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patrimonio naturalistico di primo piano, costituito dagli elementi morfologici
dell’area, quali le gravine e le lame che esprimono pienamente e con
straordinaria bellezza il carattere carsico del territorio.
In questo contesto si ritiene che il Parco dell’Alta Murgia, il primo
Parco rurale d’Italia, possa essere uno straordinario strumento per lo sviluppo
sostenibile, in quanto promotore di interventi che valorizzino e riqualifichino
tutti gli aspetti più tipici e caratteristici dell’area.
Naturalmente, affinché ciò si verifichi, è necessario mettere in atto
adeguate strategie di sviluppo locale che, nel perseguimento di tali obiettivi, si
servino di strumenti legislativi efficienti ma soprattutto efficaci, primi tra tutti
la programmazione negoziata (attraverso i Patti territoriali), integrata (con i
PIT) e l’ideologia bottom-up (programmazione dal basso Leader +).
La presente tesi è articolata in quattro capitoli.
Nel I capitolo viene fornito un inquadramento normativo del sistema
delle aree protette, con particolare riferimento alla Legge Quadro 394/91,
evidenziando la molteplicità di criteri di classificazione internazionale delle
aree protette e le varie tipologie presenti in Italia.
L’analisi prosegue con l’esposizione del concetto di Parco rurale, che
si distingue nettamente dalle altre definizioni di area protetta, in quanto esula
dalla mera e tradizionale tutela dell’ecosistema naturale, per allargarsi alla
comprensione, salvaguardia e valorizzazione di un’unità territoriale ben più
complessa.
Nel II capitolo, dopo aver sintetizzato i momenti più importanti dell’iter
costituzionale del Parco, ci si sofferma sull’analisi del territorio per verificarne
il grado di multifunzionalità.
A tal fine, si procede all’analisi delle risorse ambientali e storico-
architettoniche, nonché alla descrizione del contesto socio-economico.
Nel III capitolo, dopo aver descritto brevemente i tratti salienti della
nuova PAC, si analizza il significato del termine ruralità, delineando le
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connessioni con il concetto di marginalità, sulle sue varie tipologie e sul suo
rapporto con l’attività agricola.
Successivamente si passa alla definizione del concetto di
“multifunzionalità” e alla sua effettiva applicazione al territorio del Parco.
Nel IV capitolo, partendo dall’analisi dall’analisi SWOT dell’area, ci si
sofferma su considerazioni inerenti il possibile superamento dei punti di
debolezza e sull’auspicabile potenziamento dei punti di forza.
Quindi, si procede con la programmazione regionale 2000-2006 che
prevede l’attuazione del PIT n° 4 Area della Murgia e con la descrizione
dell’esperienza relativa all’IC Leader II e ai Patti territoriali nei Comuni
dell’area prima della nascita del Parco, per poi passare all’attuale Leader +.
Nella stesura della tesi è stato adottato un approccio di tipo
“integrato”, sostenuto da competenze interdisciplinari, che ha permesso in
prima battuta una lettura completa del territorio oggetto di studio, e in seconda
battuta la definizione di proposte e iniziative attuabili nell’area del Parco.
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1. PARCHI NAZIONALI E AREE PROTETTE:
INQUADRAMENTO NORMATIVO
1.1 Le aree protette
Lo sviluppo del sistema delle aree protette è sostanzialmente avvenuto
negli anni ’90: fino agli anni ’80 la superficie protetta era in larga parte
costituita dai parchi nazionali istituiti negli anni Venti.
Agli inizi degli anni ’90, infatti, l’Italia aveva solo un risicato 3% di
territorio protetto, assicurato soprattutto da:
• 70 parchi e 116 riserve naturali regionali;
• 140 riserve naturali statali terrestri;
• 7 riserve marine;
• 5 parchi nazionali “storici”.
Tra il 1988 e il 2000 sono state istituite e rese operative più del 75%
delle attuali aree protette.
Oggi le aree protette in Italia sono ormai oltre 750, diffuse su tutto il
territorio nazionale fino ad interessarne oltre il 10% (una percentuale doppia
rispetto alla media europea che è del 5%), con ben:
• 23 parchi nazionali;
• 20 riserve marine statali;
• 146 riserve naturali statali;
• 105 parchi naturali regionali;
• 335 riserve naturali regionali;
• 2 parchi sommersi;
• oltre150 altre aree protette (oasi, ecc.).
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Pur se negli ultimissimi anni l’espansione delle aree naturali protette si
è leggermente arrestata, con l’ultima revisione del 2003 dell’elenco ufficiale
l’insieme delle aree protette è giunta a 3 milioni di ha di superficie terrestre,
240.000 ha di superficie marina, comprende oltre 3500 comuni ed è visitata da
25 milioni di turisti ogni anno. Un sistema nazionale che è stato ulteriormente
integrato, rafforzato ed ispessito dall’individuazione di ben 2500 “Siti di
Importanza Comunitaria”, in applicazione della Direttiva Habitat n° 43/92
dell’UE, che interessano oltre 4 milioni di ha, come è illustrato in figura 1:
Figura 1. Le aree protette in Italia
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1.2 La Legge Quadro
Il 6 dicembre 1991 fu approvata la Legge Quadro 394/91, che è poi
entrata in vigore il 28 dicembre. Da allora l’Italia ha cambiata un elemento
decisivo nella perimetrazione del proprio territorio. Infatti la Legge Quadro
definisce la classificazione delle aree naturali protette e istituisce l'Elenco
ufficiale delle aree protette (4° Aggiornamento Elenco Ufficiale delle Aree
Naturali Protette, Delibera della Conferenza Stato Regioni n. 1500 del
25.7.2002 - Pubblicato nel Supplemento ordinario n. 183 alla Gazzetta
Ufficiale n. 214 del 12.9.2002), nel quale vengono iscritte tutte le aree che
rispondono ai criteri stabiliti, a suo tempo, dal Comitato nazionale per le aree
protette.
La Legge Quadro sulle aree protette ha individuato la missione dei
Parchi nazionali in maniera precisa ed articolata: insieme ai fini di
conservazione, i parchi, attraverso un "regime di tutela e gestione", devono
perseguire l'applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei
a realizzare l'integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la
salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e
delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali, la promozione e la
valorizzazione di attività educative, formative, di ricerca, ricreative, produttive
compatibili e di ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze
di conservazione, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse.
Inoltre, la legge ha indicato i Parchi nazionali come strutture basate
sulla collaborazione tra lo Stato, le regioni, gli enti territoriali, con un apporto
importante delle istituzioni scientifiche e delle associazioni di protezione
ambientale; dotandoli di importanti strumenti di piano, di regolazione e di
controllo.
Contemporaneamente all'avvio di studi e alla messa a punto di linee
guida per la definizione dei piani e del regolamento previsti dalla legge, i
Parchi nazionali si sono da subito impegnati nell’adozione, sempre sulla base
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della legge quadro e dei decreti istitutivi, di provvedimenti a carattere generale
di tipo normativo.
Si tratta di atti relativi all'organizzazione, al funzionamento degli Enti
parco e alla determinazione di criteri e modalità per gli interventi dei Parchi
stessi e insiemi di procedure che nascono dalla necessità di specificazioni in
ordine alle attività vietate e in ordine alle attività che possono essere svolte e ai
comportamenti da tenere all’interno del parco.
Oltre agli atti di tipo normativo, numerosi sono state le varie forme di
accordo tra i Parchi e altri soggetti pubblici e privati (regioni, enti locali,
amministrazioni ed enti nazionali, aziende, associazioni) aventi ad oggetto
manifestazioni di intenti, la realizzazione e il coordinamento di interventi
comuni, ma anche contenuti e discipline specifiche.
Si è così sviluppato un fenomeno di notevole estensione e importanza,
considerata anche l'ampia parte di territorio nazionale sulla quale ormai
operano i parchi nazionali, la numerosa popolazione che vive nel loro
perimetro e il grande numero di persone non residenti che comunque hanno a
che fare con le aree protette.
La Legge Quadro è stata molto importante, in quanto ha contribuito a
frenare i danni sopportati dal territorio per la perdita della superficie
utilizzabile e il degrado dell’efficienza tecnica ed economica delle imprese,
costringendo l’agricoltore a “guardarsi intorno” e fare i conti con un ambiente
ricco di opportunità alternative, posto che nelle zone marginali le attività di
conservazione della natura e della ruralità hanno dimostrato di poter svolgere
una funzione essenziale nella diversificazione delle iniziative economiche.
Infatti, l’introduzione di pratiche agricole sostenibili non dovrebbe
rappresentare un vincolo per l’impresa, quanto, piuttosto, essere una vera e
propria opportunità per il miglioramento dei risultati di produzione, incidendo
nell’orientamento delle scelte aziendali in conseguenza dell’inserimento del
capitale naturale, utilizzato nel processo produttivo.
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Inoltre, al risultato di aver bloccato gli scompensi connessi ad un
intervento edificatorio diffuso all’interno delle zone agricole in grado di
provocare mutamenti delle scelte territoriali e di innescare fenomeni di
speculazione, ha fatto seguito la positiva consapevolezza che gli insediamenti
rurali possano essere un importante strumento di valorizzazione economica e
sociale del territorio.
In questa direzione è orientata, del resto, anche la Legge 29 marzo
2001, n. 135, recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”, che
interviene a sostenere “l'uso strategico degli spazi rurali e delle economie
originali e tipiche in chiave turistica nel contesto di uno sviluppo rurale e
della vocazione territoriale” introducendo, in una lettura che individua nelle
autonomie locali la competenza alla promozione dello sviluppo economico,
una definizione dei sistemi turistici locali quali “contesti turistici omogenei e
integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni
diverse caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di
attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell' agricoltura e
dell'artigianato locale”.
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1.3 Criteri di classificazione internazionale delle aree
protette
A partire dall’istituzione dei primi parchi nazionali ed aree protette in
Europa nella seconda metà del XIX secolo, la funzione degli stessi è mutata in
relazione all’evolvere delle problematiche ambientali ed economiche.
Si è passati da una visione “romantica” del parco, quale area in cui si
preserva il paesaggio naturale ai fini meramente estetici, ad una concezione in
cui il territorio è tutelato al fine di salvaguardare le specie animali e vegetali
esistenti e il loro habitat, per conservare l’ambiente per le generazioni future,
per favorire un’interazione tra le diverse componenti dell’ecosistema, per
preservare la biodiversità, per consentire lo sviluppo sostenibile, nonché per
creare nuovi sbocchi occupazionali, benessere e sviluppo socio-economico
dell’area.
Dall’analisi della normativa internazionale è emersa, tuttavia, la
difficoltà di giungere ad una nozione unitaria di “area protetta” e di
definire dei parametri di protezione che possano valere per l’intera comunità
degli stati UE. Infatti, i criteri di designazione delle aree protette sono
formulati in termini piuttosto generici, richiedendosi solo la presenza di quelle
caratteristiche che consentono il raggiungimento degli scopi per i quali l’area
protetta è stata istituita.
Di conseguenza, una zona può essere scelta per il suo valore “unico o
particolarmente rappresentativo”, per la presenza di particolari specie, per
l’interesse scientifico che riveste o, ancora, per le sue dimensioni.
In generale, ogni convenzione adottava la propria nozione di area
protetta, identificandone vari tipi, mentre lasciava agli Stati parti il compito di
istituire tali aree e precisarne il regime giuridico.
Per questo motivo è stata da tempo avvertita a livello internazionale
l’esigenza di ricondurre a unità i parametri assunti a fondamento dei diversi
schemi di classificazione, al fine di giungere alla definizione di alcune
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categorie di aree protette, delineando con precisione gli obiettivi perseguiti
con la loro istituzione, il regime di protezione richiesto, le forme e i metodi
d’uso consentiti.
Nel documento dal titolo “Guidelines for Protected Area Management
Categories”, pubblicato dal 1994 dall’Unione Internazionale per la
conservazione della natura (IUCN), si rinvengono 6 categorie di area protetta:
riserva naturale integrale/area selvaggia, parco nazionale, monumento
naturale, area per la gestione degli habitat/delle specie, paesaggio
terrestre/marino protetto, area protetta per la gestione delle risorse. Le
definizioni delle 6 categorie sono sufficientemente ampie da includervi le
diverse tipologie di aree protette che si riscontrano nei singolo Stati.
1.4 Classificazione delle aree protette in Italia
La classificazione internazionale trova effettivo riscontro in Italia dove
però, la Legge Quadro sulle aree protette ha introdotto una prima distinzione
basata soprattutto sulla rilevanza di interesse (internazionale, nazionale,
interregionale, regionale e locale) dei valori naturalistici, scientifici o culturali
preservati in una determinata area, e sul modello di gestione della stessa
(parco e riserva naturale).
In seguito, la classificazione nazionale è stata integrata attraverso varie
delibere dell’ormai soppresso Comitato per le aree naturali protette e dal
seguente Comitato stato-regioni, introducendo aree protette di derivazione
comunitaria e altre aree non inquadrabili nelle tipologie presenti.
Attualmente il sistema delle aree protette segue la seguente
classificazione:
• Parchi Nazionali: sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o
marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche
parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni
fisiche, geologiche, geo-morfologiche, biologiche, di rilievo
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internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici,
culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l'intervento dello Stato
ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future.
• Parchi naturali regionali e interregionali: sono costituiti da aree
terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente da tratti di mare prospicienti
la costa, di valore naturalistico e ambientale, che costituiscono,
nell'ambito di una o più regioni limitrofe, un sistema omogeneo,
individuato dagli assetti naturalistici dei luoghi, dai valori paesaggistici
e artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali.
• Riserve naturali: sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o
marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti
della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi
importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse
genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base
alla rilevanza degli elementi naturalistici in esse rappresentati. Inoltre si
distinguono anche in integrale (in cui non è ammesso l’intervento
dell’uomo) e orientate (in cui è possibile effettuare interventi di
gestione da parte dell’uomo).
• Zone umide di interesse internazionale: sono costituite da aree
acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d'acqua,
permanenti o transitorie comprese zone di acqua marina la cui
profondità, quando c'è bassa marea, non superi i sei metri che, per le
loro caratteristiche, possono essere considerate di importanza
internazionale.
• Altre aree naturali protette: sono aree (oasi delle associazioni
ambientaliste, parchi suburbani, ecc.) che non rientrano nelle precedenti
classi. Si dividono in aree di gestione pubblica, istituite cioè con leggi
regionali o provvedimenti equivalenti, e aree a gestione privata, istituite
con provvedimenti formali pubblici o con atti contrattuali quali
concessioni o forme equivalenti.
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• Zone di protezione speciale (Zps): designate ai sensi della direttiva
79/409/Cee, sono costituite da territori idonei per estensione e/o
localizzazione geografica alla conservazione delle specie di uccelli
selvatici.
• Zone speciali di conservazione (Zsc): designate ai sensi della direttiva
92/43/Cee, sono costituite da aree naturali, geograficamente definite e
con superficie delimitata, che contengono zone terrestri o acquatiche
che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche
e biotiche, naturali o seminaturali (habitat naturali). Esse
contribuiscono in modo significativo a conservare, o ripristinare, un
tipo di habitat naturale o una specie della flora e della fauna selvatiche
di cui all'allegato I e II della direttiva 92/43/Cee (relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della
fauna selvatiche) in uno stato soddisfacente a tutelare la diversità
biologica nella mediante la protezione degli ambienti alpino,
appenninico e mediterraneo, o sono designate dallo Stato e nelle quali
sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o
al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat
naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui l'area naturale è
designata. Tali aree vengono indicate come Siti di importanza
comunitaria (Sic).
• Aree di reperimento terrestri e marine: indicate dalle leggi 394/91 e
979/82, che costituiscono aree la cui conservazione attraverso
l'istituzione di aree protette è considerata prioritaria.
Il sistema delle aree protette, insieme al tessuto dei SIC e delle ZPS, dà
vita alla struttura delle Rete Ecologica Nazionale (REN) che svolge il ruolo
di un vero e proprio “sistema infrastrutturale ambientale” ad altissima densità
di diversità biologica e culturale, di tipicità manifatturiera ed agricolo-
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alimentare, di presidi territoriali e di specifiche modalità insediative,
costituenti il mosaico delle identità locali, in grado di competere, condizionare
e integrare i sistemi infrastrutturali tradizionali (le reti dei trasporti,
dell’energia, delle telecomunicazioni, ecc.).
E’ importante sottolineare come l’intero sistema delle aree protette è
accompagnato, oltre da un corredo legislativo proprio, anche un altro di
carattere progettuale e finanziario grazie all’inserimento della REN
all’interno della programmazione dei fondi strutturali 2000-2006, ed in
particolare nel Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM), nei
Programmi Operativi delle Regioni dell’Obiettivo 1 (POR) e nei Documenti
Unici di Programmazione delle Regioni dell’Obiettivo 1 (DOCUP).
In definitiva, si può affermare che le aree protette sono un soggetto
riconosciuto e protagonista della programmazione economica e territoriale.
Questo importante risultato è stato ottenuto grazie alla legittimazione
che le aree protette hanno saputo conquistarsi nelle proprie realtà locali e
territoriali, nonché alla costruzione di un sistema di alleanze nelle istituzioni e
nella società, da quelle storiche con le associazioni ambientaliste, a quelle con
le Province e le Comunità Montane, fino a quelle inedite, ma significative, con
le associazioni degli agricoltori, dei commercianti e degli imprenditori.
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1.5 Il concetto di Parco rurale
Attualmente si sta diffondendo una nuova concezione di area protetta
che esula da qualsiasi altra definizione sinora prospettata e che allo stato
attuale non rientra ufficialmente nella legislazione relativa alla classificazione,
ma di fatto rappresenterà nei prossimi anni una realtà concreta per l’intero
territorio nazionale: è il concetto di Parco rurale.
Tale dizione va differenziata dalla più nota dicitura di Parco naturale,
in quanto esso tende non solo alla tutela esclusiva dell’ecosistema naturale,
bensì anche e soprattutto alla comprensione, salvaguardia e valorizzazione di
un’unità territoriale ben più complessa.
Il territorio non viene considerato esclusivamente come un fatto fisico,
bensì è percepito in strettissima connessione con la storia, il lavoro umano, il
recupero e con la possibilità di sviluppo sostenibile in linea con la vocazione
d’uso tradizionale.
Non solo il turismo scolastico, aziendale, culturale e sportivo possono
dare un impulso all'economia locale, ma anche l'offerta enogastronomica che
ogni territorio è in grado di garantire (pane, olio, vino, pasta, prodotti
caserecci, ecc.), congiuntamente ad attività di ricerca mirata. Un Parco rurale
deve essere, infatti, in grado di soddisfare le ataviche esigenze delle attività
legate all'agricoltura e alla pastorizia, mediante l'istituzione di consorzi di
masserie capaci di integrare le attività tradizionali con mezzi e strumenti non
solo compatibili con l'ambiente, ma tali da determinare il miglioramento e la
ricostruzione.
Nell’istituzione di un parco a prevalente natura agricola vanno
innanzitutto definite le possibili interpretazioni del rapporto fruizione
sociale/agricoltura, per definire successivamente sia gli indirizzi di conduzione
che le possibilità di sinergia o al contrario di conflitti. In ordine a tali questioni
si può dar luogo alle seguenti due possibili interpretazioni di parco agricolo,
entrambe legittime o sostenibili a determinate condizioni:
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• il parco agricolo ad uso sociale, che assume come principale
contenuto e come finalità primaria, dominante a lungo termine, la
fruizione sociale sia dei servizi e delle attrezzature, che dell’ambiente
agreste, e il cui uso sociale (per il tempo libero, per il riposo e la
ricreazione o lo sport) utilizza il paesaggio specifico e quelle risorse del
territorio che l’agricoltura ha costruito. Il parco in questo caso è
agricolo nel senso dell’assunzione dei caratteri morfologici propri della
campagna, che vengono orientati essenzialmente a finalità diverse
rispetto a quelle della produzione agricola. L’agricoltura praticata in
tale area non ricerca alcuna redditività sul mercato ed è sostenuta per
mantenere l’ambiente, essendo considerata un servizio ambientale.
Per i beni prodotti al suo interno si presuppone un mercato protetto,
legato ad un sistema di sostegno dei prezzi e di incentivi motivati dalle
finalità ambientali di quella produzione, presupponendo che tale tipo di
attività agricola produca, oltre ai beni primari, servizi, attrezzature ed
elementi di paesaggio socialmente fruibili, e che per questo venga
retribuita. L’agricoltura è sostenuta da politiche pubbliche (locali,
regionali o comunitarie), ma non è a conduzione pubblica salvo che per
la gestione di alcuni servizi del parco. Permane quindi in quel territorio
un presidio sociale di abitanti/produttori che esprime soggetti capaci di
iniziativa economica e di vivere in rapporto attivo con il territorio.
• il parco agricolo a conduzione agricola attiva, in quanto si ritiene che
un territorio di rilevante estensione non sia gestibile e sostenibile
economicamente impiegando soltanto risorse pubbliche, ma al contrario
si deve prevedere una politica di incentivi, mobilitando in buona parte
risorse private produttive. Inoltre l’agricoltura attiva, con regole certe e
ben definite, è la sola condizione in grado di mantenere in vita il
territorio e il suo paesaggio. Le necessarie trasformazioni nel tempo
possono essere guidate verso una ulteriore valorizzazione qualitativa
dell’ambiente/paesaggio; nella stessa direzione diventa essenziale il