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CAPITOLO II
IL FOENUS NAUTICUM E LA LIBERTA’ DI SCELTA DEL TASSO D’INTERESSE
Sommario: 1. Nozione di foenus nauticum e fonti. – 2. Le origini e i contenuti. – 3. L’obbligo
di restituzione del prestito e le garanzie previste a favore del finanziatore. – 4. Le conseguenze
in caso di naufragio della nave.
1. Nozione di foenus nauticum e fonti
Come accennato in chiusura del precedente capitolo, la disciplina legale del mutuo
nell’Antica Roma non contemplava interessi (usurae). L’essenziale gratuità del mutuo
classico era però disattesa da una particolare figura di prestito di scopo denominata foenus
nauticum.
A Roma, infatti, le principali esigenze di finanziamento – e di ripartizione e
traslazione dei rischi – inerenti al traffico marittimo, venivano soddisfatte dal foenus
nauticum, il più importante istituto del commercio marittimo transmarino dell’epoca.
Ampiamente diffuso nel bacino del Mediterraneo, esso può essere definito come
«quell'accordo che prevedeva che un navigante fosse obbligato a restituire dopo un viaggio
per mare quanto ricevuto, con l'aggiunta di una parte del guadagno realizzato, in seguito al
felice esito della navigazione» (
18
).
Grazie al prestito marittimo si assisteva a quell’incontro magico tra capitale e lavoro.
Entrambe le parti del rapporto contrattuale per mezzo dello spostamento del rischio sul
soggetto più forte economicamente potevano mirare ad un risultato ben preciso: il
“capitalista” (parte forte del rapporto) offrendo il danaro necessario alla spedizione e
facendosi carico del rischio mirava all’ottenimento di un profitto sempre più alto dati gli
altissimi interessi percepiti; mentre il “lavoratore-navigante” (parte debole del rapporto)
offrendo il proprio impegno a navigare per mare e sottoponendosi alla corresponsione di
interessi usurari otteneva il credito occorrente per intraprendere la spedizione.
18
PURPURA, Ricerche in tema di prestito marittimo, in Annali del Seminario Giuridico dell’Università di
Palermo, 1987, pag. 196. In tema di foenus nauticum si vedano PONTORIERO, Il prestito marittimo in diritto
romano, Bonomia University Press, 2011; ROSSETTI, Il diritto delle assicurazioni, vol. I, L’impresa di
assicurazione - il contratto di assicurazione in generale, Padova, 2011; CASSANDRO, Genesi e svolgimento
storico del contratto di assicurazione, Napoli, 1982; GIACCHERO, Storia delle assicurazioni marittime,
Genova, 1984; LA TORRE, L’Assicurazione nella Storia delle idee, Milano, 2000; ENDEMANN, Manuale di
diritto Commerciale, Marittimo, Cambiario, ed. it., 1896; FALZEA-GROSSI-CHELI, Enciclopedia del diritto,
Milano, 2007, pag. 93 e ss., 2007; PAOLI, Studi di diritto attico, Firenze, 1925
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Tracce dell’esistenza e delle caratteristiche salienti di questo istituto si rinvengono già
nelle fonti letterarie romane. Interessante, al riguardo, è una testimonianza di Plutarco –
biografo, scrittore e filosofo – inerente alla pratica commerciale del prestito marittimo, la
quale secondo gli studiosi sarebbe la più risalente presso i romani, databile tra il III e il II sec.
a.C: la testimonianza di Plutarco nella Vita di Catone il vecchio (meglio conosciuta come il
prestito di Catone, Cato Maior XXI, 5-7), certamente di difficile interpretazione, ci permette
di sapere che già nell'antica Roma erano presenti società di naviganti (in sostanza soggetti che
mettevano assieme le loro navi al fine di creare una flotta capace di affrontare meglio le
insicurezze della navigazione antica), i quali chiedevano un unico prestito al loro
sovvenzionatore. Addirittura per alcuni (
19
), Catone, oltre a fornire il denaro necessario,
partecipò alla società dei debitori con l'apporto di una nave (questo anche in un ottica di
miglior controllo sull'andamento dell'affare finanziato).
Ulteriore e remota fonte a noi pervenutaci, inerente al prestito marittimo, e in un certo
qual modo da porre in connessione con il prestito di Catone, è un conosciuto Papiro
riguardante un contratto di prestito per un viaggio per mare da Alessandria verso la Somalia
(terra conosciuta all'epoca come il paese degli Aromi, in quanto le spedizioni dirette lì,
avevano lo scopo di reperire la mirra necessaria alla produzione di profumi), il viaggio risale
al II sec. a.C. (
20
).
Numerose sono poi le testimonianze di prestiti marittimi riscontrabili nel Corpus Iuris
Civilis e in particolare nel Digesto (
21
).
Intitolato De nautico fenore, il passo D. 22, 2, 5, riporta testualmente tre ipotesi di
foenus, nelle quali può trovarsi anche il fondamento del finanziamento (più gli interessi
pattuiti) sottoposto alla condizione “salva nave” (cioè che la spedizione intrapresa con la nave
– armata e caricata grazie alla somma concessa a mutuo – fosse giunta sana e salva a
destinazione): «Periculi pretium est et si condicione quamvis poenali non existente recepturus
sis quod dederis et insuper aliquid praeter pecuniam, si modo in aleae speciem non cadat:
veluti ea, ex quibus condictiones nasci solent, ut "si non manumittas", "si non illud facias", "si
non convaluero" et cetera. Nec dubitabis, si piscatori erogaturo in apparatum plurimum
pecuniae dederim, ut, si cepisset, redderet, et athletae, unde se exhiberet exerceretque, ut, si
vicisset, redderet».
19
SZLECHTER, Le contract de societé en Babylonie, en Grèce et à Rome, Parigi, 1947, pp. 268
20
HEICHELHEIM, Zu Pap. Berol., 5883 + 5853, Milano, 1933; WILCKEN, Zeitschr. f. Äg Sprache, 60, 1925,
pp. 86-102= SB III, 7196
21
Innanzitutto i due titoli de nautico fenore D 22, 2 e C 4, 33. Ancora, PS.2,14,3; D. 44, 7, 23 (Africano); D. 45,
1, 122, 1 (Scevola); D. 6, 1, 62 (Papiniano); D. 3, 5, 12 (Paolo); D. 15, 1, 3, 8 (Ulpiano); D. 13, 4, 2, 8 (Ulpiano)
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Ancora – per una traccia del foenus nauticum nel Digesto – Modestino e Cervidio
Scevola, leggevano in D. 22, 2, 1 l'esplicita affermazione che il contratto di prestito marittimo
si sarebbe perfezionato solo con il venire alla luce del rischio marittimo in capo al creditore.
Nel passo successivo, D. 22, 2, 2 si ritrova una disposizione inerente alla “condizione
risolutiva” tipica del prestito marittimo: «Labeo, si nemo sit qui a parte promissor interpellari
traiecticiae pecuniae possit, id ipsum testatione complecti debere, ut pro petitione id
cederet». Mentre nel passo D. 22, 2, 3 testualmente affermava: «In nautica pecunia ex eo die
periculum spectat creditorem, ex quo navem conveniat».
Indizi attorno al prestito marittimo vengono offerti dall’Imperatore Giustiniano anche
nelle Novelle. Ad esempio nella nov. N.106 si disponeva in tema di foenus in questi termini:
«Si tamen post reversionem navis salvae et nequaquam navigare propter tempus valentis
revertantur, viginti et solum dierum indutias dari a creditoribus debitoribus, et nihil pro
debitis usurarum causa exigere, donec vendi contigat onus».
Ma fonti giustinianee inerenti al prestito marittimo le ritroviamo specialmente in
quella Costituzione risalente al 528 d.C. che – tra i tanti argomenti trattati – disponeva circa il
tasso degli interessi e quindi in un certo qual modo andò ad incidere sulle regole del foenus
praticato nell'impero. Nel titolo « De usuris », Giustiniano escluse i frutti o usure, relativi alla
praescriptio triginta vel quadraginta annorum.
Più nel dettaglio in C. 4, 32, 26, 1-2 testualmente si disponeva: «Super usurarum vero
quantitate etiam generalem sanctionem facere necessarium esse duximus, veterem duram et
gravissimam earum molem ad mediocritatem deducentes. Ideoque iubemus illustribus quidem
personis sive eas praecedentibus minime licere ultra tertiam partem centesimae usurarum in
quocumque contractu vili vel maximo stipulari: illos vero, qui ergasteriis prasunt vel aliquam
licitam negotiationem gerunt, usque ad bessem centesimae suam stipulationem moderari: in
traiecticiis autem contractibus vel specierum fenori dationibus usque ad centesiamam
tantummodo licere stipulari nec eam excedere, licet veteribus legibus hoc erat concessum:
ceteros autem omnes homines dimidiam tantummodo centesimae usurarum posse stipulari et
eam quantitatem usurarum etiam in aliis omnibus casibus nullo modo ampliari, in quibus
citra stipulationem usurae exigi solent».
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2. Le origini e i contenuti
In realtà l’istituto del prestito marittimo lo si riscontra anche nel diritto greco. Secondo
autorevole dottrina è al mondo greco, almeno a partire dal V sec. a.C. (
22
), che con certezza si
possono far risalire le prime testimonianze di questo finanziamento delle attività commerciali
transmarine. La sua nascita sarebbe collegata con l'avvento degli emporìa, del commercio
individuale nel Mediterraneo e del definitivo superamento dell'economia famigliare, e quindi
assumerebbe la forma di un accordo specifico tra privati capace di finanziare tali attività, che
prenderà il nome di nautikòn dàneion in Grecia, e di pecunia traiecticia poi presso i romani.
A partire dal mondo ellenistico, questo negozio sarà la principale forma di
finanziamento delle attività commerciali transmarine.
Preziosi dati inerenti alla pratica del commercio marittimo in Grecia nel IV secolo
a.C., ci pervengono da cinque orazioni del Corpus Demosthenicum. Queste orazioni marittime
riportano problemi circa la pratica commerciale quotidiana dell'epoca, facendo riferimento
anche alla tutela processuale in tema di prestito.
Databile poco prima del 338 a.C., l'orazione “Contro Lacrito”, riporta il contenuto di
una singrafe di prestito marittimo. Al suo interno, con precisione, vengono indicate: la rotta e
le tappe solitamente utilizzate (si lasciava comunque la possibilità ad alternative e
giustificabili variazioni di programma), dettagli, ad esempio, inerenti il costeggiare il Mar
Nero sulla sinistra, o circa l'attesa ai Dardanelli sino al termine di luglio in seguito alla
corrente sfavorevole e ai venti non sufficientemente forti in senso contrario.
Più nel dettaglio, la singrafe di Lacrito, indica che gli usuali elementi presenti nelle
singrafe nautiche dell'età classica ellenistica erano: l'indicazione delle parti, della somma
mutuata, dello scopo e quindi della rotta e delle soste consentite (con le possibili alternative
conseguenti alla necessità della navigazione). Valore determinante presentavano
necessariamente gli interessi (con possibili variazioni in rapporto al periodo di utilizzazione)
la cui corresponsione era subordinata, insieme al capitale, alla clausola relativa alla salvezza
della nave (o delle mercanzie). Era altresì indicata la nave, il comandante, il numero dei
componenti l'equipaggio, le merci da acquistare e sottoporre ad ipoteca, il termine dall'arrivo
concesso per la restituzione. Si riscontravano in ogni contratto di prestito marittimo le
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In Grecia la più antica testimonianza nelle fonti del prestito marittimo risale al 421 a.C. e prevedeva un tasso
del 20%. HARVEY, The maritime loan in Europolis” «Marikas» (Pap. Oxy. 2741) in ZPE, 23, 1976, pp. 231-
233. Ci sono pervenuti, poi, altri documenti inerenti a prestiti marittimi, effettuati in questo caso dal ricco
ateniese Diodoto, prima della battaglia di Efeso del 409 a.C. in Lisia 32,6-7