INTRODUZIONE
In questo elaborato ho deciso di trattare una tematica che attiene a un aspetto
particolare della competizione elettorale, cioè il ruolo svolto dalle questioni di
valore. Ho ritenuto degno di interesse questo argomento soprattutto per il fatto che
il modello che ne scaturisce riesce a dare ragione del concreto svolgimento dei fatti,
come viene tra l’altro dimostrato nell’ultimo capitolo.
Per questioni di valore si intende quelle questioni che vengono giudicate in maniera
univoca da parte dell’elettorato, ma che vengono attribuite in maniera differente ai
vari candidati o partiti. Esistono, infatti, nella società dei valori universalmente
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condivisi e i partiti possono essere considerati più o meno portatori di questi valori.
I partiti, quindi, guadagnano o perdono consensi a seconda che l’elettorato
attribuisca loro un surplus o un deficit nel sostegno dei valori condivisi. Le
questioni di valore variano di tipo e numero a seconda del momento storico che la
società attraversa e possono essere quindi anche più o meno rilevanti ai fini del
risultato elettorale.
Queste caratteristiche possono avere un’influenza anche molto rilevante sulla
competizione elettorale. In situazioni particolari gli elettori possono prediligere un
partito solo perché prevale nei valori senza dare particolare peso ai programmi. Per
esempio, si può considerare una situazione in cui un paese versa in una condizione
di grave crisi economica. In questo caso tutti i cittadini sono interessati a uscirne al
più presto. Quindi il partito che ha la fama di essere maggiormente in grado di
gestire una situazione del genere può facilmente risultare vincitore
indipendentemente dal programma che propone.
Le questioni di valore si inseriscono nella cornice della teoria spaziale del voto che
ne è la base teorica fondamentale. Questa teoria è stata elaborata inizialmente da
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Stokes (1964) Spatial models of party competition, <<American political science review>>, 57, pp
368-377.
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Anthony Downs in Teoria economica della democrazia. Egli compie la sua analisi
attuando un parallelo fra la teoria economica della scelta razionale e la scelta del
voto. Propone quindi un modello per cui l’elettore vota per il partito che ha la
posizione programmatica più vicina al proprio punto ideale, quindi che gli fornisce
il livello di utilità più elevato. La scelta del votante si basa quindi esclusivamente
sulle posizioni programmatiche e non considera la possibilità che l’elettore compia
la sua scelta utilizzando altri metodi. In realtà in Downs vi è un accenno al voto
irrazionale, cioè che il fatto che l’elettore, non essendo in grado di esprimere la
propria preferenza sui programmi, possa basarsi su altri elementi. Questa ipotesi,
però, viene giudicata come una deviazione dal modello e per questo non
considerata. L’errore sta proprio qui, secondo Donald Stokes, uno dei suoi critici.
Egli non rigetta completamente il modello di Downs, ma sostiene che questo autore
non riesca a tracciare un ritratto realistico del modo in cui si svolge la competizione
elettorale tralasciando alcuni aspetti che invece ne farebbero parte. È proprio Stokes
che introduce, quindi, il concetto di questioni di valore sostenendo proprio che
queste andrebbero inserite nel modello tracciato da Downs. Pertanto tutte le critiche
successive non costituiscono un nuovo modello contrapposto, ma piuttosto ne
rappresentano l’evoluzione. Il modello di Downs riveste quindi un’importanza
cruciale, in quanto costituisce il quadro teorico fondamentale in cui le questioni di
valore si inseriscono. Proprio per questo ho deciso di dedicare interamente il primo
capitolo alla trattazione di questo autore. La comprensione della teoria economica
nel modello di Downs è, infatti, il presupposto fondamentale degli argomenti che
vengono trattati successivamente.
Nel secondo capitolo vengono poi presentate le critiche alla teoria di Downs, che
introducono le questioni di valore nell’ambito della teoria spaziale del voto. Il
primo autore che si occupa di questa tematica è Donald Stokes che introduce il
concetto di questioni di valore. La trattazione sistematica avviene però grazie al
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contributo di James Enelow e Melvin Hinich, che costruiscono un modello
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Downs (1988).
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Enelow J., Hinich M., Non-spatial candidate characteristics and party competition, << The journal
of politics>>, 1982, 44, pp.115-130. E sempre degli stessi autori: The spatial theory of voting, an
introduction, Cambridge University Press, New York 1984.
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matematico in cui vengono inserite le questioni di valore modificando il modello
delineato da Downs. Nell’ultima parte del capitolo viene infine analizzato come
l’introduzione dei valori modifica il modello di Downs dal punto di vista grafico
prendendo in esame tutti gli usi possibili delle questioni di valore nell’ambito della
competizione: dalla situazione in cui i partiti subiscono passivamente la presenza di
valori nella competizione, a quella in cui i partiti usano, invece, queste questioni in
maniera strategica.
L’ultimo capitolo è quello che si riferisce alla parte più complicata del lavoro. Ho,
infatti, tentato di dare un esempio concreto di come le questioni di valore possono
influenzare un risultato elettorale utilizzando il materiale teorico acquisito.
Viene quindi proposta un’analisi del processo che ha portato alla vittoria di Forza
Italia nelle elezioni politiche del 1994. In particolare si sottolinea come il leader
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dello schieramento, Silvio Berlusconi, abbia attuato un processo di erestetica,
agitando il tema del nuovo e battendo lo schieramento Progressista. Si rende
evidente anche come il momento storico, segnato dalle inchieste di corruzione
politica, sia stato fondamentale per la riuscita di questa strategia.
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Il termine indica in generale la capacità di sfruttare una condizione storica strutturandola in maniera
tale da vincere, creando una situazione per cui gli elettori sono persuasi a votare per un determinato
candidato grazie anche all’utilizzo della retorica. [Riker W. (1986)].
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CAPITOLO 1. La teoria economica della democrazia nella sua
formulazione originaria.
Prima di procedere all’analisi del ruolo delle questioni di valore nella competizione
elettorale bisogna innanzi tutto introdurre il modello in cui esse si inseriscono, cioè
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grossomodo quello delineato da Downs in Teoria economica della democrazia.
La teoria di Downs costituisce la base per tutte le formulazioni successive, è
necessario pertanto introdurla per assicurare la completezza del lavoro.
I presupposti
Il tentativo compiuto da Downs è quello di applicare la teoria economica della
scelta razionale alla scelta politica. È possibile, infatti, equiparare l’offerta e la
domanda della teoria economica rispettivamente con i partiti e gli elettori. Il
parallelo con la teoria economica si riferisce anche alle motivazioni che spingono
gli elettori ad agire. Nella teoria economica l’offerta da parte dei produttori avviene
per il guadagno monetario e non per motivi altruistici. La stessa cosa si può dire per
quanto riguarda la politica, infatti si suppone che i politici non agiscano per
altruismo nei confronti della società, ma per ottenere voti, quindi potere. Allo stesso
modo si può paragonare la domanda al votante. I consumatori, infatti, non agiscono
in maniera altruistica nei confronti del produttore, acquistando merci affinché egli
possa sopravvivere, ma valutano il rapporto costi benefici. Così, gli elettori non
votano basandosi su principi ideali, ma sul confronto fra promesse dei candidati e
possibilità di realizzazione di queste. In sintesi, i partiti politici formulano una serie
di proposte per ottenere voti che conferiscono potere di azione al partito, gli elettori
d’altro canto, votano perché si aspettano dei vantaggi in termini di reddito-utilità.
Bisogna qui approfondire il concetto di reddito-utilità. Per utilità semplice si
intende la misura dei benefici ricevuti dal governo nella mente dell’elettore.
All’interno di questo modello si utilizza, però, un concetto più allargato di utilità,
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A. Downs (1988), Teoria economica della democrazia, il Mulino, Bologna.
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non si considerano, infatti, solo i benefici immediati, ma anche elementi non
direttamente collegati alla sfera materiale. Non si tratta di vantaggi in termini
prettamente monetari, ma di quel flusso di servizi che il cittadino riceve dallo stato
in cambio del pagamento delle tasse. Questo concetto più esteso di utilità prende
quindi il nome di reddito-utilità, che può comprendere anche benefici di cui
l’elettore non si rende esattamente conto, ma di cui si renderebbe consapevole se
cessassero, come la raccolta dei rifiuti da parte dello Stato. Ovviamente ai fini della
competizione elettorale vengono calcolati dall’elettore solo i benefici di cui egli è
consapevole, è quindi interesse del governo rendere consapevole il cittadino dei
benefici che riceve.
Per la trattazione della teoria bisogna poi tenere conto di alcune ipotesi
fondamentali. Innanzi tutto gli attori della competizione elettorale sono concepiti
come razionali, sono quindi in grado di definire i propri obbiettivi e di scegliere i
mezzi più idonei per raggiungerli. Questo determina il fatto che l’individuo,
trovandosi in condizioni identiche, prenderà decisioni identiche. Va sottolineato che
la razionalità si riferisce solamente ai mezzi e non ai fini in quanto tali, anche se è
comunque necessario conoscere quali essi siano in maniera da capire se
effettivamente l’attore si sia comportato in maniera razionale in accordo con essi.
Non bisogna poi sottovalutare il fatto che la razionalità è limitata dall’incertezza del
mondo circostante a cui sono sottoposti tutti gli attori della competizione. È
possibile limitare l’incertezza acquisendo un certo grado di informazione, che è
però ottenibile tramite un costo.
Nella trattazione del modello, inoltre, non si tiene conto delle motivazioni
psicologiche che spingono l’individuo ad agire, ma solo quelle di tipo politico ed
economico. Si escludono insomma tutte quelle caratteristiche inerenti alla sfera
emotiva, creando un elettore medio che risulta un’astrazione rispetto alle realtà
della personalità umana.
In terzo luogo, va presa in considerazione l’esistenza di una serie di regole che
influiscono sulla competizione e che limitano l’azione dei partiti e del governo.
Non possono per questo essere eliminati i concorrenti e non è possibile limitare la
loro libertà di parola.
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