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Introduzione
L‟organizzazione politica della società italiana è, come recita all‟art.1 la Carta Costituzionale che
nel 1948 ne ha dato vita, quella di una Repubblica (dal latino res publica, “cosa pubblica”)
democratica (dalle parole greche demos e kratia, che vuol dire “potere del popolo”) rappresentativa
(vale a dire gestita in modo indiretto dal popolo attraverso i suoi rappresentanti). Uno Stato, in
termini generali, è realmente una repubblica democratica solo quando a governarlo è il popolo,
nelle potenzialità ogni singolo cittadino: possibilità che, a sua volta, richiede l‟ispirazione delle
politiche che vi vengono praticate al principio e valore della partecipazione che, se garantito,
favorisce il coinvolgimento popolare alla gestione del potere e della cosa pubblica. A sua volta,
affinché possa essere garantita la possibilità di partecipazione alla popolazione tutta, è
fondamentale che le amministrazioni pubbliche, in rappresentanza dello Stato, primo garante e
promotore del principio democratico, favoriscano la circolazione della conoscenza, che ne è la
cifra. Solo se conosco, infatti, posso esprimere e proporre me stesso, posso entrare in interazione,
confrontarmi e scontrarmi con l‟alterità e il mondo tout court, migliorarmi. Di qui l‟importanza
della comunicazione, attività in cui si sostanzia la circolazione della conoscenza e che, costruendo
dinamiche di scambio, permette dunque, la crescita sociale. L‟argomentazione appena espressa, che
può sembrare nuova, è in realtà molto antica. Da sempre si ha crescita sociale e ideologica solo
grazie a fenomeni d‟integrazione sociale e nel movimento, anziché nella staticità, che frena e
inibisce ogni tentativo d‟apertura e superamento di uno status quo. Oggi si ritiene che sulla
garanzia dell‟attività di comunicazione e di informazione (intesa come diritto di informazione e
diritto all‟informazione), che garantisce appunto la partecipazione, possa misurarsi il livello di
democraticità raggiunto in una società. Non solo. La libera circolazione di conoscenza è la sola
situazione che permette l‟abbattimento di disuguaglianze sociali, altro principio cardine del
concetto di democrazia: rischio, questo, che si manifesta nelle nuove forme di discriminazione, che
proprio l‟estremo sviluppo odierno delle nuove tecnologie favorisce, come è espresso dall‟ attuale
concetto di “redlining”, ovvero la linea di possibile discriminazione nei confronti degli analfabeti
15
informatici. La divisione è tra una classe alta, l‟élite, costituita da uomini tecnologici che sanno
muoversi nel nuovo mondo nato dalla rivoluzione industriale operata dai computer e dalla
creazione di un unico mercato mondiale, e che dunque attraverso tali strumenti sono naturalmente
portati all‟interazione e agli scambi, e la classe bassa, formata da tutti gli altri. Situazione che
bisogna assolutamente evitare, affinché non si verifichi la nascita di nuove situazioni di monopolio
sociale, attraverso il potere che l‟informazione oggi riveste, difficili da sanare ex post. Siamo nel
terzo millennio, viviamo un vero e proprio passaggio epocale. Siamo noi tutti proiettati verso un
mondo sempre più multimediale, nel quale tutto ciò che chiamiamo comunicazione subisce un
processo di internazionalizzazione. Di fronte a questa realtà, è ancora in gran parte da scrivere la
nuova cultura dell‟informazione e della comunicazione, e ciò riguarda sia la gente comune che le
istituzioni. Per quanto concerne queste ultime, nasce oggi l‟esigenza di una nuova cultura
nell‟attività delle pubbliche amministrazioni, che sia funzionale al raggiungimento delle massime
vette ideologiche del concetto di democrazia, soprattutto in previsione degli sviluppi sociali che, se
il trend di crescita attuale sarà confermato, verranno raggiunti. Si avverte l‟impellente esigenza di
un nuovo orientamento delle istituzioni verso l‟attività comunicativa, interna ed esterna, e verso un
atteggiamento di maggiore trasparenza e disponibilità nei confronti del cittadino. Nella convinzione
che solo un‟intensa attività di comunicazione, e soprattutto comunicazione trasparente sia la
strategia vincente per la creazione di una società responsabile e consapevole, di una società
popolare partecipe e, dunque, sulla base di quanto detto, del concetto pieno di democrazia, in
esecuzione anche degli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana, ovvero per una piena realizzazione
dell‟uomo sia come individuo che nelle formazioni sociali, contro ogni forma di discriminazione e
di disuguaglianza, limitante la libertà di ciascuno dell‟essere e dell‟esserci
1
.
1
L‟art. 2 della Costituzione dispone che : “La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell‟uomo, sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l‟adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale”; l‟art. 3, comma 2, della Costituzione, fi il principio di uguaglianza
sostanziale, affermando: “E‟ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l‟eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l‟effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all‟organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
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1° CAPITOLO
IL PIANO DI COMUNICAZIONE COME STRUMENTO DI
COMUNICAZIONE PUBBLICA E TRASPARENZA AMMINISTRATIVA
1.1 Comunicazione pubblica
La parola comunicazione deriva dalle parole latine communis e actio. Il termine communis deriva a
sua volta da cum + munio, ed indica il sentirsi o l‟essere obbligati nei confronti di qualcuno; il
termine actio vuol dire, invece, azione. Comunicare, dunque, non vuol dire null‟altro che creare un
rapporto di collegamento a ciò che è altro e diverso da sé, sentirsi obbligati in un rapporto comune:
espressioni che trovano la loro principale valenza nel termine relazione. Comunicare significa
relazionarsi con qualcuno, istituire un rapporto dialettico, un incontro con qualcuno che non sia il
sé, ma l‟altro da sé, e che in tale rapporto sia attivo e non passivo. Anche il semplice stare al mondo
può essere definito comunicazione, in quanto in ciò è individuabile sempre una posizione di
confronto, uno scambio, un dialogo, non necessariamente verbale e non necessariamente rivolto
all‟altro uomo. C‟è comunicazione quando c‟è differenza. L‟unica situazione che interdice ogni
possibilità comunicativa è la condizione monadica, l‟autosufficenza, il solipsismo: in quel caso,
venendo a mancare uno spazio da colmare tra il sé e l‟altro, una differenza di posizioni, non c‟è
possibilità di instaurare nessun processo di scambio. Dunque comunicare vuol dire interagire, agire
insieme, relazionarsi. La comunicazione è uno scambio che nasce sulla differenza e
sull‟asimmetria. Non comunico io con me stessa, perchè io, identificandomi con me stessa, non ho
lacune, o comunque differenze da risolvere. Io, in quanto me stessa, già conosco me, mi identifico a
me, dunque non nasce la possibilità materiale di porsi delle domande, non nasce la curiosità di
conoscere, perché l‟idea che si ha è che esiste tutto e solo ciò che già si sa (antropocentrismo
epistemologico e pretesa autarchica, delirio di onnipotenza e pretesa autoreferenziale: io basto a me
stessa, non esiste nulla al di fuori di me. Questi concetti sono tutti stati ampiamente sostenuti, nella
disciplina antropologica, dal pensiero umanista, che si è sviluppato a partire dal Quattrocento, ed
appartengono ad una visione obsoleta della natura umana). Rimanere chiusi in sé stessi significa
17
confinarsi nel proprio dominio epistemologico, predicarsi di sé e portare la conoscenza, per il
fenomeno della reminiscenza e dell‟appagamento, a regredire. La comunicazione è, quindi,
necessità di scambio, di confronto con il diverso da sé, il cui presupposto è nell‟atto di umiltà, che
nasce dall‟ammissione che non si è completi ed autosufficienti. Ed è proprio tale concetto il fulcro
di una nuova politica che la pubblica amministrazione, a partire dagli anni Novanta, cerca di
adottare: la politica della reciprocità al cittadino, nella nuova consapevolezza maturata che è solo in
un rapporto di interazione bilaterale la possibilità di uno sviluppo che non sia effimero, lontano da
ogni tradizionale logica top down, cioè da una forma di trasferimento di informazione unilaterale.
E‟ la ricerca di uno scambio, sottesa alla quale vi è la consapevolezza che la pubblica
amministrazione non ha che da guadagnare nel rapporto a doppia direzione, giacché in questo
modo ha la possibilità di arricchirsi di una nuova risorsa, alla quale fino ad oggi, ancorata a modelli
presuntuosi, per sua ottusità, non aveva potuto accedere, ma neppure aveva individuato come
opportunità: il cittadino.
1.1.2 L’evoluzione della comunicazione pubblica nella trasformazione del rapporto pubblica
amministrazione - cittadino.
Il primo obiettivo che una pubblica amministrazione deve porsi, è quello di svolgere un‟attività che
sia efficiente ed efficace, in esecuzione a quanto previsto e disposto dalla Costituzione italiana agli
artt. 97 e 98, dove si richiamano i principi di buon andamento e di imparzialità nelle attività di tutte
le pubbliche amministrazioni
2
. Nonostante la Costituzione nel nostro paese sia stata firmata nel
lontano 1948, però, è solo da una quindicina di anni a questa parte che si registra la volontà di dare
un‟esecuzione concreta a tali principi, mediante un mutamento profondo dell‟organizzazione del
lavoro interno da parte delle pubbliche amministrazioni, una revisione delle forme di gestione del
personale, nonché dei rapporti fra i pubblici poteri centrali e locali e i mezzi di comunicazione, in
opposizione al modello obsoleto e mal funzionante della tradizione precedente. Con le nuove leggi
di riforma degli anni Novanta, ai principi della Costituzione se ne sono affiancati di nuovi, che
hanno modificato profondamente i criteri di lavoro ma, soprattutto, il rapporto con i cittadini
rispetto al passato. Passiamo, dunque, in rassegna i vari modelli di rapporto amministrazione-
cittadino che si sono evoluti nel corso degli anni, fino all‟ultimo, quello della sussidiarietà, che è il
2
Secondo l‟art. 97 della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che
siano assicurati il buon andamento e l‟imparzialità dell‟amministrazione (comma 1). Nell‟ordinamento degli uffici sono
determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari (comma 2). Agli impieghi
nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge (comma 3); secondo l‟art.
98 della Costituzione: “ I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione (comma 1). Se sono membri del
Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità (comma 2). Si possono con legge stabilire
limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed
agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all‟estero (comma 3).
18
più innovativo, non tanto per gli obiettivi perseguiti o per il modello di organizzazione predicato,
ma molto più per le modalità di azione e per il coinvolgimento di nuovi soggetti al lavoro che
propone.
1.1.2 Il paradigma bipolare
Si chiama “bipolare” il paradigma tradizionale su cui in passato si è fondata, ma in realtà sul quale
ancora oggi in alcuni casi, per inerzia, si fonda, l‟attività della pubblica amministrazione in Italia.
Secondo Cassese, è bipolare un sistema in cui
“lo Stato ed il diritto pubblico sono dominati dal conflitto Stato – cittadino, due poli irriducibili ed in contrasto tra di
loro. Questo paradigma si è formato lentamente nel passaggio da ordini, come quello europeo medievale o quelli extra-
europei, dominati da un potere in cui non c‟è differenziazione tra Stato e società civile, a un ordine, quali quelli in cui
viviamo, fondati sulla separazione tra Stato e comunità…”.
Ancora Cassese afferma che è questo
“il paradigma fondamentale del diritto pubblico nel XX secolo: due poli separati, né convergenti, né contrattanti, ma in
contrapposizione a causa della superiorità di uno sull‟altro; a compensare tale superiorità, quello più forte è astretto a
regole e a doveri, mentre il privato agisce secondo il proprio interesse, in modo libero, salvo limiti esterni imposti dalla
legge. Intorno a questo paradigma si sono formati e sviluppati i modi dello studio e del sapere giuridico, per cui può
dirsi che ogni pur remoto suo angolo è influenzato da questa fondamentale contrapposizione”
3
.
Due sono le formule principali attraverso le quali il paradigma bipolare si è espresso in Italia: la
formula cittadini - amministrati e quella cittadini - clienti.
Il modello cittadini - amministrati, come del resto già la terminologia evidenzia, si basa su una
posizione di sudditanza del cittadino rispetto all‟amministrazione. Per quanto attiene
quest‟ultima, in tale modello essa può presentarsi come potere o come prestazione, ed in ogni
caso la sua è una posizione da piedistallo: l‟amministrazione guarda dall‟alto il cittadino, ed è
essa che, attraverso un‟attività top down, dall‟alto verso il basso, gestisce unilateralmente il
rapporto. Il cittadino, per suo verso, in tale modello, chiamato anche amministrato, è un
soggetto passivo, un semplice destinatario dell‟intervento pubblico, a prescindere dal fatto che
questo comprenda un‟autorizzazione, una pensione o altro ancora. In tale tipo di relazione, per
inquadrare chiaramente la posizione del cittadino, si utilizzano gli appellativi di utente, paziente
o assistito: termini, cioè, ancor più rappresentativi di una condizione di assoggettamento
assoluto. Nonostante tali chiari riferimenti ad una situazione negativa, però, il modello non
priva il cittadino di tutti i suoi diritti. Nel campo della rivalsa, ad esempio, esiste, nonostante la
3
S. CASSESE, L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, (2001), p. 602-
604
19
sua precaria condizione, la possibilità per il cittadino di ricorso al giudice (strumento
tradizionale) o al difensore civico (strumento più recente), anche se, in ogni caso, la sua
posizione non riceve un evidente giovamento. Gli strumenti appena citati non sollevano la sua
condizione di inferiorità e di soggetto passivo nel rapporto alla pubblica amministrazione
4
.
L‟emulazione del rapporto fornitore - fornito, tipico nei mercati privati, operata dal settore
amministrativo, ha portato, negli anni Novanta, alla costituzione di una nuova forma di
bipolarismo, solo apparentemente più moderna rispetto alla situazione precedente. Il nuovo
paradigma cittadino-cliente definisce un rapporto tra Stato e cittadino in cui si afferma il diritto
di quest‟ultimo a determinati standard di qualità nei servizi a lui offerti, nonché il diritto
all‟informazione e ad essere interpellato, per poter poi fornire il suo giudizio su quegli stessi
servizi. Il nuovo rapporto che viene a nascere, ha come suo emblema le nuove “Carte dei
Servizi”
5
: vogliono essere, queste, lo strumento attraverso il quale legittimare e garantire i diritti
nuovi che vengono riconosciuti al cittadino che, pur non mutando di molto la sua situazione
precedente, hanno comunque almeno il merito di darne maggiore risonanza nel rapporto.
Attraverso quei diritti, egli sarebbe dovuto divenire addirittura sovrano, surclassando lo Stato
nella sua posizione. Il nuovo “orientamento al cittadino” che viene proclamato, avrebbe dovuto
avere come fine quello di portare le amministrazioni a maturare la coscienza che se la loro
attività esiste, è proprio perché c‟è un cittadino che deve essere servito; nella teoria, si è cercato
di rompere la catena dell‟autoreferenzialità delle amministrazioni e di far scendere le stesse
dalla collocazione di piedistallo detenuta fino ad allora. Nella teoria, però: a livello pratico non
si è registrata l‟emergenza di situazioni nuove degne di nota. In realtà, il nuovo modello, è stato
recepito nelle amministrazioni solo superficialmente, non come stimolo a cambiare realmente,
in funzione di nuovi principi da attuare e nuove vette da raggiungere, ma come una nuova
prassi burocratica a cui ottemperare. Così, molto relativo è stato l‟impegno nella realizzazione
delle Carte dei Servizi, sia a livello di pura compilazione che di diffusione ai clienti, come pure
insufficiente è stata l‟adozione di strumenti in grado di rendere operativo il giudizio degli stessi
al miglioramento della prestazione, diversamente da quanto si registra nel mondo dei mercati
economici privati, dove è proprio la valutazione della qualità del servizio, effettuata dal cliente,
il punto di partenza per successivi interventi di miglioramento, che agevolano i processi di
crescita. La definizione del cittadino come cliente, tra l‟altro, presenta un rischio, che deve
essere scongiurato: essa è solo una metafora, che non deve essere spinta al di là della sua reale
4
GREGORIO ARENA, La comunicazione pubblica nell’amministrazione della sussidiarietà, “Pubblicando - Web
magazine della comunicazione pubblica”, sito Internet www. webmagazine.urp.it.
5
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 sui “Principi sull‟erogazione dei servizi
pubblici”, in G: U: n. 43 del 22 febbraio 1994.
20
valenza. L‟emulazione al mondo dei mercati economici, non può e non deve essere totale,
perché tra i due tipi di attività vi sono profonde differenze. Soprattutto, bisogna saper
distinguere i due tipi di clienti. Nei mercati, il cliente è colui che acquista semplicemente beni e
servizi; nel mondo delle amministrazioni, è un soggetto depositario di diritti, il cui primo
riconoscimento è nella Costituzione. Del resto, la priorità delle amministrazioni è quella di
assolvere adeguatamente ad una missione costituzionale: in tale attività non si può considerare
chi si ha davanti come cliente, ma bisogna pensare in termini di cittadino. La finalità per la
quale si è avuta la maturazione di questo nuovo modello, è quella di sollecitare le
amministrazioni ad avere, nei confronti dei destinatari dei loro servizi, la stessa attenzione e
cura che gli operatori economici, seppure per i loro interessi, hanno nei confronti dei loro
forniti
6
. Per quanto riguarda la missione costituzionale che le amministrazioni hanno, essa può
essere riconosciuta nel trattato dell‟art. 3 comma 2 della Costituzione, che fissa il principio di
uguaglianza sostanziale
7
, incaricando proprio così la pubblica amministrazione di essere la
prima garanzia delle pari opportunità.
1.1.2.1 Il modello dell’’amministrazione condivisa
Con il nuovo modello dell‟amministrazione condivisa
“…si passa da un rapporto fra le istituzioni e i cittadini di tipo verticale, bipolare, gerarchico ed unidirezionale, ad uno
orizzontale, multipolare, paritario e circolare; da un rapporto fondato sulla comunicazione e la reciproca diffidenza, ad
uno fondato sulla comunicazione e la leale collaborazione; da un rapporto fondato sul trasferimento di risorse dal
pubblico al privato, ad uno in cui i soggetti pubblici e i cittadini mettono in comune le proprie risorse per affrontare
insieme i problemi di una società sempre più complessa e sempre più difficile da amministrare”.
8
Il modello dell‟amministrazione condivisa si sviluppa in direzione opposta rispetto al modello
bipolare, ne è la sua negazione. La sua possibile affermazione si basa su due condizioni
fondamentali:
l'esistenza, allo stato attuale di sviluppo della società italiana, dei presupposti necessari
all'impostazione di un tipo di rapporto amministrazione - cittadino in cui si renda finalmente
possibile, a quest'ultimo, venir fuori dalla sua condizione di amministrato, ed essere riconosciuto
finalmente come co-amministratore. Un cittadino che finalmente diventi attivo, che si assuma
6
GREGORIO ARENA, La comunicazione pubblica nell’amministrazione della sussidiarietà, “Pubblicando - Web
magazine della comunicazione pubblica” sito Internet www. webmagazine.urp.it.
7
Cfr. nota n. 2.
8
GREGORIO ARENA, Introduzione all’amministrazione condivisa, “ Studi parlamentari e di diritto costituzionale”,
n. 117/118 (1997), p. 29-65.
21
parte delle responsabilità nella risoluzione dei problemi di interesse generale, in quanto detentore
di una parte delle risorse utilizzate per la loro risoluzione;
la convinzione che i dipendenti della pubblica amministrazione, ovviamente dietro adeguata
formazione ed informazione, nonché dietro la maturazione di nuove motivazioni, siano in grado
di far funzionare il modello della coamministrazione, basato sulla fiducia reciproca, meglio del
precedente modello bipolare, fondato sulla separazione e sul sospetto.
Il modello dell'amministrazione condivisa, cerca di sviluppare e migliorare l'organizzazione della vita
sociale, volgendo l'attenzione alle caratteristiche positive presenti nella società
9
. L'analisi delle
suddette la rimando alla descrizione del modello successivo dell' amministrazione di sussidiarietà,
che non è altro che un integrazione al modello dell'amministrazione condivisa, e dunque ne condivide
tutti i caratteri, meno che uno, punto debole da sanare, che ne ha ispirato la teorizzazione. Tale
elemento negativo, è da individuarsi nel fatto che, in quel modello, ogni possibilità eventuale di
interazione al cittadino da parte della pubbliche amministrazione, è subordinata all'iniziativa
dell'amministrazione stessa e dei suoi vertici. Non è, in altre parole, la possibilità di un dialogo che sia
davvero biunivoco; in essa il cittadino continua a mantenersi su una posizione esterna, fino a quando
non parte dall'amministrazione l'"autorizzazione" e l'iniziativa per la costruzione di un dialogo. Ed è
evidente pertanto il rischio, per questo modello, di essere risucchiato nel precedente bipolare, quando i
vertici dell'amministrazione, per i motivi più svariati (inerzia, diffidenza, cecità), non attivino i
canali di comunicazione necessari. Non forniscano, cioè, gli strumenti, ma ancor più le occasioni
per la costruzione di processi di condivisione. E' proprio quest'elemento debole, nel modello
dell'amministrazione condivisa, ad aver portato alla necessità di un'integrazione, sfociata nel
modello della sussidiarietà, che è anche l'ultimo sviluppo teorico sui modelli di rapporto
amministrazione - cittadino ad essere stato elaborato
10
.
1.1.2.2 Il modello dell’amministrazione di sussidiarietà
Nel modello dell'amministrazione di sussidiarietà, la possibilità di costruire un rapporto di
interazione può prendere avvio dall'amministrazione ma anche, e soprattutto, dal cittadino. Proprio
questa possibilità è l'indice dell'altezza ideologica di tale modello: mediante questa formula, il
cittadino è realmente libero nei confronti dell'amministrazione, con la quale detiene un rapporto di
parità, se non di vera e propria superiorità. Tra l'altro, tale modello trova fondamento anche nella
9
PATRIZIA GIACONELLI, La comunicazione pubblica istituzionale, studio curato nell‟ambito del Master
“Comunicazione Pubblica ed Istituzionale”, (2001/2002), p. 3.
10
MARIA GUIDOTTI, Diritto di cittadinanza e ruolo dei corpi intermedi nella costruzione del mercato di qualità
sociale, “Il laboratorio”, (2004).
22
Costituzione, all'art. 118, secondo cui "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni
favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale, sulla base del principio di “sussidiarietà". Tale articolo trova possibilità di
attuazione, non solo per responsabilità delle istituzioni, ma anche e soprattutto per responsabilità dei
cittadini. Come è evidente, in questo modo si pratica un‟inversione rispetto al modello bipolare: in
quello, la dinamica attraverso la quale si muove il flusso delle informazioni e delle decisioni è top
down, in cui l'estremo superiore è l'amministrazione, da cui tutto è diramato. Nel modello della
sussidiarietà, la dinamica è bottom up, il potere è dei cittadini, in quanto è da loro che parte ogni
iniziativa. Ritornando al discorso sopra interrotto, relativo alla nuova possibilità che il modello di
sussidiarietà, ma anche quello della condivisione, offre di utilizzazione delle caratteristiche positive della
società, tra queste è fondamentale il suo essere piena di risorse, attiva e intraprendente, ansiosa di
superare gli ostacoli che possono interporsi al suo cammino (e tra questi è da annoverare soprattutto la
rigida burocrazia del nostro paese, che spesso, anziché favorire le nuove potenzialità, le ostacola). E',
cioè, la possibilità di poter contare su una nuova fonte di ricchezza, il "cittadino", da intendersi sia
come singolo che nelle forme associate e da non confondersi, però, con forme di sfruttamento.
Contare sul cittadino, infatti, non vuol dire sfruttarlo, al contrario: in un modello di interazione
quale quello sul quale stiamo argomentando, è fondamentale la fiducia reciproca tra le parti, nonché il
rispetto ed il riconoscimento delle rispettive autonomie. Il prodotto sociale che questa formula
propone è, per il momento, ancora abbastanza ideale, e potrà trovare piena possibilità di concretarsi
solo ed esclusivamente con la modificazione dell‟idea che l'amministrazione ha del cittadino: questi
non è un problema da risolvere. Al contrario, è un alleato su cui poter contare, è un individuo
portatore di nuove energie che, in integrazione alle risorse organizzative, umane e finanziarie già
interne all'amministrazione, può decretare il salto di qualità, permettendo il pieno soddisfacimento
delle esigenze presentate e le migliori soluzioni ai problemi che possono presentarsi. Quello che si
vorrebbe raggiungere, è un risultato molto lungimirante che, per realizzarsi, ha bisogno in primo
luogo di un radicale cambiamento di mentalità: un cambiamento che non può assolutamente essere
ottenuto attraverso una disposizione calata dall'alto, come può essere appunto una legge, né tanto meno
in grado di realizzarsi in poco tempo. Oggi si ritiene che una nuova maturità ideologica sui temi che
stiamo trattando, potrà essere raggiunta solo tra almeno una decina di anni, attraverso una poderosa
e profonda rivisitazione dei motivi e della forma di interazione tra pubblica amministrazione e
cittadino. Quando il modello sarà attuato interamente, la crescita che sarà possibile registrare è per
ora inimmaginabile, e questo perché il modello favorisce un percorso di sviluppo
autoimplementante della disponibilità delle risorse necessarie alla risoluzione dei problemi. Quanto
più un'amministrazione riuscirà a coinvolgere i cittadini nella propria attività, tanto più avrà a
23
disposizione nuove risorse sulle quali poter contare. Queste risorse potranno essere impiegate,
soprattutto, a favore dei soggetti che partono da condizioni di svantaggio, migliorando la loro
condizione e, dunque, innescando un circolo virtuoso, che porterà ad un trend di crescita costante
delle stesse nelle amministrazioni, offrendo pure una soluzione all'annoso problema della loro
odierna carenza. Com'è anche solo intuitivamente evidente, la situazione sarà molto vantaggiosa per
le amministrazioni; un vantaggio, però, ugualmente importante potrà registrarsi anche per i
cittadini. Attraverso la loro partecipazione all'attività delle amministrazioni, essi avranno la possibilità
di sentirsi valorizzati, si sentiranno necessari alla società e, ancora costruendo un circolo virtuoso,
saranno sempre più incitati dalla loro gratificazione alla partecipazione. Il modello
dell'amministrazione di sussidiarietà, in conclusione, prospetta nuovi traguardi per le attività
amministrative, per il cittadino (attivo, non più passivo, e dunque non più statico e non più indifferente)
e per la democrazia. Infatti, questa non può, in conseguenza di quanto detto, non arrivare a livelli
più elevati, attraverso una conduzione delle cose della società davvero da parte della popolazione,
attraverso partecipazione e uguaglianza sociale
11
.
Un appunto di estrema importanza, infine, deve essere fatto relativamente al concetto di integrazione
delle risorse. Abbiamo, fino ad ora, sottolineato l'importanza del cittadino, elemento esterno alle
amministrazioni. Nel modello della sussidiarietà si parla, però, di integrazione, concetto che richiama
l'esigenza di un secondo elemento, col quale il cittadino deve coniugarsi, relazionarsi: questo elemento
è costituito dall'apparato delle risorse interne, che meritano, proprio come i cittadini, particolare
attenzione. Prima di analizzare specificatamente la loro funzione, in una cultura delle amministrazioni
non più gerarchica, bisogna approfondire il concetto di integrazione. Riprendendo la terminologia
tecnica della disciplina antropologica, possiamo pensare all'integrazione come ad un processo di
ibridazione, che ha come frutto non la soluzione di un algoritmo, ma una storia. Un algoritmo, o anche
un'equazione, per analogia, ha come esito, in seguito ad un processo di attuazione, un risultato già
contenuto nella traccia. Un processo d'ibridazione da invece luogo ad una storia, soggetta alle
dinamiche dell'attualizzazione, in cui l'emergenza è una situazione nuova, e non prevedibile nel
momento in cui si da avvio al processo. Nel nostro discorso, l'integrazione è una fusione tra due
elementi (il cittadino e l'amministrazione), un meticciato, dal quale consegue una soluzione non
prefigurabile prima che l'integrazione sia avvenuta, di grande altezza e non intuibile a priori.
L'integrazione da vita ad una nuova emergenza. Dunque, nel rapporto di coniugazione, che è frutto della
realizzazione di un'amministrazione della sussidiarietà, la collaborazione tra i dipendenti interni
(che forniscono le risorse tradizionali) e i cittadini (che apportano nuove risorse), ha come esito finale
l'appianamento dei problemi che possono presentarsi, attraverso soluzioni assolutamente nuove, diverse
11
GREGORIO ARENA, La comunicazione pubblica nell’amministrazione della sussidiarietà, “Pubblicando - Web
magazine della comunicazione pubblica” sito Internet www.webmagazine.urp.it.