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1. L’incidenza del nuovo quadro normativo di bilancio sugli equilibri costituzionali
Al fine di poter cogliere gli aspetti di continuità e di discontinuità della nuova
disciplina di bilancio, occorre considerare l’assetto originariamente previsto dalla
Costituzione del 1948.
La nostra Carta, non adottando un preciso modello economico di riferimento,
consente di rifarsi a diversi schemi di relazione tra politica, diritto ed economia e,
conseguentemente, ad una gradazione nell’attuazione dell’intervento pubblico
1
. Essa ha
scelto di «lasciare uno spazio ampio alla contrattazione delle forze politiche e alla
determinazione dell’indirizzo politico» tanto che «le maglie costituzionali si sono rivelate
elastiche a tal punto da poter governare la pluralità delle situazioni più complesse»
2
.
Come è noto, in Costituzione vengono riconosciuti sia la libertà di iniziativa
economica (art. 41 Cost.) che il diritto di proprietà (art. 42 Cost.), benché siano
espressamente limitabili per superiori interessi pubblici e finalità sociali, in un quadro in
cui è prevista l’esistenza di proprietà e imprese pubbliche a fianco a quelle private
3
. Tali
disposizioni non sono nettamente separate dalle altre, in quanto contengono un
riferimento all’utilità e alla protezione sociale, finalità considerate a tutti gli effetti in linea
con il dettato costituzionale in tema di rapporti economici
4
. La disciplina costituzionale
di questi rapporti (definita comunemente «la Costituzione economica»
5
) non può mai
1
Per gli opportuni riferimenti, cfr. M. LUCIANI, Costituzione, bilancio, diritti e doveri dei cittadini, in
Astrid Rassegna, n. 3, 2013, 27; E. C. RAFFIOTTA, Il governo multilivello dell’economia. Studio sulle
trasformazioni dello Stato costituzionale in Europa, Bologna, 2013, 108 ss.
2
C. GOLINO, I vincoli di bilancio tra dimensione europea e ordinamento nazionale, in Amministrazione
in cammino, 2013, 39. V. anche l’analisi di F. ANGELINI, Costituzione ed economia al tempo della crisi, in Rivista
AIC, n. 4, 2012, secondo cui «per quel che riguarda proprio le attività economiche sia private che pubbliche, lo
Stato sociale, nella sua stessa struttura, richiede una loro disciplina estremamente articolata e complessa. Si tratta
di una struttura non fissa, ma che al contrario si adegua alle trasformazioni sociali, politiche ed economiche che
vengono via via determinandosi e che coinvolgono l’evoluzione della forma di governo oltre che di Stato […].
In particolare la struttura economica, nell’idea dei costituenti, proprio perché funzionale alla crescita democratica
della struttura sociale, appare ampiamente informata a strumenti di democrazia economica, evidenti soprattutto
nel nesso fra partecipazione democratica ed elevazione sociale del lavoratori, affidato in primis alle norme
costituzionali sul lavoro».
3
In questo senso, si legga l’art. 43 Cost., il quale prevede ipotesi di statalizzazione e collettivizzazione
di determinate categorie di imprese (nel campo dei servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia, o in
situazioni di monopolio) che «abbiano carattere di preminente interesse generale».
4
Cfr. C. GOLINO, op. cit., 39 s.
5
Per una ricostruzione storica di questa nozione, v. G. BOGNETTI, La Costituzione economica italiana,
Milano, 1995, 3 ss., 69 ss., 209 ss., il quale ricostruisce l’espressione per come si compose in Assemblea
costituente e per come va letta dopo il Trattato di Maastricht. Per un aggiornamento della nozione alla luce dei
vincoli sovranazionali e della crisi, v. R. MICCÙ, Lo Stato regolatore e la nuova Costituzione economica, in P.
CHIRULLI, R. MICCÙ (a cura di), Il modello europeo di regolazione, Napoli, 2011, 138 ss. Sulla Costituzione
25
essere isolata e separata dal resto della Carta in quanto – evidenziano alcuni – mostra la
stringente connessione fra economia e (dominio della) politica
6
.
Parallelamente, la Costituzione contiene una serie di disposizioni che tutelano
specifici diritti sociali di prestazione (artt. 32, 33, 34, 38 Cost.), espressione del principio
di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., anche in connessione con la piena attuazione del
principio di eguaglianza sostanziale (art. 3, comma 2, Cost.)
7
. In ragione di ciò, le norme
economiche, trovando – come si è visto – un limite nei valori sociali, devono essere lette
alla luce della particolare e complessiva struttura della Costituzione, al fine di tenere
connessi in modo unitario le scelte economiche, i diritti e i poteri
8
.
Venendo all’art. 81 Cost., nella sua formulazione originaria, esso precludeva, per
la legge di bilancio, la possibilità di «stabilire nuovi tributi e nuove spese» (comma 3),
precisando inoltre che «ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare
i mezzi per farvi fronte» (comma 4). La legge di bilancio, sede riservata alla definizione
degli equilibri finanziari complessivi, viene così distinta dalle singole e particolari
decisioni di entrata e, soprattutto, di spesa. In questo modo si evita che iniziative di natura
parlamentare estemporanee e prive di copertura possano mettere in crisi gli equilibri
previsti in sede di bilancio, esortando il legislatore ad una valutazione complessiva degli
effetti di ogni singola decisione di spesa
9
. I costituenti avevano, quindi, tenuto in debita
considerazione la necessità di una sana e prudente gestione delle finanze pubbliche, che
fosse tale da non alterare gli equilibri stabiliti nell’ambito del bilancio di previsione
10
.
economica come insieme di rapporti economici chiamati tuttavia a conciliarsi con le esigenze di giustizia sociale,
dando vita a una Costituzione economica “mista”, v. P. BILANCIA, Modello economico e quadro costituzionale,
Torino, 1996, 8.
6
Come teorizzato da M. LUCIANI, Economia nel diritto costituzionale, in Digesto delle discipline
pubblicistiche, Torino, 1990, vol. V, 373 ss., ma anche da G. U. RESCIGNO, Costituzione economica, in
Enciclopedia giuridica, Roma, 2001, vol. X, 1 ss.
7
Cfr. T. F. GIUPPONI, Il principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio e la sua attuazione, in
Quaderni costituzionali, 2014, 56. In applicazione di tali principi generali, l’art. 53 Cost. prevede che «il sistema
tributario è informato a criteri di progressività, nell’ambito di una concezione di base alla quale ognuno è
chiamato a contribuire alle spese pubbliche in relazione alle proprie capacità contributive». Le risorse finanziarie
così ottenute sono funzionali al soddisfacimento degli anzidetti diritti.
8
Sul punto, per tutti, v. M. LUCIANI, La produzione economica privata nel sistema costituzionale,
Padova, 1983, 197 ss., il quale riconosce un legame implicito e profondo tra l’art. 41 e l’art. 3, comma 2, Cost.,
che dimostra una stretta interconnessione tra economia e diritti, con particolare riguardo ai diritti sociali. Sempre
con riguardo al nesso tra libertà economica, dignità umana e diritti, in particolar modo in tempo di crisi, cfr. C.
PINELLI, Riflessioni sull’art. 41 Cost., in ApertaContrada, 2011, 1 ss.; F. ANGELINI, op. cit., 6.
9
Come evidenzia T. F. GIUPPONI, op. cit., 65, che per un approfondimento sul tema rimanda al noto
studio di V. ONIDA, Le leggi di spesa nella Costituzione, Milano, 1969.
10
Circa il dibattito svolto in Assemblea costituente sull’art. 81 Cost., si vedano G. RIVOSECCHI, L'indirizzo
politico finanziario tra costituzione italiana e vincoli europei, Padova, 2007, 211 ss.; R. PERNA,
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Fin da principio si contrapposero due differenti interpretazioni della disposizione
in esame, anche in virtù del rapporto (più o meno intenso) individuato tra i commi 3 e 4
dell’art. 81 Cost. La lettura più attenta ai profili quantitativi giungeva alla conclusione
che la previsione dell’obbligo di copertura per le leggi di spesa sottendeva la necessità di
una sostanziale pareggio di bilancio; l’orientamento più attento alle dinamiche funzionali,
invece, riteneva che tale obbligo avrebbe operato solo come principio orientativo del
processo decisionale sulle leggi di spesa, allo scopo di perseguire una maggiore
razionalizzazione delle relative scelte
11
. Anche la giurisprudenza costituzionale, a sua
volta, ha sostanzialmente accolto – «non senza contraddizioni»
12
– la seconda di queste
due tesi, a partire dalla sentenza n. 1 del 1966 e per un lungo periodo. In tale pronuncia
la Corte ha affermato che il comma 4 non si pone esclusivamente in relazione con il
bilancio in corso, ma vuole significare che «una nuova o maggiore spesa per la quale la
legge, che l’autorizza, non indichi i mezzi per farvi fronte, non può trovare la sua
copertura mediante la iscrizione negli stati di previsione della spesa, siano quelli già
approvati, siano ancora da predisporre dal Governo e da approvare dalle Camere» dal
momento che «il precetto costituzionale attiene ai limiti sostanziali che il legislatore
ordinario è tenuto ad osservare nella sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata
non già dall’automatico pareggio di bilancio, ma dal tendenziale conseguimento
dell’equilibrio tra le entrate e la spesa»
13
. La presente interpretazione estensiva
dell’obbligo di copertura finanziaria ha rappresentato, secondo alcuni commentatori, «la
base per l’attuazione di politiche di deficit spending, finanziate con il costante ricorso al
mercato», che hanno progressivamente messo in crisi la tenuta dei conti pubblici, con un
aumento della spesa al di là di ogni previsione di gestione prudente e razionale degli
equilibri di bilancio
14
.
Costituzionalizzazione del pareggio di bilancio ed evoluzione della forma di governo italiana, in V. LIPPOLIS, N.
LUPO, G. M. SALERNO, G. SCACCIA (a cura di), Costituzione e pareggio di bilancio, Napoli, 2012, 23 ss.
11
Questa seconda interpretazione è nel tempo divenuta maggioritaria in dottrina: si veda, per tutti, V.
ONIDA, op. cit., 437 ss., secondo cui il pareggio di bilancio «non è un obbligo giuridico ma un obiettivo politico»,
in quanto il previgente art. 81, c. 4, Cost. aveva il solo scopo di obbligare chi propone una spesa ad affrontare i
mezzi problema dei mezzi necessari per fronteggiarla. Per una più puntuale ricostruzione dei diversi orientamenti,
v. G. RIVOSECCHI, Legge di bilancio e leggi di spesa tra vecchio e nuovo articolo 81 della Costituzione, in
AA.VV., Dalla crisi economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità, Milano, 2013,
381 ss.
12
Mette in rilievo A. MORRONE, Pareggio di bilancio e Stato costituzionale, in Rivista AIC, n. 1, 2014, 1.
13
Dal Considerato in diritto, punto 5.
14
Cfr. T. F. GIUPPONI, op. cit., 66.