4
tra di lui e la conquista del nucleo semantico originario, sconfinando talvolta in distinte
aree di conoscenza. Da questo punto di vista, tradurre è intraprendere un viaggio nei
meandri semantici di un’opera. Come viaggio alla scoperta di un universo letterario
ignoto al lettore italico si presenta anche questo scritto.
Il seguente lavoro si articola essenzialmente in tre parti sviluppate in quattro
capitoli, distinti ma complementari, e due appendici. Il nucleo dell’analisi si costituisce
nella proposta di traduzione in italiano di alcuni capitoli di Das Kind unterm Salatblatt
– opera prima di Luigi Brogna – e nell’esame teorico dei processi che hanno portato a
tale traduzione, attraverso l’esplicazione dei criteri e dei fondamenti alla base delle
scelte traduttive operate nel testo di arrivo. Il corpus traduttivo è poi corredato, da un
lato, da un’ampia panoramica descrittiva finalizzata a presentare al pubblico italiano lo
scrittore Luigi Brogna, le sue opere narrative e il genere letterario denominato
“Spaghetti-Literatur” a cui esse sono ascrivibili; e arricchito, dall’altro, dalla
corrispondenza telematica intrattenuta personalmente dalla scrivente con l’autore tra
l’agosto e il novembre del 2007.
L’indice, a cui fa seguito la presente introduzione, illustra nel dettaglio
l’organizzazione dei contenuti della tesi. Il primo capitolo prende le mosse dalla
definizione di un genere letterario tedesco di recente ideazione e grande successo,
avente come fulcro tematico l’Italia, gli italiani e la “particolare relazione” italo-tedesca:
la “Spaghetti-Literatur”. Dopo averne delineato le caratteristiche principali e aver
individuato in essa una sorta di prosieguo “ideale” della plurisecolare tradizione di
Reiseliteratur tedesca sull’Italia, l’attenzione si focalizza su di uno scrittore in
particolare iscrivibile a tale tipologia testuale: Luigi Brogna. Al profilo biografico
dell’autore germanofono di origini siciliane, farà seguito la presentazione dei suoi due
romanzi Das Kind unterm Salatblatt – oggetto primario dell’indagine nella sua totalità –
e Spätzle al dente, avendo cura di identificare i principali temi costituitivi del loro ordito
narrativo.
Il secondo capitolo si propone invece di affrontare, da una prospettiva
essenzialmente sociologica e storiografica, la trattazione di uno dei tratti marcanti della
“Spaghetti-Literatur”, ossia la sua predilezione per l’impiego ironico di immagini
stereotipiche e pregiudiziali nella descrizione di esponenti di culture altre. Nel primo
paragrafo, attraverso la definizione dei concetti di stereotipo, pregiudizio e carattere
nazionale, nonché la dimostrazione del loro essere esasperazione “naturale” di processi
umani assolutamente normali, si provvederà a smascherare l’infondatezza del giudizio
5
negativo di alcuni critici letterari tedeschi nei riguardi del neonato fenomeno editoriale
della “spaghetti letteratura”. A questo farà seguito una più dettagliata elencazione dei
principali stereotipi e pregiudizi che emergono solitamente nell’interazione italo-tedesca
e si cercherà di fornire una sommaria spiegazione delle loro origini, attraverso un rapido
excursus nella storia degli ultimi centocinquant’anni delle due nazioni. Al temine del
secondo capitolo l’analisi tornerà a concentrarsi sull’oggetto della traduzione, palesando
al lettore gli stereotipi e i pregiudizi più salienti riscontrati nel case study specifico di
Das Kind unterm Salatblatt.
Abbandonando la parentesi cultural-sociologica, negli ultimi due capitoli ci si
addentra nel nucleo della tesi, vale a dire nel vivo della questione prettamente traduttiva.
Tramite l’ausilio di riferimenti teorici, nel terzo capitolo si cerca di fornire soluzioni
adeguate ai problemi, prioritariamente di natura lessicale e sintattica, riscontrati durante
la pratica traduttiva. L’indagine teorica della propria traduzione si configura come un
momento fondamentale del lavoro traduttivo, in quanto «è soltanto considerando come
si è già tradotto che il traduttore può acquistare una memoria storica della propria
attività»
3
e affinare le proprie capacità traduttive. Il quarto capitolo riporta invece le
traduzioni in italiano dei cinque brani, comprensivi di prologo e ringraziamenti, di Das
Kind unterm Salatblatt, motore propulsore dell’intera ricerca. I testi oggetto della
traduzione nella loro versione originale in lingua tedesca, sono consultabili, per onor del
vero, in Appendice 2. Nell’approccio all’analisi delle traduzioni, si caldeggia tuttavia
l’adozione della metodologia esplicata da Berman nella sua Pour un critique productive.
In altri termini, si invita ad evitare un pedissequo e sterile confronto tra testo di partenza
e d’arrivo a favore di una maggior concentrazione sulla verifica delle qualità del testo
finale, sul progetto traduttivo e sulla figura del traduttore
4
. Interessante non è «verificare
la “fedeltà” […] della traduzione, ma piuttosto fermarsi sulle traduzioni per verificare se
sono “testi”, se hanno mantenuto la coerenza interna e la forza espressiva»
5
del tessuto
testuale originale. “L’enfasi [è da porsi] non tanto sulla traduzione come clone del testo
di partenza ma come testo che funziona all’interno della cultura d’arrivo”
6
.
A concludere il quadro, contribuisce infine la corrispondenza, via e-mail,
intrattenuta personalmente con lo scrittore, Luigi Brogna, e riportata in Appendice 1.
Innescatesi per necessità, quale unica soluzione per far luce su di una zona d’ombra
3
L. Rega, La traduzione letteraria. Aspetti e problemi, Utet, Torino 2001, p. 37.
4
V. A. Berman, Traduzione e critica produttiva, Oedipus, Milano 2000.
5
F. Nasi, Poetiche in transito. Sisifo e le fatiche del tradurre, Medusa, Milano 2004, p. 24.
6
Ivi, p. 84.
6
lessicale dell’oggetto traduttivo, il contatto con l’autore si è rivelato un’importante e
divertente occasione di scambio, confronto e test delle reciproche abilità linguistiche,
che spero possa appassionare il lettore tanto quanto ha appassionato la scrivente.
7
Capitolo 1
NOZIONI GENERALI
BIO-BIBLIOGRAFICHE
Ogni lettore, quando legge, legge
se stesso. L'opera dello scrittore è
soltanto una specie di strumento
ottico che egli offre al lettore per
permettergli di discernere quello
che, senza libro, non avrebbe
forse visto in se stesso.
Marcel Proust
1.1. La “Spaghetti-Literatur” da Jan Weiler a Luigi Brogna: storia di un
clamoroso successo editoriale tedesco
Forse si può dire che, come un corpo satellitare, l’area mitteleuropea gravita da
secoli attorno al pianeta Italia. In virtù di un patrimonio artistico e paesaggistico
inestimabile, di una polifonica tradizione storica millenaria e di una produzione
letteraria ricca di splendidi risultati poetici, il Bel Paese esercita, infatti, dall’alba dei
tempi, un’attrazione magnetica nei confronti della vicina Germania. Tale magnetismo
trova conferma non soltanto nei consistenti flussi di viaggiatori tedeschi che oggi
7
come
ieri valicano il Brennero alla volta della penisola italica, ma anche, e soprattutto, nella
presenza dell’elemento “Italia” nell’intimo della genesi creativa di innumerevoli opere
7
Secondo le stime pubblicate dall’ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) relativamente
all’anno 2005, la Germania costituisce, a livello numerico, il primo paese di provenienza dei turisti
europei in Italia seguita da Regno Unito, Francia, Paesi Bassi, Austria, Svizzera e Spagna. Su un totale di
38.126.691 di arrivi (ovvero il numero di clienti ospitati negli esercizi ricettivi) dall’estero e di
148.501.052 di presenze (cioè il numero massimo di notti trascorsi in tali strutture) straniere registrate in
Italia nel 2005, 8 milioni di visitatori sono tedeschi per un ammontare di 44 milioni di presenze annue.
Tra i motivi che spingono i vacanzieri a soggiornare in Italia troviamo al primo posto il paesaggio
(58,8%) seguito dal patrimonio culturale (30%), dalla gastronomia (6%) ed infine dal
divertimento/shopping (5,2%). (Turismo in Italia: gli ultimi dati, http://www.italicon.it/schede/S221-
001.htm).
8
letterarie, figurative e musicali tedesche. In forme, in termini, in modi sempre nuovi ed
irripetibili, anche nell’ambito di una stessa stagione del gusto, il Bel Paese costituisce,
infatti, una fonte di ispirazione insostituibile nel processo della creazione artistica
tedesca.
La letteratura tedesca, in particolare, «non sarebbe pensabile senza il Sud, senza
l’esperienza italiana e senza il suo mito»
8
. L’Italia / Sud, o come costruzione mentale
immaginifica ed idilliaca, spesso ridotta simbolicamente a contrappunto della Germania
/ Nord, o come entità tangibile, reale, effettivamente visitata e studiata empiricamente
attraverso l’esperienza diretta del viaggio, è di fatto reperibile all’interno di molte opere
letterarie tedesche appartenenti a generi ed epoche diverse. Da Winckelmann a Goethe,
passando per Heine, Mann e Hesse, fino a Joachim Fest, lunghissima è la lista di poeti e
scrittori germanofoni che sono stati sedotti dalla magia selvaggia dell’assolata penisola
italica e che hanno fatto dell’incanto italiano il nucleo fondante di molti dei loro
componimenti poetici, narrativi e saggistici. Ma la lista è ancora più lunga se si
considera che dall’artista al filosofo naturale, dallo studente al diplomatico, dal
mercante al collezionista d’arte, dal nobile all’appassionato di antichità, numerosissimi
sono i viaggiatori tedeschi che, trovandosi a calpestare il suolo italiano nei secoli
addietro, hanno sentito l’esigenza di affidare a diari, memorie, guide e corrispondenze,
vere o fittizie, la loro esperienza di pellegrini laici del sapere. Ne deriva che sulla
Italienische Reise, sul viaggio in Italia, è disponibile anche una nutrita letteratura
geografica, di costume che va dai resoconti e dalle memorie biografiche dei viaggiatori
più famosi agli studi su singoli personaggi, itinerari e città.
Le origini di questo genere letterario, in lingua tedesca, sull’Italia sono piuttosto
remote e di difficile collocazione temporale, ma si intrecciano strettamente con
l’evoluzione della pratica dell’andar per via e con le sempre nuove finalità di cui viene
rivestito il soggiorno peninsulare. La trasferta in Italia comincia a profilarsi come
consuetudine culturale già a partire dal tardo Medioevo, quando il peregrinatio
poenitentiales, ovvero il pellegrinaggio in Terra Santa, persa la sua originaria
connotazione di pena, sofferenza, punizione, espiazione, si frammenta in itinerari
minori, più brevi di quanto non fosse la via per Gerusalemme, e si prefigge come mete
destinazioni europee. Saranno infatti proprio i libri poenitentiales – le prime rudimentali
guide di pellegrinaggio, elenchi approssimativi di agglomerati urbani, locande, valichi
8
J. Petersen, Quo vadis Italia?, Laterza, Bari 1996, p. 8.
9
montani, guadi fluviali e imbarchi marittimi con il relativo computo delle distanze – a
tracciare, una volta per tutte, buona parte di quello che sarà l’itinerario comunemente
battuto nel corso del viaggio in Italia nei secoli a venire. Per assistere alla nascita del
viaggiatore moderno, del gentleman traveller, figura chiave nella formazione del turista
odierno, e della Reiseliteratur in senso stretto, occorrerà invece attendere il lento
declinare del Medioevo e il sorgere dell’ultimo scorcio del XVI secolo. Per il nuovo
gentiluomo tardo cinquecentesco valicare le Alpi non significa più inseguire la gloria
delle armi, né recarsi per devozione in un luogo sacro, né tanto meno migrare da un
ateneo all’altro, o da una corte all’altra, per carpire i segreti di quanti eccellevano in
un’arte o in una scienza specifica come facevano gli umanisti. Il viaggio nell’Italia tardo
rinascimentale intrapreso dagli aristocratici tedeschi – dai Kavaliere – e dagli artisti in
apprendistato, «è un’altra cosa e si configura, in stretta aderenza al significato del
termine, come peregrinazione [laica] di città in città»
9
, come tappa accessoria di un tour
più vasto che abbraccia diverse nazioni europee finalizzato all’assorbimento di quanto
possa essere utile alla propria formazione culturale, al proprio paese d’origine, ma anche
alla propria persona e al proprio diletto. Si tratta di un’idea nata dalla curiosità
10
intellettuale della nuova scienza che eleva a titolo di “vera conoscenza” quella
esclusivamente derivante dall’osservazione empirica dei fenomeni e delle cose, facendo,
nel contempo, oggetto di contemplazione le antichità classiche. Questa tipologia di
viaggio, conoscerà, non a caso, il suo periodo di massima fioritura nel corso del secolo
dei lumi, quando l’assoluta fiducia nella ragione “illuminerà” le menti contro le
superstizioni, i pregiudizi delle religioni, della tradizione e di tutti quei fattori sociali e
culturali limitativi della libertà umana, e porterà l’uomo a cercare un senso nuovo da
dare alla vita e alla storia non più nella meditazione sull’ultraterreno, ma
nell’esplorazione della realtà umana. Il viaggio, favorendo il contatto con mondi altri e
permettendo un confronto tra costumi ed abitudini diverse, ben si presta a questo
compito sperimentale e diventa, dunque, un veicolo privilegiato per lo sviluppo di una
coscienza critica della propria identità nonché per l’acquisizione di nuove conoscenze
scientifiche, antropologiche e geografiche. Con il viaggio le nozioni apprese nelle
9
A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna 2006,
p. 29.
10
Il termine “curiosità” è da ritenersi, in questo contesto, una sorta di parola chiave. La sua accezione
latina di “curiositas” è infatti rintracciabile negli scritti dei viaggiatori peninsulari già a partire dal XVI
secolo ed è addotta quale motore principale del viaggio. Come sottolinea Brilli (Ivi, p. 43), “curiositas” è
«un termine che nulla esclude dal proprio campo d’indagine, sia che si tratti della raccolta di rarità
artistiche o naturali, dell’osservazione di fenomeni inconsueti della natura, di usi e costumi di popoli,
dell’indagine sulle loro economie, sui sistemi legislativi e politici».
10
università si fanno più duttili, si arricchiscono della pratica, si aprono alla moda, al
gusto e alla competenza estetica, si completano con la conoscenza comparata degli
uomini e delle nazioni. Ecco allora che l’educazione delle nuove leve della leadership
economica, politica e culturale del mondo europeo non può più prescindere da
quest’esperienza cosmopolita e si assiste all’apoteosi del Grand Tour.
Tra lo stuolo di viaggiatori che nel corso del XVIII secolo si dirigeranno «nach
Süden, nach dem “Mutterland der Künste”»
11
, ve ne sarà uno di particolare importanza,
in quanto destinato, non soltanto a sancire «il tramonto del giro continentale in favore di
una diretta, esclusiva scoperta artistica, antiquaria, topografica e antropologica
dell’Italia e, in Italia, di nuove terre e di nuovi itinerari»
12
, ma anche ad inaugurare un
modo di vedere l’Italia che determina ancora oggi l’interesse dei tedeschi per questo
paese. Si tratta di Giovanni Filippo Möller, anonimo pseudonimo dietro il quale si cela
l’icona per eccellenza della cultura tedesca: Johann Wolfgang Goethe. Senza dire niente
a nessuno, nel 1786 Goethe si mette misteriosamente in viaggio dalla Germania in preda
all’idea fissa di vedere la terra classica, dei capolavori artistici e del sole.
Da qualche anno [– scriveva in una lettera da Venezia –] m’era impossibile gettare
uno sguardo su uno scrittore latino, non riuscivo a soffermarmi su qualche oggetto
che mi rinnovasse l’immagine dell’Italia; e se qualche volta avveniva soffrivo i
dolori più atroci. […] Se non avessi preso la decisione che adesso sto attuando [di
venire in Italia], per me sarebbe stata certo la fine, a tal punto si era esasperata nel
mio animo la smania di vedere queste cose con i miei occhi.
13
Il viaggio in Italia diventa, per Goethe, la sola terapia in grado di guarire l’ossessione e
prevenire la follia, la risposta ineluttabile all’appello del destino, lo strumento per
risorgere a nuova vita, la leva che aziona la «Wiedergeburt (rinascita) della ricerca della
sua perfezione di intellettuale e di artista»
14
. Nella terra «dei limoni in fiore» e delle
«arance d’oro»
15
trovano la vita quelle idee incapaci di prendere corpo a Weimar e il
suolo italico assume così, a partire dalla Italienische Reise goethiana, la dimensione
11
[A sud, verso la “patria delle arti” (trad. it. della scrivente)]. È questo l’appellativo con il quale
veniva definita l’Italia nel XVIII e XIX secolo. Cfr. M. Mauer, Italienreisen. Kunst und Konfession in S.
Kraemer, P. Gendolla (a c. di), Italien: eine Bibliographie zu Italienreisen in der Deutschen Literatur,
Lang, Frankfurt am Main 2003, p.10.
12
A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna 2006,
p. 49.
13
J.W. Goethe, Viaggio in Italia, Arnoldo Mondadori, Milano 1983, pp. 106-107.
14
R. Fertonani, Goethe, l’Italia e gli italiani, in J.W. Goethe, Viaggio in Italia, Arnoldo Mondadori,
Milano 1983, p. XI.
15
Cfr. «Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn, / Im dunklen Laub die Goldorangen glühn, / Ein
sanfter Wind vom blauen Himmel weht, / Die Myrte still und hoch der Lorbeer steht, / Kennst du es wohl?
/ Dahin! Dahin / Möcht ich mit dir, o mein Geliebter, ziehn!» (Canzone diMignon, in J.W. Goethe,
Wilhelm Meisters Lehrjahre, libro III, cap. 1).
11
magica ed arcadica di “terra promessa”, “terra d’ispirazione” che lascia un profondo
senso di romantica nostalgia, di Sehnsucht, non appena ce ne si allontana. L’Italia
diviene il paese dell’arte per antonomasia, del buongusto in senso lato, il luogo in cui si
esalta la leggerezza dell’essere e dove si vive più felicemente, più liberamente.
Goethe amava ricordare come, fin da bambino, la sua immagine dell’Italia fosse
legata ad un semplice souvenir: una gondola che il padre, Johann Caspar, teneva sulla
mensola del camino di casa. Se per il padre la gondola costituiva un ricordo tangibile
del soggiorno veneziano
16
e per il figlio rappresentava un suggestivo richiamo
immaginativo, per entrambi, come per la quasi totalità dei viaggiatori, quel feticcio di
un sogno lontano, nella sua fissità, rispecchiava la staticità dell’Italia, sempre uguale a
se stessa di generazione in generazione. In momenti storici diversi, scanditi nell’arco
degli oltre tre secoli corrispondenti alla storia del viaggio in Italia, l’occhio forestiero
del viaggiatore costruisce infatti l’immagine degli italiani con una relativa schematica
fissità. L’abitante della penisola italiana perde la sua dimensione individuale e diventa
parte di un tutto omogeneo, di un corpo eternamente immobile dotato di caratteri quasi
sempre costruiti a priori, protagonista di un intricato gioco di specchi in cui
l’osservatore esterno si riflette per cogliere soltanto i caratteri dell’Altro funzionali alla
definizione della propria identità culturale. In questa straordinaria riserva di caccia, in
questo museo all’aria aperta, in questo giardino di miti sacri e profani che per i
viaggiatori stranieri è stata per secoli l’Italia, «la presenza degli indigeni viene quindi
ammessa a patto che si travestano e si comportino da comparse consone allo scenario
fittizio al quale si vuole che appartengano»
17
, quello della costruzione identitaria. La
loro umana presenza, spesso chiassosa, inquinante e deturpatrice dell’armonia
circostante, anche se risulta quasi sempre fastidiosa e ingombrante è dunque, di fatto,
fondamentale. I viaggiatori provenienti dalle fredde regioni transalpine, e quindi di
religione protestante, sostenitori del reggimento politico del proprio paese,
intraprendenti nell’agire e riservati nel carattere, hanno bisogno di confrontarsi con il
loro esatto contrario, con gli imprevedibili, superstiziosi, dispotici, servili, sensuali,
indolenti abitanti del Bel Pese per capire chi sono. Come afferma Brilli:
Nella tradizione della letteratura di viaggio, il tentativo di definire una cultura
diversa da quella di appartenenza attraverso gli usi, i costumi e l’indole di un popolo
16
Anche Goethe padre nel 1739-40 aveva viaggiato per la penisola e di quest’esperienza aveva
lasciato testimonianza in un curioso scritto in italiano dal titolo Viaggio per l’Italia.
17
A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna 2006,
p. 12.
12
è sempre stata, per il viaggiatore, un modo per affermare se stesso e i propri
connotati culturali. Definire un’identità culturale diversa dalla propria significa
ridefinirsi facendo leva sull’intera gamma delle altrui differenze. Atto, questo, che
implica l’ostentazione di tali differenze con la rigidità e la schematicità dei
pregiudizi, dei luoghi comuni, dei cliché e degli stereotipi, verità economiche e
sempre a portata di mano.
18
Paradossalmente, lo stesso meccanismo di costruzione identitaria per opposti, in cui si
assiste alla sclerotizzazione della stereotipia, è ravvisabile ancora oggi in un altro
particolare filone letterario sull’Italia di recente ideazione: nella cosiddetta “Spaghetti-
Literatur”
19
.
In epoca contemporanea, il viaggio non rappresenta più una sfida alle difficoltà e
ai disagi, non è più errabonda e smodata ricerca di una fonte per placare la propria sete
di conoscenza; esso è sostanzialmente divenuto un dovere sociale, in particolare per i
ceti medi. La classica ed elitaria Bildungsreise (viaggio d’istruzione, di formazione) ha
lasciato il posto alla sua versione massificata, e certo meno impegnativa, Urlaubsreise
(viaggio di villeggiatura, vacanza). L’abbattimento delle barriere alla libera circolazione
e la spontanea cessione di porzioni di sovranità ad un organo sovranazionale quale è
l’Unione Europea, ha reso i confini tra Italia e Germania sempre più labili, annullato le
distanze, appiattito le differenze e incentivato gli spostamenti.
Constatando la sua eccessiva reiterazione e l’odierna facilità della sua
realizzazione, si potrebbe pensare che, oggi, il viaggio in Italia, inteso nella sua pratica
concreta o, per esteso, nella sua multiforme traslitterazione letteraria, si sia svuotato
della sua valenza originaria. Ebbene, non c’è niente di più sbagliato. La “discesa” dei
tedeschi in Italia si è fatta sì più semplice, ma non per questo ha perso la sua rilevanza.
Anzi, in un ambiente completamente mutato rispetto a quello originario, in cui la
globalizzazione incentiva una sempre maggiore omologazione delle diversità, i tedeschi
continuano a raccontare l’Italia in un modo simile a quello in cui la raccontavano secoli
fa, ovvero facendo leva sulla diversità dell’Altro / italiano per affermare la propria
identità.
Se in passato lo sguardo forestiero si concentrava principalmente sui tesori
artistici e sulle bellezze naturali italiane, oggi molti romanzi tedeschi di successo
sull’Italia elevano al ruolo di protagonista coloro che in passato erano considerati
soltanto personaggi secondari scomodi e marginali: gli italiani. In un disegno che
18
Ivi, p. 278.
19
M.S. Sanna, Ritratti tedeschi del Bel Paese: il boom della spaghetti letteratura. Cartoline
dall’Italia: auf wiedersehen!, http://www.mediazone.info/.
13
mescola vecchi pregiudizi e storie realmente accadute, i bestseller della Germania di
oggi «ritraggono un’Italia grottesca, tra l’esotico e il primitivo, gestita da piccoli
truffatori e folkloristici self-made men»
20
.
Ad inaugurare il filone editoriale battezzato “spaghetti letteratura”, fu l’allora
caporedattore del «Süddeutsche Zeitung Magazin» Jan Weiler, quando nell’autunno del
2003 pubblicò il suo primo romanzo, Maria, ihm schmeckt’s nicht! – Geschichten von
meiner italienischen Sippe (Maria, non gli piace! – Storie della mia famiglia italiana).
L’idea nacque quasi per gioco, dalla proposta fatta al giornalista da un collega di
scrivere di suo suocero italiano. Da allora Antonio Marcipane, detto Toni, il suocero
italiano, è diventato, con la sua «Sirenenlachen» (risata a sirena)
21
contagiosa, una sorta
di mito, il parente acquisito che gli oltre un milione di lettori
22
che hanno acquistato il
libro vorrebbero avere nel proprio clan famigliare
23
. Il romanzo racconta gli episodi
divertenti dell’incontro del narratore – parziale alter ego dell’autore – con la grande
famiglia italiana della moglie Sara, figlia di madre tedesca e padre molisano emigrato in
Germania come Gastarbeiter nel 1961 e mai più ristabilitosi in patria. Quando sposa
Sara, il narratore / autore non immagina nemmeno lontanamente quanti “Antonio”,
quanti “Marco”, quanti matrimoni italiani e quante forzate assunzioni di cibo lo
aspettino, così come non si immagina che dietro Toni, quell’uomo che gli era parso
minaccioso quanto il Padrino il giorno in cui lo conobbe per la prima volta, si nasconda
una persona deliziosa, dal cuore tenero, unica nel suo genere e dal passato difficile.
Giocando «gewitzt mit Sprach- und Nationenstereotypen»
24
e servendosi di una prosa
lucida, fresca, provocatoria, Jan Weiler trasforma l’incontro tra italiani e tedeschi in
un’analisi, pungente quanto spassosa, del prototipo dell’uomo italiano e delle differenze
tra le due “civiltà”.
Il successo di Maria, ihm schmeckt’s nicht! si ripeterà a distanza di tre anni, alla
fine del 2006, con la pubblicazione dei nuovi episodi della saga dei Marcipane nel libro
dal titolo Antonio im Wunderland (Antonio nel paese delle meraviglie). Nel frattempo
20
Ibidem.
21
J. Weiler, Maria, ihm schmeckt’s nicht!, Ullstein, Berlin 2003, p. 213.
22
Cfr. S. Maus, Jan Weiler: “Wenn ich keine Weichei wäre, hätte ich weniger zu erzählen“, «Der
Stern», 2007, n. 6, consultabile all’indirizzo internet
http://www.stern.de/unterhaltung/buecher/582003.html.
23
Dello stesso avviso sembra essere anche Axel Hacke, famoso giornalista e scrittore tedesco che,
come si legge nella quarta di copertina del libro, dice: «Wer noch keine italienischen Verwandten hat,
wird nach der Lektüre unbedingt welche haben wollen». [Chi non ha ancora parenti italiani, dopo aver
letto il libro, vorrà sicuramente averne uno (trad. it. della scrivente)].
24
[Giocando con furbizia con gli stereotipi linguistici e nazionali (trad. it. della scrivente)]. J. Weiler,
Maria, ihm schmeckt’s nicht!, Ullstein, Berlin 2003, quarta di copertina.
14
però nel panorama librario tedesco qualcosa è cambiato: si è innescato un trend, forse
irreversibile, che porterà al moltiplicarsi sul mercato di romanzi che trattano «la
relazione particolare»
25
tra Italia e Germania.
Per avere un’idea indicativa della portata quantitativa del fenomeno di cui si sta
parlando, è sufficiente compiere un piccolo esperimento servendosi del catalogo
multimediale di una delle più famose librerie tedesche on-line: Amazon.de. Tale
catalogo offre infatti all’utente il vantaggio di fornire, in contemporanea all’articolo
selezionato, una lista di opere aggiuntive ritenute di argomento correlato. Digitando il
titolo del primo romanzo di Weiler nella casella di ricerca del sito, si otterrà così, con
tutti i limiti del caso, una sorta di rudimentale bibliografia di ciò che in questa sede ci si
appresta a definire “spaghetti letteratura”. Tra i circa trenta libri che vanno a costituire
questo embrionale elenco bibliografico, ve ne sono alcuni che, più di altri, o per il
successo riscosso o per l’originalità del titolo, destano particolare interesse meritando
così alcune note aggiuntive. È il caso, ad esempio, de La deutsche Vita di Antonella
Romeo, se non altro perché si tratta di una giornalista italiana e perché il libro,
pubblicato originariamente in lingua tedesca in Germania nel 2004, è, ad oggi, l’unico
ad essere stato tradotto
26
anche per i lettori italiani
27
. Avere un nonno partigiano e
ritrovarsi un suocero che ha militato nelle SS non è una situazione comoda, come non lo
è, per un italiano, andare a vivere in Germania. Tra approfondimenti storici e deliziose
note di costume, l’autrice racconta proprio questo: per amore si è trasferita ad Amburgo
e subito ha sperimentato le profonde differenze fra il Paese d’origine e quello
d’elezione, dove alla fine, però, si è trovata benissimo. Oltre ai frammenti di storia
dell’ultimo conflitto mondiale che emergono qua e là dai ricordi del nonno e del
suocero, il libro offre una splendida e articolata descrizione di quella che è, come recita
il titolo, la “vita tedesca”: la deutsche Gemütlichkeit (il senso tipicamente tedesco
25
Così è stata definita la relazione italo-tedesca in un convegno bilaterale del febbraio 2000, a cura
del Goethe-Institut di Roma, le cui conclusioni sono pubblicate in Italia – Germania. Una relazione
particolare, «Zeitschrift für Kulturaustausch», 2000, n. 2, consultabile all’indirizzo internet
http://cms.ifa.de/publikationen/zeitschrift-fuer-kulturaustausch/archiv/ausgaben-2000/italien-
deutschland/.
26
Per onor del vero, sarebbe più appropriato parlare di traduzione in riferimento alla versione
tedesca del libro. Nonostante l’ottima conoscenza della lingua tedesca, l’autrice ha infatti redatto il libro
nella sua madrelingua: l’italiano.
27
Per chi volesse approfondire l’argomento, da segnalare è anche il libro dal titolo Piccolo viaggio
nell’anima tedesca di V. Vannuccini, F. Predazzi edito da Feltrinelli. Si tratta probabilmente dell’unico
volume sulla Germania pubblicato esclusivamente in Italia negli ultimi anni (2004). Attraverso l’analisi
delle parole tedesche più peculiari, le due giornaliste – a lungo corrispondenti per l’Italia in Germania – ci
conducono alla scoperta del mondo culturale tedesco prima e dopo la riunificazione, in una panoramica
colta e brillante tra filosofia, politica e costume.
15
dell’intimità domestica) a lume di candela, l’“onnipotenza” della Eieruhr (il
contaminuti da cucina), la stoica obbedienza all’omino rosso del semaforo pedonale.
Mentre Antonella Romeo, coniugata con un tedesco, racconta il suo personale modo di
vivere in Germania, il suo collega Stefan Maiwald, in Laura, Leo, Luca und ich (Laura,
Leo, Luca ed io), dall’alto del suo matrimonio con un italiana, dispensa invece saggi
consigli su Wie man in einer italienischen Familie überlebt (Come sopravvivere in una
famiglia italiana; sottotitolo del libro). Non imprecare mai contro il Milan, cedere la
propria «Gazzetta dello Sport» prima al suocero poi ai cognati, assicurarsi sempre che
non ci sia la guardia costiera quando si pesca, non ordinare mai una seconda birra e
mangiare tutto ciò che c’è nel piatto anche se è ancora vivo, sono soltanto alcune delle
tante regole d’oro per sopravvivere nella legione straniera alla propria famiglia
acquisita. Qualora poi il vademecum di Maiwald non dovesse soddisfare appieno
l’esigenza di delucidazioni su come uscire vivi dall’Italia, il lettore non avrà che
l’imbarazzo della scelta. Potrà optare tra un’ampia rosa di manuali di sopravvivenza e
libretti d’istruzioni per l’uso del Bel Paese che vanno da Überleben in Italien … ohne
verheiratet, überfahren oder verhaftet zu werden (Sopravvivere in Italia … senza essere
sposati, investiti o arrestati) di Beppe Severgnini a Gebrauchsanweisung für Italien
(Istruzioni per l’uso per l’Italia) di Henning Klüver o addirittura prendere parte ad un
corso cartaceo intensivo tenuto da Olaf Borkner-Delcarlo dall’eloquente titolo Italien
für Anfänger (Italia per principianti). Chi è figlio di Gastarbeiter italiani, o
semplicemente nutre un profondo desiderio di visitare la Sicilia anche solo con la
mente, troverà invece pane per i suoi denti nei romanzi di Luigi Brogna: Das Kind
unterm Salatblatt. Geschichten von meiner sizilianischen Familie (Il bambino sotto il
cavolo. Storie della mia famiglia siciliana) e Spätzle al dente. Se, infine, dopo essersi
ampiamente documentati e aver messo in conto i pericoli nei quali si potrebbe
incappare, si volesse comunque, a proprio rischio e pericolo, far fagotto e partire, o
perché no, comprare addirittura casa in Italia, allora bisognerebbe proprio leggere anche
Spaghetti im Rohbau. Ein italienisches Abenteuer (Spaghetti in costruzione.
Un’avventura italiana) di Sven Severin e Susanne Schmidt. Il libro riporta l’avventura
di una coppia tedesca che, in cerca di casa nelle vicinanze di Roma, si trova, gabbata, ad
acquistare un terreno non edificabile.
Già dalle sommarie presentazioni biografiche degli autori e dalle brevi sinossi dei
romanzi qui fornite, si evince una certa omogeneità di scrittura, di temi, di stilemi e
prossimità nei vissuti degli scriventi. Ma quali sono, più nello specifico, gli elementi
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principali che caratterizzano la “Spaghetti-Literatur”, quali i fattori che rendono
un’opera ascrivibile a questo filone letterario? Un’ottima definizione ci viene fornita
dall’iniziatore stesso di questo genere letterario, Jan Weiler, che nella “Zweites
Vorwort” (seconda prefazione) del suo Antonio im Wunderland, così scrive:
[es geht] um das Fremdsein, um unsere Angst vor dem Fremden, dessen mühsame
und oft vergebliche Überwindung, und um die befremdliche Welt, in der die
Menschen versuchen, ihren Platz zu finden. Ich finde, das ist ein furchtbar ernstes
Thema. Und weil das so ist, muss man möglichst unterhaltsam damit umgehen.
Sonst liest es keiner und die Mühe war umsonst.
28
La “spaghetti letteratura” è, in sostanza, un complesso di prodotti letterari finalizzati
all’esorcizzazione delle paure derivanti dall’incontro col diverso, un modo per mettere a
nudo la limitatezza dell’individuo nell’accettazione dell’Altro. Straniando il lettore
dall’ingannevole incantesimo della veridicità degli stereotipi, esasperando e dilatando
all’infinito l’insieme dei cliché, dei luoghi comuni e dei pregiudizi che ciascuno detiene
nel proprio bagaglio cognitivo-culturale, la “spaghetti letteratura” smaschera
l’infondatezza delle fobie umane nei confronti dell’Altro e se ne fa beffa. Dallo
straniamento nasce l’ironia, e argomenti di per sé di grande spessore sociologico e
serietà, quali il dolore degli uomini costretti alla migrazione in terra straniera, il
rapporto di amore e odio tra Italia e Germania o l’incontro tra due civiltà
tradizionalmente considerate antitetiche, finiscono per suscitare ilarità. La “spaghetti
letteratura” è la storia di tedeschi e italiani e del loro tentativo di comprendersi
reciprocamente. Accanto al carattere comico della narrazione, un altro elemento comune
è da ricercare nel profilo identitario degli scrittori. A scrivere sono persone che vantano
veramente un forte legame con entrambi i paesi. Si tratta per lo più di giornalisti e autori
italiani che vivono e operano in Germania e viceversa, oppure di individui che devono
la loro profonda conoscenza dell’altra cultura al fatto che ne hanno sposato
un’esponente. Infine poi, un aiuto pratico nell’identificazione di un articolo
appartenente a questo filone letterario viene dato al lettore dal paratesto, ovvero dal
titolo e dalle scelte tipografiche operate per la copertina. Il lettore dovrà sapersi
orientare in un labirinto di copertine colorate raffiguranti panettoni, piatti di pasta
fumanti, fiaschi di vino, verdure succulente e penisole italiane stilizzate, senza perdere
28
[Si parla dell’essere straniero, della nostra paura per lo straniero e del faticoso e spesso vano
superamento di questa paura; si parla dello strano mondo in cui le persone cercano di trovare il loro posto.
Trovo che sia un tema terribilmente serio e proprio perché lo è, si deve parlarne nel modo il più possibile
divertente. Altrimenti non lo legge nessuno e la fatica è stata inutile. (Trad. it. della scrivente)]. J. Weiler,
Antonio im Wunderland, Rowohlt Taschenbuch Verlag, Reinbek bei Hamburg 2006, p. 9.
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d’occhio il titolo, che se non conterrà direttamente la stessa parola “Italien”, nella quasi
totalità dei casi farà riferimento alle storie di una qualche famiglia italiana.
Comicità sembra essere dunque l’ingrediente segreto per il confezionamento di un
successo editoriale clamoroso, ma c’è forse qualcosa che ci sfugge? Perché così tanti
tedeschi sentono l’esigenza di leggere siffatti romanzi, e perché libri che scattano
un’istantanea dell’Italia contemporanea e dello storico rapporto tra Italia e Germania
vengono completamente ignorati dagli editori e, di conseguenza, dal pubblico dello
Stivale? Non esiste forse anche in Italia una minoranza di lingua e cultura tedesca?
Chiaramente non c’è una sola risposta a tutti questi quesiti, ma ci sentiamo di
condividere la lucida analisi fatta da Luigi Brogna che, in prima persona, si è più volte
interrogato sui motivi del suo successo. Lo scrittore ci confida che non sa se
l’apprezzamento della “spaghetti letteratura” da parte del pubblico tedesco sia da
imputare semplicemente all’interesse per l’Italia e i suoi abitanti oppure al carattere
umoristico delle narrazioni, ma ha il sentore che si tratti di un fenomeno di ben più vasta
portata. Dal suo osservatorio privilegiato, Brogna rileva che, accanto ai romanzi sui
rapporti italo-tedeschi, molta risonanza stanno avendo anche le saghe famigliari turco-
tedesche, quali quelle di Asli Sevindim
29
, e le avventure teutoniche dell’inglese Roger
Boyes
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; constatazione che lo induce a dedurre che «der eigentliche Erfolg der Bücher
nicht allein auf Italien zurückzuführen ist, sondern auf den: Blick von Außen auf die
Deutschen»
31
. Più che nell’elemento “Italia”, dunque, il vero motivo del successo va
ricercato, a suo avviso, nel destinatario primario delle opere, ovvero nel lettore tedesco e
nel suo presunto carattere nazionale. Come già aveva appurato Immanuel Kant, infatti, i
tedeschi “più di francesi e inglesi si preoccupano di ciò che pensano gli altri di loro”
32
.
«Gli “arroganti” tedeschi […] non fanno che riportare le opinioni di europei, americani,
giapponesi, alla ricerca spasmodica e masochistica della conferma del giudizio sugli
Hässlichen Deutschen (gli odiosi tedeschi), […] pronti a meravigliarsi se il giudizio è
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Asli Sevindim, giornalista tedesca di origine turca, è l’autrice di Candlelight Döner. Geschichten
über meine deutsch-türkische Familie pubblicato da Ullstein nel novembre del 2005. Nell’ambito della
letteratura turco-tedesca, un altro nome di spicco è quello di Osman Engin, giovane attore e scrittore
satirico, che dal 1985 ad oggi ha collezionato un successo dopo l’altro con i suoi romanzi narranti le buffe
vicissitudini di Don Osman, patriarca un po’ bizzarro di una tipica famiglia turca.
30
Roger Boyes, corrispondente da Berlino per il «London Times», ha pubblicato, ad oggi, due libri
sui tedeschi: My dear Krauts. Wie ich die Deutschen entdeckte e How to be a Kraut.
31
[Il vero successo di questi libri non è da attribuire soltanto all’Italia, bensì allo sguardo da fuori sui
tedeschi. (Trad. it. della scrivente)]. Per il discorso integrale v. Corrispondenza con l’autore, e-mail del
24 ottobre 2007, Appendice 1.
32
R. Giardina, Guida per amare i tedeschi. Come abbattere il muro dei pregiudizi e scoprire la
verità su un popolo simpaticamente imperfetto, Rusconi, Milano 1994, p. 35.