porterà a una maggiore competitività sul mercato; simbolo di un’azienda che
vuole interpretare il successo anche come responsabilità verso il benessere
comune. Ecco, quindi, una conseguenza della globalizzazione di solito poco
considerata, malgrado impegni in modo perenne chi la deve praticare ogni giorno:
la continua “caccia agli sprechi” per il miglioramento dei processi aziendali. È
questo l’obiettivo del World Class Manufacturing (WCM): eliminare gli sprechi
produttivi. Il WCM, di cui si occuperà questa tesi, è un programma, un sistema
integrato, che attraverso il miglioramento continuo di tutte le prestazioni, il
coinvolgimento di tutti i livelli e funzioni aziendali, l’adozione dei principi della
qualità totale, della lean production e della “fabbrica integrata”, porta
all’eccellenza dell’intero ciclo logistico - produttivo di un’impresa. Il sistema che
sarà esplicitato è quello costruito dal Prof. Hajime Yamashina appositamente per
il Gruppo Fiat ed in particolare, in questa tesi, per CNH S.p.a., azienda leader
mondiale nel campo della costruzione delle macchine per il movimento terra e per
l’agricoltura, presso la quale ho svolto un tirocinio formativo.
L’obiettivo di questo lavoro è fornire una visione generale del World Class
Manufacturing nei suoi molteplici aspetti evidenziando i vari strumenti e le
metodologie utilizzate dal sistema e, successivamente, focalizzare la fase
produttiva, ponendo in risalto gli effetti sull’organizzazione della produzione e del
controllo di gestione ed infine giungere al caso aziendale precedentemente citato.
Il testo si suddivide in quattro capitoli: il primo capitolo illustra il WCM partendo
dalle sue origini, ripercorrendo la sua introduzione negli anni ’80 da parte di R.
Schonberger, per poi arrivare ad enucleare le filosofie alla base di tale programma
e ad una descrizione del modello Giapponese della Toyota.
Il secondo capitolo, che introduce il caso aziendale, è utile a comprendere il
programma in una visione più ampia e dettagliata, analizzandone i principi e i
metodi fondamentali da utilizzare nelle diverse aree aziendali al fine di
organizzare al meglio una produzione World Class.
Il terzo capitolo, invece, tratta il caso aziendale, descrivendo la storia e il percorso
WCM intrapreso da New Holland AG sede di Modena, azienda parte del gruppo
CNH S.p.a.
L’ultimo capitolo, infine, è incentrato esclusivamente sul pilastro del Cost
Deployment (uno dei metodi su cui si basa il WCM), quale “bussola” che,
servendosi del controllo di gestione, guida tutto il sistema e aiuta le altre funzioni
aziendali a definire ciò che crea profitto con contestuale ricerca dello sviluppo
dell’impresa e del miglioramento della qualità del prodotto.
L’elaborazione di quest’ultimo capitolo è frutto, non solo del materiale aziendale
che mi è stato messo a disposizione da parte del Gruppo Fiat, ma soprattutto,
come anticipato in precedenza, della mia esperienza di stage che sto svolgendo
all’interno della New Holland AG. Sono dunque, entrata a far parte del team del
Cost Deployment e questo mi ha permesso sia di svolgere operativamente il
lavoro assegnato a tale pilastro, sia di partecipare in maniera attiva ai diversi audit
WCM dello stabilimento. Sono stati questi rilevanti momenti di crescita e
formazione.
Alla fine di questo lavoro, sento l’esigenza di ringraziare la CNH S.p.a. e la
Prof.ssa Maria Serena Chiucchi, relatore di questa tesi, per la disponibilità, la
precisione e i suoi consigli presenti e validi.
1
CAPITOLO I
DIVENTARE SNELLI. LA STRADA VERSO UNA PRODUZIONE
WORLD CLASS
1.1. IL WORLD CLASS MANUFACTURING: DEFINIZIONE E
OBIETTIVI
Lo scenario industriale recente è caratterizzato da due spinte competitive
fondamentali, a prima vista antitetiche: l’una verso la massimizzazione
dell’efficienza, quindi la riduzione massiccia del costo del prodotto dal suo
concepimento al suo declino (life cycle cost); l’altra verso la massimizzazione
dell’efficacia, ossia la compressione dei tempi di consegna e l’aumento di
flessibilità, intesa come rapidità di risposta a variazioni di richiesta sempre più
frequenti da parte del cliente. Nuovi e sempre più “agguerriti” concorrenti uniti a
trend economici negativi generano sfide competitive sempre più pressanti e
paradossalmente contrastanti sul piano dei costi, della qualità e del tempo di
consegna del prodotto (lead time) che impongono l’eccellenza industriale in
termini di flessibilità, innovazione, livello di servizio ed efficienza. L’unica
soluzione per far fronte a questo scenario, spesso è ripensare e non solo ritoccare,
il proprio processo logistico -produttivo affinché sia snello, veloce e reattivo,
quindi senza sprechi e assolutamente sotto controllo.
2
Fattori primari di cambiamento all’origine della “rivoluzione lean” e del world
class manufacturing sono1:
la progressiva riduzione del ciclo di vita del prodotto;
la difficoltà nel prevedere in modo attendibile la domanda di prodotto
finito, di componenti e sottoassiemi;
l’impossibilità derivante di dimensionare correttamente il carico in
ingresso al sistema produttivo che si presenta quindi irregolare;
l’aumento della gamma di prodotti finiti richiesti dal mercato, necessaria
per soddisfare una clientela sempre più esigente e preparata con un’offerta
sempre più ampia e differenziata;
la competizione crescente e travolgente da parte dei concorrenti dei paesi
emergenti difficilmente contrastabili sul fronte dei costi, ma anche su
quello della qualità.
Si impone dunque di rivedere radicalmente il processo produttivo al fine di
rispondere con successo alle nuove criticità di mercato. Non è più possibile
concentrarsi esclusivamente sull’ottimizzazione del ciclo di trasformazione, ma
occorre “imparare a vedere” gli sprechi nei trasferimenti, nelle movimentazioni,
nelle scorte, nei controlli, nei difetti, nelle attese, negli errori, nelle riparazioni,
ecc., che rappresentano la parte più consistente dei costi sostenuti senza
corrispondere ad alcun valore aggiunto per il cliente. Presupposto alla base della
1
G. Graziadei, Lean Manufacturing, Hoepli, Milano, 2006, pag.1.
3
metodologia, oggetto di studio in questa tesi è proprio il valore, inteso non come
asset, prodotti, competenze tecniche o commerciali (tutto ciò contribuisce alla
creazione di valore), ma come un insieme di caratteristiche del prodotto/servizio
per cui il cliente è disposto a pagare, ovvero se e come egli si accorgerebbe
dell’assenza di una fase del processo produttivo.
Il particolare contesto politico, culturale e sociale Italiano, tuttavia, unito alla
dimensione medio- piccola delle aziende di gestione spesso padronale, comporta
difficoltà oggettive al management legate soprattutto al coinvolgere e motivare il
personale a tutti i livelli, infondere massima fiducia nel metodo, superare l’errata
paura che l’approccio “world class” non sia applicabile alla propria realtà,
generare e gestire efficacemente il cambiamento culturale, superare i confini
interfunzionali lavorando in team con l’obiettivo di migliorare il flusso di
aggregazione del valore trasversalmente alle funzioni aziendali.
Di seguito si approfondisce la struttura del programma world class manufacturing
e l’organizzazione di sostegno del sistema stesso.
Il World Class Manufacturing (WCM) è un programma di innovazione basato sul
miglioramento continuo, è un sistema integrato di derivazione Giapponese, un
nuovo modo di lavorare che prevede l’eliminazione di ogni tipo di spreco e
perdita (Muda) con il coinvolgimento di tutti, attraverso l’impegno rigoroso di
metodi e standard.
4
Il termine World Class Manufacturing è stato introdotto nel 1986 da
R.Schonberger, ma è stato poi ripreso da molti altri, per cui oggi non è possibile
parlare di un sistema WCM se non associandolo a chi ne ha dato una sua
personale interpretazione. Schonberger ha raccolto decine di casi, esperienze,
testimonianze di aziende che hanno imboccato la strada del miglioramento
continuo verso l’eccellenza nella produzione, e ne propone una sistematizzazione
concettuale che fa riferimento ad alcune tecniche base del Just In Time/Total
Quality Control.2 La maggior parte di queste tecniche è ormai nota da tempo: si
tratta nient’altro che delle tecniche di “sana” ingegneria industriale e/o di
Operations Management. Ma quello che è nuovo è lo ‘spirito’ che le anima e che
le indirizza verso un unico bersaglio: la lotta allo spreco, ovvero il miglioramento
continuo verso la produttività globale. Non esistono ricette, ma una “produzione
di classe mondiale” in cui ciò che fa premio è, secondo Schonberger,
l’orientamento all’uomo come risorsa (non come problema), al cliente e ai suoi
bisogni individuali come ragion d’essere dell’impresa (non come ‘male
necessario’), la tensione al meglio come situazione stabile dell’organizzazione,
non come fatto contingente.
Prima dell’avvento del WCM, si riteneva che la produzione potesse essere gestita
“a numeri”. I numeri dovevano servire per stabilire le azioni da intraprendere, i
2
R.J.Schonberger, World-Class Manufacturing, Franco Angeli, Milano, 1986, pag. 14.
5
materiali da acquistare, i responsabili da individuare. Se, ad esempio3, l’ultimo
rapporto sui costi metteva in luce uno scostamento negativo per l’operazione di
saldatura, il compito di ridurre i costi ricadeva sul capo reparto. Ma in che
modo?non esistevano dati sulle cause che avevano prodotto il superamento dei
costi. Il capo reparto poteva ad esempio mettere il personale sotto torchio per
ottenere una maggiore produzione a parità di costo di manodopera, ma non
sarebbe riuscito in questo modo a capire cosa fosse realmente accaduto. I numeri
non erano in grado di evidenziare le cause di tale fenomeno, di risalire ai veri
motivi che hanno generato il superamento dei costi previsti. La maggior parte
delle volte non riuscivano nemmeno ad individuare i sintomi dei veri problemi in
quanto dati a consuntivo. Con l’introduzione del WCM si cerca dapprima di
individuare le cause che hanno prodotto quei numeri, risalendo alle “root cause”,
per poi rimuovere (o quanto meno attenuare) i fattori che le hanno generati. I
numeri, in questo caso, indicano la bontà dei prodotti e dei servizi o miglioramenti
in termini di costi conseguiti nel corso del tempo. Il WCM, per Schonberger,
implica semplificazione ed azione diretta: rilevazione, valutazione, misurazione,
diagnosi, risoluzione diretta in fabbrica dei problemi, senza aspettare di venirne a
conoscenza a posteriori attraverso le relazioni e i dati a consuntivo, quando ormai,
non si può più intervenire4.
3
R.J.Schonberger, World-Class Manufacturing, cit. pag.16.
4
R.J.Schonberger, World-Class Manufacturing, cit. pag. 27.
6
Il WCM prende in considerazione concetti quali:
Total Quality Control;
Total Productive Maintenance;
Total Industrial Engineering5;
Just In Time;
Lean Manufacturing.
Lo scopo principale di questa filosofia è dunque essere vincenti sul mercato con
prodotti di ottima qualità a prezzi competitivi, rispondendo alle esigenze del
cliente, assicurando la massima flessibilità; con alcuni obiettivi chiari: zero difetti,
zero guasti, riduzione degli stock, consegna tempestiva dei componenti da parte
del fornitore allo stabilimento a da qui al dealer e all’utente finale. Un’utopia? No:
diverse aziende leader sul mercato hanno adottato o stanno adottando il WCM,
applicando processi e metodologie condivisi da tutti, con modalità coerenti alla
propria realtà produttiva.
La storia insegna ogni giorno che la più grande risorsa a disposizione di
un’azienda non è la tecnologia, bensì le persone. Concentrarsi sulle persone
5Criterio integrato di soluzione dei problemi della produzione che realizza il miglioramento della
stessa attraverso il coinvolgimento di tutto il personale operativo e mediante l’utilizzo di
specifiche tecniche. Le sue caratteristiche sono principalmente l’orientamento al sistema anziché al
singolo reparto, il coinvolgimento delle persone nelle azioni migliorative sul piano metodologico,
la conoscenza, apprendimento e utilizzo delle tecniche di ingegneria industriale, la motivazione del
personale attraverso miglioramenti nell’organizzazione della produzione.
7
invece che sulla tecnologia e dare loro la possibilità di utilizzare il proprio
potenziale è la chiave per una competitività world-class. Un’azienda non potrà
mai “snellire tutto” senza prima essersi concentrata sullo sviluppo del potenziale
umano.6 Come precedentemente scritto, il paradigma word class è lontano dal
modo di pensare della maggior parte delle aziende e molto lontano dalla loro idea
di benessere. Il paradigma è “world class=zero”. “Zero” significa zero difetti, zero
inventari, addirittura zero controlli di qualità. Questi obiettivi sono la base della
produzione world class. Lo zero ricorda allo stesso tempo un bersaglio, il valore
di riferimento, e un aggressivo programma di miglioramenti.
I “nove zeri” della World-Class Production sono i seguenti:
1. ZERO insoddisfazione del cliente;
2. ZERO disallineamenti;
3. ZERO burocrazia;
4. ZERO insoddisfazione degli azionisti;
5. ZERO sprechi;
6. ZERO lavoro che non crei valore;
7. ZERO fermate;
8. ZERO opportunità perse;
9. ZERO informazioni perse.
6
J.Black, La produzione World class, Guerini e associati, Milano, 2001, pag. 16.
8
La World Class Production inizia con l’eliminazione di tutti gli sprechi in fabbrica
e poi va ancora più a fondo. Si concentra anche sull’eliminazione degli sprechi
della struttura organizzativa e di quelli derivanti dalle pratiche del management. È
aggressivamente concentrata sul cliente e questo significa che tende
all’eliminazione della sua insoddisfazione, avendone buona conoscenza e
offrendogli un buon servizio.
1.2. IL KAIZEN: L’ORIENTAMENTO VERSO IL MIGLIORAMENTO
CONTINUO
Il Controllo Qualità Totale, il Just in Time, i Circoli di Qualità, il sistema dei
suggerimenti, il progresso tecnologico sono stati per molti i motivi fondamentali
della crescita produttiva del sistema industriale giapponese.
Ma la vera fonte dell’evoluzione dell’industria giapponese va ricercata a monte di
tutti questi indubbi cambiamenti del sistema produttivo. Essa si trova nel vecchio
principio filosofico: “ogni cosa merita di essere migliorata”.
E’ sull’applicazione sistematica e metodica di questo semplice principio che si è
basata tutta la crescita economica del Giappone. Il successo derivante dall’aver
trasformato questo principio in un eccellente sistema di gestione di impresa si
spiega con il diverso approccio che il Giappone ha avuto verso il miglioramento7.
7Richard J. Schonberger, Japanese manufacturing techniques : nine hidden lessons in simplicity,
Collier Macmillan, 1982, pag.37.
9
Infatti, mentre nella cultura occidentale il miglioramento viene per lo più
perseguito con operazioni drastiche di cambiamento da cui si aspetta un
immediato ritorno dell’investimento, in Giappone il miglioramento è visto come
un processo continuo e graduale. Più precisamente, viene visto nel vero
significato del termine giapponese “kaizen”. In giapponese kaizen significa
letteralmente "miglioramento". E’ l’impegno ad apportare ogni giorno piccoli
miglioramenti ovunque si può: nella vita personale, privata, sociale, professionale.
Nell’ambito industriale/produttivo, kaizen significa un miglioramento continuo
che coinvolge l’intera struttura aziendale8 - dirigenti, quadri, operai allo stesso
modo. Esso trova le sue radici nel vecchio detto giapponese: “se non si vede un
uomo per tre giorni, i suoi amici dovrebbero guardarlo attentamente per scoprire
quali cambiamenti si sono verificati9”. In questo detto è sottintesa la convinzione
che ogni cosa, anche se di poco, cambia continuamente. Trasportando tale
concetto in azienda, significa non far passare giorno senza che si produca qualche
miglioramento, anche se piccolo. Tale convinzione, radicata nella cultura
giapponese, è meno conosciuta nella realtà industriale occidentale, in cui le
aziende sostanzialmente possono rimanere inalterate nella struttura e nella forma
anche per molti anni e dove i soli cambiamenti visibili sono nelle innovazioni
tecnologiche ad alti investimenti.
8
G.Graziadei, Lean Manufacturing, cit. pag .54.
9
Richard J. Schonberger, Japanese manufacturing techniques: nine hidden lessons in simplicity
cit., pag. 65.
10
Il management giapponese vede il miglioramento suddiviso in due fasi: il kaizen e
l’innovazione. Kaizen, come detto sopra, significa migliorare con sforzi di piccola
entità, ma continui. Innovazione significa invece, modificare radicalmente
attraverso sforzi temporanei, ma di grande entità. Con la continuità come sua
primaria caratteristica, il kaizen (tanti piccoli miglioramenti) si contrappone al
kakushin (innovazione) e al kairyo (un grande miglioramento). Kakushin e kairyo
vengono decisi dalla direzione e necessitano di un grande investimento; il kaizen
viene fatto ogni giorno da tutto il personale. La differenza sostanziale tra kaizen e
innovazione è riconducibile alla differenza tra una scala ed una salita: infatti,
idealmente, l’innovazione porta ad un miglioramento improvviso dello standard,
che si manterrà tale fino all’introduzione di una nuova innovazione (andamento a
scalini). Il principio del kaizen invece, conduce ad un continuo, piccolo
miglioramento degli standard (andamento a salita continua). Lo schema
dell’innovazione, nella realtà, avrà necessariamente un andamento decrescente
dopo ogni gradino, a seguito del naturale decadimento dell’innovazione nel
tempo. Senza un continuo sforzo, non è possibile mantenere e migliorare lo
standard raggiunto. Anche quando l’innovazione porta ad uno standard
rivoluzionario, questo declinerà, a meno che non venga costantemente contestato
e migliorato. Da quanto detto, risulta evidente che il miglior sistema di gestione è
quello che prevede la coesistenza e l’impiego in azienda di entrambi i sistemi:
dell’innovazione, per definire il nuovo standard rivoluzionario e del kaizen, per
11
far sì che le innovazioni non vengano corrose col passar del tempo.
Un’azienda che applica questa strategia avrà delle procedure standard suscettibili
di continui cambiamenti e miglioramenti; nel contempo però queste procedure
costituiscono degli standard assoluti e come tali sono da rispettare fino
all’introduzione del nuovo miglioramento.
I dieci principi chiave del Kaizen sono10:
1. sbarazzati dei concetti tradizionali (anche sui metodi di produzione);
2. pensa a come il nuovo metodo funzionerà e non a come non funzionerà;
3. non accettare le scuse. Dì di no allo status quo;
4. non ricercare la perfezione;
5. correggi gli errori nel momento in cui li trovi;
6. non spendere molti soldi per migliorare. Pensa con creatività prima
dell’investimento;
7. i problemi ti danno l’opportunità di utilizzare il tuo cervello;
8. chiediti sempre perché almeno cinque volte per trovare la vera causa dei
problemi (root cause);
9. le idee di dieci persone sono migliori di quelle di una persona;
10 Jeffrey K. Liker, The Toyota way: 14 management principles from the world's greatest
manufacturer, McGraw Hill, 2004, pag. 76.