2
permettere alle organizzazioni di risollevarsi più velocemente e facilmente.
Infine sarà descritto il processo che caratterizza le diverse fasi della gestione di
crisi.
Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione di Mattel Inc., l’azienda
americana produttrice di giocattoli e prodotti per l’infanzia, investita nell’estate
del 2007 da una grossa crisi che ha determinato il ritiro dal mercato di oltre 20
milioni di prodotti a causa di alcuni difetti di fabbricazione. Le fasi della crisi
saranno descritte ed analizzate in dettaglio nel terzo capitolo. Sarà fatta una
panoramica della situazione attuale dell’azienda, dello scenario competitivo e
dei mercati di riferimento. Si procederà poi descrivendo le tappe fondamentali
della storia dell’azienda, dalla fondazione ai giorni nostri fino ad arrivare
all’attuale struttura organizzativa e gestionale e all’analisi delle performance
economiche e finanziarie dell’organizzazione degli ultimi 5 anni. Nell’ultima
parte del capitolo verranno descritte e approfondite le diverse attività di
comunicazione di Mattel con un focus sui principali stakeholder
dell’organizzazione e sui valori etici che guidano le scelte dell’azienda.
L’ultimo capitolo è dedicato allo studio della crisi che ha colpito Mattel.
Dopo la descrizione degli eventi che hanno portato alla situazione critica e le
risposte intraprese da Mattel per far fronte alla situazione, verranno fatte alcune
riflessioni e considerazioni sia sulle singole iniziative specifiche attivate
dall’azienda che sulla globale gestione dell’evento negativo.
Saranno esposte le valutazioni e i diversi punti di vista sull’accaduto di
alcuni professionisti di relazioni pubbliche e verrà analizzata la qualità e la
bontà delle scelte e delle azioni dell’organizzazione confrontandole con la teoria
studiata ed esposta nel primo capitolo.
3
“Grandi crisi creano grandi uomini e grandi atti di coraggio”
John F. Kennedy
4
Capitolo 1. Il significato di Crisis Management
nell’attuale scenario mondiale
Questo primo capitolo si propone di esaminare l’attività di Crisis
Management, analizzando alcune teorie sull’argomento, spiegando cosa
significhi parlare di gestione della crisi in questi anni, nei quali le crisi si
moltiplicano e, conseguenza dell’inarrestabile sviluppo dei media, si allargano a
macchia d’olio in brevissimo tempo. Situazioni di crisi che aumentano, anche a
causa della mentalità del “non può succedere a noi”, che vige ancora in troppe
imprese.
Verranno poi elencate le attività che ormai ogni azienda deve attuare per
evitare di ritrovarsi in una crisi, e qualora si trovasse in tale situazione, sfruttare
l’evento a proprio vantaggio per rafforzare la propria immagine e la fiducia dei
vari stakeholders: l’analisi dei rischi, il monitoraggio dei segnali premonitori che
giungono dagli ambienti interni ed esterni, la gestione della crisi vera e propria,
e le valutazioni post-crisi.
1.1 Il concetto di crisi e di Crisis Communication
La crisi è un evento imprevisto e straordinario il cui accadimento e la cui
visibilità all’esterno e all’interno minacciano di produrre effetti negativi
sull’organizzazione, impresa o industria e sulla sua reputazione, cosi come sui
suoi stakeholder strategici, sui pubblici di riferimento, sui prodotti e sui suoi
risultati finanziari (Invernizzi, 2006; Fearn-Banks, 2007). Il termine crisi denota
qualcosa di più serio e preoccupante di un problema. Oggi la parola crisi è
spesso abusata, e dovrebbe avere una maggiore specificità, in particolare
quando viene utilizzata nel contesto organizzativo.
Per definire un evento crisi o problema, è necessario valutare e
quantificare le risorse necessarie ad affrontarlo (Coombs, 2002). I problemi
sono all’ordine del giorno, una crisi invece interrompe le normali attività
aziendali e può persino minacciare l’esistenza dell’intera organizzazione. La
crisi può presentarsi sotto diverse forme e la dimensione dell’organizzazione è
pressoché irrilevante. Può essere una multinazionale o una piccola realtà
radicata nel territorio (Fearn-Banks, 2007).
Per la sua peculiarità, la crisi presenta due caratteristiche fondamentali:
l’eccezionalità dell’evento critico, e la visibilità dell’evento negativo e dei suoi
effetti (Invernizzi, 2006).
• L’eccezionalità dell’evento critico deriva dal fatto che la crisi interrompe il
normale business dell’organizzazione, e non può quindi considerarsi
parte di esso. Le crisi sono infatti eventi non previsti e straordinari, si
verificano senza preavviso e possono avere pesanti ripercussioni
sull’organizzazione. Le crisi causate da eventi improvvisi, quali atti
terroristici, incendi o incidenti, sono causa di forte stress e si sviluppano
così rapidamente che l’idea di creare ex-novo un piano di crisi sarebbe
impensabile. La crisi richiede un intervento fermo e tempestivo, e può
5
essere gestita con successo solo in presenza di piani di emergenza
programmati preventivamente (Cutlip, Center, Broom, 2000).
Dall’altro lato, una crisi non è necessariamente così catastrofica da
pregiudicare l’intera esistenza di un’organizzazione. Problemi alla qualità dei
prodotti, controversie sindacali o scandali mediatici, benché siano eventi
eccezionali, non sempre sono imprevedibili. Anzi, gli eventi appena elencati
hanno periodi di incubazione spesso prolungati e offrono numerosi segnali
premonitori, che possono manifestarsi ad esempio nel malcontento dei
dipendenti o in un inaspettato aumento dei reclami e delle contestazioni relative
alla qualità dei prodotti da parte della clientela. Cogliere questi segnali può
permettere all’organizzazione di neutralizzare la crisi sul nascere.
• La visibilità dell’evento negativo e dei suoi effetti va tenuta in
considerazione perché una crisi, se mal gestita o addirittura ignorata,
può seriamente e irrimediabilmente danneggiare la reputazione di
un’organizzazione. Gli eventi critici attraggono più di qualsiasi altro
avvenimento l’attenzione dei media, dell’opinione pubblica e di tutti gli
stakeholder dell’impresa coinvolta (Invernizzi, 2006). Questa visibilità
mediatica sull’evento e sull’intera organizzazione e la relativa diffusione
di indiscrezioni e informazioni richiede un immediato intervento del
professionista di relazioni pubbliche dell’organizzazione, che deve porsi
come unica fonte ufficiale di informazioni sull’accaduto, per evitare che le
notizie diffuse frettolosamente dai media diventino “LA” fonte di verità
sull’avvenimento. Da qui, la fondamentale importanza di una corretta ed
efficace crisis communication.
Crisis communication significa dialogo tra l’organizzazione e i suoi
pubblici di riferimento, prima, durante e successivamente ad un evento
negativo. Scopo principale di questo dialogo è quello di minimizzare i danni alla
reputazione aziendale causati dalla crisi. Una corretta comunicazione di crisi
può non soltanto minimizzare i danni, ma altresì portare all’organizzazione una
reputazione ancora migliore di quella posseduta prima della crisi stessa (Fearn-
Banks, 2007).
1.2 Perché il Crisis Management è cosi importante?
“Non può succedere a noi”; questo è ciò che ancora pensano molti
manager, quando si parla di crisi.
Nessuna organizzazione, nessun prodotto, nessun personaggio pubblico
può considerarsi immune dal rischio di crisi (Mitroff, 1997). Nessuna impresa
grande o piccola, nessuna associazione e addirittura nessun governo nazionale
può avere la presunzione di sentirsi immune dalla possibilità di ritrovarsi nel bel
mezzo di una crisi.
Senza un efficace piano di monitoraggio e prevenzione, le crisi si
sviluppano e possono creare danni irreparabili nel breve periodo o a lungo
termine o, nella peggiore delle ipotesi, in entrambi. Le imprese possono perdere
i propri clienti, le organizzazioni no-profit vanificare in brevissimo tempo la
6
credibilità costruita con anni di attività e gli uomini politici vedere distrutta la
propria reputazione in un attimo (Gottschalk, 2002).
Parlando di crisi, vengono subito alla mente alcuni eventi catastrofici che
hanno caratterizzato il recente passato, prima fra tutti la tragedia delle Twin
Towers di New York dell’11 settembre 2001, o la catastrofe umana ed
ambientale causata dallo Tsunami nel sud-est asiatico nel dicembre 2004. Ma
le catastrofi rappresentano soltanto il 14,4% dei casi (Strozniak, 2001; Battey,
2000). Ben più di frequente, le organizzazioni si trovano a dover affrontare
“piccole” crisi legate per esempio a scandali finanziari, problemi di qualità della
produzione, cause legali intentate dai dipendenti, dai consumatori, o da qualche
associazione ambientalista.
Questi eventi critici sono diventati ormai sempre più frequenti e comuni in
conseguenza dell’inarrestabile globalizzazione e delle forti interconnessioni
esistenti tra i vari mercati planetari e sono impietosamente amplificati dal
sistema dei Media, che ormai copre ogni aspetto della nostra vita (Invernizzi,
2006).
Secondo “The Annual ICM Crisis Report”, stilato annualmente
dall’americano Institute for Crisis Management (fondato nel 1989, l’istituto
fornisce ad aziende americane ed internazionali corsi, consulenze e servizi per
sviluppare piani di comunicazione di crisi), nel 2007 i media statunitensi hanno
riportato 10.010 notizie relative a crisi che hanno colpito numerose imprese
operanti nei più svariati settori. Sebbene questo dato sia impressionante, si
nota una leggera diminuzione dei casi rispetto ai due anni precedenti, ma il
numero è ancora elevatissimo se paragonato al 2004 come risulta dalla figura
1.1
Figura 1.1: “Crisi riportate dai Media 1998/2007”:
Fonte: Institute for Crisis Management, 2008
7
La maggior parte delle crisi ha coinvolto le 16 categorie monitorate da
ICM fin dal 1990. Di esse, nel 2007 soltanto tre hanno registrato un incremento,
come si può osservare nella figura 1.2: difetti e richiami, violenza sul posto di
lavoro e cause di class action.
Figura 1.2:
Categorie di Crisi
Comparazione 1990 – 2007
(% sul totale delle crisi
dell’anno)
Fonte: Institute for Crisis Management, 2008
La violenza sui posti di lavoro ricopre il 15% del totale delle crisi del 2007. Una
leggera crescita anche per le class actions, ma il salto maggiore rispetto l’anno
precedente lo hanno fatto i richiami di prodotti dovuti a difetti di produzione,
primo fra tutti il caso della Mattel che ha ritirato dal mercato oltre 18 milioni di
giocattoli, inserendosi tra le 3 crisi più lunghe dell’anno appena trascorso (ICM,
2008).
Negli ultimi 2 decenni, si sono moltiplicati i rischi legati allo sviluppo
tecnologico, ed in concomitanza è aumentato l’interesse ed il livello di
attenzione dei cittadini e delle numerose associazioni esistenti. La gente si
mostra spaventata ed estremamente diffidente nei confronti delle multinazionali,
c’è un sempre più elevato livello di insicurezza percepita. In questo ambiente ad
alta complessità, incerto, instabile ed in continua evoluzione per le
organizzazioni è necessario sviluppare una grande flessibilità ed una capacità
di adattarsi e di gestire i cambiamenti improvvisi.
Crisis management è un processo vasto che richiede l’integrazione di
conoscenze provenienti di diverse aree organizzative come il decision making,
le relazioni con i media, il monitoraggio dell’ambiente, l’analisi dei rischi, lo
sviluppo del piano di crisi e dei metodi di valutazione ed il reputation
management (Coombs, 2007).
Nessuno è immune quindi, e la soluzione sta nella creazione e
nell’attuazione di un efficace piano di prevenzione e gestione delle crisi, per non
farsi cogliere impreparati nel momento in cui la crisi si presenterà, mostrandosi
anzi pronti a neutralizzare le minacce ed a sfruttare le opportunità che ogni crisi
si porta dietro.