3 
 
INTRODUZIONE 
Il presente lavoro ha come oggetto l’analisi del velo islamico nelle sue varie prospettive. 
L’interesse per l’aspetto culturale, simbolico e religioso del particolare capo di abbigliamento nasce 
dalla centralità che, in questi ultimi anni, l’argomento ha assunto nei luoghi di dibattito.  
L’opinione pubblica, talvolta, in una visione superficiale e subculturale, associa il velo 
all’islam, all’integralismo, agli attentati terroristici e alla sottomissione della donna all’uomo.  
Dopo aver consultato diverse fonti informative come articoli e libri appropriati ed effettuato 
numerose ricerche informatiche e cartacee, si è sentita l’esigenza di andare oltre gli schemi forniti 
dai mass media per provare a capire cosa c’è dietro il velo. 
A mio avviso, il tema del velo meriterebbe spazi molto più ampi per essere trattato con la 
dovuta attenzione. Pertanto in questa sede, lo scopo sarà quello di dare delle informazioni con 
prospettive di analisi differenti rispetto a quelle fornite dai mezzi di comunicazione di massa e più 
approfondite sull’argomento proponendo degli spunti di riflessione e di confronto. 
Il lavoro è articolato in cinque capitoli. Nel primo capitolo si metteranno a confronto tre 
religioni monoteiste: l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam ove sarà posto in evidenza il velo e la 
sua ampia diffusione in tutto il mondo; la sua diffusione nelle cultura persiana, babilonese e greca in 
cui ha assunto sfumature e significati differenti. Si evidenzieranno esempi di figure femminili che 
hanno indossato con orgoglio ed eleganza il velo, segno della loro sacralità, nobiltà e dignità sono 
state la “moglie del guerriero assiro”, la “matrona romana d’epoca imperiale” e la “fedele sposa 
dell’ebreo”. Il lavoro è circoscritto al campo storico, religioso e sociale delle tre religioni 
monoteiste. Di ogni culto si cercherà di capire le origini etimologiche, i vari significati simbolici e 
l’interpretazione data dai testi sacri al velo. Si parlerà dei vari significati simbolici attribuiti al velo 
nelle tre confessioni religiose. Per quanto concerne l’Islam si farà un percorso lievemente diverso 
poiché il velo islamico sarà il leitmotiv dell’intero lavoro. 
Il secondo capitolo sarà incentrato sulla conoscenza dei veli islamici più comuni e verrà data 
una breve rassegna di quelli meno usuali. Si vedrà che ogni velo è fortemente legato all’area di 
appartenenza geografica della donna, riflettendone la cultura, il momento politico e l’aspetto 
squisitamente religioso.  
Nel terzo capitolo sarà trattato il dibattito sul velo nell’Europa contemporanea. Si parlerà di 
come la Corte di Giustizia delle comunità europee e la Corte europea dei diritti dell’uomo, organi 
giurisdizionali che nascono con logiche funzionali diverse, possano giudicare sulle medesime 
questioni con il rischio, certamente delegittimante, di pronunciarsi in modo avverso sulla stessa 
fattispecie o addirittura come lo stesso Organo possa sentenziare su casi analoghi in modo
4 
 
contrastante. Nel capitolo verrà fatto un breve excursus delle normative nazionali vigenti negli Stati 
europei, approfondendo le casistiche francesi, italiane, inglesi ed austriache. Numerose proposte di 
legge, disposizioni ministeriali, regi decreti e leggi che vietano l’uso dell’hijab a scuola e del niqab 
nello spazio pubblico faranno da corollario a questa sezione. 
Il quarto capitolo, probabilmente più apprezzato dal pubblico femminile, metterà in evidenza 
che il velo sta dettando legge in termini di moda, imponendo tendenze ed ispirando stilisti e 
designer di ogni parte del mondo. In questa sezione verrà evidenziato come la tecnologia ha 
accelerato la diffusione dell’islamic fashion soprattutto tra i giovani di seconda generazione che 
ostentano orgogliosamente la propria appartenenza ad un’unica comunità transnazionale. Si vedrà 
come si è passati in breve tempo da pubblicità che imponevano alle modelle di essere ritratte di 
spalle o dal mento in giù a giovani ragazze musulmane che prestano la loro immagine per grandi 
marchi che timidamente si stanno spingendo verso la modest fashion. Il mercato della moda 
islamica sembrerebbe aver risolto, in parte, anche il problema di molte sportive musulmane, 
proponendo capi d’abbigliamento e veli che coniugano sicurezza, praticità ed igiene al rispetto dei 
dettami islamici. 
Nel quinto capitolo verranno intervistate donne di fede islamica, residenti in Italia e all’estero. 
Ognuna di loro porterà la propria esperienza ed il proprio contributo circa l’uso del velo. Alcune 
sosteranno di essere d’accordo con le proposte di legge che vietano di nascondere il volto in 
pubblico, altre sosteranno che le leggi antivelo violano la libertà personale, non solo di religione, 
ma anche di indossare ciò che si vuole. Molte sosteranno che il velo integrale non è un obbligo 
previsto dalla religione ma una pratica culturale. Quasi tutte concluderanno rivendicando la loro 
appartenenza alla comunità araba e chiedendo rispetto per le loro scelte.
5 
 
CAPITOLO 1 
IL SIMBOLISMO DEL VELO: TRE RELIGIONI A CONFRONTO 
 
Il velo oltre ad essere un indumento molto diffuso nelle confessioni monoteiste, quali 
Ebraismo, Cristianesimo ed Islam funge anche da “elemento unificatore”. Una comparazione delle 
Sacre Scritture delle tre religioni mostrerà che la presenza del velo è contenuta maggiormente nella 
Bibbia ebraica rispetto alla Bibbia cristiana e al Corano ed i significati più condivisi riguardo al velo 
sono tre: il velo inteso come indumento femminile segno di umiltà e devozione verso Dio, il velo 
come oggetto che separa i luoghi sacri dai profani ed il velo quale ostacolo tra umano e divino. 
 
1.1 IL SIGNIFICATO DEL VELO NELLA TRADIZIONE EBRAICA 
 
L’Ebraismo
1
 è una delle religioni monoteiste più antiche dell’umanità risalente al I millennio a. 
C. e diffusosi all'interno della comunità ebraica. 
Il testo sacro della religione ebraica è il Tanakh
2
 (testualmente Bibbia ebraica) che comprende 
la Torah
3
 (letteralmente insegnamento), il Nevi’im
4
 (raccolta dei racconti dei profeti) ed il Ketuvim
5
 
                                                             
1
 L’ebraismo è la religione ebraica nonché il complesso delle credenze e della cultura degli Ebrei. È una delle più 
antiche religioni monoteistiche, dalla quale è derivato anche il cristianesimo e il cui nucleo originario risale alla 
credenza in Yahweh, che stringe con il suo popolo un patto speciale. Probabilmente gli Ebrei avevano in origine una 
religione simile a quella dei popoli vicini; il monoteismo sorse gradualmente tra i gruppi che facevano capo ai profeti e 
si affermò definitivamente dopo l’esilio in Babilonia. Dal periodo del Secondo Tempio in poi (VI sec. a.C.), la religione 
degli israeliti è detta più propriamente giudaismo; 
2
 L’acronimo TaNaKh raggruppa le tre lettere TNK che sono le iniziali dell’espressione dell’espressione Torah, 
Nevi’im, Ketuvim; 
3
 T ōr āh: termine biblico che designa la dottrina impartita dai genitori ai figli, dai saggi agli stolti, dal sacerdote al 
popolo e da Dio agli uomini mediante i profeti. Per antonomasia è così chiamato (anche nella forma italianizzata torah) 
l’insieme degli insegnamenti e precetti riconosciuto dagli Ebrei come rivelato da Yahweh attraverso Mosè e raccolto nel 
Pentateuco (chiamato dagli Ebrei T ōr āh); 
4
 Neviìm o libri dei profeti è la continuazione della storia del popolo di Israele, dalla morte di Mosè fino alla 
costruzione del secondo Beth Hamikdash (il Santuario di Gerusalemme). I libri dei profeti sono di solito divisi in 
NeviìmR ishonim (i Profeti anteriori o Libri storici) e Neviìm Acharonim (i Profeti posteriori o Libri profetici). Sono 
libri di genere storico e in essi appaiono numerosi profeti in veste di consiglieri di corte e non di “scrittori”; 
5
 La raccolta del Kethubhiìm è composta da tredici libri del Tanakh della Bibbia ebraica che comprende scritti di varie 
categorie: salmi, libri di saggezza, annali storici;
6 
 
(letteralmente scritti). Questi tre testi sacri vanno a costituire l’Antico Testamento
6
 della Bibbia 
Cristiana.  
La Bibbia ebraica è il lavoro in cui più volte viene citato il termine “velo”, i cui riferimenti 
possono essere raggruppati in quattro modelli: 
- il velo come copricapo; 
- il velo di Mosè; 
- il velo del tempio; 
- il velo come separatore, inteso sia in senso materiale che metaforico. 
La prima testimonianza del velo in senso proprio si riscontra in due diversi capitoli del Libro 
della Genesi
7
. Nelle vicende che verranno narrate il velo utilizzato per coprirsi il viso è lo za’if, 
locuzione tramandata dall’ebraico  biblico  a  quello  moderno  e  che ancora  oggi  si  traduce 
letteralmente con la parola “velo”. 
Nel capitolo XXIV si narra la storia di Rebecca
8
, cugina e promessa sposa ad Isacco. Dopo aver 
lasciato la sua famiglia, Rebecca venne accompagnata dalle sue ancelle, dalla nutrice e dal servo 
Eliezer verso la dimora del futuro marito e, non appena lo scorse in lontananza, si coprì il volto in 
quanto si sarebbe rivelata a lui in tutta la sua bellezza soltanto dopo le nozze. Appena furono 
presentati, Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara e la prese in 
moglie. Di seguito si riporta un frammento del capitolo d’interesse: “Alzò gli occhi anche Rebecca, 
vide Isacco e scese subito dal cammello. E disse al servo: “Chi è quell’uomo che viene attraverso 
la campagna incontro a noi?”. Il servo rispose: “È il mio padrone”. Allora essa prese il velo e si 
coprì.
9
” 
La seconda vicenda, tratta dal capitolo XXXVIII, interessa Tamar
10
, nuora di Giuda. L’eroe del 
popolo d’Israele aveva tre figli: Er, Onan e Sela. Er divenne sposo di Tamar ma morì precocemente 
                                                             
6
 L’Antico Testamento è il termine coniato in ambito cristiano, per indicare una collezione di libri ammessa nel canone 
delle diverse confessioni cristiane che forma la prima delle due parti della Bibbia, che corrisponde all’incirca al Tanakh, 
chiamato anche Bibbia ebraica. Contiene tutti i libri della Bibbia che precedono la vita di Gesù; 
7
 Il Libro della Genesi letteralmente “nascita”, “creazione”, “origine”, comunemente citato come Genesi (femminile), è 
il primo libro della Torah del Tanakh ebraico e della Bibbia cristiana; è un’opera eziologica che inizia con la creazione 
del mondo, per poi raccontare di come Dio creò gli esseri viventi, e in ultimo l’uomo;  
8
 Rebecca (in ebraico: ה ָ ק ְ ב ִ רRivqah) è un personaggio biblico. È la moglie di Isacco e la madre di Giacobbe ed Esaù. La 
sua storia è raccontata nel libro della Genesi; 
9
Genesi 24, 64-65; 
10
Tamar è un personaggio biblico, sposa di Er, figlio di Giuda figlio di Giacobbe. La storia di questa donna viene 
raccontata dal libro della Genesi al capitolo 38;
7 
 
senza aver dato seguito alla discendenza. Secondo l’obbligo della legge ebraica del levirato
11
, 
Tamar sposò il fratello del marito, Onan. L’uomo non intendendo dare posterità al fratello, ricorse 
ad un anticoncezionale. Ciò non fu gradito a Yhaweh che lo punì facendolo morire. Dovendo 
applicare la legge del levirato, Giuda avrebbe dovuto dare come marito a Tamar il suo terzo figlio, 
Sela, che però era troppo giovane. Tamar venne quindi rimandata dai genitori con la promessa che 
quando Sela fosse cresciuto l’avrebbe sposata. Ma Giuda, temendo che anche Sela perisse, finse di 
dimenticarsi della nuora. Tamar, volendo far valere il principio del levirato, attuò un espediente: si 
coprì il capo e si travestì da prostituta seducendo Giuda per congiungersi a lui. Egli caduto nella 
trappola le promise un capretto del suo gregge e le lasciò in pegno il suo sigillo, il cordone ed il 
bastone. Quando Giuda venne a conoscenza che sua nuora si era prostituita ed era rimasta incinta, la 
condannò a morte. A quel punto Tamar inviò al suocero gli oggetti che le aveva lasciato come 
compenso della loro unione. Giuda riconobbe il suo sigillo e gli altri oggetti e comprese la sua 
colpa, di non aver dato in marito a Tamar il suo terzo figlio. Tamar partorì i gemelli Perez e Zerach. 
Il passo d’interesse recita: “Fu portata a Tamar questa notizia: “Ecco, tuo suocero va a Timna per 
la tosatura del suo gregge”. Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili, si coprì con il velo e se lo 
avvolse intorno, poi si pose a sedere all’ingresso di Enaim, che è sulla strada per Timna. (…)
12
”. 
Nel Libro dell’Esodo
13
 i richiami al velo sono copiosi. Mosè
14
, dopo aver portato in salvo il 
popolo israelita ed aver rinnovato il patto con Yahweh, era solito coprirsi il viso quando trasmetteva 
agli Israeliti il messaggio del Signore perché il suo volto era così lucente al punto tale da abbagliare 
ed incutere timore alla gente. Il copricapo utilizzato da Mosè era il masveh, parola tradotta in 
italiano con il termine velo, la cui traduzione letterale è “maschera”. Si riporta il tratto saliente: 
“Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di 
Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata 
raggiante, poiché aveva conversato con il Signore. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la 
                                                             
11
 Il Levirato di derivazione latina letteralmente “cognato” antica usanza secondo la quale, se un uomo sposato moriva 
senza figli, suo fratello o il suo parente più prossimo doveva sposare la vedova, e il loro figlio primogenito sarebbe stato 
considerato legalmente figlio del defunto; 
12
 Genesi 38, 7 – 30; 
13
 Il libro dell’Esodo letteralmente “uscita” è il secondo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana; è composto da 
40 capitoli. Nei primi 14 descrive il soggiorno degli Ebrei in Egitto, la loro schiavitù e la miracolosa liberazione tramite 
Mosè, mentre nei restanti descrive il soggiorno degli Ebrei nel deserto del Sinai; 
14
 Mosè (latino: Moyses; in ebraico: ה ֶ שׁ ֹ מ, standard Moshé, tiberiense M ōšeh; greco: M ωϋσῆς; in arabo:  ٰ ىسوم , M ūsa; 
ge’ez: ሙሴ, Musse), per antonomasia, è per gli Ebrei il rav (Moshé Rabbenu, Mosè il nostro maestro)  e tanto per gli 
Ebrei quanto per i cristiani egli fu la guida del popolo ebraico secondo il racconto biblico dell’Esodo; per musulmani, 
invece, Mosè fu innanzi tutto uno dei profeti dell’Islam la cui rivelazione originale, tuttavia, andò perduta;
8 
 
pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. (…) Quando Mosè ebbe finito di 
parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, 
Mosè si toglieva il velo, fin quando fosse uscito. Una volta uscito riferiva agli Israeliti tutto ciò che 
gli era stato ordinato. Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso 
era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare 
con il Signore.
15
”. 
In altri versi del Libro dell’Esodo il termine “velo” viene equiparato alla locuzione “tenda”. 
Mosè, dopo aver ricevuto su delle tavole i comandamenti divini, li conservò all’interno dell’Arca 
dell’Alleanza la cui costruzione gli fu imposta da Dio a dimostrazione della sua presenza tra gli 
uomini; la predetta cassa era protetta da “la tenda del convegno” che successivamente è diventata il 
“velo del tempio”. Si riporta il passo d’interesse: “Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca; 
mise le stanghe all’arca e pose il coperchio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò 
il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore 
aveva ordinato a Mosè.
16
”. La tenda a cui si fa riferimento in questo episodio è il parokhet che 
separava lo spazio Santo da quello più sacro dove era contenuta l’arca
17
; il velo del tempio era 
ricamato di viola, di porpora, di bisso e di scarlatto, colori che simboleggiavano la terra, l’acqua, il 
fuoco ed aria
18
.  
Nel Libro dei Numeri
19
 il velo viene menzionato in tre episodi. Nel primo il Dio Baalam
20
, 
protetto dallo spirito del Signore, sta benedicendo il popolo d’Israele, lodandolo per essere riuscito a 
far cadere il velo dai suoi occhi e quindi per aver accettato l’alleanza con Yahweh: “Balaam vide 
che al Signore piaceva di benedire Israele e non volle rivolgersi come le altre volte alla magia, ma 
voltò la faccia verso il deserto. Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù. 
Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui. Egli pronunziò il suo poema e disse: “Oracolo di Balaam, 
figlio di Beor, e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio e 
conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, e cade ed è tolto il velo 
                                                             
15
 Esodo 34, 29 – 35; 
16
 Esodo 40, 20 - 21; 
17
 AA.VV., 1984, Universo, la grande enciclopedia per tutti, vol. V, Novara, De Agostini, pag. 22; 
18
 Mistrorigo Vescovo Antonio, 1995, Guida alfabetica alla Bibbia, Milano Piemme, p. 660; 
19
 Il Libro dei Numeri letteralmente “numeri”  inizia con la descrizione di un censimento; esso è il quarto libro della 
Torah ebraica e della Bibbia cristiana; è composto da 36 capitoli descriventi la storia degli Ebrei durante il loro 
soggiorno nel deserto del Sinai; 
20
Balaam (in lingua ebraica: ם ָ ע ְ ל ִ בּ, vocalizzazione standard Bil ʻam, vocalizzazione tiberiense Bil ʻām) è un profeta del 
Pentateuco;