Nel secondo capitolo ho descritto la situazione italiana partendo dagli ele-
menti che costituiscono l’identità del nostro cinema e ho notato le sue analogie
e i punti di forza all’interno del sistema europeo. Attraverso un’analisi storica
che va dagli anni Cinquanta ad oggi ho voluto mettere in evidenza il ruolo di
leader che l’Italia ha ottenuto in Europa e la sua capacità di competere ad armi
pari con gli Stati Uniti grazie a un prodotto forte, alla volontà di posizionarsi nel
mercato internazionale, di espandersi grazie alle coproduzioni internazionali, al
tentativo di dar vita ad un’industria cinematografica; tutto questo senza dimen-
ticare i problemi strutturali che hanno provocato un periodo ultradecennale di
crisi.
Nel terzo capitolo, dopo una breve esposizione delle tecniche di marketing
messe in atto in quantità massiccia da Hollywood, ho esposto i principi del
marketing cinematografico tracciando il percorso strategico che investe le fasi di
pre-produzione, produzione e pre-distribuzione e definendo gli strumenti speci-
fici della promozione del prodotto filmico fino al piano media. In seguito ho pre-
so in analisi il product placement, il posizionamento di un prodotto di marca al-
l’interno di un film, che si sta imponendo come nuova tecnica pubblicitaria, ma
soprattutto di finanziamento della produzione (in Italia è istituzionalizzata dal
2004). Ho approfondito le tipologie, gli obiettivi e i vantaggi dal punto di vista
dei produttori e delle aziende cercando di capire perché è uno strumento dalle
grandi potenzialità, che deve essere sfruttato anche dalle produzioni italiane per
finanziarsi, un’opportunità quindi, non un compromesso. Questo discorso è sta-
to infine esemplificato attraverso l’analisi delle attività di un’agenzia di product
placement per chiarire il ruolo di intermediazione di questi nuovi attori.
6
CAPITOLO I
IL SETTORE CINEMATOGRAFICO
«Una necessità sociale e parte integrante dell’espressione umana nel mondo civilizzato»1
1.1. Le origini. Da curiosità tecnologica a industria
Il cinema nasce alla fine dell’Ottocento, periodo di grande fermento politi-
co, ma anche scientifico, tecnologico e sociale. Le potenze internazionali sono
alla ricerca di un equilibrio difficile da raggiungere a causa di politiche fortemen-
te nazionaliste e di rigidi controlli sulle zone di sfruttamento coloniale; varie in-
fatti sono le guerre di natura coloniale che coinvolgono tutto il mondo2 e all’in-
terno delle singole nazioni i contrasti tra borghesia industriale e proletariato sfo-
ciano in lotte politico-sindacali. D’altra parte sono anche gli anni nei quali l’ideo-
logia del progresso si diffonde a tutti i livelli sociali, gli anni delle ‘sale del pro-
gresso’ e delle ‘Esposizioni Universali’ nelle quali vengono esibite invenzioni, no-
vità, curiosità: negli Stati Uniti Latham e Armat offrono dimostrazioni pubbliche
di invenzioni per la proiezione di immagini come il Vitascope e nel 1895, data
con la quale si dà inizio alla storia del cinema, i fratelli Lumière presentano per
la prima volta il Cinematografo durante una proiezione pubblica a Parigi; l’espo-
sizione di Parigi del 1900 è dominata dal cinema e proprio a quest’ultima Geor-
1
FABRIZIO PERRETTI, GIACOMO NEGRO , Economia del cinema: principi economici e variabili strategiche del
settore cinematografico, Etas, Milano, 2003, p. 1.
2
La guerra cino-giapponese (1894), la sconfitta italiana a Adua (1896), la guerra ispano-americana
(1898), la guerra anglo-boera (1899), la rivolta dei Boxers in Cina (1900). Per questi argomenti vedere
ANTONIO COSTA, Saper vedere il cinema, Bompiani, Milano 200418, p. 30.
7
ges Méliès dedica il breve film ‘Vedute dell’Esposizione di Parigi 1900’. Il cinema
quindi nasce come volontà di esibire curiosità scientifico-tecnologiche, di spetta-
colarizzare tecniche di riproduzione e di animazione delle immagini e si evolve:
da nuovo mezzo tecnologico con cui creare illusioni e curiosità a riproduzione
del reale e produzione di simulazioni quasi perfette fino a diventare un linguag-
gio grazie a D.W. Griffith che, alla fine degli anni Dieci, dà alle inquadrature
quell’organizzazione logico-narrativa che ci permette di parlare di vero e proprio
linguaggio cinematografico, con le sue regole e convenzioni; il cinema può es-
sere visto anche come dispositivo di rappresentazione, con una determinata or-
ganizzazione di spazi e ruoli e come espressione artistica.
E’ un’istituzione e come tale ha a che fare prima di tutto con l’economia: il
cinema è quindi un’industria che deve rendere, i film infatti implicano denaro da
investire, rendere fruttuoso, recuperare accresciuto e reinvestire. Il settore ci-
nematografico è pertanto definito da un vero e proprio mercato, un prodotto,
un insieme di attività (produzione, distribuzione, esercizio) che vanno a costitui-
re la cosiddetta filiera3:
Produzione: tutte le attività che portano alla realizzazione definitiva di un
film (master): necessita di componenti creative e tecniche, di investimenti fi-
nanziari elevati e prevede quattro sotto-fasi: sviluppo, pre-produzione, produ-
zione-riprese, post-produzione. Il produttore è considerato il responsabile della
realizzazione e del completamento di un film.
Distribuzione: duplicazione del master in copie destinate alla proiezione
nelle sale e ai canali di sfruttamento economico (gestione fisica dei supporti),
3
Ivi, pp. 9-12, 32-38, 44-50.
8
attività di marketing e di gestione dei flussi finanziari legati agli incassi, ripartiti
tra i soggetti coinvolti nella realizzazione di un film.
Esercizio: la proiezione al pubblico di una copia del film nelle sale cinema-
tografiche e offerta di servizi complementari (vendita dei biglietti, attività di
proiezione, vendita di cibi e bevande…). In seguito il prodotto viene distribuito
nei mercati secondari (televisione a pagamento, home video…).
I soggetti che agiscono nella filiera sono: finanziatori, produttori, distribu-
tori (figure che talvolta coincidono) e cinema. In realtà negli Stati Uniti gli Stu-
dio, cioè Disney, Paramount, MGM, Sony, 20th Century Fox, Universal e Warner
Bros, le grandi imprese di distribuzione, sono le fonti principali di finanziamento;
possono permettersi progetti molto costosi (dai 10 ai 200 milioni di dollari). Le
majors si occupano quindi del finanziamento, della produzione e distribuzione
dei progetti più costosi a livello internazionale. Anche le produzioni indipendenti
possono essere indirettamente finanziate dalle majors: negli accordi PDF (pro-
duzione-finanziamento-distribuzione) lo studio presta il capitale per realizzare la
pellicola in cambio del diritto a partecipare al successo economico del film4.
Realizzare un film è quindi un’impresa collettiva di grandi dimensioni orga-
nizzata in una struttura a clessidra in cui varie imprese a monte trasferiscono i
loro prodotti a un numero inferiore di imprese a valle che li distribuiscono al
mercato; le imprese di distribuzione commercializzano i prodotti acquisiti alle
più numerose imprese d’esercizio alle quali si rivolgono i consumatori finali. La
fase di produzione si svolge su progetti singoli e non è soggetta a barriere al-
l’entrata, quindi si presenta frammentata al contrario delle altre, soprattutto la
4
Per approfondimenti riguardo le forme di finanziamento vedi PERRETTI, NEGRO, Economia cit., pp. 100-
120.
9
distribuzione, che presentano barriere significative e risultano più concentrate.
Il flusso dei beni segue invece una struttura a imbuto perciò il numero di film
prodotti non coincide con il numero di film distribuiti a causa di una selezione
dell’offerta nella fase di distribuzione.5
Come abbiamo detto sopra la nascita dell’industria cinematografica si fa
coincidere con l’invenzione del proiettore e ciò si verifica quasi contemporanea-
mente nei due continenti presi in considerazione sopra; inizialmente è l’Europa
ad imporsi come centro innovativo per i prodotti e i metodi di produzione, men-
tre gli Stati Uniti costituiscono il mercato più ampio e sviluppato a livello inter-
nazionale. In seguito però gli Stati Uniti acquisiscono la superiorità anche nei
metodi di produzione grazie all’industrializzazione delle attività di produzione ci-
nematografica, nelle componenti tecnologiche dei prodotti grazie all’introduzio-
ne del sonoro e nelle componenti creative del prodotto stesso.6
Oggi il settore cinematografico ha acquisito nuovi ruoli e significati: non si
occupa solamente della produzione e commercializzazione dei film per il tradi-
zionale mercato delle sale e le imprese che lavorano in questa attività sono
spesso organizzazioni conglomerate multimediali; il settore si fa quindi centrale
nell’industria legata ai media, alle comunicazioni e all’informazione che sta tra-
sformando la società d’oggi e proprio questa specificità attribuisce al settore
«alcune delle più rilevanti opportunità di crescita economica dei prossimi decen-
ni»7 e lo rende unico. Inoltre il bene cinematografico svolge una funzione
5
Ivi, pp. 91-93.
6
Ivi, pp. 15-16.
7
Ivi, p. 1.
10
espressiva importante quanto quella utilitaristica, è perciò considerato un bene
sociale e influenza le persone più profondamente di quanto si possa credere.8
1.1.1. …nell’economia generale
Alcune ricerche americane9 hanno evidenziato che negli anni Quaranta an-
che altre caratteristiche di questa industria non venivano colte nel modo corret-
to. Sebbene il cinema rappresenti un business da milioni di dollari, se lo mettia-
mo a confronto con altri settori economici, scopriamo che molti altri hanno un
giro d’affari più sviluppato. Per valutare l’importanza del settore all’interno del-
l’economia vengono utilizzati tre indici:
1.Il volume di attività delle imprese che vi operano.
2.La dimensione del capitale investito.
3.Le dimensioni della forza lavoro impiegata.
1.Già negli anni trenta la percezione comune rispetto al settore cinemato-
grafico (in questo esempio americano) era molto diversa dalla realtà: infatti
esso non era uno dei primi dieci settori dell’economia statunitense, bensì solo il
quarantacinquesimo10 su 94 ed era preceduto dal settore automobilistico, side-
rurgico e anche alberghiero, della ristorazione e delle bevande alcoliche! Nel
2000 ha ottenuto la stessa posizione su una scala di 62 gruppi con un contribu-
to al Pil di 34,9 miliardi di dollari (cioè lo 0,4% del Pil).
8
Ibidem.
9
Si fa riferimento alle ricerche di Huettig negli anni 1939-41.
10
Il settore cinematografico americano conseguiva un Pil di 818 milioni di dollari e possedeva 177 mila
addetti.
11
2.Per quanto riguarda gli investimenti fatti nel 2000 (6,5 miliardi di dollari)
la situazione migliorava solo di uno posto per cui risultava al numero 43.
3.Con 609.000 addetti al lavoro il settore cinematografico si piazza ancora
al quarantatreesimo posto.
«Il settore cinematografico presenta e ha sempre presentato una rilevan-
za economica secondaria»11
Recenti ricerche stimano un volume di attività dell’industria dell’audiovisi-
vo12 di circa 6 miliardi, superato dal settore televisivo operato da network (18
miliardi), ma posizionato prima dei nuovi media come la pay-tv (2 miliardi). Il
volume di attività può essere dedotto anche dai risultati degli incassi al botte-
ghino, ma le sale cinematografiche non sono più l’unico né il principale canale
di distribuzione del prodotto; si preferisce il canale home video che permette la
commercializzazione di software contenenti film su supporti magnetici (video
cassette) o digitali (DVD, laser disc, video CD). I film non sono l’unica attività
delle imprese che lavorano in questo campo: infatti esse fanno parte di gruppi
diversificati che di solito svolgono la quota principale delle loro attività nell’indu-
stria dell’intrattenimento (media, cultura, creatività); tutte operano sul mercato
primario delle sale e su uno o più mercati secondari (pay-tv, home video…) e
ciò rende complicato ottenere dati certi sul volume di attività.
11
PERRETTI, NEGRO, Economia cit., p. 4.
12
Si fa riferimento ad un tentativo di stima globale del volume di attività, realizzato dall’OECD, delle in-
dustrie dei prodotti audiovisivi intesi come le sequenze di immagini che possono essere accompagnate da
materiale sonoro, registrate su mezzo fisico, trasmesso direttamente ad uso individuale o pubblico per
scopi commerciali o semi-commerciali. Ivi, pp. 4-5.
12