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Introduzione
Con questa tesi si tratterrà il tema della formazione del personale come strumento per
conseguire un vantaggio competitivo, approfondendo particolarmente il metodo e-
Learning, riguardante la Formazione a Distanza.
Nel primo capitolo s’introdurrà il tema della formazione, fornendo la definizione di
attività formativa, indicandone le finalità e il modo di agire sul capitale umano. In questo
modo si porrà l’attenzione su come vi siano due differenti tipi di trasformazione che si
possono effettuare (debole e forte), a cui corrispondono rispettivamente, un’attività
formativa basata sull’addestramento o una basata sulla formazione in senso stretto. Si
proseguirà poi ragionando in merito all’attività formativa, ovvero se questa possa essere
ritenuta una particolare forma d’investimento o un costo non indifferente che incide sul
patrimonio aziendale, pur tenendo conto che è indispensabile formare continuamente il
personale, altrimenti si correrebbe il rischio di depauperamento del capitale umano. A
conclusione del capitolo si darà una breve rappresentazione dell’attuale situazione delle
attività formative in Italia.
Nel secondo capitolo si analizzerà l’articolazione di un tipico processo formativo,
evidenziandone le quattro fasi principali. La prima fase tratterà l’analisi dei fabbisogni
formativi (organizzativi, professionali e individuali), al fine di verificare i problemi che
emergono e quindi creando una base di sviluppo delle fasi successive. Nella seconda fase
si prosegue progettando il programma formativo, analizzando l’ambiente per
l’apprendimento (sia come situazione organizzativa sia come motivazione individuale),
predisponendo gli obiettivi da conseguire, scegliendo i docenti e i destinatari. La terza
fase prevede l’attuazione del programma individuando il metodo più consono, in base alle
esigenze evidenziate in precedenza. Infine, l’ultima fase consiste nella valutazione di
quanto fatto in tre momenti: prima di compiere l’investimento (valutazione ex-ante),
durante lo svolgimento del processo (valutazione in itinere) e alla fine del processo
(valutazione ex-post).
Nel terzo capitolo si tratterrà ampliamente dell’e-Learning, quale strumento utilizzato per
svolgere il processo formativo, partendo con la definizione data dalla CE e ripercorrendo
brevemente le tre tappe della Formazione a Distanza (FaD), ponendo l’accento sulle
caratteristiche tipiche di tale strumento. Si sono poi rilevati gli aspetti più tecnici del
processo: piattaforme, Learning Object (LO) e certificazioni necessarie. In seguito si
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analizza il processo di realizzazione dell’e-learning, soprattutto per quanto concerne
l’aspetto economico, ma non solo. Infine si fornisce una rappresentazione di come
s’inserisce tale corso e-Learning in una situazione aziendale, analizzandone le peculiarità.
In ultima battuta si procederà con una sommaria definizione della variante di blended
learning, ossi di un approccio “misto” che prevede l’integrazione della lezione frontale
alla formazione on-line.
Nel quarto e ultimo capitolo si fornirà un piccolo esempio di realizzazione di un corso e-
Learning, a sostegno di quanto detto nei capitoli precedenti. Verrà qui presentato il
progetto SIFOL FVG, realizzato nel 2008-2009 dallo IAL FVG, con la partecipazione
dell’Enaip FVG. Tale progetto è preceduto da una descrizione dello IAL, sia come ente
sia come tipologia di attività che offre. Il progetto SIFOL prevedeva la formazione dei
manager/dirigenti di Enti Locali (Comuni e Province), del settore sanitario (Aziende
ospedaliere e sanitarie) nonché di enti Regionali, per un totale di 1007 utenti. Di questo
progetto si sono analizzati i tratti distintivi, mettendo in luce (in base ai dati forniti dal test
di valutazione finale del progetto) gli aspetti maggiormente rilevanti relativi all’utilizzo
dell’e-Learning come metodo formativo.
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Capitolo 1 - La formazione: aspetti generali
Introduzione
In questo capitolo s’introdurrà il tema della formazione, iniziando da una definizione di
cosa significa un’attività formativa, quali sono i suoi fini e come agisce sul valore del
capitale umano, ponendo quindi l’attenzione sui due tipi di trasformazione che si possono
effettuare (trasformazione debole o trasformazione forte), i quali fanno riferimento a
un’attività formativa di addestramento o di formazione in senso stretto. Si proseguirà poi
riflettendo di come gli investimenti in un’attività formativa possano apportare dei rischi
notevoli, pur tenendo conto che è necessario formare continuamente il personale,
altrimenti si corre il rischio di depauperamento del capitale umano, che comporta
un’inadeguatezza del patrimonio delle conoscenze del personale, sia da un punto di vista
qualitativo che quantitativo. Infine si concluderà con una breve rappresentazione
dell’attuale situazione in Italia per quanto concerne le attività formative e gli effetti che si
ripercuotono sull’attività formativa, prodotti dalla crisi economica, tra il 2008 e il 2009.
1.1 - Che cosa significa attività di formazione.
“L’attività formativa è definita come un intervento pianificato, progettato per migliorare
le determinanti della prestazione di lavoro di un individuo, quando un individuo opera in
modo indipendente o come membro di un gruppo” [Fraccaroli, 2007, pag.195].
Tale definizione di attività formativa, data da due professori di psicologia dell’università
del Minnesota N. R. Kuncel e J. P. Campell, racchiude in sé gli elementi chiave per capire
cosa si annovera all’interno del processo formativo. In primo luogo l’attività formativa è
un intervento pianificato il che implica che il processo di formazione è ufficializzato e ha
il preciso obiettivo di agire sulle competenze degli individui. Altro aspetto che si
estrapola dalla frase sopra riportata, riguarda il fine dell’attività ossia migliorare le
determinanti della prestazione di lavoro; tale prestazione, secondo i due professori, è
influenzata da fattori diretti, quali le conoscenze (il sapere), le competenze (il saper fare)
e le azioni comportamentali (il saper essere), e da fattori indiretti come le abilità del
lavoratore, le politiche di gestione delle risorse umane e quindi anche l’attività formativa.
Con quest’aspetto si vuole vedere che la finalità chiave dell’attività formativa è quindi
migliorare l’apporto di ogni individuo, sia in un’ottica di efficienza sia di qualità, e di
agire simultaneamente anche sui tre fattori diretti. Ultimo punto chiave che viene
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identificato riguarda il campo d’azione che deve essere considerato dall’attività formativa,
la quale non deve essere rivolta all’individuo come singolo, ma al singolo come parte di
un gruppo, tendendo conto anche delle conoscenze, competenze e comportamenti di
ciascun membro del gruppo.
Dopo aver analizzato cosa s’intende per attività formativa, è doveroso introdurre delle
precisazioni ulteriori riguardanti il fatto che la formazione agisce sul capitale umano,
ossia sull’insieme di competenze e capacità che sono caratterizzanti di ogni singolo
soggetto e che a lui solo appartengono. Il capitale umano ha la caratteristica di essere
legato fortemente alla persona che lo detiene e che lo acquisisce per sé stesso e non lo
condivide, ed è proprio questo il punto focale su cui si deve intervenire con dei processi
formativi atti a promuovere il diffondersi della conoscenza (Pataracchia, 2007).
Ulteriori osservazioni riguardano due teorie (Costa, 1997): la prima, neoclassica, indica
che è l’azienda ad adattare sé stessa in base agli elementi distintivi dei lavoratori; la
seconda teoria di tipo neo-istituzionalistico asserisce l’esatto contrario, ossia che sia il
lavoratore che si dovrà adattare alle particolarità dell’impresa.
Un lavoratore appena inserito in un nuovo contesto aziendale non può essere
immediatamente produttivo: ha necessità di un periodo di formazione in cui acquisire
delle specificità professionali per poter reagire alle situazioni che gli si presentano. In
base alle esigenze che si vengono a creare si possono individuare due processi di
trasformazione che il capitale umano può subire (Costa e Gianecchini, 2009):
Trasformazione debole (o specifica o idiosincratica) dove le caratteristiche
professionali che si acquisiscono sono fortemente legate al contesto organizzativo,
tecnico e culturale dell’impresa in cui sono sviluppate. Essendo quindi delle
caratteristiche dette firm specific, non sono quindi facilmente trasferibili in contesti
organizzativi differenti da quello in cui si sono state formate;
Trasformazione forte (o generale) in cui le caratteristiche professionali non sono più
legate al contesto organizzativo, tecnico e culturale, ma sono generiche in quanto
possono essere utilizzate in diversi contesti organizzativi.
Si può quindi giungere alla conclusione che il capitale umano può essere trasformato con
due sistemi. Il primo è l’addestramento che si lega al processo di trasformazione debole,
in cui si cerca di trasferire abilità già conosciute e quindi più facilmente controllabili,
mediante l’uso di strumenti didattici e di esperienza sul campo (learning by doing). Il
secondo è la formazione in senso stretto (che si deve ben distinguere dall’attività
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formativa vista in modo generico), che fa riferimento alla formazione forte sopracitata,
cerca d’introdurre nuove abilità e di saper governare contesti sconosciuti (Costa, 1997).
1.2 – Risorsa per il futuro o costo perduto?
Come detto fin ora, la caratteristica fondamentale del capitale umano è di essere un sapere
interiorizzato della persona che lo detiene. Inoltre si è aggiunto che l’apprendimento (sia
sottoforma di addestramento che di formazione) permette di ampliare il bagaglio culturale
posseduto e quindi ha degli effetti positivi nell’ambito organizzativo. Secondo tale logica
sembra semplice desumere che le spese di formazione non debbano essere considerate
come semplici costi di esercizio, ma come un investimento che avrà un ritorno nel futuro,
anche se in realtà non è così scontato a causa di una serie di rischi che si possono venire a
creare.
Addestramento e formazione costituiscono degli investimenti, che implicano dei costi non
indifferenti, in quanto si va a investire su una risorsa complessa e delicata come il capitale
umano, di conseguenza ciò comporta delle componenti di rischio (Costa, 1997):
Il primo fattore di rischio riguarda il risultato, esso è pressoché incerto e inoltre
potrebbe non essere remunerativo, ancor prima di recuperare i costi;
Il secondo fattore riguarda la natura dell’investimento, esso è un asset che non
appartiene direttamente all’impresa, ma è intermediato dai soggetti che ne detengono
una parte del controllo;
Il terzo fattore coinvolge anche le persone che usufruiscono di tale sapere, queste
devono avere un atteggiamento propositivo e produttivo, al fine di poter impiegare in
modo efficiente dei ritorni in tale investimento;
Ultimo fattore, collegato al precedente, riguarda il fatto che i ritorni che si possono
ottenere non debbano essere imputabili completamente e solamente al soggetto
investitore.
Seppur manchi una definizione univoca, si può evidenziare una peculiarità riguardante il
rischio operativo dell’investimento nelle risorse umane: l’obsolescenza del capitale
umano, dovuta dallo scorrere del tempo. Ciò incide negativamente sul patrimonio di
competenze aziendali, le quali si traducono in un’inadeguatezza del personale sia da un
punto di vista qualitativo che quantitativo.
Una volta reperito il personale, bisogna sempre e continuamente investire nella crescita
professionale e realizzare degli interventi di trasformazione, affinché diventi un elemento
distintivo del contesto in cui opera l’impresa. Si può quindi osservare che il capitale
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umano offre una valida rappresentazione degli investimenti attuati per conservarlo e
svilupparlo, rendendo così evidente il contributo delle attività formative (Pataracchia,
2007).
In aggiunta a tutto ciò, si è evidenziato che le imprese hanno una propensione
all’investimento maggiore nel personale con un contratto a tempo indeterminato mediante
il trasferimento di un sapere pratico e specifico, piuttosto che nel personale con contratti
“atipici”, poiché le imprese temono che il lavoratore si licenzi prima che possano ottenere
un ritorno soddisfacente dell’investimento. La propensione all’investimento dipende
quindi da tre fattori: la mancanza di persone che siano già formate nel mercato esterno del
lavoro, l’opportunità di sviluppare caratteristiche firm specific e infine la possibilità di far
rimanere in azienda il lavoratore che ha conseguito un processo di formazione,
sottraendolo quindi alla concorrenza, magari agendo su fattori motivanti quali le politiche
retributive e il grado di responsabilità assegnatali (Costa, Gianecchini, 2009).
1.3 - La situazione italiana
In questa parte andremo ad analizzare la situazione attuale della formazione in Italia per
poi soffermarsi sugli effetti che la crisi ha avuto nel processo formativo.
1.3.1 – Analisi della situazione attuale
Il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato per la maggior parte da PMI. È
presumibile pensare che le PMI possiedano minori risorse rispetto alle grandi, quindi è
più probabile che investano meno nella formazione. Nella Tabella 1.1 si evince che nel
2009 il tasso di partecipazione dei lavoratori in attività formative della popolazione tra i
15 e i 65 anni si attesta in questo modo: il tasso medio per gli occupati è del 4,4%, per gli
inattivi del 2,4% e per coloro che sono in cerca di occupazione del 3,6%.
Come si può evincere dalla tabella guardando la colonna dei totali che le percentuali più
elevate si ritrovano nella fascia dai 15 ai 24 anni. In particolare per quanto riguarda gli
occupati la percentuale maggiore si assesta al 5,9% tra le persone tra i 45 e 54 anni di
genere femminile. Per quanto riguarda le persone in attesa di occupazione la percentuale
maggiore è del 5,2% e si riscontra nelle persone tra i 25 e i 34 anni di genere femminile.
Infine per gli inattivi le percentuali maggiori si ritrovano nella fascia tra i 15 e 24 anni a
parità del 4,8% tra maschi e femmine. Sempre secondo tale indagine le motivazioni che
incidono sulla formazione sono da ricondurre in base agli status in cui si trovano le
persone: tra gli occupati il fattore prevalente è la motivazione personale, al contrario per
11
4,18
4,33
5,29
5,49
5,75
5,83
6,27
6,31
6,57
6,93
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
E-Learning
Scuole manageriali estere
Società di coaching
Università
Scuole manageriali italiane
Manager interni (coach, mentor)
Piccole società di formazione
Grandi società di formazione
Manager interni (come docenti)
Esperti docenti
gli inattivi i motivi sono prevalentemente personali, infine per coloro che sono in cerca di
occupazione, si registra una sostanziale indifferenza tra fattori personali o professionali.
Tabella 1.1 – Popolazione tra i 15 e i 64 anni che ha frequentato un corso di formazione
(valori %.)
Età Genere Occupati
In cerca di
occupazione
Inattivi Totali
15-24
Maschio 3,3% 4,0% 4,8% 4,3%
Femmina 5,0% 4,3% 4,8% 4,8%
25-34
Maschio 3,5% 2,9% 3,5% 3,4%
Femmina 5,0% 5,2% 2,1% 4,0%
35-44
Maschio 4,0% 2,0% 1,1% 3,7%
Femmina 5,5% 2,9% 1,2% 4,0%
45-54
Maschio 3,7% 0,9% 0,7% 3,3%
Femmina 5,9% 2,4% 1,1% 3,9%
55-64
Maschio 3,4% 0,6% 0,9% 2,1%
Femmina 4,8% 0,4% 1,5% 2,3%
TOTALE 4,4% 3,2% 2,4% 3,6%
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat, riferiti al 2009.
Un’altra indagine, eseguita dall’Asfor, indica quali sono i fornitori di formazione in
ordine d’importanza attualmente (con un voto da 1 a 10 fornito sia dalle imprese sia dai
lavoratori sia hanno partecipato a interventi formativi) e fornisce in seguito una
proiezione a tre anni.
Grafico 1.1 – Dati attuali dei fornitori di formazione
Fonte: Rapporto Asfor