Introduzione
Il termine mobbing, di diretta derivazione del verbo inglese
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“to mob” , che significa attaccare, assalire, aggredire, fece la sua
prima comparsa con valenza scientifica nei testi di biologia inglese
dell‟800, per indicare il comportamento di quegli uccelli che, in
difesa del proprio nido, sono soliti compiere manovre di volo
minacciose nei confronti degli aggressori.
Volendo cercare un‟etimologia più antica al termine inglese,
2
si può considerare la locuzione latina “mobile vulgus” con la quale
1
Per il vocabolo “mob‖ il «Thesaurus Collins» fornisce i seguenti sinonimi: assemblage,
canaille, crowd, multitude, rabble, riff-raff, scum, throng. Il «Vocabolario Garzanti» definisce
la parola “mob”come folla, ressa, calca, e il significato indicato per la voce verbale “to mob”,
che ne deriva, è assalire, malmenare, aggredire. Nell‟American English il termine è anche
sinonimo di mafia e come aggettivo viene tradotto come: “controllato da associazioni
criminose, implicato in loschi traffici”.
2
Si veda a proposito lo studio del Prof. Giuseppe G. Castorina, pubblicato su
http://w3.uniroma1.it/diplingue/docenti/pubblicazioni%20castorina/template.htm “Il potere
delle parole e le parole del potere nei media”, nel quale si afferma che «―mob‖ è
l‘abbreviazione di ―mobile‖, (usato nel Seicento con il significato di folla tumultuante, ressa,
teppa), a sua volta abbreviazione della locuzione latina mobile vulgus. Il termine ―mob‖,
attestato dalla fine del Seicento, condensa in una sillaba il significato prototipico di plebaglia
violenta, integrandosi in una grande famiglia di parole indoeuropee che include il latino
―movere‖, l‘italiano ―muovere‖, l‘inglese ―to move‖ e numerose parole europee che hanno la
stessa radice di un termine sanscrito (mívati) significante rimuove, disloca. Lo sviluppo
semantico dell‘abbreviazione ―mob‖ è strettamente collegato alla locuzione latina, come
emerge dalla maggioranza delle accezioni che hanno connotazioni di violenza, presenti anche
nei derivati ―mobbish‖, ―mobbishly‖, ―mobbed‖, e in locuzioni quali ―mob rule‖ dominio
della piazza, ―lynched by the mob‖ linciato dalla folla, ―the Mob‖ organizzazione criminale,
―swell mob‖ una banda di ladri, ―mob law‖ legge della plebaglia, ―a mob of horses‖ calca di
cavalli.
In area anglofona "mobbing" è attestato dal 1734 nel senso di azione di una folla che attacca
una persona, dal 1791 in relazione al comportamento dei cani nella caccia alla volpe, dal
1803 nel senso di trattamento offensivo e vessatorio. L‘accezione etologica odierna è attestata
dal 1919. Il termine è diventato un europeismo comune, soprattutto dopo la pubblicazione del
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si intendeva definire il “movimento della gentaglia” che aggredisce
qualcuno, una folla eccitata o in tumulto, un insieme di persone
disordinatamente agglomerate, ovvero anche una gang di
delinquenti.
Il correlativo più immediato del termine mobbing è
“linciaggio”, se non fosse che il linciaggio, di norma e
programmaticamente, si conclude con la morte della vittima.
3
Konrand Lorenz , scienziato e filosofo austriaco,
considerato il padre della moderna etologia scientifica, nella
seconda metà del secolo scorso, utilizzò il termine per descrivere il
comportamento di alcuni animali che circondano un proprio simile
e lo assalgono al fine di allontanarlo dal branco.
Intorno agli anni „70 del secolo scorso, in Svezia, il termine
venne per la prima volta utilizzato per definire una serie di atti
distruttivi posti in essere da un gruppo di bambini nei confronti di
un coetaneo.
In seguito il termine “mobbing” venne utilizzato nel 1984 in
una pubblicazione scientifica per indicare una particolare forma di
saggio ―Mobbing: emotional abuse in the american workplace‖ (1999) di DAVENPORT,
ELLIOTT e SCHWARTZ».
3
Vienna, 7 novembre 1903 - Altenberg, 27 febbraio 1989. Nel 1973 la sua carriera fu insignito
del Premio Nobel per la medicina e la fisiologia.
5
vessazione esercitata nel contesto lavorativo, il cui fine consiste
nell‟estromissione reale o virtuale della vittima dal mondo del
lavoro.
Attualmente il termine viene utilizzato nell‟ambito della
psicologia del lavoro per descrivere la situazione di “terrore
psicologico nel posto di lavoro”.
Secondo le indicazioni della scienza giuridica, della
sociologia e della psicologia, in realtà si tratta di un concetto che è
tutt‟altro fuorché definito, è un “contenitore”, una “categoria
aperta”, una “cornice giuridica”, che deve essere compresa
utilizzando sinergicamente diversi saperi scientifici, in cui sono
sussumibili vari tipi di condotte, non solo illeciti, quali
discriminazioni, molestie, molestie sessuali, demansionamento, ma
tutta una serie di comportamenti caratterizzati dal fine di
compromettere l‟integrità psico-fisica del lavoratore.
In sostanza come ben descritto da Harald Ege, si tratta di
una vera e propria ―… strategia mobbizzante che non segue una
parabola in crescendo, bensì implica un‘unica grave azione che si
esplica in modo simile ad un sasso gettato nello stagno:
6
originando, cioè, una serie di cerchi concentrici, anche dopo che il
4
primo di essi è scomparso sott‘acqua‖ .
Se si volesse poi trovare un perché o una vera causa al
fenomeno del mobbing, considerando che un certo grado di
conflittualità nel mondo del lavoro può ritenersi “fisiologico” e,
comunque, è sempre esistito, è lecito desumere che non sia stato un
caso che in molti Paesi, diversi studiosi siano giunti attraverso
strade diverse a focalizzare la loro attenzione sul mondo del lavoro
come possibile elemento scatenante di patologie psichiche.
Dal XIX al XXI secolo, anche se questo non è ancora vero
per la totalità dei lavoratori, si è passati da una sofferenza
essenzialmente fisica ad una sofferenza più psichica, con costi
medici, sociali ed umani maggiori e con ripercussioni di carattere
economico di cui nessuno può negare l‟importanza.
E non è un caso che ciò sia avvenuto verso la fine degli anni
ottanta, perché proprio in quel periodo il mondo del lavoro ha
iniziato a conoscere massicciamente gli effetti delle grandi
trasformazioni portate dalle nuove caratteristiche dell‟economia
attuale: la globalizzazione innanzitutto, che con lo spostamento, su
4
È la c.d. “Teoria del sasso nello stagno”, in EGE Harald: “La valutazione peritale del
danno”, Giuffré Milano 2002, pag. 39.
7
larga scala, di enormi produzioni in Paesi a basso costo di
manodopera ha reso necessario operare massicci tagli del personale
in tutti i settori produttivi. Con la conseguenza, per chi rimaneva, di
una sempre maggiore precarietà del posto di lavoro, da una parte, e
di un‟esasperata rincorsa alla riduzione del costo aziendale,
dall‟altra.
L‟intento che però ci si propone con il presente lavoro, è
affrontare in chiave penalistica il fenomeno mobbing, pertanto, pare
essenziale porsi il problema circa la possibilità di qualificare il
fenomeno quale illecito penale partendo da due differenti
argomentazioni.
La prima parte dalla considerazione che la giurisprudenza di
merito ha avuto molteplici occasioni di sciogliere il “problema
maltrattamenti sul luogo di lavoro”, assecondando richieste di
risarcimento del danno dal punto di vista della responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale del datore di lavoro, nei casi
(accertati) di mobbing. La seconda argomentazione è
un‟argomentazione critica, che intende riferirsi alla scarsa
attenzione mostrata da parte della giurisprudenza penalistica per il
8
fenomeno mobbing, a cui si accompagna, un certo disinteresse da
5
parte della dottrina .
C‟è da rilevare che il legislatore italiano, e lo si vedrà nel
capitolo che segue, in parte traendo spunto dagli altri ordinamenti
stranieri, in particolare europei, in parte sulla spinta delle recenti
sentenze che mirano ad affrontare il problema del mobbing non solo
dal punto di vista civilistico, ma anche sotto un profilo penalistico,
sta mostrando un più accentuato interesse e una maggiore
attenzione al fenomeno. Si apre, dunque, uno spiraglio per
l‟introduzione di una normativa ad hoc, anche se il tutto – come
spesso accade – resta circoscritto nelle aule del Parlamento, in cui
negli ultimi dieci anni sono state presentate svariate proposte di
legge concernenti sotto vari profili il mobbing, alcune delle quali,
sarà utile approfondire anche per conoscere quella che sarà, mutatis
mutandis, la disciplina penalistica del mobbing.
Oltre alle proposte di legge a livello centrale, anche a livello
regionale è stata manifestata una certa attenzione al fenomeno. Ci si
5
In riferimento al mobbing analizzato sotto profili penalistici si veda : COFANO Roberta:
“Breve disamina socio-normativa del fenomeno del mobbing sul luogo di lavoro alla luce del
codice penale e dell‘analisi economica del diritto” in Riv. Pen., 2002, 25, 3; PEZZELLA Nome:
“Dal mobbing al bulling e bossing: molestie sul lavoro e tutela penale” in Dir. e Giust., 2002,
n. 37, 58; CASTELNUOVO Andrea: “Gli aspetti penalistici del mobbing”, in
dirittolavoro.altervista.org, anno???; BANCHETTI Stefano “Il Mobbing – la tutela penale” in
“Diritti della persona: tutela civile, penale ed amministrativa” collana diretta da Paolo
Cendon, Torino UTET giuridica, 2005, vol. IV, pp. 905 e ss.
9
6
riferisce in particolare, alle leggi del Friuli Venezia Giulia , della
7 8
Regione Umbria , della Regione Abruzzo , a tre progetti di legge
9
presentati dai Consigli Regionali della Regione Piemonte , della
10 11
Regione Veneto , della Regione autonoma della Sardegna e della
12
Regione Toscana .
In particolare, la legge della Regione Lazio dell‟11 luglio
2002 n. 16, recante “Disposizioni per prevenire e contrastare il
fenomeno del mobbing nei luoghi di lavoro”, è stata dichiarata
costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con
13
sentenza 19 dicembre 2003 n. 359 , dove tra le varie
6
L. Reg. Friuli Venezia Giulia, 8 aprile 2005, n. 7.
7
L. Reg. Umbria, 28 febbraio 2005, n. 18.
8
L. Reg. Abruzzo, 11 agosto 2004, n. 26.
9
Consiglio Regionale del Piemonte proposta di Legge n. 6603 “Tutela della persona che
lavora da violenze morali e persecuzioni psicologiche nell‘ambito di attività lavorativa”,
presentata il 26 luglio 2000.
10
Consiglio Regionale del Veneto, proposta di legge n. 221 d‟iniziativa dei Consiglieri Nadir
Welponer, Flavio Zanonato, Elder Campion, Adriana Costantini, Giovanni Gallo, Giampietro
Marchese, Claudio Rizzato e Lucio Tiozzo “Interventi per la prevenzione e tutela delle
lavoratrici e dei lavoratori da molestie morali e psicologiche nei luoghi di lavoro”.
11
Consiglio Regionale della Sardegna proposta di legge n. 30 d‟iniziativa dei
Consiglieri Pusceddu, Cugini, Lai, Dettori Ivana, Calledda, Demuru, Falconi, Marroccu,
Morittu, Orrù, Pacifico, Pinna, Pirisi, Sanna Alberto, Sanna Emanuele, Sanna Salvatore, Scano,
Spissu: “Norme per la prevenzione delle molestie e persecuzioni psicologiche negli ambienti di
lavoro e per la tutela dei lavoratori vittime di mobbing” presentata il 5 luglio 2000.
17 settembre 2004
http://consiglio.regione.sardegna.it/sito/XIIILegislatura/Disegni%20e%20proposte%20di%20le
gge/propleg030.asp
12
Proposta di legge n. 162/2007, “Azioni per prevenire e contrastare la violenza morale sul
lavoro e il disagio lavorativo e assicurare assistenza legale e terapeutica per le conseguenze
derivanti da violenza morale sul lavoro”, presentata dal gruppo consiliare di rifondazione
comunista – sinistra europea, composto dai Consiglieri Monica Sgherri, Luca Ciabatti, Carlo
Bartoloni, Roberta Fantozzi, Aldo Manetti.
13
La Corte ha in sostanza accolto un ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri, che aveva lamentato la lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in
10
argomentazioni, la Corte ha sottolineato che la legge viene a fornire
una « nozione giuridica autonoma di un fenomeno disciplinato in
più modi dall‘ordinamento statale » (anche se non con una legge
specifica).
In contrapposizione a quanto affermato in precedenza per la
Legge della Regione Lazio, la Corte Costituzionale ha respinto i
ricorsi della Presidenza del Consiglio dei Ministri contro le altre
leggi regionali sul mobbing.
In particolare con sentenza n. 22 del 27 gennaio 2006 la
Corte ha affermato che “La legge della Regione Abruzzo […] non
contiene alcuno degli elementi che condussero la Corte, sulla base
dei principi sopra ricordati, a dichiarare l‘illegittimità della legge
n. 16 del 2002 della Regione Lazio. In primo luogo, la legge dà per
presupposta la nozione dei comportamenti costituenti mobbing e
non formula di questo fenomeno né una definizione generale, né
esemplificazioni […]”.
Con sentenza n. 238 del 22 giugno 2006 la Corte ha
affermato che “la legge della Regione Umbria […] presenta […]
elementi di analogia […] con la legge della Regione Abruzzo 11
materia di ordinamento civile e di organizzazione dell‟amministrazione statale e degli enti
pubblici nazionali, di cui all‟articolo 117 lettera g) della Costituzione.
11
agosto 2004, n. 26. […] Anche nel caso ora in esame la normativa
censurata non formula una definizione del mobbing con valenza
generale, ma ha riguardo soltanto ad alcuni suoi aspetti già
oggetto di valutazione in fattispecie sottoposte al vaglio di giudici
comuni. Inoltre, secondo l‘art. 1 della legge in argomento, le azioni
di prevenzione e contrasto del mobbing, finalizzate a tutelare
l'integrità psico-fisica della persona sul luogo di lavoro, sono
promosse dalla Regione «nel rispetto della normativa statale
vigente e dell‘ordinamento comunitario»”.
Con sentenza n. 239 del 22 giugno 2006, n. 239, la Corte ha
affermato in relazione alla Legge regionale del Friuli Venezia
Giulia che “ […] la legge censurata non formula una definizione
del mobbing con valenza generale, ma ha riguardo soltanto ad
alcuni suoi aspetti non esorbitanti dalle competenze regionali
ordinarie e ancor meno da quelle statutarie della Regione Friuli-
Venezia Giulia, la cui violazione il ricorrente evoca in via
subordinata, ma sulle quali la stessa Regione ritiene ormai
prevalere il nuovo riparto di competenze. L‘incompletezza della
definizione, anche con riguardo alle nozioni di diritto comunitario,
12
è quindi correlativa al carattere parziale e volutamente non
esaustivo della regolamentazione legislativa regionale”.
Forse questo interesse anche da parte delle Regioni è
sintomatico del fatto che manca nel nostro ordinamento (e si sente
bisogno di) una regolamentazione del mobbing, quantomeno in
ambito giuslavoristico.
Questi progetti di legge in linea generale, assumono come
obiettivo la difesa della dignità dei lavoratori che subiscono
molestie morali sul lavoro, sia dal punto di vista del sostegno alla
persona, sia attraverso l‟istituzione di osservatori Regionali volti a
favorire la conoscenza del fenomeno e la sua portata. A questi
obiettivi si accompagna il riconoscimento di alcuni princìpi quali
l‟inviolabilità della dignità umana, l‟integrità fisica, psichica e
morale dei lavoratori, la non discriminazione a cui devono seguire
iniziative tese a disincentivare comportamenti che producono atti
discriminanti e vessatori. Come pure prevedere azioni e misure,
mediante la collaborazione con le strutture socio-sanitarie locali,
con l‟osservatorio regionale sul mobbing e il disagio lavorativo (la
cui istituzione è prevista dai progetti di legge della Regioni Toscana
e Sardegna), o attraverso l‟istituzione della figura del Consigliere di
13
fiducia (recependo in tal modo le direttive comunitarie
antidiscriminatorie), di sportelli di assistenza ed ascolto diffusi sul
territorio volti a prevenire il disagio lavorativo e a contrastare
attivamente il fenomeno.
In alcuni casi sono state altresì previste delle misure di tipo
amministrativo nei confronti delle aziende in cui si sono verificati
casi di patologie correlate a mobbing o disagio lavorativo, come
l‟inibizione delle agevolazioni economiche connesse con la
certificazione di qualità e la loro revoca, così come sono previste
azione di rivalsa da parte della Regione medesima.
14
Capitolo I
La Nozione
Sommario: 1. Origine degli studi in materia. – 2. Forme e
tipologie di mobbing. – 3. Definizioni.
1. Origine degli studi in materia
I primi studi in materia di mobbing sono dovuti ad un
gruppo di psicologi del lavoro guidati da un ricercatore tedesco,
residente in Svezia, Heinz Leymann, il quale, affrontando il
fenomeno inquadrandolo nell‟ambito lavorativo, ha individuato
delle tipologie di comportamenti che integrano gli estremi delle
condotte mobbizzanti, nonché quattro gradi di sviluppo del
14
fenomeno .
Sulla base di tali osservazioni lo psicologo svedese in un
suo scritto del 1986 definì il mobbing come una sorta di “terrore
psicologico” perpetrato da un lavoratore o da un gruppo di
lavoratori nei confronti di un altro collega. Leymann tuttavia non si
limitò a operazioni di osservazione e descrizione del fenomeno, ma
14
LEYMANN Heinz, Mobbing and psychological terror at workplaces, in Violence and Victims,
1990; ID. The Mobbing Encyclopaedia in www.freeweb.org.
15
evidenziò le caratteristiche, le cause e le conseguenze, ponendo in
essere le classiche distinzioni e categorie con cui attualmente si
descrive il mobbing, che quasi mai presenta tratti ben delineati.
15
Il tedesco, Harald Ege , dottore di ricerca in Psicologia del
Lavoro e dell‟Organizzazione presso l‟Università di Bologna, che
nel 1996 introdusse questo concetto nel nostro Paese, definisce il
mobbing come una situazione lavorativa di conflittualità
sistematica, persistente ed in costante progresso in cui una o più
persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto
persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione
superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima
danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova
nell‘impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi e a
lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e
dell‘umore che possono portare anche a invalidità psicofisiche
permanenti di vario genere e percentualizzazione.
Negli anni in cui si iniziò a parlare del mobbing, come
fenomeno giuridico, ci si ispirò dal concetto anglosassone ―sexual
15
Tra le altre cose, ha fondato a Bologna un‟associazione chiamata “Prima”, attiva sul fronte
della prevenzione, della lotta e della formazione contro il mobbing, per concretizzate la
divulgazione della conoscenza di questo fenomeno, ancora oscuro e guardato con diffidenza in
Italia.
16
harrassment‖. Questa infrazione aveva come scopo sanzionare il
comportamento di quelle persone che « abusavano dell‟autorità
conferita da e per l‟esercizio delle loro funzioni » e altresì « davano
ordini, proferivano minacce, o esercitavano delle pressioni gravi »
16
con l‟intento di ottenere dei favori di natura sessuale .
Si trattava allora, di reprimere «le chantage aux relations
17
sexuelle» esercitato da un superiore gerarchico, perlopiù si faceva
18
riferimento a casi di mobbing «sessualmente colorati» .
Esistono pertanto varie forme, categorie e classificazioni
possibili di mobbing, che sono venute all‟essere soprattutto grazie
agli interventi della dottrina scientifica. In particolare è interessante
quanto è emerso nel corso del Primo Seminario Nazionale sul
19
mobbing tenutosi Milano il 24 febbraio 1999 , che ha portato ad
16
ROETS Damien: ―L‘inquiétante métamorphose du délit de harcèlement sexuel‖ Edition
Dalloz 2002, p. 2059.
17
Letteralmente, « il ricatto per le relazioni sessuali », v. GATTEGNO Patrice: ―Droit pénal
ème
special‖, 5 Edition Dalloz, Paris 2005, pp. 97 e ss, commento all‟art. 222-33 del Code Pénal
(articolo abrogato dalla L. n. 2002-72 del 17 gennaio 2002 o « de modernisation sociale », v.
infra cap. comparazione parte Francia.
18
ROMANO Bartolomeo: “Il mobbing ai confini del diritto penale?”, in Rivista di diritto penale
dell‟economia, 2004, vol. XVII, pag. 187, con il quale non si condivide la tesi sostenuta circa
la possibilità di reprimere il fenomeno del mobbing sessuale sul luogo di lavoro inquadrando la
condotta dell‟agente nell‟attuale art. 609bis c.p., senza ritener dunque necessaria l‟introduzione
quantomeno di un‟aggravante specifica rispetto al semplice abuso di autorità previsto dalla
norma, trattandosi in taluni casi non di semplice abuso, ma, data l‟inferiorità psicologica (oltre
che economica) del prestatore di lavoro, anche di ricatto (v. amplius infra cap. su tutela penale
del mobbing).
19
“Mobbing: una nuova causa di malattia legata al lavoro”, Istituto di medicina Legale – L.
Devoto – dell‟università degli studi di Milano, relatore dott. Herald Ege dell‟Associazione
Prima di Bologna.
17