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1. INTRODUZIONE: riflessione sociologica sul matrimonio nel mondo, cosa esso
rappresenta oggi.
La famiglia oggi rappresenta l‟organizzazione sociale più importante per le società del
mondo, quali esse siano: democrazia, monarchia e soprattutto dittatura. Infatti, soprattutto
in quest‟ultimo caso, i governi tendono ad esaltare il valore della famiglia (basti pensare
alla dittatura mussoliniana e ai meriti che venivano attribuiti a chi aveva figli in modo
legale), rendendola la base ferma della società intera. Tutte queste forme di governo si
fondano su questa istituzione sociale che rigenera la vita, di generazione in generazione.
Cambiano le religioni quindi i riti ma la base è la stessa: non c‟è società senza famiglia e
quindi senza matrimonio, religioso o civile che sia. Ovviamente questa affermazione parte
dal fatto che le coppie che condividono un tetto e quindi convivono possiedono, soprattutto
nel nostro paese, un riconoscimento minoritario rispetto alle coppie che legalmente si
uniscono in matrimonio. Per generalizzare il discorso, potremmo dire che la società è un
insieme di individui che si uniscono in entità e vivono sotto lo stesso tetto, individui uniti
da legami dettati da ragioni di parentela, di matrimonio o di adozione.
Nel mondo ci sono unioni di molteplici tipologie: vi sono matrimoni formali e unioni
consensuali. Il matrimonio stesso presuppone una maggiore o minore formalizzazione; può
inoltre essere monogamo o poligamo. Le unioni non sono frutto del caso, ma laddove si
determina una situazione di endogamia – ossia la tendenza ad unirsi con una persona
appartenente al proprio gruppo – tale gruppo di riferimento è definito talvolta solo
attraverso elementi sociali. Ma i matrimoni possono prodursi anche all‟interno della stessa
famiglia, come accade in Egitto, in Tunisia, nello Yemen o in Pakistan. Solitamente questi
matrimoni sono combinati, le donne si sposano molto giovani e hanno un numero di figli
superiore alla media. In questi casi però è elevato anche il tasso di mortalità infantile.
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Per quanto riguarda l‟età, in Europa si registrano dei divari: sono infatti la Polonia,
l‟Ungheria, la Repubblica Ceca e la Slovacchia a registrare l‟età più bassa per le spose
(intorno ai 20 anni).
Spostandoci verso il continente indiano, con il Child Marriage (Amendment) Act del 1978
il governo ha reso illegale il matrimonio anteriore ai 18 anni per le donne e ai 21 per gli
uomini. Sono previste infatti pene detentive ed ammende per un giovane che sposi una
ragazza minorenne, per il genitore o per chiunque combini il matrimonio di un minore. Ma
la registrazione del matrimonio non è obbligatoria e questo rende le pratiche illegali, di
fatto, molto diffuse e di conseguenza anche i matrimoni “legalmente illeciti”.
Normalmente oggi in India l‟età del matrimonio delle donne è di 20 anni ma recenti
indagini hanno osservato come siano comunque frequenti i matrimoni di ragazze tra i 15 e
i 19 anni.
Un‟ inchiesta condotta nel 1991 presso alcuni villaggi egiziani ha rilevato che la metà delle
giovani, che si erano da poco sposate, aveva contratto matrimonio a 17 anni. Più di un
quarto si era sposato prima dei 16 anni, età minima del matrimonio. Ma la legge è
facilmente aggirata facendo valutare l‟età della sposa da un medico invece di presentare il
certificato di nascita. Del resto, il matrimonio musulmano richiede solo la presenza di due
testimoni e un fidanzamento di pubblico dominio. Il matrimonio non viene registrato
ufficialmente fino a quando la giovane donna raggiunge l‟età legale. Le due risposte più
comuni date dalle giovani donne intervistate sull‟argomento sono state:
“Per quale motivo avrei dovuto aspettare?”.
“Ero la più vecchia della mia strada a sposarmi, avevo 18 anni e nessuna si sposa a
18 anni”.
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Vi sono quindi convinzioni socioculturali profondamente radicate tra la popolazione che
rende un disagio ciò che nel resto del mondo rappresenta invece la normale libertà di
scelta.
Alcune donne, sposatesi giovani, hanno tuttavia affermato che avevano avuto paura del
marito che non conoscevano prima di sposarsi.
In Europa invece la proporzione delle giovani di 15-19 anni già sposate è dell‟1% in
Francia mentre in Italia è del 5,9%.
Nell‟Africa sub sahariana invece il matrimonio poligamo rimane molto diffuso. In questi
paesi più del 60% delle donne, tra i 45 e i 49 anni, vivevano nel 1994 in unioni poligame.
La poligamia è collegata direttamente alla diffusione dell‟Islam, religione che permette di
fatto la pratica matrimoniale con poligamia. Oggi però i numeri parlano di una
diminuzione dell‟usanza di contrarre matrimonio con più donne per diverse cause tra cui,
per esempio, il fatto che nel mondo rurale, dove le donne esercitano delle attività agricole,
avere più mogli rappresenta un peso economico.
Nelle loro analisi sulla poligamia a Dakar, Philippe Antoine e Jeanne Nanitelamio (1994)
notano che tutti gli uomini sono dei “potenziali poligami”. Di fronte a uomini piuttosto
favorevoli alla poligamia vi sono delle donne per le quali è importante innanzitutto
sposarsi. Le donne che mal volentieri accettano la poligamia tendono a divorziare.
Lo scioglimento dei matrimoni non ha sempre il medesimo senso in rapporto all‟unione, il
ripudio non è il divorzio ma è un vero pilastro dell‟istituzione familiare nel mondo arabo.
Peter Laslett (1984) ha distinto quattro sottotipi di organizzazione degli aggregati
domestici nell‟Europa tradizionale:
1. Il tipo occidentale, generalizzato in Inghilterra, presente nei Paesi Bassi e in una
parte della Francia, si basa sul matrimonio tardivo e sulla residenza neolocale:
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infatti al momento del matrimonio la coppia va a vivere per proprio conto e non
con i genitori dell‟uno o dell‟altro degli sposi; c‟è inoltre tra loro poca differenza di
età.
2. Il tipo occidentale-centrale o intermedio, dominante nell‟Europa germanica e
baltica, ma anche in una parte della Francia, si differenzia dal precedente per
l‟importanza della famiglia-ceppo, ovvero per la compresenza di più generazioni
nel gruppo domestico ma con una sola coppia per generazione.
3. Il tipo mediterraneo, presente in tutta la Spagna, in una parte del Portogallo e in
certe zone della penisola balcanica e di quella italiana, è caratterizzato dall‟età
precoce delle donne al matrimonio, dalla forte differenza di età tra gli sposi e dalla
resistenza alle nuove nozze delle vedove.
4. Il tipo orientale, diffuso in Russia e nelle aree geografiche contigue, è composto di
aggregati di grandi dimensioni dove il matrimonio è precoce e la differenza di età
tra gli sposi è ridotta.
Il tratto saliente del modello familiare occidentale risiede nella residenza neolocale, quando
quindi la coppia si stabilisce in una casa diversa da quella dei genitori di uno dei due sposi.
Il modello nordico, più individualistico rispetto a quello mediterraneo riferito all‟Europa
del sud (dove i figli in passato partecipavano alle attività produttive della famiglia),
fondato sull‟allontanamento precoce dei figli, permette ai genitori di risparmiare e li rende
meno dipendenti durante la vecchiaia.
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2. IL MATRIMONIO, ANALISI SOCIOLOGICHE E LETTERATURA
Nel 2008 la quota di matrimoni registrati è stata di 246.613. Possono sembrare tanti, ma
basterà un altro dato per capire quanto questa cifra sia esigua: 418.334. Questi sono i
matrimoni celebrati in Italia nel 1973, alle porte degli anni ‟80, negli anni dei figli dei fiori.
Come notiamo, nel corso del tempo il matrimonio è diventato una scelta sempre più rara,
un‟opzione spesso non presa in considerazione, che coinvolge solo 4 abitanti su 1,000. La
cifra più significativa la possiamo rilevare nei primi matrimoni, dove si registra un calo di
sette punti percentuali, dal 93,5% del 1972 all‟ 86,2% del 2008. Parallelamente alla
diminuzione dei primi matrimoni si è osservata una tendenza sempre più decisa alla
posticipazione delle prime nozze verso età più mature: è cambiata infatti l‟età degli sposi.
Oggi lo sposo ha in media 33 anni mentre la sposa ne ha 30. Il rinvio delle prime nozze è,
in larga misura, la conseguenza della sempre più prolungata permanenza dei giovani nella
famiglia di origine.
Paradossalmente però i secondi matrimoni sono in aumento e questo fa giungere alla
conclusione che il matrimonio venga considerato come una possibilità che può avere un
risvolto negativo ed eventualmente essere ripetuto successivamente in un secondo
“tentativo” (condizione questa che porta sempre più frequentemente a stipulare accordi
prematrimoniali).
Bisogna fare delle considerazioni anche sulla tipologia di matrimoni. Infatti, risultano
essere in aumento i riti civili, per un totale di uno su tre, dato che interessa tanto le prime
unioni quanto le seconde.
La crisi della nuzialità non è un fenomeno nuovo: infatti la diminuzione dei matrimoni è in
atto da 35 anni. Oggi assistiamo a trasformazioni interne ai comportamenti familiari. Sono
infatti sempre più numerose le coppie che scelgono di formare una famiglia al di fuori del
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vincolo del matrimonio. Una conferma ci giunge anche dalle indagini Istat sulle nascite:
l‟incidenza di bambini nati al di fuori del matrimonio è pari al 20%, oltre 100 mila nati nel
2008.
Fig 1. Grafico Istat: numero di matrimoni e di primi matrimoni celebrati in Italia. Anni 1952 - 2008.
200.000
240.000
280.000
320.000
360.000
400.000
440.000
1952
1954
1956
1958
1960
1962
1964
1966
1968
1970
1972
1974
1976
1978
1980
1982
1984
1986
1988
1990
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
Matrimoni totali Primi matrimoni
La differenziazione va effettuata anche per regioni: ci si sposa di più al Sud, dove sembra
permanere ancora una certa attenzione alle tradizioni, rispetto al Nord e al Centro.
Le regioni dove si registrano il massimo e il minimo dei quozienti di nuzialità sono
rispettivamente la Campania (5,5 nozze per mille abitanti) e il Friuli-Venezia Giulia (3,3
per mille). Il matrimonio infatti ha un significato più marcato nei paesi del Sud rispetto a
quelli del Nord.
Tra i cambiamenti più recenti in tema di nuzialità, si segnala la crescita delle coppie in cui
almeno uno dei due sposi è di cittadinanza straniera, un fenomeno nuovo per l‟Italia, che si
appresta a diventare un paese sempre più multiculturale. Si tratta di un fenomeno di rilievo
sia per il suo rapido incremento, sia perché rappresenta uno degli indicatori più
significativi del processo di integrazione delle comunità immigrate nel nostro Paese. La
frequenza dei matrimoni con almeno uno sposo straniero è più elevata nelle aree in cui è
più stabile e radicato l‟insediamento delle comunità straniere, pertanto sono più diffusi al