a sopravvivere.
Difatti la competitività internazionale sta diventando sempre più un fattore
determinante per la crescita sia delle imprese che dello Stato stesso. In un
contesto in via di globalizzazione e in costante mutamento, l’innovazione
diviene un imperativo strategico e in tale prospettiva richiede forme
organizzative specifiche, alternative a quelle formalizzate dalle teorie esistenti,
le quali sono invece funzionali a contesti di maggior equilibrio.
La globalizzazione ha portato ad una maggiore concorrenza internazionale,
quindi l’ innovazione porta a dei risultati consistenti e significativi solo se il
prodotto e/o servizio innovativo compete a livello internazionale. Dunque,
fondamentali, risultano le performance all’ estero intese sia a livello di
fatturato ottenuto esportando sia a livello di struttura e canali distributivi.
Riguardo quest’importante concetto si sono succeduti in letteratura molteplici
studi sulla relazione esistente tra l’innovazione e l’internazionalizzazione. Sia
a livello teorico che empirico le giustificazioni riguardanti la relazione causale e
in particolare l’orientamento della stessa sono principalmente due. Un filone di
autori sostiene che l’orientamento della relazione causale vada
dall’ innovazione all’ export, definendo questa ipotesi self-selection, in quanto
si pensa che solo l’ innovazione è in grado di rendere maggiormente produttiva
e competitiva un’ impresa e ciò le permette di entrare in nuovi mercati pur
facendo fronte ad elevati costi affondati iniziali di entrata. Al contrario, parte
della letteratura si focalizza sulla relazione inversa, ovvero sull’ idea secondo la
quale sarebbe l’ internazionalizzazione a spingere in un certo qual modo
l’ attività innovativa. Quest’ipotesi definita learning-by-exporting, sostiene che
solo esportando le imprese possano stringere dei rapporti così stretti con gli
altri attori (distributori esteri, fornitori, clienti ecc.) in modo da estrarre tutte le
informazioni necessarie riguardanti le richieste del mercato, per poter
successivamente innovare e offrire un qualcosa di nuovo e competitivo.
Numerose sono le teorie economiche che sono alla base di tali concetti e nei
capitoli successivi ne verranno presentate alcune. In quest’ottica si inserisce lo
studio effettuato, basato su un’ analisi empirica di un campione di aziende del
territorio torinese, le quali svolgono sistematicamente attività innovative.
La logica seguita in quest’analisi prevede la strutturazione di ipotesi basate su
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una review iniziale della letteratura e degli studi empirici riguardanti il link tra
innovazione e internazionalizzazione, con la successiva verifica attraverso
l’analisi del campione rappresentante il territorio della provincia di Torino.
L’inclusione delle imprese nel campione iniziale ha seguito particolari criteri di
innovatività, i quali verranno presentati nel capitolo riguardante la descrizione
del processo di ricerca e la costruzione del campione. Partendo dai risultati
della rilevazione effettuata dall’Osservatorio delle imprese innovative di Torino,
in collaborazione col Politecnico di Torino, e raccogliendo i dati di bilancio
(database AIDA) per le aziende rispondenti ai diversi questionari, si è cercato
di valutare e stimare entrambe le ipotesi causali andando ad applicare dei
modelli regressivi di replica ispirati ai modelli di riferimento tratti dalla
letteratura. Tutte le analisi condotte, oltre attraverso un primo approccio
qualitativo, hanno previsto un rigoroso approccio metodico, iniziato sin dalla
costruzione del campione. La pulizia dello stesso, attraverso l’individuazione di
dati anomali non verosimili, è stata condotta solo a livello uni-variato, in
quanto l’ applicazione di strumenti matematici di ricerca multi-variata avrebbe
solo ridotto la cardinalità del campione diminuendone la significatività.
L’utilizzo congiunto di due tipologie di dataset differenti (dati di bilancio e
rilevazioni tramite questionari), ha imposto un’ulteriore fase di controllo, che
costituisce, per altro, un approccio originale nella pulizia dei campioni per
questo tipo di studi, in particolare andando a correggere alcuni errori di
risposta o addirittura dei missing. Dopo la fase di cleaning del campione sono
state calcolate le principali statistiche descrittive in modo da identificare e
presentare le principali caratteristiche del campione stesso prima di applicare i
modelli econometrici del caso. Infine riguardo le analisi econometriche dello
studio, applicate sia al campione intero sia ridotto alle imprese manifatturiere
con più di 15 addetti, sono stati utilizzati diversi modelli regressivi e non,
adattati di volta in volta alle esigenze del caso, in particolare sono stati
applicati dei modelli di tipo Probit, Tobit, IV-Probit, IV-Tobit e SEM (Structural
Equation Model).
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1 REVIEW DELLA LETTERATURA
La letteratura suggerisce che la crescita internazionale di un’azienda è
saldamente collegata alla sua disponibilità di risorse e di competenze. Grazie
allo studio di Buckley e Casson (1976) viene messo in notevole evidenza il link
tra i vantaggi competitivi delle imprese multinazionali e i loro passati
investimenti in attività di ricerca ed innovazione, mentre dalla teoria di
Dunning (1981) emerge chiaramente la presenza di una relazione tra
innovazione e internazionalizzazione, infatti, un’impresa che ha successo
all’estero è dotata di vantaggi specifici che sono individuabili in conoscenze
tecnologiche specifiche per la singola azienda o per il settore in cui è
posizionata.
Tuttavia va sottolineato che, quando un’azienda aumenta la sua presenza
all’estero la complessità che si trova a dover affrontare cresce
esponenzialmente. Difatti non è sempre vero che la disponibilità di risorse
implichi che l’azienda sia in grado di sfruttarle a suo vantaggio anche sui
mercati esteri. Impegnarsi per innovare permette all’impresa di imparare a
gestire la complessità e di essere più produttiva.
Alcuni studi, inoltre, sottolineano il ruolo delle conoscenze tecnologiche,
considerate come vero e proprio capitale, come proxy della modalità di entrata
in un mercato estero scelto dall’impresa (Kogut e Zander, 1993; Martin e
Salomon, 2003).
Come appare evidente la relazione tra innovazione e internazionalizzazione è
stata a lungo studiata considerando però principalmente singoli aspetti di una
o dell’altra variabile.
Quale relazione esiste tra le motivazioni che stanno dietro l’innovazione e i
diversi aspetti che riguardano le varie modalità di entrata nei mercati
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internazionali? Un’azienda che investe di più in ricerca tende a espandersi
maggiormente all’estero? Ha più opportunità a livello internazionale
un’impresa che investe in prodotti o nel miglioramento dei suoi processi?
Un’azienda che investe ingenti risorse in processi, con che modalità è più
propensa ad andare in paesi stranieri? Si spinge maggiormente verso mercati
internazionali una società che produce innovazione di prodotto, di processo o
innovazioni organizzative? Se l’azienda si affida a strutture di ricerca esterne,
migliorando il suo network di relazioni, è più probabile che decida di
internazionalizzarsi tramite alleanze con partner stranieri o da sola? Che
relazione esiste tra la produttività e la capacità di penetrare mercati esteri?
In sintesi, il legame tra innovazione e internazionalizzazione è stato
approfondito prendendo in esame differenti dimensioni. Per l’attività di ricerca
sono stati considerati gli aspetti inerenti all’intensità e alla direzione
dell’investimento, il risultato ottenuto e la tipologia di organizzazione di cui
l’azienda si avvale per fare ricerca. Dell’internazionalizzazione sono state
esaminate le diverse modalità di ingresso in nuovi mercati internazionali.
1.1 Innovazione e internazionalizzazione
L’ innovazione è di per se endogena e le imprese innovano più facilmente nelle
economie in cui i costi fissi possono essere coperti con semplicità, se la
produttività esogena nei laboratori di ricerca è alta e i mercati dei prodotti
sono competitivi (Grossman & Helpman 1991).
Secondo Miller & Shamsie (1996), l’innovazione è una sorgente di vantaggio
competitivo sostenibile, in quanto è inimitabile. La capacità innovativa di
un’ impresa rappresenta una combinazione originale delle risorse
organizzative. Imitare risulta complicato perché i competitors potrebbero non
avere le risorse necessarie per sfruttare questa capacità. Love & Mansury
(2009) aggiungono che le imprese innovative hanno tutti gli incentivi per
espandere le proprie vendite all’ estero, in quanto possono ottenere alti ritorni
sugli investimenti esteri. In questo contesto i mercati dell’ export
rappresentano un luogo importante dove poter sfruttare le proprie innovazioni
e in tal modo migliorare le proprie performance economiche.