Introduzione
L’obbiettivo principale di questa tesi è quello di analizzare la critica e
l’importanza di quattro film italiani. Vorrei dimostrare il legame che vi è tra
queste opere, analizzando il percorso giornalistico di ognuna di loro.
I titoli che mi presto ad analizzare sono:
Gomorra di Matteo Garrone
Il divo di Paolo Sorrentino
ACAB di Stefano Sollima
Diaz di Daniele Vicari
Prima di affrontare il discorso su ogni singolo film, ritengo sia utile avere
una visione più ampia del cinema italiano di questi ultimi anni, ma
soprattutto citerei i grandi maestri del cinema politico e sociale italiano, che
sicuramente sono stati fonte d’ispirazione per questi giovani registi.
Per affrontare una panoramica del cinema italiano attuale vorrei partire da
una celebre frase dell’illustre critico e regista francese François Truffaut:
«L’apparato finanziario e pubblicitario del cinema e il prestigio dei divi
sono tali che la critica, anche se unanimemente sfavorevole, non potrebbe
mai arrestare la marcia verso il successo di un brutto film dal grosso
budget. La critica è efficace solo nei confronti dei filmetti ambiziosi ma
privi di grossi divi»
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Il critico italiano attuale si rispecchia perfettamente in queste parole.
Analizzando la classifica dei film con il maggior incasso in Italia, si può
notare come dal 2000 ad oggi vi siano nelle prime venti posizioni ben dieci
commedie italiane:
1 La critica cinematografica, A. Pezzotta, Roma, 2011, Carocci editore, p. 18
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1. Avatar, James Cameron , 2009, 65.666.319 €
2. Titanic, James Cameron, 1997, 50.217.865 €
3. Che bella giornata, Gennaro Nunziante, 2011, 43.474.047 €
4. La vita è bella, Roberto Benigni, 1997, 31.231.984 €
5. Alice in Wonderland, Tim Burton, 2010, 30.385.172 €
6. Benvenuti al Sud, Luca Miniero, 2010, 29.873.491 €
7. L'era glaciale 3 – L'alba dei dinosauri,Carlos Saldanha,2009, 29.694.180 €
8. Il codice Da Vinci, Ron Howard, 2006, 28.678.463 €
9. Chiedimi se sono felice, Aldo,Giovanni & Giacomo, 2000,28.458.894 €
10. Natale sul Nilo, Neri Parenti, 2002,28.296.128 €
11. Il ciclone, Leonardo Pieraccioni, 1996, 28.085.461 €
12. Benvenuti al Nord, Luca Miniero, 2012, 27.178.307 €
13. Pinocchio, Roberto Benigni, 2002, 26.197.231 €
14. Fuochi d'artificio, Leonardo Pieraccioni, 1997, 25.878.172 €
15. Harry Potter e la pietra Filosofale, Chris Columbus, 2001, 25.266.393 €
16. Madagascar 2, Eric Darnell, 2008, 25.091.565 €
17. Il paradiso all'improvviso, Leonardo Pieraccioni, 2003, 24.954.192 €
18. Natale a Rio, Neri Parenti, 2008, 24.678.792 €
19. Natale a New York , Neri Parenti, 2006, 23.559.371 €
20. Natale in crociera, Neri Parenti, 2007, 23.461.775 €
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2 http://www.movieplayer.it/film/boxoffice/maggiori-incassi-in-italia-di-tutti-i-
tempi_51/, 27 dicembre 2012
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Il “firmamento di stelle” di Morando Morandini non brilla sopra questi film,
anzi le recensioni presenti nei mensili di settore più diffusi in Italia come
«Ciak» e su siti di cinema particolarmente seguiti come «MYmovies», più
che feroci sono di totale rassegnazione ad una realtà che ci presenta un
cinema italiano in caduta libera. Si potrebbe obbiettare che prestare
attenzione ai voti in stelle può sembrare essenzialmente limitativo, ma
limitato è il materiale su cui si cerca di approfondire e diviene ancor più
ristretto se dalla critica giornalistica e quotidianista, che si esprime
essenzialmente attraverso la recensione, passiamo alla critica teorica,
solitamente esposta in saggi.
Ancor più allarmante è il fatto che in passato i quotidiani erano soliti
pubblicare le recensioni di tutti i film il giorno dopo la loro uscita nelle sale
italiane, mentre negli ultimi anni è diventato di uso comune, specialmente
in televisione e sulle riviste, parlare di cinema dedicando minor spazio alla
critica, concentrandosi sull'aspetto del gossip piuttosto che su quello
squisitamente analitico. Si scrive e si parla di cinema molto più che in
passato, e si parla e si scrive di un film molto prima che in passato, ma a
farlo non sono più i critici. Diventano anche sempre più numerosi e regolari
gli interventi di persone che solitamente non si occupano di cinema, gli
opinionisti provenienti da altri settori.
A questo punto il mestiere del critico pare diventare completamente
obsoleto o ancor peggio un mestiere per tutti.
Riepilogando, la situazione che sembra profilarsi è la seguente: il cinema
italiano fabbrica con una monotonia da “tempi moderni” la solita commedia
nostrana che puntualmente raggiunge il successo al botteghino, ricevendo
stroncature dalla critica da una parte e attirando il pubblico dall’altra.
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Questa è una visione tragica ma tutto sommato veritiera dell’apparato
cinematografico italiano, anche se, pur con spazi ridotti, continua a creare
apparati di analisi e giudizio, e la critica negli ultimi dodici anni ha accolto
positivamente un buon numero di opere italiane come, ad esempio: «Pane e
tulipani» (2000) di Silvio Soldini, «Le fate ignoranti» (2001) e «La finestra di
fronte» (2003) di Fernand Ozpetek, «Io non ho paura» (2003) di Gabriele
Salvatores, «La sconosciuta» di Giuseppe Tornatore (2006), «La prima
cosa bella» (2010) di Paolo Virzì fino ad arrivare agli ottimi «Boris» di
Giacomo Ciarrapico e «Scialla(stai sereno) » di Francesco Bruni del 2011.
Queste opere non avevano alle spalle il medesimo impianto pubblicitario, lo
stesso interesse da parte dei media e la presenza di “divi”, che da soli spesso
garantiscono un ottimo riscontro al botteghino, dei film presenti nella
classifica iniziale. Questi film rappresentano il “Sacro Graal” per il critico
che si ritrova nuovamente a fare da tramite tra cinema e pubblico, in quanto
non sono film già destinati, secondo strategie commerciali, al successo a
priori, ma sono opere in cui la critica nel bene e nel male ha ancora qualcosa
da dire.
Esaustiva in tal senso è una parte della recensione di Pino Farinotti sul film
«Io non ho paura»:
«Cinema finalmente. Ed è importante per noi, da anni così disperatamente
poveri e grigi, e allineati. E' un bel segnale, parallelo a quello della
Finestra di Fronte. Entrambi i film hanno avuto il riconoscimento del
Ministero dei Beni Culturali. Che davvero stia succedendo qualcosa?»
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Qualcosa stava succedendo. Accanto a queste opere stavano nascendo i
“filmetti ambiziosi” ai quali sembra riferirsi Truffaut. L’introduzione verte su
3 http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=34313 , 27 dicembre 2012
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questo termine, “ambizioso”, che trova dei registi “degni” di questo termine
neanche troppo lontani, a soli “cento passi”.
Il regista Marco Tullio Giordana abbraccia il cinema d’impegno sociale in
«I cento passi» (2000) in cui racconta la storia di Peppino Impastato e in
«Romanzo di una strage» (2012) dedicato alla strage di Piazza Fontana del
12 dicembre 1969.
Sempre nel 2000 esce, con la regia di Guido Chiesa, «Il partigiano Johnny»,
opera sulla Resistenza partigiana e nel 2005 Michele Placido ci immerge
negli anni di piombo in «Romanzo criminale» e ci riporta alle proteste del
‘68 con «Il grande sogno» (2009). Al romanzo «Il fasciocomunista» di
Antonio Pennacchi è ispirato «Mio fratello è figlio unico» (2007) di
Daniele Luchetti, che racconta gli scontri tra destra e sinistra negli anni ‘60.
Queste opere affrontano temi sociali e politici risalenti alla seconda guerra
mondiale (Il partigiano Johnny), agli anni della grande “rivoluzione
culturale” degli anni ‘60 (Il grande sogno e Mio fratello è figlio unico) e
infine agli “anni di piombo” (Romanzo criminale)
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Il fatto curioso è che questi registi (e molti critici attuali) non erano nati o
erano molto giovani durante gli anni in cui ambientano le loro opere, fatta
eccezione per il solo Placido, classe 1946.
Questi film “ambiziosi” hanno il pregio di rievocare eventi storici del nostro
paese particolarmente importanti per capire il presente, ma ci raccontano pur
sempre di storia.
Proprio negli anni ‘60 e ‘70, invece, ci sono stati registi che hanno
raggiunto l’apice dell’ambizione con dei film scomodi per la società e la
politica italiana d’allora, registi che vivevano appieno sulla loro pelle quegli
anni e, come fotografi, hanno immortalato per sempre uno spaccato della
4 Che storia è?, Giorgio Cremonini, «Cineforum», maggio 2008, 474, p.56-57-58
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nostra storia. Tre in particolare sono considerati i padri del cinema
d’impegno civile italiano:
Elio Petri (1929-1982), assieme allo sceneggiatore Ugo Pirro (1920-2008),
firma una pagina fondamentale per quanto riguarda il cinema d’impegno
civile con la “trilogia sul potere”, che si apre nel 1970 con il suo più grande
successo, «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto», con Gian
Maria Volontè nel ruolo di un commissario di polizia che uccide la propria
amante. Il film suscita molte polemiche per la somiglianza del protagonista
del film con il commissario di Milano Luigi Calabresi. Nonostante le
polemiche il film riceve l’Oscar come miglior film straniero l’anno
successivo.
La trilogia prosegue con «La classe operaia va in paradiso» (1971), con
protagonista sempre un immenso Gian Maria Volontè, che conquista la
Palma d’oro a Cannes, e si conclude con l’allegoria sul denaro di «La
proprietà non è più un furto» (1973), con protagonista Ugo Tognazzi.
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Francesco Rosi (1922) inaugura il filone di film inchiesta, raccontando la
storia di un malavitoso siciliano in «Salvatore Giuliano» (1962) e l’anno
successivo esce la sua opera più riuscita «Le mani sulla città», che riceverà
il Leone d’oro al Festival di Venezia. Negli anni settanta racconta della
morte di Enrico Mattei nel «Il caso Mattei» (1972), vincitore, assieme al film
«La classe operaia va in paradiso», della Palma d’oro a Cannes, e della vita
del criminale italiano Charles Luciano in «Lucky Luciano» (1973), tutti
5 http://www.mymovies.it/biografia/?r=18 , redazione, 27 dicembre 2012
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