4
tra di lui e la conquista del nucleo semantico originario, sconfinando talvolta in distinte 
aree di conoscenza. Da questo punto di vista, tradurre è intraprendere un viaggio nei 
meandri semantici di un’opera. Come viaggio alla scoperta di un universo letterario 
ignoto al lettore italico si presenta anche questo scritto. 
Il seguente lavoro si articola essenzialmente in tre parti sviluppate in quattro 
capitoli, distinti ma complementari, e due appendici. Il nucleo dell’analisi si costituisce 
nella proposta di traduzione in italiano di alcuni capitoli di Das Kind unterm Salatblatt 
– opera prima di Luigi Brogna – e nell’esame teorico dei processi che hanno portato a 
tale traduzione, attraverso l’esplicazione dei criteri e dei fondamenti alla base delle 
scelte traduttive operate nel testo di arrivo. Il corpus traduttivo è poi corredato, da un 
lato, da un’ampia panoramica descrittiva finalizzata a presentare al pubblico italiano lo 
scrittore Luigi Brogna, le sue opere narrative e il genere letterario denominato 
“Spaghetti-Literatur” a cui esse sono ascrivibili; e arricchito, dall’altro, dalla 
corrispondenza telematica intrattenuta personalmente dalla scrivente con l’autore tra 
l’agosto e il novembre del 2007. 
L’indice, a cui fa seguito la presente introduzione, illustra nel dettaglio 
l’organizzazione dei contenuti della tesi. Il primo capitolo prende le mosse dalla 
definizione di un genere letterario tedesco di recente ideazione e grande successo, 
avente come fulcro tematico l’Italia, gli italiani e la “particolare relazione” italo-tedesca: 
la “Spaghetti-Literatur”. Dopo averne delineato le caratteristiche principali e aver 
individuato in essa una sorta di prosieguo “ideale” della plurisecolare tradizione di 
Reiseliteratur tedesca sull’Italia, l’attenzione si focalizza su di uno scrittore in 
particolare iscrivibile a tale tipologia testuale: Luigi Brogna. Al profilo biografico 
dell’autore germanofono di origini siciliane, farà seguito la presentazione dei suoi due 
romanzi Das Kind unterm Salatblatt – oggetto primario dell’indagine nella sua totalità – 
e Spätzle al dente, avendo cura di identificare i principali temi costituitivi del loro ordito 
narrativo.  
Il secondo capitolo si propone invece di affrontare, da una prospettiva 
essenzialmente sociologica e storiografica, la trattazione di uno dei tratti marcanti della 
“Spaghetti-Literatur”, ossia la sua predilezione per l’impiego ironico di immagini 
stereotipiche e pregiudiziali nella descrizione di esponenti di culture altre. Nel primo 
paragrafo, attraverso la definizione dei concetti di stereotipo, pregiudizio e carattere 
nazionale, nonché la dimostrazione del loro essere esasperazione “naturale” di processi 
umani assolutamente normali, si provvederà a smascherare l’infondatezza del giudizio 
 5
negativo di alcuni critici letterari tedeschi nei riguardi del neonato fenomeno editoriale 
della “spaghetti letteratura”. A questo farà seguito una più dettagliata elencazione dei 
principali stereotipi e pregiudizi che emergono solitamente nell’interazione italo-tedesca 
e si cercherà di fornire una sommaria spiegazione delle loro origini, attraverso un rapido 
excursus nella storia degli ultimi centocinquant’anni delle due nazioni. Al temine del 
secondo capitolo l’analisi tornerà a concentrarsi sull’oggetto della traduzione, palesando 
al lettore gli stereotipi e i pregiudizi più salienti riscontrati nel case study specifico di 
Das Kind unterm Salatblatt. 
Abbandonando la parentesi cultural-sociologica, negli ultimi due capitoli ci si 
addentra nel nucleo della tesi, vale a dire nel vivo della questione prettamente traduttiva. 
Tramite l’ausilio di riferimenti teorici, nel terzo capitolo si cerca di fornire soluzioni 
adeguate ai problemi, prioritariamente di natura lessicale e sintattica, riscontrati durante 
la pratica traduttiva. L’indagine teorica della propria traduzione si configura come un 
momento fondamentale del lavoro traduttivo, in quanto «è soltanto considerando come 
si è già tradotto che il traduttore può acquistare una memoria storica della propria 
attività»
3
 e affinare le proprie capacità traduttive. Il quarto capitolo riporta invece le 
traduzioni in italiano dei cinque brani, comprensivi di prologo e ringraziamenti, di Das 
Kind unterm Salatblatt, motore propulsore dell’intera ricerca. I testi oggetto della 
traduzione nella loro versione originale in lingua tedesca, sono consultabili, per onor del 
vero, in Appendice 2. Nell’approccio all’analisi delle traduzioni, si caldeggia tuttavia 
l’adozione della metodologia esplicata da Berman nella sua Pour un critique productive. 
In altri termini, si invita ad evitare un pedissequo e sterile confronto tra testo di partenza 
e d’arrivo a favore di una maggior concentrazione sulla verifica delle qualità del testo 
finale, sul progetto traduttivo e sulla figura del traduttore
4
. Interessante non è «verificare 
la “fedeltà” […] della traduzione, ma piuttosto fermarsi sulle traduzioni per verificare se 
sono “testi”, se hanno mantenuto la coerenza interna e la forza espressiva»
5
 del tessuto 
testuale originale. “L’enfasi [è da porsi] non tanto sulla traduzione come clone del testo 
di partenza ma come testo che funziona all’interno della cultura d’arrivo”
6
. 
A concludere il quadro, contribuisce infine la corrispondenza, via e-mail, 
intrattenuta personalmente con lo scrittore, Luigi Brogna, e riportata in Appendice 1. 
Innescatesi per necessità, quale unica soluzione per far luce su di una zona d’ombra 
                                                 
3
  L. Rega, La traduzione letteraria. Aspetti e problemi, Utet, Torino 2001, p. 37. 
4
  V. A. Berman, Traduzione e critica produttiva, Oedipus, Milano 2000. 
5
  F. Nasi, Poetiche in transito. Sisifo e le fatiche del tradurre, Medusa, Milano 2004, p. 24. 
6
  Ivi, p. 84. 
 6
lessicale dell’oggetto traduttivo, il contatto con l’autore si è rivelato un’importante e 
divertente occasione di scambio, confronto e test delle reciproche abilità linguistiche, 
che spero possa appassionare il lettore tanto quanto ha appassionato la scrivente. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 7
Capitolo 1 
 
 
NOZIONI GENERALI 
BIO-BIBLIOGRAFICHE 
 
 
Ogni lettore, quando legge, legge 
se stesso. L'opera dello scrittore è 
soltanto una specie di strumento 
ottico che egli offre al lettore per 
permettergli di discernere quello 
che, senza libro, non avrebbe 
forse visto in se stesso. 
Marcel Proust  
   
 
 
1.1. La “Spaghetti-Literatur” da Jan Weiler a Luigi Brogna: storia di un 
clamoroso successo editoriale tedesco 
 
Forse si può dire che, come un corpo satellitare, l’area mitteleuropea gravita da 
secoli attorno al pianeta Italia. In virtù di un patrimonio artistico e paesaggistico 
inestimabile, di una polifonica tradizione storica millenaria e di una produzione 
letteraria ricca di splendidi risultati poetici, il Bel Paese esercita, infatti, dall’alba dei 
tempi, un’attrazione magnetica nei confronti della vicina Germania. Tale magnetismo 
trova conferma non soltanto nei consistenti flussi di viaggiatori tedeschi che oggi
7
 come 
ieri valicano il Brennero alla volta della penisola italica, ma anche, e soprattutto, nella 
presenza dell’elemento “Italia” nell’intimo della genesi creativa di innumerevoli opere 
                                                 
7
  Secondo le stime pubblicate dall’ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) relativamente 
all’anno 2005, la Germania costituisce, a livello numerico, il primo paese di provenienza dei turisti 
europei in Italia seguita da Regno Unito, Francia, Paesi Bassi, Austria, Svizzera e Spagna. Su un totale di 
38.126.691 di arrivi (ovvero il numero di clienti ospitati negli esercizi ricettivi) dall’estero e di 
148.501.052 di presenze (cioè il numero massimo di notti trascorsi in tali strutture) straniere registrate in 
Italia nel 2005, 8 milioni di visitatori sono tedeschi per un ammontare di 44 milioni di presenze annue. 
Tra i motivi che spingono i vacanzieri a soggiornare in Italia troviamo al primo posto il paesaggio 
(58,8%) seguito dal patrimonio culturale (30%), dalla gastronomia (6%) ed infine dal 
divertimento/shopping (5,2%). (Turismo in Italia: gli ultimi dati, http://www.italicon.it/schede/S221-
001.htm).  
 8
letterarie, figurative e musicali tedesche. In forme, in termini, in modi sempre nuovi ed 
irripetibili, anche nell’ambito di una stessa stagione del gusto, il Bel Paese costituisce, 
infatti, una fonte di ispirazione insostituibile nel processo della creazione artistica 
tedesca.  
La letteratura tedesca, in particolare, «non sarebbe pensabile senza il Sud, senza 
l’esperienza italiana e senza il suo mito»
8
. L’Italia / Sud, o come costruzione mentale 
immaginifica ed idilliaca, spesso ridotta simbolicamente a contrappunto della Germania 
/ Nord, o come entità tangibile, reale, effettivamente visitata e studiata empiricamente 
attraverso l’esperienza diretta del viaggio, è di fatto reperibile all’interno di molte opere 
letterarie tedesche appartenenti a generi ed epoche diverse. Da Winckelmann a Goethe, 
passando per Heine, Mann e Hesse, fino a Joachim Fest, lunghissima è la lista di poeti e 
scrittori germanofoni che sono stati sedotti dalla magia selvaggia dell’assolata penisola 
italica e che hanno fatto dell’incanto italiano il nucleo fondante di molti dei loro 
componimenti poetici, narrativi e saggistici. Ma la lista è ancora più lunga se si 
considera che dall’artista al filosofo naturale, dallo studente al diplomatico, dal 
mercante al collezionista d’arte, dal nobile all’appassionato di antichità, numerosissimi 
sono i viaggiatori tedeschi che, trovandosi a calpestare il suolo italiano nei secoli 
addietro, hanno sentito l’esigenza di affidare a diari, memorie, guide e corrispondenze, 
vere o fittizie, la loro esperienza di pellegrini laici del sapere. Ne deriva che sulla 
Italienische Reise, sul viaggio in Italia, è disponibile anche una nutrita letteratura 
geografica, di costume che va dai resoconti e dalle memorie biografiche dei viaggiatori 
più famosi agli studi su singoli personaggi, itinerari e città.  
Le origini di questo genere letterario, in lingua tedesca, sull’Italia sono piuttosto 
remote e di difficile collocazione temporale, ma si intrecciano strettamente con 
l’evoluzione della pratica dell’andar per via e con le sempre nuove finalità di cui viene 
rivestito il soggiorno peninsulare. La trasferta in Italia comincia a profilarsi come 
consuetudine culturale già a partire dal tardo Medioevo, quando il peregrinatio 
poenitentiales, ovvero il pellegrinaggio in Terra Santa, persa la sua originaria 
connotazione di pena, sofferenza, punizione, espiazione, si frammenta in itinerari 
minori, più brevi di quanto non fosse la via per Gerusalemme, e si prefigge come mete 
destinazioni europee. Saranno infatti proprio i libri poenitentiales – le prime rudimentali 
guide di pellegrinaggio, elenchi approssimativi di agglomerati urbani, locande, valichi 
                                                 
8
  J. Petersen, Quo vadis Italia?, Laterza, Bari 1996, p. 8. 
 9
montani, guadi fluviali e imbarchi marittimi con il relativo computo delle distanze – a 
tracciare, una volta per tutte, buona parte di quello che sarà l’itinerario comunemente 
battuto nel corso del viaggio in Italia nei secoli a venire. Per assistere alla nascita del 
viaggiatore moderno, del gentleman traveller, figura chiave nella formazione del turista 
odierno, e della Reiseliteratur in senso stretto, occorrerà invece attendere il lento 
declinare del Medioevo e il sorgere dell’ultimo scorcio del XVI secolo. Per il nuovo 
gentiluomo tardo cinquecentesco valicare le Alpi non significa più inseguire la gloria 
delle armi, né recarsi per devozione in un luogo sacro, né tanto meno migrare da un 
ateneo all’altro, o da una corte all’altra, per carpire i segreti di quanti eccellevano in 
un’arte o in una scienza specifica come facevano gli umanisti. Il viaggio nell’Italia tardo 
rinascimentale intrapreso dagli aristocratici tedeschi – dai Kavaliere – e dagli artisti in 
apprendistato, «è un’altra cosa e si configura, in stretta aderenza al significato del 
termine, come peregrinazione [laica] di città in città»
9
, come tappa accessoria di un tour 
più vasto che abbraccia diverse nazioni europee finalizzato all’assorbimento di quanto 
possa essere utile alla propria formazione culturale, al proprio paese d’origine, ma anche 
alla propria persona e al proprio diletto. Si tratta di un’idea nata dalla curiosità
10
 
intellettuale della nuova scienza che eleva a titolo di “vera conoscenza” quella 
esclusivamente derivante dall’osservazione empirica dei fenomeni e delle cose, facendo, 
nel contempo, oggetto di contemplazione le antichità classiche. Questa tipologia di 
viaggio, conoscerà, non a caso, il suo periodo di massima fioritura nel corso del secolo 
dei lumi, quando l’assoluta fiducia nella ragione “illuminerà” le menti contro le 
superstizioni, i pregiudizi delle religioni, della tradizione e di tutti quei fattori sociali e 
culturali limitativi della libertà umana, e porterà l’uomo a cercare un senso nuovo da 
dare alla vita e alla storia non più nella meditazione sull’ultraterreno, ma 
nell’esplorazione della realtà umana. Il viaggio, favorendo il contatto con mondi altri e 
permettendo un confronto tra costumi ed abitudini diverse, ben si presta a questo 
compito sperimentale e diventa, dunque, un veicolo privilegiato per lo sviluppo di una 
coscienza critica della propria identità nonché per l’acquisizione di nuove conoscenze 
scientifiche, antropologiche e geografiche. Con il viaggio le nozioni apprese nelle 
                                                 
9
  A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna 2006, 
p. 29. 
10
        Il termine “curiosità” è da ritenersi, in questo contesto, una sorta di parola chiave. La sua accezione 
latina di “curiositas” è infatti rintracciabile negli scritti dei viaggiatori peninsulari già a partire dal XVI 
secolo ed è addotta quale motore principale del viaggio. Come sottolinea Brilli (Ivi, p. 43), “curiositas” è 
«un termine che nulla esclude dal proprio campo d’indagine, sia che si tratti della raccolta di rarità 
artistiche o naturali, dell’osservazione di fenomeni inconsueti della natura, di usi e costumi di popoli, 
dell’indagine sulle loro economie, sui sistemi legislativi e politici».  
 10
università si fanno più duttili, si arricchiscono della pratica, si aprono alla moda, al 
gusto e alla competenza estetica, si completano con la conoscenza comparata degli 
uomini e delle nazioni. Ecco allora che l’educazione delle nuove leve della leadership 
economica, politica e culturale del mondo europeo non può più prescindere da 
quest’esperienza cosmopolita e si assiste all’apoteosi del Grand Tour.  
Tra lo stuolo di viaggiatori che nel corso del XVIII secolo si dirigeranno «nach 
Süden, nach dem “Mutterland der Künste”»
11
, ve ne sarà uno di particolare importanza, 
in quanto destinato, non soltanto a sancire «il tramonto del giro continentale in favore di 
una diretta, esclusiva scoperta artistica, antiquaria, topografica e antropologica 
dell’Italia e, in Italia, di nuove terre e di nuovi itinerari»
12
, ma anche ad inaugurare un 
modo di vedere l’Italia che determina ancora oggi l’interesse dei tedeschi per questo 
paese. Si tratta di Giovanni Filippo Möller, anonimo pseudonimo dietro il quale si cela 
l’icona per eccellenza della cultura tedesca: Johann Wolfgang Goethe. Senza dire niente 
a nessuno, nel 1786 Goethe si mette misteriosamente in viaggio dalla Germania in preda 
all’idea fissa di vedere la terra classica, dei capolavori artistici e del sole. 
 
Da qualche anno [– scriveva in una lettera da Venezia –] m’era impossibile gettare 
uno sguardo su uno scrittore latino, non riuscivo a soffermarmi su qualche oggetto 
che mi rinnovasse l’immagine dell’Italia; e se qualche volta avveniva soffrivo i 
dolori più atroci. […] Se non avessi preso la decisione che adesso sto attuando [di 
venire in Italia], per me sarebbe stata certo la fine, a tal punto si era esasperata nel 
mio animo la smania di vedere queste cose con i miei occhi.
13
  
 
Il viaggio in Italia diventa, per Goethe, la sola terapia in grado di guarire l’ossessione e 
prevenire la follia, la risposta ineluttabile all’appello del destino, lo strumento per 
risorgere a nuova vita, la leva che aziona la «Wiedergeburt (rinascita) della ricerca della 
sua perfezione di intellettuale e di artista»
14
. Nella terra «dei limoni in fiore» e delle 
«arance d’oro»
15
 trovano la vita quelle idee incapaci di prendere corpo a Weimar e il 
suolo italico assume così, a partire dalla Italienische Reise goethiana, la dimensione 
                                                 
11
  [A sud, verso la “patria delle arti” (trad. it. della scrivente)]. È questo l’appellativo con il quale 
veniva definita l’Italia nel XVIII e XIX secolo. Cfr. M. Mauer, Italienreisen. Kunst und Konfession in S. 
Kraemer, P. Gendolla (a c. di), Italien: eine Bibliographie zu Italienreisen in der Deutschen Literatur, 
Lang, Frankfurt am Main 2003, p.10. 
12
  A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna 2006, 
p. 49. 
13
  J.W. Goethe, Viaggio in Italia, Arnoldo Mondadori, Milano 1983, pp. 106-107.  
14
  R. Fertonani, Goethe, l’Italia e gli italiani, in J.W. Goethe, Viaggio in Italia, Arnoldo Mondadori, 
Milano 1983, p. XI.  
15
  Cfr. «Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn, / Im dunklen Laub die Goldorangen glühn, / Ein 
sanfter Wind vom blauen Himmel weht, / Die Myrte still und hoch der Lorbeer steht, / Kennst du es wohl? 
/ Dahin! Dahin / Möcht ich mit dir, o mein Geliebter, ziehn!» (Canzone diMignon, in J.W. Goethe, 
Wilhelm Meisters Lehrjahre, libro III, cap. 1). 
 11
magica ed arcadica di “terra promessa”, “terra d’ispirazione” che lascia un profondo 
senso di romantica nostalgia, di Sehnsucht, non appena ce ne si allontana. L’Italia 
diviene il paese dell’arte per antonomasia, del buongusto in senso lato, il luogo in cui si 
esalta la leggerezza dell’essere e dove si vive più felicemente, più liberamente. 
Goethe amava ricordare come, fin da bambino, la sua immagine dell’Italia fosse 
legata ad un semplice souvenir: una gondola che il padre, Johann Caspar, teneva sulla 
mensola del camino di casa. Se per il padre la gondola costituiva un ricordo tangibile 
del soggiorno veneziano
16
 e per il figlio rappresentava un suggestivo richiamo 
immaginativo, per entrambi, come per la quasi totalità dei viaggiatori, quel feticcio di 
un sogno lontano, nella sua fissità, rispecchiava la staticità dell’Italia, sempre uguale a 
se stessa di generazione in generazione. In momenti storici diversi, scanditi nell’arco 
degli oltre tre secoli corrispondenti alla storia del viaggio in Italia, l’occhio forestiero 
del viaggiatore costruisce infatti l’immagine degli italiani con una relativa schematica 
fissità. L’abitante della penisola italiana perde la sua dimensione individuale e diventa 
parte di un tutto omogeneo, di un corpo eternamente immobile dotato di caratteri quasi 
sempre costruiti a priori, protagonista di un intricato gioco di specchi in cui 
l’osservatore esterno si riflette per cogliere soltanto i caratteri dell’Altro funzionali alla 
definizione della propria identità culturale. In questa straordinaria riserva di caccia, in 
questo museo all’aria aperta, in questo giardino di miti sacri e profani che per i 
viaggiatori stranieri è stata per secoli l’Italia, «la presenza degli indigeni viene quindi 
ammessa a patto che si travestano e si comportino da comparse consone allo scenario 
fittizio al quale si vuole che appartengano»
17
, quello della costruzione identitaria. La 
loro umana presenza, spesso chiassosa, inquinante e deturpatrice dell’armonia 
circostante, anche se risulta quasi sempre fastidiosa e ingombrante è dunque, di fatto, 
fondamentale. I viaggiatori provenienti dalle fredde regioni transalpine, e quindi di 
religione protestante, sostenitori del reggimento politico del proprio paese, 
intraprendenti nell’agire e riservati nel carattere, hanno bisogno di confrontarsi con il 
loro esatto contrario, con gli imprevedibili, superstiziosi, dispotici, servili, sensuali, 
indolenti abitanti del Bel Pese per capire chi sono. Come afferma Brilli: 
 
Nella tradizione della letteratura di viaggio, il tentativo di definire una cultura 
diversa da quella di appartenenza attraverso gli usi, i costumi e l’indole di un popolo 
                                                 
16
  Anche Goethe padre nel 1739-40 aveva viaggiato per la penisola e di quest’esperienza aveva 
lasciato testimonianza in un curioso scritto in italiano dal titolo Viaggio per l’Italia. 
17
  A. Brilli, Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna 2006, 
p. 12. 
 12
è sempre stata, per il viaggiatore, un modo per affermare se stesso e i propri 
connotati culturali. Definire un’identità culturale diversa dalla propria significa 
ridefinirsi facendo leva sull’intera gamma delle altrui differenze. Atto, questo, che 
implica l’ostentazione di tali differenze con la rigidità e la schematicità dei 
pregiudizi, dei luoghi comuni, dei cliché e degli stereotipi, verità economiche e 
sempre a portata di mano.
18
  
 
Paradossalmente, lo stesso meccanismo di costruzione identitaria per opposti, in cui si 
assiste alla sclerotizzazione della stereotipia, è ravvisabile ancora oggi in un altro 
particolare filone letterario sull’Italia di recente ideazione: nella cosiddetta “Spaghetti-
Literatur”
19
. 
In epoca contemporanea, il viaggio non rappresenta più una sfida alle difficoltà e 
ai disagi, non è più errabonda e smodata ricerca di una fonte per placare la propria sete 
di conoscenza; esso è sostanzialmente divenuto un dovere sociale, in particolare per i 
ceti medi. La classica ed elitaria Bildungsreise (viaggio d’istruzione, di formazione) ha 
lasciato il posto alla sua versione massificata, e certo meno impegnativa, Urlaubsreise 
(viaggio di villeggiatura, vacanza). L’abbattimento delle barriere alla libera circolazione 
e la spontanea cessione di porzioni di sovranità ad un organo sovranazionale quale è 
l’Unione Europea, ha reso i confini tra Italia e Germania sempre più labili, annullato le 
distanze, appiattito le differenze e incentivato gli spostamenti.  
Constatando la sua eccessiva reiterazione e l’odierna facilità della sua 
realizzazione, si potrebbe pensare che, oggi, il viaggio in Italia, inteso nella sua pratica 
concreta o, per esteso, nella sua multiforme traslitterazione letteraria, si sia svuotato 
della sua valenza originaria. Ebbene, non c’è niente di più sbagliato. La “discesa” dei 
tedeschi in Italia si è fatta sì più semplice, ma non per questo ha perso la sua rilevanza. 
Anzi, in un ambiente completamente mutato rispetto a quello originario, in cui la 
globalizzazione incentiva una sempre maggiore omologazione delle diversità, i tedeschi 
continuano a raccontare l’Italia in un modo simile a quello in cui la raccontavano secoli 
fa, ovvero facendo leva sulla diversità dell’Altro / italiano per affermare la propria 
identità.  
Se in passato lo sguardo forestiero si concentrava principalmente sui tesori 
artistici e sulle bellezze naturali italiane, oggi molti romanzi tedeschi di successo 
sull’Italia elevano al ruolo di protagonista coloro che in passato erano considerati 
soltanto personaggi secondari scomodi e marginali: gli italiani. In un disegno che 
                                                 
18
   Ivi, p. 278. 
19
  M.S. Sanna, Ritratti tedeschi del Bel Paese: il boom della spaghetti letteratura. Cartoline 
dall’Italia: auf wiedersehen!, http://www.mediazone.info/. 
 13
mescola vecchi pregiudizi e storie realmente accadute, i bestseller della Germania di 
oggi «ritraggono un’Italia grottesca, tra l’esotico e il primitivo, gestita da piccoli 
truffatori e folkloristici self-made men»
20
.  
Ad inaugurare il filone editoriale battezzato “spaghetti letteratura”, fu l’allora 
caporedattore del «Süddeutsche Zeitung Magazin» Jan Weiler, quando nell’autunno del 
2003 pubblicò il suo primo romanzo, Maria, ihm schmeckt’s nicht! – Geschichten von 
meiner italienischen Sippe (Maria, non gli piace! – Storie della mia famiglia italiana). 
L’idea nacque quasi per gioco, dalla proposta fatta al giornalista da un collega di 
scrivere di suo suocero italiano. Da allora Antonio Marcipane, detto Toni, il suocero 
italiano, è diventato, con la sua «Sirenenlachen» (risata a sirena)
21
 contagiosa, una sorta 
di mito, il parente acquisito che gli oltre un milione di lettori
22
 che hanno acquistato il 
libro vorrebbero avere nel proprio clan famigliare
23
. Il romanzo racconta gli episodi 
divertenti dell’incontro del narratore – parziale alter ego dell’autore – con la grande 
famiglia italiana della moglie Sara, figlia di madre tedesca e padre molisano emigrato in 
Germania come Gastarbeiter nel 1961 e mai più ristabilitosi in patria. Quando sposa 
Sara, il narratore / autore non immagina nemmeno lontanamente quanti “Antonio”, 
quanti “Marco”, quanti matrimoni italiani e quante forzate assunzioni di cibo lo 
aspettino, così come non si immagina che dietro Toni, quell’uomo che gli era parso 
minaccioso quanto il Padrino il giorno in cui lo conobbe per la prima volta, si nasconda 
una persona deliziosa, dal cuore tenero, unica nel suo genere e dal passato difficile. 
Giocando «gewitzt mit Sprach- und Nationenstereotypen»
24
 e servendosi di una prosa 
lucida, fresca, provocatoria, Jan Weiler trasforma l’incontro tra italiani e tedeschi in 
un’analisi, pungente quanto spassosa, del prototipo dell’uomo italiano e delle differenze 
tra le due “civiltà”.  
Il successo di Maria, ihm schmeckt’s nicht! si ripeterà a distanza di tre anni, alla 
fine del 2006, con la pubblicazione dei nuovi episodi della saga dei Marcipane nel libro 
dal titolo Antonio im Wunderland (Antonio nel paese delle meraviglie). Nel frattempo 
                                                 
20
  Ibidem. 
21
   J. Weiler, Maria, ihm schmeckt’s nicht!, Ullstein, Berlin 2003, p. 213.  
22
  Cfr. S. Maus, Jan Weiler: “Wenn ich keine Weichei wäre, hätte ich weniger zu erzählen“, «Der 
Stern», 2007, n. 6, consultabile all’indirizzo internet
http://www.stern.de/unterhaltung/buecher/582003.html. 
23
  Dello stesso avviso sembra essere anche Axel Hacke, famoso giornalista e scrittore tedesco che, 
come si legge nella quarta di copertina del libro, dice: «Wer noch keine italienischen Verwandten hat, 
wird nach der Lektüre unbedingt welche haben wollen». [Chi non ha ancora parenti italiani, dopo aver 
letto il libro, vorrà sicuramente averne uno (trad. it. della scrivente)]. 
24
  [Giocando con furbizia con gli stereotipi linguistici e nazionali (trad. it. della scrivente)]. J. Weiler, 
Maria, ihm schmeckt’s nicht!, Ullstein, Berlin 2003, quarta di copertina.  
 14
però nel panorama librario tedesco qualcosa è cambiato: si è innescato un trend, forse 
irreversibile, che porterà al moltiplicarsi sul mercato di romanzi che trattano «la 
relazione particolare»
25
 tra Italia e Germania.  
Per avere un’idea indicativa della portata quantitativa del fenomeno di cui si sta 
parlando, è sufficiente compiere un piccolo esperimento servendosi del catalogo 
multimediale di una delle più famose librerie tedesche on-line: Amazon.de. Tale 
catalogo offre infatti all’utente il vantaggio di fornire, in contemporanea all’articolo 
selezionato, una lista di opere aggiuntive ritenute di argomento correlato. Digitando il 
titolo del primo romanzo di Weiler nella casella di ricerca del sito, si otterrà così, con 
tutti i limiti del caso, una sorta di rudimentale bibliografia di ciò che in questa sede ci si 
appresta a definire “spaghetti letteratura”. Tra i circa trenta libri che vanno a costituire 
questo embrionale elenco bibliografico, ve ne sono alcuni che, più di altri, o per il 
successo riscosso o per l’originalità del titolo, destano particolare interesse meritando 
così alcune note aggiuntive. È il caso, ad esempio, de La deutsche Vita di Antonella 
Romeo, se non altro perché si tratta di una giornalista italiana e perché il libro, 
pubblicato originariamente in lingua tedesca in Germania nel 2004, è, ad oggi, l’unico 
ad essere stato tradotto
26
 anche per i lettori italiani
27
. Avere un nonno partigiano e 
ritrovarsi un suocero che ha militato nelle SS non è una situazione comoda, come non lo 
è, per un italiano, andare a vivere in Germania. Tra approfondimenti storici e deliziose 
note di costume, l’autrice racconta proprio questo: per amore si è trasferita ad Amburgo 
e subito ha sperimentato le profonde differenze fra il Paese d’origine e quello 
d’elezione, dove alla fine, però, si è trovata benissimo. Oltre ai frammenti di storia 
dell’ultimo conflitto mondiale che emergono qua e là dai ricordi del nonno e del 
suocero, il libro offre una splendida e articolata descrizione di quella che è, come recita 
il titolo, la “vita tedesca”: la deutsche Gemütlichkeit (il senso tipicamente tedesco 
                                                 
25
  Così è stata definita la relazione italo-tedesca in un convegno bilaterale del febbraio 2000, a cura 
del Goethe-Institut di Roma, le cui conclusioni sono pubblicate in Italia – Germania. Una relazione 
particolare, «Zeitschrift für Kulturaustausch», 2000, n. 2, consultabile all’indirizzo internet 
http://cms.ifa.de/publikationen/zeitschrift-fuer-kulturaustausch/archiv/ausgaben-2000/italien-
deutschland/. 
26
  Per onor del vero, sarebbe più appropriato parlare di traduzione in riferimento alla versione 
tedesca del libro. Nonostante l’ottima conoscenza della lingua tedesca, l’autrice ha infatti redatto il libro 
nella sua madrelingua: l’italiano.  
27
  Per chi volesse approfondire l’argomento, da segnalare è anche il libro dal titolo Piccolo viaggio 
nell’anima tedesca di V. Vannuccini, F. Predazzi edito da Feltrinelli. Si tratta probabilmente dell’unico 
volume sulla Germania pubblicato esclusivamente in Italia negli ultimi anni (2004). Attraverso l’analisi 
delle parole tedesche più peculiari, le due giornaliste – a lungo corrispondenti per l’Italia in Germania – ci 
conducono alla scoperta del mondo culturale tedesco prima e dopo la riunificazione, in una panoramica 
colta e brillante tra filosofia, politica e costume. 
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dell’intimità domestica) a lume di candela, l’“onnipotenza” della Eieruhr (il 
contaminuti da cucina), la stoica obbedienza all’omino rosso del semaforo pedonale. 
Mentre Antonella Romeo, coniugata con un tedesco, racconta il suo personale modo di 
vivere in Germania, il suo collega Stefan Maiwald, in Laura, Leo, Luca und ich (Laura, 
Leo, Luca ed io), dall’alto del suo matrimonio con un italiana, dispensa invece saggi 
consigli su Wie man in einer italienischen Familie überlebt (Come sopravvivere in una 
famiglia italiana; sottotitolo del libro). Non imprecare mai contro il Milan, cedere la 
propria «Gazzetta dello Sport» prima al suocero poi ai cognati, assicurarsi sempre che 
non ci sia la guardia costiera quando si pesca, non ordinare mai una seconda birra e 
mangiare tutto ciò che c’è nel piatto anche se è ancora vivo, sono soltanto alcune delle 
tante regole d’oro per sopravvivere nella legione straniera alla propria famiglia 
acquisita. Qualora poi il vademecum di Maiwald non dovesse soddisfare appieno 
l’esigenza di delucidazioni su come uscire vivi dall’Italia, il lettore non avrà che 
l’imbarazzo della scelta. Potrà optare tra un’ampia rosa di manuali di sopravvivenza e 
libretti d’istruzioni per l’uso del Bel Paese che vanno da Überleben in Italien … ohne 
verheiratet, überfahren oder verhaftet zu werden (Sopravvivere in Italia … senza essere 
sposati, investiti o arrestati) di Beppe Severgnini a Gebrauchsanweisung für Italien 
(Istruzioni per l’uso per l’Italia) di Henning Klüver o addirittura prendere parte ad un 
corso cartaceo intensivo tenuto da Olaf Borkner-Delcarlo dall’eloquente titolo Italien 
für Anfänger (Italia per principianti). Chi è figlio di Gastarbeiter italiani, o 
semplicemente nutre un profondo desiderio di visitare la Sicilia anche solo con la 
mente, troverà invece pane per i suoi denti nei romanzi di Luigi Brogna: Das Kind 
unterm Salatblatt. Geschichten von meiner sizilianischen Familie (Il bambino sotto il 
cavolo. Storie della mia famiglia siciliana) e Spätzle al dente. Se, infine, dopo essersi 
ampiamente documentati e aver messo in conto i pericoli nei quali si potrebbe 
incappare, si volesse comunque, a proprio rischio e pericolo, far fagotto e partire, o 
perché no, comprare addirittura casa in Italia, allora bisognerebbe proprio leggere anche 
Spaghetti im Rohbau. Ein italienisches Abenteuer (Spaghetti in costruzione. 
Un’avventura italiana) di Sven Severin e Susanne Schmidt. Il libro riporta l’avventura 
di una coppia tedesca che, in cerca di casa nelle vicinanze di Roma, si trova, gabbata, ad 
acquistare un terreno non edificabile. 
Già dalle sommarie presentazioni biografiche degli autori e dalle brevi sinossi dei 
romanzi qui fornite, si evince una certa omogeneità di scrittura, di temi, di stilemi e 
prossimità nei vissuti degli scriventi. Ma quali sono, più nello specifico, gli elementi 
 16
principali che caratterizzano la “Spaghetti-Literatur”, quali i fattori che rendono 
un’opera ascrivibile a questo filone letterario? Un’ottima definizione ci viene fornita 
dall’iniziatore stesso di questo genere letterario, Jan Weiler, che nella “Zweites 
Vorwort” (seconda prefazione) del suo Antonio im Wunderland, così scrive: 
 
[es geht] um das Fremdsein, um unsere Angst vor dem Fremden, dessen mühsame 
und oft vergebliche Überwindung, und um die befremdliche Welt, in der die 
Menschen versuchen, ihren Platz zu finden. Ich finde, das ist ein furchtbar ernstes 
Thema. Und weil das so ist, muss man möglichst unterhaltsam damit umgehen. 
Sonst liest es keiner und die Mühe war umsonst.
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La “spaghetti letteratura” è, in sostanza, un complesso di prodotti letterari finalizzati 
all’esorcizzazione delle paure derivanti dall’incontro col diverso, un modo per mettere a 
nudo la limitatezza dell’individuo nell’accettazione dell’Altro. Straniando il lettore 
dall’ingannevole incantesimo della veridicità degli stereotipi, esasperando e dilatando 
all’infinito l’insieme dei cliché, dei luoghi comuni e dei pregiudizi che ciascuno detiene 
nel proprio bagaglio cognitivo-culturale, la “spaghetti letteratura” smaschera 
l’infondatezza delle fobie umane nei confronti dell’Altro e se ne fa beffa. Dallo 
straniamento nasce l’ironia, e argomenti di per sé di grande spessore sociologico e 
serietà, quali il dolore degli uomini costretti alla migrazione in terra straniera, il 
rapporto di amore e odio tra Italia e Germania o l’incontro tra due civiltà 
tradizionalmente considerate antitetiche, finiscono per suscitare ilarità. La “spaghetti 
letteratura” è la storia di tedeschi e italiani e del loro tentativo di comprendersi 
reciprocamente. Accanto al carattere comico della narrazione, un altro elemento comune 
è da ricercare nel profilo identitario degli scrittori. A scrivere sono persone che vantano 
veramente un forte legame con entrambi i paesi. Si tratta per lo più di giornalisti e autori 
italiani che vivono e operano in Germania e viceversa, oppure di individui che devono 
la loro profonda conoscenza dell’altra cultura al fatto che ne hanno sposato 
un’esponente. Infine poi, un aiuto pratico nell’identificazione di un articolo 
appartenente a questo filone letterario viene dato al lettore dal paratesto, ovvero dal 
titolo e dalle scelte tipografiche operate per la copertina. Il lettore dovrà sapersi 
orientare in un labirinto di copertine colorate raffiguranti panettoni, piatti di pasta 
fumanti, fiaschi di vino, verdure succulente e penisole italiane stilizzate, senza perdere 
                                                 
28
  [Si parla dell’essere straniero, della nostra paura per lo straniero e del faticoso e spesso vano 
superamento di questa paura; si parla dello strano mondo in cui le persone cercano di trovare il loro posto. 
Trovo che sia un tema terribilmente serio e proprio perché lo è, si deve parlarne nel modo il più possibile 
divertente. Altrimenti non lo legge nessuno e la fatica è stata inutile. (Trad. it. della scrivente)]. J. Weiler, 
Antonio im Wunderland, Rowohlt Taschenbuch Verlag, Reinbek bei Hamburg 2006, p. 9. 
 17
d’occhio il titolo, che se non conterrà direttamente la stessa parola “Italien”, nella quasi 
totalità dei casi farà riferimento alle storie di una qualche famiglia italiana.  
Comicità sembra essere dunque l’ingrediente segreto per il confezionamento di un 
successo editoriale clamoroso, ma c’è forse qualcosa che ci sfugge? Perché così tanti 
tedeschi sentono l’esigenza di leggere siffatti romanzi, e perché libri che scattano 
un’istantanea dell’Italia contemporanea e dello storico rapporto tra Italia e Germania 
vengono completamente ignorati dagli editori e, di conseguenza, dal pubblico dello 
Stivale? Non esiste forse anche in Italia una minoranza di lingua e cultura tedesca? 
Chiaramente non c’è una sola risposta a tutti questi quesiti, ma ci sentiamo di 
condividere la lucida analisi fatta da Luigi Brogna che, in prima persona, si è più volte 
interrogato sui motivi del suo successo. Lo scrittore ci confida che non sa se 
l’apprezzamento della “spaghetti letteratura” da parte del pubblico tedesco sia da 
imputare semplicemente all’interesse per l’Italia e i suoi abitanti oppure al carattere 
umoristico delle narrazioni, ma ha il sentore che si tratti di un fenomeno di ben più vasta 
portata. Dal suo osservatorio privilegiato, Brogna rileva che, accanto ai romanzi sui 
rapporti italo-tedeschi, molta risonanza stanno avendo anche le saghe famigliari turco-
tedesche, quali quelle di Asli Sevindim
29
, e le avventure teutoniche dell’inglese Roger 
Boyes
30
; constatazione che lo induce a dedurre che «der eigentliche Erfolg der Bücher 
nicht allein auf Italien zurückzuführen ist, sondern auf den: Blick von Außen auf die 
Deutschen»
31
. Più che nell’elemento “Italia”, dunque, il vero motivo del successo va 
ricercato, a suo avviso, nel destinatario primario delle opere, ovvero nel lettore tedesco e 
nel suo presunto carattere nazionale. Come già aveva appurato Immanuel Kant, infatti, i 
tedeschi “più di francesi e inglesi si preoccupano di ciò che pensano gli altri di loro”
32
. 
«Gli “arroganti” tedeschi […] non fanno che riportare le opinioni di europei, americani, 
giapponesi, alla ricerca spasmodica e masochistica della conferma del giudizio sugli 
Hässlichen Deutschen (gli odiosi tedeschi), […] pronti a meravigliarsi se il giudizio è 
                                                 
29
  Asli Sevindim, giornalista tedesca di origine turca, è l’autrice di Candlelight Döner. Geschichten 
über meine deutsch-türkische Familie pubblicato da Ullstein nel novembre del 2005. Nell’ambito della 
letteratura turco-tedesca, un altro nome di spicco è quello di Osman Engin, giovane attore e scrittore 
satirico, che dal 1985 ad oggi ha collezionato un successo dopo l’altro con i suoi romanzi narranti le buffe 
vicissitudini di Don Osman, patriarca un po’ bizzarro di una tipica famiglia turca. 
30
  Roger Boyes, corrispondente da Berlino per il «London Times», ha pubblicato, ad oggi, due libri 
sui tedeschi: My dear Krauts. Wie ich die Deutschen entdeckte e How to be a Kraut.  
31
  [Il vero successo di questi libri non è da attribuire soltanto all’Italia, bensì allo sguardo da fuori sui 
tedeschi. (Trad. it. della scrivente)]. Per il discorso integrale v. Corrispondenza con l’autore, e-mail del 
24 ottobre 2007, Appendice 1.  
32
  R. Giardina, Guida per amare i tedeschi. Come abbattere il muro dei pregiudizi e scoprire la 
verità su un popolo simpaticamente imperfetto, Rusconi, Milano 1994, p. 35.