notevolmente ridimensionato il giuoco concorrenziale tra le banche, pervenendo ad
un mercato oligopolistico fortemente protetto e regolamentato che, di fatto, impediva
la crescita dimensionale degli istituti di credito. A partire dagli anni cinquanta, con un
sistema economico in forte crescita ed un mercato azionario del tutto insufficiente a
supportarlo, le imprese furono costrette a finanziarsi mediante un massiccio ricorso
all’indebitamento, che in un sistema bancario con basso grado di concentrazione, si
dovette “spalmare” su numerosi istituti di credito, creando il cosiddetto fenomeno dei
fidi multipli. Tale approccio ha sicuramente garantito uno sviluppo equilibrato e
stabile del sistema economico italiano per tutto il dopoguerra, tant’è che ha consentito
di superare in maniera quasi indenne la crisi degli anni settanta, ma non ha più retto,
quando la sfida concorrenziale si è fatta più forte, e soprattutto quando questa si è
spostata sul versante dell’efficienza e dell’innovazione. Ed è proprio il
pluriaffidamento che in ultima analisi penalizzava il sistema creditizio italiano, in
quanto, comportava l’instaurarsi di un rapporto banca-impresa basato sulla
transazione e non su un modello relazionale, e da qui scaturiva il disinteressamento
della banca ad effettuare un’analisi dell’impresa sovvenuta, limitandosi ad accertare
la rischiosità d’ogni singola operazione, all’interno di una logica assicurativa tra le
varie banche. La mancanza di un’attività di screeening e monitoring sull’impresa
finanziata, comportava, di conseguenza, un basso livello informativo, dell’effettiva
capacità dell’impresa di rimborsare il credito, e per questa via, un sistema allocativo
inefficiente.
Nasce, quindi, l’esigenza di ridisegnare il sistema creditizio italiano anche alla
luce, sia dei cambiamenti epocali sul piano normativo, sia della spinta
all’innovazione nell’utilizzo di strumenti finanziari più sofisticati e moderni. Così,
gran parte della dottrina ha individuato in rapporto più forte e duraturo tra banca ed
impresa la soluzione ottimale ai problemi allocativi del sistema bancario italiano.
Molti hanno ipotizzato che il ricorso ad un modello basato sulla figura della banca di
riferimento d’ispirazione tedesca (la cosiddetta Hausbank), potesse, in effetti,
risolvere i problemi di asimmetria informativa che caratterizzano il legame in
discussione. Si è voluto, inoltre, prendere in considerazione l’effetto conseguente
della normativa sui “grandi fidi”, al fine di verificare se questa potesse, di fatto,
essere un fattore limitante per l’evoluzione verso un modello Hausbank. Il risultato
dell’analisi ha senz’altro escluso un forte potere restrittivo della normativa, ed anzi ha
sottolineato l’importanza che essa può avere nell’eliminare quelle situazioni
patologiche che sussistono, anche in Italia, di eccessiva concentrazione dei fidi.
Dall’analisi congiunta sul piano della teoria aziendalistica e su quello normativo si è,
così, configurato un sistema che vede nella figura dell’Hausbank, la banca che può
instaurare con l’impresa un rapporto stretto e duraturo, al fine di diminuire il rischio
creditizio e superare l’inefficienza allocativa del sistema. Tale obiettivo si può, in
particolare, realizzare con l’accentramento delle informazioni presso la banca di
riferimento che a sua volta fraziona la fornitura di capitali fra più banche, per lo più
di piccole e medie dimensioni, organizzate in un network per il finanziamento
dell’impresa.
All’interno di tale quadro assumono, pertanto, rilevanza quei fenomeni
d’innovazione finanziaria, quali i prestiti in pool e i processi di securitization che, di
fatto, rendono possibile all’Hausbank di svolgere un’attività di consulenza e di
servizio, volta al raggiungimento di un equilibrato sviluppo finanziario per l’impresa,
ed alle altre banche di realizzare profitti dalle attività tradizionali di finanziamento.
Altro anello fondamentale che caratterizza il nascente rapporto banca-impresa,
nell’ottica della banca di riferimento, è la possibilità concessa dal T.U. di instaurare
un legame partecipativo tra banca ed imprese non finanziarie. In particolare, si è
messo in evidenza come quest’opportunità, così come recepita nell’ordinamento
italiano, possa, di fatto, agevolare ulteriormente il superamento dell’asimmetria
informativa, ed anzi risulta essere un presidio al manifestarsi di comportamenti
opportunistici (moral hazard) delle due controparti. Inoltre, la normativa ha voluto
escludere, con la fissazione di limiti assai stringenti, che tale opportunità possa, in
qualsiasi modo, minare il principio di sana e prudente gestione, posto a salvaguardia
dell’ente creditizio.
L’intrecciarsi di numerosi fattori di cambiamento, che si sono posti all’attenzione
del banchiere negli anni novanta, ripropone, pertanto, l’esigenza di realizzare al più
presto modifiche radicali negli assetti organizzativi, nei sistemi operativi e nelle
professionalità della banca. L’idea guida che ispira il cambiamento anzidetto è data
dal modello relazionale, che mostra un forte orientamento all’arricchimento della
gamma di servizi ed alla realizzazione di un rapporto più stretto con l’impresa. A tal
proposito si giudica lontana la possibilità dell’affermarsi di una cultura di relazione,
sia quando si analizzano i sistemi di finanziamento praticati dalle banche italiane, sia
allorquando si vuole esaminare l’effettiva possibilità di uno sviluppo della modalità
partecipativa della banca nel capitale delle imprese. Si evidenzia, infatti, che le
banche italiane sono, a tutt’oggi, prive delle competenze necessarie a realizzare un
modello relazionale. Per acquisire le competenze necessarie, in un contesto
ambientale basato sulla marcata differenziazione dei prodotti e sull’estesa
articolazione dei mercati, alla banca viene richiesto un approccio strategico, che sulla
base della disponibilità di risorse tecniche ed umane, determini una formula
imprenditoriale che permetta la formulazione di un nuovo modello organizzativo
orientato alla relazione.
La realizzazione operativa anzidetta, come già visto, richiede un contesto di
riferimento basato su forme di offerta tipiche dell’Hausbank e del network. Alla luce
di queste valutazioni risultano profondamente modificate per la banca le modalità di
governo delle relazioni competitive.
Nella banca di riferimento le tradizionali operazioni di finanziamento sono
sostituite da un complesso e articolato rapporto fra credito, consulenza e
partecipazione, e la molteplicità del vaglio creditizio è sostituita dalla valutazione
diretta e dalla reputation dell’Hausbank.
Il modello del network sviluppa un indirizzo cooperativo e collaborativo fra le
banche partecipanti. In questo senso, ciascun soggetto aderente al network conserva il
proprio patrimonio di relazioni con la clientela, ma nello stesso tempo usufruisce
della possibilità di potenziare la gamma dei prodotti offerti, partecipando
all’organizzazione di finanziamenti in pool.
In tali nuove modalità operative, l’Hausbank acquisisce nei confronti della propria
clientela, una competenza organizzativa ed informativa, mentre il network costituisce
l’infrastruttura funzionale all’individuazione degli obiettivi strategici ed alla
creazione di centri di produzione autonomi.
Se bisogna riconcepire la cultura bancaria nella prospettiva dell’orientamento alla
relazione, ciò significa riconoscere che la banca deve comprendere i bisogni e le
aspettative delle imprese. Assumendo questo punto di vista, è necessario allora
pervenire ad un’organizzazione della gestione relazionale con l’impresa, per la quale
costruzione, occorre elaborare strategie idonee, che mediante una serie di passi
consentono, anche in un orizzonte temporale medio-lungo, di realizzare un modello
organizzativo nell’area del corporate banking.
Lungo il sentiero tracciato dall’analisi sui riflessi gestionali del nuovo modo di fare
banca, sino a qui delineato, non ci si poteva esimere dall’esame relativo ai risvolti
della gestione del rischio creditizio. In particolare si è evidenziato che un modello
basato sulla banca di riferimento presuppone la riorganizzazione dei sistemi di
valutazione e gestione dei rischi, che devono basarsi su un’analisi strategico-
fiananziaria dell’impresa sovvenuta, e sulla stima della patologia del rapporto. Ne
deriva di conseguenza, un profondo cambiamento degli assetti strutturali dei processi
e delle procedure della funzione fidi.
Infine, c’è sembrato utile effettuare un confronto tra le linee di cambiamento che si
delineano per il sistema creditizio italiano, alla luce del nuovo approccio alla
relazione, ed il modello di banca universale tedesco che storicamente è portatore di
uno stretto ed intenso legame con l’impresa. Dall’esame del sistema tedesco, ci si è
resi conto, come il modello di Hausbank sia portato all’estremo, infatti, la banca
tende a creare un rapporto, con l’impresa, pressoché esclusivo, caratterizzato da una
forte ingerenza nella gestione aziendale. Ciò ha sollevato molte critiche tra coloro che
ravvisano nel sistema i germi di un approccio monopolistico, di un eccessivo
indebitamento delle imprese e di un pericolo di conflitto d’interessi. Ma il mutato
contesto ambientale ha richiesto, anche per le solide banche tedesche, un
cambiamento di rotta, tant’è che sembra profilarsi una trasformazione della relazione
di Hausbank, almeno per le imprese di più grandi dimensioni, da rapporto esclusivo a
rapporto preferenziale.
A conclusione, di quanto detto, è importante riassumere, in maniera seppur rapida,
le sfide che attendono il sistema creditizio italiano, nel nuovo contesto ambientale in
cui si verranno a trovare. Abbiamo più volte rilevato come l’operatore del credito, ora
che è inserito in un sistema concorrenziale globale, non si porrà più soltanto come
semplice intermediario nella gestione dei saldi tra le unità in surplus e quelle in
deficit, ma assumerà una funzione di gestione dell’equilibrio degli stocks, divenendo
il partner implicito di ogni azienda. In quest’ottica appare dunque necessario che gli
intermediari perseguano obiettivi di rafforzamento dimensionale e patrimoniale,
attraverso il pieno utilizzo degli strumenti messi a disposizione dalle autorità
creditizie. E’ inoltre essenziale che si pervenga ad un potenziamento del ruolo del
mercato quale luogo di scambio di titoli di proprietà e di debito emessi dalle imprese,
così da consentire una maggiore varietà ed un diverso equilibrio delle fonti di
finanziamento delle imprese stesse, che oggi sono ancora prevalentemente costituite
da prestiti bancari. In questo quadro le banche potranno pertanto dare impulso
considerevole allo sviluppo dei nuovi mercati, limitando da un lato il ricorso al canale
tipico dei finanziamenti delle imprese, e dall’altro promuovendo iniziative quali
l’attività di collocamento di titoli e la partecipazione al capitale di rischio delle
imprese industriali e commerciali, con l’obiettivo di favorirne il progresso
dimensionale e qualitativo, nonché il loro avvio alla quotazione in borsa. Lo scopo
dovrà però essere conforme ai criteri di rendimento e rischio del portafoglio
complessivo delle banche, senza che queste agiscono quale ente di gestione secondo
aprioristiche preferenze per le imprese finanziate.
Perché tutto questo sia reso possibile, sarà in ogni caso necessario pervenire ad una
serie di cambiamenti organizzativi nell’area del corporate banking, secondo una
logica cooperativa con le imprese che presuppone come postulati di base,
l’apprendimento diffuso delle esigenze delle imprese e delle risposte da fornire loro,
lo snellimento dei processi aziendali, la diffusione delle logiche di lavoro di gruppo,
il decentramento decisionale, l’utilizzo delle opportunità offerte dall’Information &
Communication technology (I&Ct).
Le condizioni poste per il miglioramento degli assetti allocativi sono, quindi, molte
e non tutte facilmente e contemporaneamente conseguibili nel breve periodo. Il
disegno organizzativo della banca “relazionale”, appare oggi ben delineato, anche
alla luce delle esperienze concrete di banche operanti in contesti competitivi più
evoluti del nostro: spetterà alle banche italiane fare proprie tali esperienze, al fine di
ridisegnare un nuovo e più maturo rapporto fra banca ed impresa.