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INTRODUZIONE
Alla radice, potremmo dire,
è una questione di “sguardi”
Marco Revelli
L’interesse nell’affrontare l’argomento scelto per questo lavoro, nasce dalla possibilità che
ho avuto di cimentarmi in un anno di servizio civile, svolto presso il Dipartimento di
Protezione Civile nazionale, e di collaborare con l’Università Sapienza di Roma e il DPC,
nell’organizzazione del IV ciclo di formazione base per gli esperti europei di protezione
civile, promosso dalla Commissione/DG Ambiente (CMIC - Community Mechanism
Induction Course) nell’ambito delle diverse azioni previste per l’implementazione del
Meccanismo comunitario di Protezione Civile.
In particolare, con l’esperienza del CMIC ho avuto modo, in soli 6 mesi, di entrare in
contatto, conoscere e confrontarmi con più di 150 esperti afferenti non solo al DPC
italiano, ma anche ai servizi di Protezione Civile dei Paesi membri dell’Unione Europea. In
numerose occasioni, anche solo seguendo le lezioni e i dibattiti in aula, i lavori di gruppo o
le fasi di esercitazione, ho potuto ascoltare, e farmi direttamente raccontare, i vissuti dei
partecipanti ai corsi che avevano avuto esperienza di partecipazione ad importanti missioni
internazionali del Meccanismo europeo o durante le loro personali carriere all’interno di
altre Agenzie di aiuto umanitario.
E’ stato interessante e stimolante, ai fini della scelta precisa del tema per la mia tesi, venire
a conoscenza dei molti “retroscena” del sistema di aiuto umanitario e delle difficoltà
incontrate sul campo dagli esperti in missione, difficoltà dovute, a loro stesso parere,
principalmente ad una mancanza di definizione completa del ruolo del MIC e dall’assenza
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o non chiarezza di organici meccanismi di coordinamento tra i diversi attori presenti sulla
scena delle emergenze.
Sulla scia di queste esperienze, è nata la curiosità di approfondire l’argomento dei
meccanismi di coordinamento e delle prospettive di sviluppo tra Protezione civile e Aiuto
umanitario, sviluppando un percorso articolato su quattro punti fondamentali, nella
definizione dei quali ho cercato di seguire un iter di studio-base necessario per rapportarsi
a questo complesso argomento.
Da un’analisi del sistema di protezione civile europeo e dai tratti distintivi di tipologie di
servizi nei diversi Paesi Membri, ho approfondito nel primo capitolo il Meccanismo
comunitario, gli strumenti a sua disposizione e i principali interventi in cui ha agito dalla
sua costituzione.
Ugual peso e rilevanza ricopre il tema dell’aiuto umanitario, sviluppato pertanto nel
secondo capitolo, guardandone i suoi principi guida, il contesto giuridico di riferimento e
la peculiarità dei diversi attori che lo compongono, compresa la protezione civile stessa.
Di conseguenza, il terzo capitolo affronta direttamente il nucleo della tesi, nell’analisi delle
differenze di azione della protezione civile e della sfera propriamente detta dell’aiuto
umanitario, nello studio degli attuali e auspicati, attraverso proposte quali il rapporto
Barnier, meccanismi di coordinamento tra i due domini nella definizione di possibili
azioni, interrogativi e limiti, per lo sviluppo del Meccanismo comunitario.
Nella ricerca di risposte alle domande che sorgono spontanee nel terzo capitolo, ho
ritrovato un certo riscontro di quanto accade in Italia ed analizzato, nella parte finale del
lavoro (capitolo quarto), la relazione e le azioni congiunte portate avanti dal DPC e dal
Ministero degli Affari Esteri italiano in diverse occasioni, prima fra tutte la gestione
dell’emergenza Tsunami.
Spiragli di “convergenza e complementarità” si aprono sul panorama nazionale nella
ricerca di meccanismi di coordinamento tra questi due attori istituzionali sulla scena
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dell’aiuto umanitario, dalla gestione di emergenza alla ricostruzione di lungo periodo
(Caso Sudan). La definizione di un preciso quadro normativo di riferimento, la
delimitazione delle sfere di azione e delle competenze specifiche a ciascuno soggetto, per
la valorizzazione dei saperi e dei mezzi a disposizione in supporto a terzi, sembrano essere,
sia nel contesto italiano, che sul panorama europeo ed internazionale, la chiave di volta per
un reale potenziamento del sistema di protezione civile ed un suo “corretto” e valido
inserimento nel settore dell’aiuto umanitario.
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Capitolo Primo
LA PROTEZIONE CIVILE E IL MECCANISMO COMUNITARIO
SOMMARIO: 1 Il sistema di protezione civile - 2 Le strutture nazionali di Protezione Civile – 2.1 Il Belgio –
2.2 L’Italia – 2.3 Il Portogallo – 3 La cooperazione europea in materia di protezione civile – 4 Il Meccanismo
comunitario di Protezione Civile – 4.1 Il Monitoring Infomation Centre (MIC) e il Common Emergency
Comunication Information System (CECIS) – 4.2 Strumenti per la creazione di una task force europea di
protezione civile: percorsi di formazione, esercitazioni e scambio di esperti – 4.3 Gli interventi del
Meccanismo comunitario di Protezione Civile.
1. Il sistema di protezione civile
La nozione di protezione civile è ampiamente utilizzata all’interno degli Stati dell’Unione
Europea e si riferisce ai sistemi di governo e alle risorse di cui questi dispongono per
proteggere la popolazione civile, in caso di eventi calamitosi e disastri tecnologici.
Parlando di protezione civile intendiamo quindi le strutture disponibili e le attività avviate
da uno Stato per tutelare l’integrità della vita dei cittadini, il patrimonio civile ed artistico,
nonché l’ambiente naturale dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali.
Accanto all’aumentare della frequenza ed intensità dei fenomeni estremi di origine
naturale, sotto effetto della pressione antropica e dei processi di cambiamento climatico,
attualmente il concetto di protezione civile include anche la risposta ai disastri tecnologici
e ad attacchi terroristici, a seguito dell’inasprimento di fragili equilibri politico-economici
a scala mondiale.
In questo quadro, le strutture di Protezione Civile dei Paesi Membri hanno la funzione non
solo di gestire le emergenze ma anche di prevedere e, per quanto possibile, prevenire il
verificarsi dei possibili eventi calamitosi attraverso il lavoro dei vari servizi interni al
sistema ed in coordinamento con gli istituti di ricerca nazionali.
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L’intenzione e soprattutto la necessità di prevenire ha dato vita al concetto di Crisis
Management
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insito nella definizione stessa di protezione civile, con cui si tende ad
enfatizzare sia la dimensione politica relativa alla misure da intraprendere in caso di evento
straordinario, che quella della sicurezza nell’aspetto della prevenzione piuttosto che delle
azioni e misure di contenimento degli impatti per la popolazione civile e l’ambiente.
Il Crisis Management comprende pertanto le competenze e tecniche richieste per valutare,
capire e fronteggiare ogni situazione potenzialmente pericolosa al fine di gestire in modo
opportuno l’eventuale verificarsi dell’evento stesso attraverso l’attivazione di adeguate
procedure di risposta.
Nello specifico vengono stabiliti dei metodi di misurazione per definire quali scenari
costituiscano una situazione di crisi e come dovrebbe innescarsi il conseguente
meccanismo di risposta (in primo luogo il sistema di allerta alla popolazione), vengono poi
definiti le differenti misure di risposta immediata quale il “primo soccorso” e gli interventi
nel lungo periodo dal recupero dei danni alla ristrutturazione.
Questa breve parentesi concettuale ci aiuta a capire come il termine “emergenza” e il
settore della protezione civile siano intimamente connessi. L’una nasce in funzione
dell’altra a seguito del verificarsi di calamità che mettendo in pericolo la vita di intere
popolazioni, sconvolgono le normali condizioni di vita e creando disagi che spesso, le
comunità colpite, non riescono a fronteggiare con i proprie mezzi e capacità.
La protezione civile, nata quindi come risposta al verificarsi di un’emergenza conseguente
all’accadere di una data calamità, agisce come una particolare “macchina” che attiva
l’organizzazione di uomini e mezzi a sostegno dell’emergenza stessa.
Il sistema di protezione civile è permanentemente attivo. Le risorse umane e materiali che
lo compongono lavorano ogni giorno dell’anno per evitare, o quantomeno ridurre, le
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Crises management è il tentativo sistematico di evitare crisi organizzative oppure di gestire le crisi al
verificarsi di eventi catastrofici o calamitosi (Pearson & Clair, 1998). La crisi è un evento considerevole e
imprevedibile che minaccia di danneggiare un’organizzazione e i suoi consociati. Vi sono tre elementi che
caratterizzano la crisi: minaccia all’organizzazione, elemento di sorpresa, breve tempo di decisione.
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perdite di vite, i danni e i disagi arrecati alle collettività causati da catastrofi di ogni natura,
mettendo in atto prima di tutto misure che aiutano a prevedere l’evolvere di potenziali
eventi calamitosi come ad esempio l’eruzione vulcanica, i terremoti e le inondazioni,
nonché piani di risposta ad hoc. Oggi, infatti, le attività delle strutture di Protezione Civile
si concentrano principalmente nella previsione e prevenzione, sul monitoraggio e la
sorveglianza, in quanto l’esperienza sul campo ha confermato negli anni quanto gli effetti
di un disastro naturale si possono ridurre prima ancora che questo si verifichi.
Si pensi ad una tipologia di rischio come ad esempio il terremoto. Esso non si può
prevedere, ma si possono adottare importanti misure preventive nella costruzione degli
edifici, realizzando strutture tali da resistere a scosse di diverse intensità. Inoltre la
protezione civile ha sperimentato nuove strumentazioni e metodi per ridurre il tempo utile
di soccorso alle popolazioni colpite da terremoto, misure che permettono di identificare in
tempo reale l’epicentro del sisma e stimarne gli impatti nelle zone colpite.
Nonostante le innumerevoli nuove frontiere offerte dalla tecnologia e dai mezzi a
disposizione, la vera anima dei servizi di Protezione Civile resta la capacità e la possibilità
di intervenire sul campo attraverso l’impegno dei diversi attori che compongono il sistema,
dai vigili del fuoco, alle squadre di soccorso, dai corpi delle forze armate al mondo del
volontariato.
E’ importante sottolineare quanto il campo di azione dei servizi di Protezione Civile non si
limiti al contesto nazionale di appartenenza. Oltre a fronteggiare con i propri mezzi le
calamità che colpiscono il proprio territorio e la popolazione civile, un Paese si mobilita in
aiuto di un altro Paese nel momento in cui la grandezza del disastro è tale da indurre una
richiesta di solidarietà internazionale e di conseguenza l’invio di aiuti, mezzi e uomini.
Nell’ambito dell’Unione Europea, la Nazione che riceve l’appello valuta se e come
intervenire, sulla base di considerazioni politiche, pratiche ed operative.