8
esaltarne gli aspetti cosiddetti “democratizzanti”. Quello che si intende indagare,
infatti, è se la Rete possa davvero rappresentare un territorio in grado di
svincolarsi dalle logiche che governano i mass media - in riferimento soprattutto
all’asimmetria del rapporto fra emittente e destinatari, evidente nella frontalità
dell’autore del messaggio rispetto alla massa atomizzata dei terminali riceventi -
per porsi come un luogo che, se agito in maniera attiva e democratica, possa
qualificarsi come un nuovo spazio di comunicazione, sperimentazione, conflitto.
In particolare, ipotesi fondamentale sottesa alla ricerca e che si riferisce
all’oggetto specifico dell’analisi è la seguente:
• Indymedia, utilizzando le risorse (tecnologiche e, soprattutto, “culturali”)
della Rete, può caratterizzarsi come un’alterità rispetto ai network
d’informazione mainstream
3
che operano nel Web? In che modo può
farlo?
Per rispondere a questi interrogativi si è scelto di procedere ad un confronto fra il
network dei siti di Indymedia e l’«analogo» network della CNN, un brand che è
senza dubbio efficacemente rappresentativo di un approccio mainstream
all’informazione. Per operare tale confronto sono stati individuati alcuni elementi
- posti come variabili - che sono apparsi significativi per far emergere differenze e
specificità fra i due diversi attori comunicativi: Indymedia.org e CNN.com.
Questi elementi sono:
1. i temi trattati e le capacità investigative
2. la proprietà e la gestione dei mezzi di produzione
3. l’organizzazione redazionale e i metodi del newsmaking
I primi tre capitoli sono stati dedicati al suddetto confronto. In particolare, gli
interrogativi ai quali si è voluto rispondere si articolano secondo quattro diversi
punti di vista: contenuti, identità, organizzazione e comunicazione. In dettaglio:
1. le capacità investigative e la varietà dei temi trattati possono essere entrambi
influenzati e/o favoriti da alcuni fattori come l’indipendenza economica o la
scelta di delegare ad ogni soggetto coinvolto in un determinato evento
3
Termine usato per indicare le grandi aziende mediali (radio, TV, giornali) di proprietà pubblica o privata; si
contrappone ad “Independent Media”: media informativi gestiti direttamente dal basso. Per indicare fonti
d’informazione non “indipendenti” si useranno, con valore di sinonimi, aggettivi come: “commerciale”,
“istituzionale”, “mainstream”, “corporate”.
9
l’auto-produzione della propria informazione? (Entrambi fattori
caratterizzanti Indymedia).
2. la struttura a rete di Indymedia è in grado di valorizzare la cultura
“immateriale” e a-centrica del networking? è possibile intendere il network
di Indymedia come un’esperienza che tende a trascendere il concetto di
proprietà per affermare da un lato la collettivizzazione delle risorse e
dall’altro la non riconducibilità del progetto stesso a nessun individuo,
gruppo o associazione particolare?
3. dal punto di vista dell’organizzazione interna e dei processi decisionali e
produttivi, in virtù della valorizzazione dei contributi individuali e di una
loro sintesi all’interno di un progetto unitario, il network globale di
Indymedia può essere considerato – per le sue particolari caratteristiche – un
esempio di intelligenza collettiva?
4. dal punto di vista comunicativo (in senso molto ampio), è possibile
considerare Indymedia un network in grado non solo di costruire
informazione “dal basso” ma anche relazioni fra entità diverse, fra la
pluralità altamente eterogenea dei soggetti impegnati nelle battaglie politiche
e sociali “globali”
4
? il network d’informazione indipendente ha la capacità di
“fare rete”, di ridurre le distanze fra i numerosi soggetti politici coinvolti nel
movimento?
Nel quarto (e ultimo) capitolo, invece, si è affrontato il tema della pubblicazione
aperta (open publishing), un modo di intendere la produzione di notizie che
rappresenta una caratteristica singolare e specifica di Indymedia e di alcune altre
espressioni del mediattivismo mondiale. Si ipotizza, infatti, che l’open publishing
rappresenti una modalità qualificante del progetto: l’intero universo di utenti
(ovvero chiunque si colleghi alla Rete) è messo nelle condizioni di poter
contribuire direttamente alla produzione dei contenuti informativi, inviando le
(proprie) notizie su uno dei numerosi siti del network, per poi vederle pubblicate
in pochi secondi senza alcuna intermediazione.
Inoltre, a sostegno dell’indagine teorica, si è realizzata una ricerca empirica sul
newswire, lo spazio dedicato alla pubblicazione aperta presente sul sito di
4
In riferimento al cosiddetto, da facili ed approssimative etichette imposte dalla stampa di massa, movimento
“no-global”.
10
Indymedia Italia
5
. La ricerca ha permesso di indagare l’effettivo livello di utilizzo
del newswire, osservando l’andamento nel tempo del numero di notizie inviate
dagli utenti e considerando tale andamento un indice della partecipazione al
progetto di Indymedia, della diffusione dei suoi principi nonché della loro
“assimilazione” nel corpo sociale. Obiettivo dell’indagine empirica, quindi, è stato
quello di chiarire i tempi e le dinamiche di risposta del tessuto sociale (in
particolare rispetto alle subculture cosiddette “antagoniste”) alla novità della
pubblicazione aperta immessa nel mediascape.
Nel percorso della tesi, dunque, sia nella parte dedicata più specificamente
all’analisi comparata che nell’ultima parte dedicata all’open publishing (ovvero al
carattere qualificante la vera essenza del progetto Indymedia), si è voluto indagare
e verificare come l’esperienza del network mondiale di media indipendenti possa
rappresentare, nel suo complesso, un nuovo modello comunicativo, differente e
alternativo, rispetto a quello interpretato dalla CNN. Gli elementi rappresentativi
di questa supposta alterità sono stati indicati con il termine anomalie (nel senso di
specificità, peculiarità), agenti caratterizzanti il fenomeno Indymedia.
Infine, va detto come la ricerca, che si inserisce in una prospettiva mediologica in
cui si dà spazio ad un’interpretazione “ottimistica” del cyberspazio (data dai
modelli formulati da autori come Lévy, Rheingold e l’italiano Bifo), si muova
nella consapevolezza che il terreno d’indagine è pressoché inesplorato ed in
perenne mutazione. Un’area in cui la sperimentazione continua sembra essere
l’unica costante, non esistendo al momento nulla di definitivo.
5
URL: http://italy.indymedia.org
11
CAPITOLO I
I siti di informazione sul Web. Breve analisi del caso
CNN e del caso Indymedia.
«l’informazione è la moneta della democrazia»
Thomas Jefferson (http://satellite.indymedia.org)
1.1 L’ipertesto.
1.1.1 Definizioni.
La grande Rete è esplosa presso il grande pubblico solo quando ha incontrato
l’ipertesto. Solo quando l’équipe condotta da Tim Berners-Lee, nei laboratori del
CERN
1
di Ginevra, intorno al 1990, riuscì a sviluppare il sistema del World Wide
Web (basato sul protocollo HTTP
2
) rendendolo compatibile con la (già esistente)
rete Internet. L’obiettivo era quello di ottenere la massima condivisione di risorse
informative e sviluppare la cooperazione internazionale dei ricercatori tramite lo
scambio di documenti ed informazioni. Realizzare, in breve, l’ipertesto
universale:
“il Web è più un’innovazione sociale che un’innovazione tecnica […] Il fine ultimo del
Web è migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo”
3
.
1
Sigla del “Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire”, Organizzazione Europea per le Ricerche Nucleari,
istituita nel 1954 per la collaborazione a livello europeo per le ricerche scientifiche nucleari. I suoi laboratori
sono nei pressi di Ginevra.
2
HyperText Transfer Protocol: “un protocollo informatico per trasferire l’informazione sulla Rete in modo che
soddisfi le esigenze di un sistema ipertestuale globale”, tratto da T. Berners-Lee, (1999), L’architettura del
nuovo Web, Feltrinelli, Milano, 2001, pag. 185.
3
T. Berners-Lee, L’architettura del nuovo Web, op. cit., pag. 113.
12
In realtà, una diffusione propriamente “di massa” del mezzo Internet si è avuta
soltanto a partire dal 1993, quando sono stati commercializzati (spesso
gratuitamente) i cosiddetti browsers, sistemi di consultazione dei documenti
ipertestuali presenti nel Web. Strumenti - come “Mosaic”, “Navigator”,
“Explorer” - dotati di un’interfaccia semplice e “amichevole” per l’utente
(progetta secondo la logica dell’user friendly), adatta a facilitare la navigazione
nel nuovo oceano di informazioni disponibile. Così, per l’enorme diffusione che
ha avuto con lo sviluppo del Web, l’ipertesto, è diventato un formato testuale noto
e con il quale si è instaurata una discreta familiarità.
Il termine hypertext venne coniato nel 1965
4
da Ted Nelson, un ricercatore
americano esponente delle embrionali culture informatiche dell’epoca. In una
pubblicazione inviata ad una conferenza nazionale della Association for
Computing Machinery, Nelson scrisse:
“con ipertesto intendo scrittura non sequenziale – un testo che si dirama e consente al
lettore di scegliere; qualcosa che si fruisce al meglio su uno schermo interattivo. Così
come è comunemente inteso, un ipertesto è una serie di brani di testo tra cui sono definiti
dei collegamenti che consentono al lettore diversi percorsi”
5
.
Nelson, dotato di molta intraprendenza e fervida immaginazione, dette vita
pochissimi anni dopo al progetto Xanadu, ovvero all’«idea di una biblioteca
universale virtuale in una grande rete telematica dove ciascuno può pubblicare
qualunque cosa, collegando il suo testo a qualunque altro documento attraverso
link ipertestuali»
6
. Purtroppo questo progetto, che doveva integrare una
moltitudine di documenti appartenenti ad una moltitudine di autori, non portò mai
a risultati concreti, alla commercializzazione di qualche prodotto, e venne
abbandonato nel 1992 dopo venticinque anni di lavoro.
La prima realizzazione di un ipertesto avvenne comunque nel 1987, anno in cui
nacque Hypercard, in ambiente Macintosh.
4
Nel 1945 Vannevar Bush, con il progetto Memex, teorizzò, pur non definendolo tale, l’ipertesto. Egli
comunque non riuscì mai a realizzare nessun prototipo.
5
T. Nelson, (1992), Literary Machine, Franco Muzzio Editore, Padova, 1992. Tratto da Carrada Luisa, Scrivere
per Internet, Lupetti, 2000, pag. 15.
6
Tratto da E. Pedemonte, Personal Media, Bollati Boringhieri, Torino, 1998, pag. 40.
13
L’iper-testo
7
, in seguito, è stato oggetto di molte analisi e numerosi autori
importanti hanno elaborato le loro definizioni. Ad esempio George Landow, uno
dei maggiori esperti dell’argomento, afferma che si può “definire l’ipertesto come
l’uso del computer per superare le caratteristiche di linearità, limitatezza e fissità
del testo scritto tradizionale. A differenza della forma statica del libro, un ipertesto
può essere composto e letto in modo non sequenziale; si tratta di una struttura
variabile, composta di blocchi di testo […] e da legami elettronici che li
congiungono”
8
.
Infine un autore come Pierre Lévy, verso il quale le riflessioni presenti in questa
ricerca devono essere debitrici, indica:
“tecnicamente un ipertesto è un insieme di nodi connessi da legami. I nodi possono
essere delle parole, delle pagine, dei grafici o parti di grafici, delle sequenze sonore, dei
documenti completi che possono essere degli ipertesti a loro volta. Gli items di
informazione non sono collegati linearmente, come su una corda a nodi, ma ciascuno di
essi, o la maggior parte, estendono i loro legami a stella, secondo un modello reticolare.
Navigare in un ipertesto, dunque, è disegnare un percorso in una rete che può essere
complessa quanto si vuole. Perché ogni nodo può contenere, a sua volta, tutta la rete”
9
.
Quest’ultima affermazione, che si basa su un principio di relazione geometrica
frattale
10
, può essere chiarita da quest’altra: “qualsiasi nodo o qualsiasi legame
all’analisi può rivelarsi composto di una rete, e così di seguito, indefinitamente,
lungo la scala dei gradi di precisione”
11
.
In realtà tutto ciò vale solamente, oltre che da un punto teorico, per gli ipertesti
considerati nel cyberspazio, ovvero in un ambiente on line, poiché gli ipertesti di
tipo off line, cioè quelli chiusi (su cui è impossibile intervenire costruendo nuovi
legami o inserendo nuovi blocchi di testo) e consultabili su supporto fisico (Cd-
7
È da notare come Berger attribuisca al prefisso “iper” la funzione di “aprire tutte le grandi dimensioni di uno
spazio nuovo”, in R. Berger, Il nuovo Golem. Televisione e media tra simulacri e simulazione, Raffaello Cortina
Editore, Milano, 1992, pag. 114.
8
Delany e Landow, “The Rhetoric of Hypermedia: Some Rules for Authors” in Hypermedia and Literary
Studies, Cambridge, MIT Press, 1991. Citato in Bettetini G., Gasparini B., Vittadini N., Gli spazi dell’ipertesto,
Strumenti Bompiani, Milano, 1999, pagg. 2-3.
9
P. Lévy, (1990), Le tecnologie dell’intelligenza, Synergon, Bologna, 1992. Citato in L. Carrada, Scrivere per
Internet, Lupetti, 2000, pag. 15.
10
Il frattale è un particolare ente geometrico caratterizzato dal fatto di avere un numero non intero di dimensioni
(risultando quindi intermedio tra la linea e la superficie) e dalla proprietà di poter essere decomposto in parti
sempre più piccole, ciascuna delle quali è la riproduzione miniaturizzata dell’ente di partenza. Per un’analisi
approfondita vedi H. Mandelbrot: 1975.
11
Lévy, (1990), Le tecnologie dell’intelligenza, op. cit., pag. 32.
14
rom, floppy), non possiedono questa caratteristica in quanto sono finiti
12
e ad un
certo punto la possibilità di scendere in profondità nella loro lettura finisce.
Quindi, se per un singolo ipertesto si intende una struttura connettiva che unisce
blocchi di testo (di qualsiasi genere) attraverso collegamenti (detti link
ipertestuali), per World Wide Web, composto da una sterminata raccolta di
ipertesti, si deve intendere un mega/meta documento (“un unico gigantesco
ipercorpo in continua espansione”
13
) dove qualsiasi cosa rimanda potenzialmente
a qualsiasi altra, o quasi
14
. Una caratteristica interessante dell’ipertesto è che
quando “due oggetti sono collegati, il legame non procede tra gli oggetti nella
loro interezza, ma da un punto caldo di un oggetto a una sezione attinente
dell’altro”
15
. In questo modo è possibile, per il fruitore dell’ipertesto, approfondire
in maniera specifica ciò che lo interessa maggiormente avendo già a disposizione
contenuti informativi appositamente selezionati per lui (ovvero avendo già, le
strategie di scrittura ipertestuale, costruito dei percorsi privilegiati di lettura ed
organizzato il testo separando i temi principali e distribuendo le informazioni
attraverso itinerari arborescenti).
Ciò significa che oltre a legami (link) strutturali, che tengono assieme le parti di
un tutto – come, ad esempio, i paragrafi di un capitolo –
16
, esistono dei legami
che compiono associazioni semantiche fra blocchi di testo e quindi servono a
rimandare, ad esempio, ad un approfondimento di un determinato argomento.
Nella lettura di un ipertesto online, ed in particolare di un ipertesto di carattere
giornalistico presente in un sito d’informazione, questa caratteristica si rivela
veramente eccezionale per la possibilità che offre al lettore di indagare una
determinata notizia approfondendo separatamente i singoli elementi che la
caratterizzano (ad esempio il chi, il cosa, il dove, il quando, il perché)
17
.
12
È da notare che il Web non è infinito ma è comunque in continua e rapida espansione ed è per così dire
inconoscibile nella sua interezza da una singola persona.
13
P. Lévy, (1995), Il virtuale, Raffaello Cortina Editore, 1997, pag. 36.
14
Spesso in realtà nel Web si creano delle “zone morte”, delle raccolte di documenti che non hanno molti link
esterni e quindi giacciono dimenticate e inutilizzate.
15
Bettetini G., Gasparini B., Vittadini N., Gli spazi dell’ipertesto, op. cit., pag. 8.
16
P. Paolini, Navigare con gli ipertesti, Milano, Mondatori, 1989, pag. 9.
17
Provocatoriamente, Alessandra Ghetti in un articolo intitolato Le urla della stampa (“Problemi
dell’informazione” n. 4, 2000) ha affermato che le celebri cinque “W” del giornalismo anglosassone (who, what,
when, where, why) sembrano essere oggi soppiantate dalle cinque “S”: sangue, soldi, sesso, successo e
spettacolo.
15
Ogni singolo focus della notizia può essere sviscerato, esaminato, percorso fino in
fondo attingendo ai link che sono predisposti sempre all’interno del “pezzo” e che
possono rimandare a contenuti interni al sito in cui la notizia è presente o verso
pagine del tutto esterne ad esso.
Un’interpretazione semiotica, infine, indica come all’interno della rete ipertestuale
si destrutturi l’insieme delle isotopie, ovvero l’insieme delle relazioni organiche
che garantiscono la comprensibilità del testo, su cui si fonda la coerenza seriale
del testo classico. Inoltre, all’interno di un ipertesto, il topic, lo schema abduttivo
messo in atto dal lettore per inferire il tema - il significato - di un testo, si
definisce in maniera virtuale attraverso la delineazione di percorsi; la costruzione
di significato, cioè, avviene attraverso la navigazione, attraverso un procedere non
lineare, ma fatto a sbalzi e secondo rotte non ben definite.
1.1.2 Ruolo del fruitore rispetto all’ipertesto e ai diversi media.
L’ipertesto modifica, come si è visto, la costruzione del significato e il rapporto
classico fra il testo ed il suo fruitore. A tal proposito Lévy, nel suo libro “La
macchina universale”, scrive:
“Il destinatario della cultura informatica guadagna in effettività quel che perde in
virtualità […] la sua azione e la sua responsabilità nell’attualizzazione dell’opera
prendono il sopravvento sulla ricerca del senso dell’attività ermeneutica. Non che ogni
significazione sia scomparsa […] ma a causa della priorità accordata alle scelte dello
spettatore, iscritta nel cuore delle procedure di consultazione, è la significazione come
problema che tende a scomparire a favore dei dilemmi dell’azione. Se vogliamo
schematizzare, diremmo che il vecchio mondo culturale si organizzava intorno ad una
cascata di interpretazioni, mentre una rete di operazioni trama l’universo contemporaneo
[…] ai confini del paesaggio culturale, un orizzonte pragmatico si è lentamente sostituito
all’orizzonte semantico tradizionale”
18
.
L’azione, che è spesso una selezione ma può essere anche una creazione ex-novo
all’interno degli ipertesti aperti, prende quindi il sopravvento sull’interpretazione
18
P. Lévy, La machine univers, Paris, La Decouverte, 1987, pagg. 647-668. Citato in F. Berardi (Bifo),
Mutazione e cyberpunk. Immaginario e tecnologia negli scenari di fine millennio, Costa&Nolan, Genova,1994,
pag. 68.
16
e sulla significazione che comunque, naturalmente, non si estinguono. “Per Lévy
si tratta di passare da un atteggiamento interpretativo ad un atteggiamento
ipertestuale”
19
: da una lettura lineare ad una deriva multipla, che procede per
associazioni semantiche.
In realtà, dispositivi già propri della stampa – come l’indice, le referenze
incrociate, le tavole di materie, le legende, i glossari – sono soliti favorire, da
tempo, un tipo di lettura non lineare. Ma il punto di forza fondamentale
dell’ipertesto è la velocità. L’immediatezza
20
del passaggio da un nodo all’altro
permette di generalizzare e di utilizzare in tutta la sua estensione il principio di
non linearità. Su questo si basa una nuova forma di scrittura (in quanto
organizzazione di contenuti) che implica una metamorfosi nella lettura, battezzata
“navigazione”.
Se il principio di non linearità è stato da tempo inscritto in alcune tipologie di testi
tradizionali (in primis enciclopedie e dizionari), sono stati, probabilmente, dei
limiti tecnologici (l’immediatezza dei passaggi nella consultazione è resa
impossibile dalla tecnologia dei “contenitori cartacei”) che hanno ostacolato
letture di tipo non lineare. Il testo sequenziale si è così affermato come il
protagonista della cultura grafica occidentale, celebrata dalla mcluhaniana
“galassia Gutenberg”. Legata al testo sequenziale, l’attenzione è stata posta
sull’attività ermeneutica o interpretazione, “risalimento della comprensione verso
l’intenzione di significato”
21
. L’interpretazione appunto in quanto attività che il
lettore compie per ricercare il senso, o meglio i sensi, insiti nel testo. Quindi,
anche se l’ermeneutica associata al testo classico del “vecchio mondo culturale”
(il libro) non ha le stesse caratteristiche di “effettività”, “azione” e “operatività”
connesse all’ipertesto, essa risulta comunque un’attività che presuppone alcuni
livelli d’intervento da parte del lettore
22
.
19
F. Berardi (Bifo), Mutazione e cyberpunk, op. cit., pag. 68.
20
In realtà nella lettura degli ipertesti on line l’immediatezza non si verifica quasi mai con una connessione d
tipo medio: attualmente data da modem a 56 Kb. Jacob Nielsen, nel suo libro cult “Web usability”, individua in
un decimo di secondo l’intervallo di tempo oltre il quale l’utente non ha più l’impressione che il sistema stia
rispondendo istantaneamente ai suoi interventi; un secondo, invece, rappresenta l’intervallo massimo entro cui
l’utente manterrà il proprio flusso di pensieri e non sarà distratto da tempi di attesa; infine, il limite affinché
l’utente non distolga l’attenzione, e sia spinto a intraprendere altre attività, è di circa dieci secondi di attesa per il
caricamento di una pagina. Tratto da J. Nielsen, (2000), Web usability, Apogeo, 2000, pagg. 42-44.
21
F. Berardi (Bifo), Mutazione e cyberpunk, op. cit., pag. 66.
22
Cfr. il saggio di U. Eco, (1979), Lector in fabula, Bompiani, Milano, 1998.
17
Viceversa, la passività del destinatario può essere interpretata come l’aspetto più
negativo del modello broadcasting (Tv, Radio) in riferimento alla dimensione del
fruitore. A tal proposito il semiotico italiano Franco Berardi (“in arte” Bifo)
scrive:
“il medium televisivo è un medium di tipo psicotropico che produce alterazioni,
piuttosto che sequenze di informazioni discrete, ed agisce sul ritmo stesso dell’attività
cognitiva piuttosto che presentare contenuti valutabili in successione. In Brainframes, De
Kerkhove osserva che lo schermo televisivo acceso produce un effetto di tipo
neuromuscolare involontario […] un effetto di stress attentivo costante, del tutto
indipendente dal contenuto informativo delle immagini teletrasmesse”
23
.
Il telespettatore, secondo questa visione, sembra essere massaggiato dalle
immagini, dai puri significanti elettromagnetici che lo colpiscono e che tendono a
renderlo più apatico, più spento, più abulico. Il tratto principale di questa
interpretazione del mezzo televisivo è la sua caratteristica di “flusso” che si
presenta come qualcosa di diverso dalla somma dei singoli testi che compongono
il palinsesto
24
. Il flusso (blob) televisivo
25
genera una continuità discorsiva
generale che omogeneizza qualsiasi formato - spot, notizia, film, spettacolo -
secondo criteri di velocità, leggerezza, varietà, che evidentemente non possono
essere validi indifferentemente per programmi così diversi. Il flusso televisivo,
caratteristico della “neotelevisione”
26
, con la sua sequenza indistinta di
informazioni e prodotti consumabili, ha lo scopo di incollare incondizionatamente
gli occhi dei telespettatori allo schermo per il maggior tempo possibile
27
.
Sulla televisione e sui suoi effetti è stato scritto molto e molto spesso si è
sottolineato il ruolo passivo del fruitore di programmi televisivi; un ruolo che è
stato caricaturizzato e reso icona “globale” (poiché ha viaggiato lungo i percorsi
23
Bifo, Mutazione e cyberpunk, op. cit., pag. 145.
24
Per un’analisi del fenomeno confronta R. Williams (1974), Televisione. Tecnologia e forma culturale, De
Donato, Bari, 1981.
25
Evidentemente il riferimento è alla televisione generalista e non a quella tematica che si occupa di mercati di
nicchia.
26
La “paternità” del concetto di neotelevisione spetta ad Umberto Eco che lo coniò nel 1983 in un articolo
intitolato Tv, la trasparenza perduta, in cui si fissavano i caratteri della nuova televisione: serialità, trasgressività
e demenzialità.
27
Jason Nardi, direttore di “Unimondo” (www.unimondo.org), afferma causticamente: “I mass media,
sterilizzati e omogeneizzati, vendono il consumismo alla gente, e la gente ai pubblicitari”, tratto da M.
Pasquinelli (a cura di), Media Activism. Strategie e pratiche della comunicazione indipendente, DeriveApprodi,
Roma, 2002, pag. 183.
18
dell’industria culturale globale) attraverso la figura di “Homer Simpson”,
leggendario eroe di una fortunata e sagace serie americana di cartoni animati,
“The Simpson” (la famiglia Simpson), in cui appunto un couch potato
28
fa la parte
del capofamiglia.
Riassumendo: l’ipertesto, il testo sequenziale cartaceo (libro) e il flusso televisivo
(composto da una serie ininterrotta di testi sequenziali audiovisivi), a cui
corrispondono i media Internet, Stampa e Televisione, sono testi (in senso ampio)
coinvolti in relazioni molto diverse con i rispettivi fruitori. Ad una scala di
passività crescente corrisponde un gradiente di “operatività” decrescente:
all’ipertesto sembra corrispondere il regno dell’azione
29
, al libro sembra
corrispondere il regno dell’interpretazione, al flusso televisivo, infine, il regno
dell’apatia e della “narcosi”.
L’ipertesto, quindi, appare come un’invenzione in grado di sovvertire secoli di
tradizione culturale e meccanismi cognitivi consolidati. Tutto ciò sembra
comunque costituire una risorsa per l’umanità e non una minaccia. In definitiva, il
nucleo centrale del discorso sembra essere riassunto da questo pensiero dello
psicologo Mantovani:
“gli ipertesti e gli ipermedia, in quanto adottano il paradigma non sequenziale, si
propongono come più aderenti e fedeli alle caratteristiche dei processi di
pensiero”
30
della mente umana, rispetto alle modalità trasmissive proprie dei mass
media. In questo modo, la centralità del navigatore viene esaltata a discapito della
frontalità del lettore rispetto alle modalità trasmissive delle emittenti mass
mediali.
28
Couch potatoes è una pittoresca espressione usata negli Stati Uniti “per definire il comportamento di un
teledipendente in stato ormai di assoluta prostrazione fisica e psichica, sprofondato – appunto come una patata –
in una poltrona, mentre inghiotte senza sosta robaccia di ogni genere”; tratto da T. Maldonaldo, Critica della
ragione informatica, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 16.
29
Se l’ipertesto sembra collocarsi all’estremo di questa “declinazione” dell’operatività, si noti come il computer
in se stesso sia propedeutico a tale operatività: “chi opera al computer gode di una forte interattività con la
«macchina», con la rete a cui è connessa, con quanti vi siano collegati, e con se stesso. Abita un campo d’azione
e non la zona terminale di uno o più canali già predisposti”, tratto da A. Abruzzese, Analfabeti di tutto il mondo
uniamoci, Costa&Nolan, Genova, 1996, pag. 121.
30
G. Mantovani, L’interazione uomo–computer, Bologna, Il Mulino, 1995, pag. 198.
19
1.2 Caratteristiche dell’informazione on line.
1.2.1 Premessa.
In questa sezione verranno esaminati vari aspetti che caratterizzano
l’informazione online. Innanzitutto, però, sarà utile chiarire due punti
fondamentali che sintetizzano i rapporti generali fra Internet e l’informazione via
web.
Il primo punto è espresso molto bene dalle parole di una grande professionista del
mondo del giornalismo italiano come Lucia Annunziata, la quale sottolinea come:
“Internet non è soltanto una rivoluzione per chi legge il giornale, ma anche per chi
fa il giornale”
31
. Bisogna ricordare, quindi, per quanto possa apparire banale, che
la “rivoluzione” è in atto sia dal lato della produzione (coinvolgendo pratiche
redazionali, modalità di accesso alle fonti, ruoli ed attività delle nuove figure
professionali coinvolte nella catena del newsmaking), che dal lato del consumo
(attraverso una frammentazione dei tempi e dei modi con cui accedere
all’informazione online), nonché rispetto al prodotto (che sperimenta “una
continua ibridazione dei formati, favorita dalla disponibilità di un ambiente
integrato e dalla predisposizione alla multimedialità dei consumatori”
32
).
Il secondo punto riguarda la capacità del medium Internet di cortocircuitare il
sistema dell’establishment esistente nelle società occidentali in cui l’informazione
è contigua alla sfera del potere politico e agli interessi del potere economico,
subendo, da questi poteri tradizionali, forti condizionamenti nel decidere “di cosa
parlare, di cosa non parlare e soprattutto come parlarne”
33
. È sempre Lucia
Annunziata, rivolgendosi agli astanti di un seminario sull’informazione on line, ad
“ammonire”:
“non dovete pensare ai giornali on line per capire la capacità di Internet. Dovete pensare
alla possibilità di ciascuna persona nel mondo […] di poter bucare, con un punto di vista
31
L. Annunziata, Internet ha una carta in più, “Problemi dell’informazione” n. 2-3, 2001, pag.164.
32
A. Marinelli in Morcellini e Roberti (a cura di), Multigiornalismi, Guerini Associati, Milano, 2001, pag. 45.
33
L. Annunziata, Internet ha una carta in più, op. cit., pag.166.
20
proprio, una richiesta propria, una domanda propria, un’informazione propria, questo
establishment”
34
.
Secondo questa visione ottimistica, Internet può rompere i legami che tengono
uniti il sistema di connivenza responsabile della mancata qualità e indipendenza
dell’informazione; inoltre, può demassificare il sistema mediale, affinché ogni
individuo diventi e crei da sé il proprio media, svincolandosi dalla passività del
proprio ruolo di “atomo alienato” appartenente alla “vasta e desolata”
35
audience
catodica.
1.2.2 La “regressione infinita”.
Riferendosi alla semiosi illimitata, il semiotico «ante litteram» Peirce
36
afferma
che:
“il significato di una rappresentazione non può essere altro che una rappresentazione.
Quindi vi è qui una regressione infinita”
37
.
Peirce parla di semiosi illimitata all’interno della sua analisi sull’interpretazione
dei segni nella quale afferma che un segno - qualcosa che sta per qualcuno al
posto di qualcos’altro sotto certi aspetti o capacità - può essere spiegato solo da un
altro segno. Il processo è chiarito molto bene dalle parole di Eco:
“per stabilire il significato di un significante (Peirce parla però di «segno») è necessario
nominare il primo significante attraverso un altro significante, che a sua volta ha un altro
significante che può essere interpretato da un altro significante e così via. Abbiamo così
un processo di semiosi illimitata”
38
.
Così, riferendosi ad un sistema semiotico - una lingua ad esempio - partendo da
un elemento (da un termine) si può arrivare a citare tutti gli altri. Per lo stesso
34
Ibidem.
35
Il riferimento è alle parole di Newton Minow che, il 9 maggio del 1961, poco dopo essere stato nominato dalla
nuova amministrazione democratica presidente della FCC (Federal Communications Commission), pronunciò un
famoso discorso in cui definì la televisione una “vaste wasteland”, una vasta landa desolata, per stigmatizzarne il
basso livello di qualità. Parallelamente, l’audience, in quanto prodotto di tale modello di televisione è a sua volta
definibile negli stessi termini.
36
Charles Sanders Peirce, celebre logico-matematico e semiotico americano vissuto a cavallo tra il XIX e il XX
secolo.
37
Citato in U. Eco, I limiti dell’interpretazione, Milano, Bompiani, 1990, pag. 326.
38
U. Eco, (1975), Trattato di semiotica generale, Bompiani, 1995, pag. 101.
21
principio “la somma dei vari linguaggi sarebbe un sistema autoesplicativo, ovvero
un sistema che si spiega per successivi sistemi di convenzioni che si chiariscono
l’un l’altro”
39
. La regressione per cui ogni segno genera altri segni ha quindi per
meta finale l’intero campo semantico in quanto struttura che connette i segni tra
loro.
Sebbene forse in maniera un po’ azzardata, è possibile fare un paragone fra il
concetto di semiosi illimitata (che si riferisce comunque alle teorie semiotiche
sull’interpretazione dei segni) e le attività di navigazione nella grande Rete. Fra
queste attività compaiono certamente quelle dedicate alla fruizione di news on
line. All’interno di un articolo giornalistico, gli elementi “caldi”, cioè ricchi di
contenuto, sono generalmente associati a dei link che rimandano ad altre pagine
che approfondiscono quei particolari contenuti; in queste pagine sono spesso
presenti dei nuovi legami che possono rimandare a nuove pagine (a volte collocate
in siti differenti da quello d’origine) che specificano i nuclei informativi più
importanti, e così via. Questi continui legami fra pagine diverse, ai quali
corrisponde una navigazione ipertestuale del fruitore che agisce seguendo
associazioni semantiche e assecondando i suoi bisogni/desideri di
approfondimento, possono generare una “regressione infinita”. Il gioco di rimandi
può catapultare l’attenzione da un aspetto ad un altro del problema, da un nodo
all’altro della Rete. Questa lettura “indagatrice” ha come limite superiore, come
entità a cui tendere, l’insieme dei documenti che costituiscono il Web, poiché, per
le caratteristiche rizomatiche del cyberspazio, tutte le pagine tendono (per
approssimazione) ad essere interconnesse fra di loro ed è possibile, nella
navigazione, partire da un punto ed arrivare a qualsiasi altro punto, passando per
tutti gli altri esistenti. Così come un sistema semiotico spiega se stesso, così il
Web spiega se stesso.
39
Ibidem.
40
Eco Umberto, (1979), Lector in fabula, Bompiani, 1998, pag. 87.