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formazione degli adulti, accorgendomi di quanto
questo stia cambiando grazie alle nuove
tecnologie dell’informazione e della
comunicazione ed in particolare alla Rete.
Formazione, oggi, significa sempre di più long-life
learning, formazione che, cioè, non attiene ad un
momento di vita distinto rispetto al lavoro, ma
che impregna di sé ogni attimo dell’esistenza
delle persone e, avvalendosi dell’umana socialità,
diventa anche cooperative. Questi sono gli
argomenti che la prima parte della presente
trattazione affronta, proseguendo poi, come
utilizzando una lente d’ingrandimento, nel
mettere a fuoco, all’interno di questo contesto, il
fenomeno tanto nuovo quanto complesso e
stimolante costituito dall’e-learning.
L’apprendimento elettronico, o meglio,
l’apprendimento on line è la formazione a
distanza di terza generazione che cerca di
sfruttare a pieno le innumerevoli potenzialità
delle tecnologie di rete, recuperando con la
presenza virtuale la distanza fisica da esse
determinata. Formare in rete secondo un’ottica di
terza generazione significa innanzitutto dotarsi di
un paradigma d’apprendimento definibile
costruttivista, il quale, ponendo al centro del
percorso formativo il soggetto che apprende, fa di
lui il perno attorno a cui costruire e far ruotare
tutte le risorse di cui egli necessita per acquisire,
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generare e condividere conoscenza.
L’apprendimento collaborativo è la chiave di
successo di molti progetti di e-learning
contemporanei, all’interno dei quali, secondo
un’ottica tipicamente andragogica, il maestro
diviene un “antimaestro”, un facilitatore
dell’apprendimento, identificato on line con
diversi nomi, il tutor, il mentor, l’assistente
didattico, l’assessor, il counselor, sotto i quali si
nascondono svariate funzioni e sfumature di un
nuovo professionista.
Andando avanti a mo’ di imbuto, proseguendo
cioè sempre maggiormente dal generale al
particolare, l’attenzione finisce così per
soffermarsi proprio sul ruolo di chi all’interno di
tali ambienti di apprendimento si occupa di una
parte particolare dei servizi di tutoring, il mentor.
Non è certamente semplice svolgere il ruolo di
assistente didattico. Come andrò a constatare
nella learning company più accreditata in Italia,
ovvero Sfera-Enel Spa, infatti, facilitare
l’apprendimento fornendo servizio di mentoring
mette in gioco competenze, quali quelle
comunicative e relazionali, la cui presenza non
può non essere sostenuta da un’ampia dose di
passione e motivazione personale. Come
sostenere la formazione di tali soft skills? Questo
è un altro interrogativo a cui questa trattazione
cercherà di proporre qualche risposta, scendendo
10
sul campo attraverso una ricerca empirica di tipo
qualitativo dotata, come utile strumento di
raccolta dei dati, di una intervista semi-
strutturata in profondità, attraverso la quale chi
scrive è riuscita a realizzare e gestire delle
interessanti “chiacchierate” con gli assistenti
didattici/mentor di Sfera, il cui frutto è
sintetizzato nel titolo di questa tesi. L’assistente
didattico on line è, infatti, un professionista
doppio, che aggiunge alle competenze
tecnologiche ed alla flessibilità che gli permette di
reagire prontamente a qualsiasi cambiamento, un
forte orientamento alle strategie didattiche che
fanno della comunicazione efficace e della
relazione con l’altro elementi imprescindibili
dall’apprendimento. Volendo utilizzare la
terminologia di Peter Drucker, il mentor è un
“knowledge worker”, un operatore di conoscenza,
di profonda e vasta cultura, di grande capacità di
adattamento e problem solving e molto spesso
“learner by doing”. Tale “angelo custode” di chi
apprende on line diviene fattore di successo
dell’e-learning, restituendone umanità e socialità,
all’insegna di una formazione sempre più
personalizzata e rassicurante, che non si lasci
sfuggire le frontiere aperte dall’evoluzione
tecnologica, ma che allo stesso tempo sia capace
di metterle al servizio dell’alunno che, come
sempre maggiormente accade, del resto, anche
11
in altri contesti, è sempre meno utente e più
cliente che vuole essere curato e coccolato, ma
anche essere ritenuto responsabile, libero e
capace di scegliere e di agire.
Per facilitare e rendere meno stancante la lettura
ho inserito all’interno della trattazione degli utili
approfondimenti che ho chiamato Focus. Essi
costituiscono una sorta di link ad argomenti
trattati più nello specifico, da leggere, come in un
ipertesto, al momento desiderato, non
necessariamente rispettando la sequenzialità del
testo, a cui, comunque, non tolgono continuità ed
armonia.
La mia speranza è, senza voler peccare di
presunzione ma semplicemente desiderando
trasmettere il grande coinvolgimento ed il forte
interesse per un mondo che in questi mesi mi ha
molto appassionato, che questa tesi possa
risultare una piacevole lettura per chiunque sia
appassionato dell’uomo, del suo vivere e del suo
cambiare continuo. Se questo risulterà possibile,
un forte ringraziamento va alle persone che in
diversi modi mi hanno aiutato e sostenuto in
quest’avventura, in particolare: il professor
Valerio Eletti, che si e preso cura di me
nell’iniziale periodo di scouting della mia ricerca;
le persone che ho intervistato presso Sfera, nello
specifico, Pierfrancesco Recchiuti, Leonardo Dezi,
Maria Sommella, Aurora Frega, Marco Benanchi,
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Angelica Farinelli e Valentina Frigerio, per la loro
capacità d’ascolto, il tempo che mi hanno
dedicato sottraendolo al loro lavoro, l’entusiasmo
con cui mi hanno accolto e l’interesse che hanno
mostrato verso il mio studio; ringrazio anche la
società tutta, Sfera-Enel Spa, per la disponibilità
che mi ha concesso, nello specifico il capo del
personale Piero Di Rollo e Sonia Marchese. Un
grazie speciale lo rivolgo, inoltre, alla mia
famiglia ed ai miei amici, che mi hanno
accompagnato in quest’avventura, come sempre
sostenendomi, incoraggiandomi e rassicurandomi
quando ne ho avuto bisogno.
Elena Messore
13
La teoria
CAPITOLO 1
Post-Industrial Society
“È una specie di mistero, ma
bisogna cercare di capirlo,
lavorando di fantasia,
e dimenticare quel che si sa
in modo che l’immaginazione possa vagabondare libera,
correndo lontana dentro le cose fino a vedere come
l’anima non è sempre diamante
ma alle volte velo di seta…”
(Alessandro Baricco, Oceano mare)
1.1 Un nuovo paradigma
Qualificare la società in cui viviamo non è cosa
semplice. Come, però, chi è dotato di un sensibile
palato riesce a degustare vini pregiati
individuandone aromi e sapori ad altri
impercettibili, così, occhi attenti e menti acute
sono riuscite a fare più chiarezza all’interno di
quella mescolanza e sovrapposizione di valori
14
nuovi e vecchi che la società odierna porta con
sé. In tal senso Daniel Bell, professore di
sociologia all’Harward University, nel suo libro
“The coming of post-industrial society” (1973)
1
,
fu il primo studioso a constatare che nel 1956 i
colletti bianchi, ovvero gli impiegati, gli addetti ai
servizi, al terziario, avevano superato i colletti
blu, vale a dire gli addetti all’industria, gli operai.
Questo sorpasso lasciava presagire un imminente
passaggio: quello dalla società industriale alla
società postindustriale, detta anche della
comunicazione e della conoscenza. Un passaggio,
questo, da una società basata sulla produzione di
beni materiali in gran serie ad una centrata sulla
produzione di beni immateriali, quali i servizi, le
informazioni, i valori; dalla standardizzazione di
ogni aspetto della vita ad un approccio più
soggettivo ad essa; dalla razionalizzazione, dalla
programmazione e dalla scansione dei tempi che
raggiungono l’apice con Taylor e l’Organizzazione
Scientifica del Lavoro
2
, all’affermarsi del primato
dell’emotività, dell’estetica e della creatività; dal
maschilismo imperante agli albori all’androginia;
da pochi bisogni forti ad innumerevoli bisogni
1
Bell D., The coming of postindustrial society, Basic Book, New
York, 1973
2
Taylor F., L’organizzazione scientifica del lavoro, tr. It. Etas
Kompass, Milano, 1967.
15
deboli, voluttuari, differenziati e sempre in
evoluzione; da una società organizzata intorno al
lavoro ed ad essa funzionale, ad una in cui
emergono non lavoro, tempo libero ed ozio
creativo. Anche a livello aziendale questi
cambiamenti hanno avuto significativi sviluppi,
determinando la transizione da imprese di tipo
“product oriented” ad imprese “market oriented”:
nel primo tipo di imprese è il prodotto che
domina tutte le strategie aziendali, in termini di
tipologia del bene da realizzare, di modalità di
distribuzione e prezzo di vendita; la domanda ad
esse rivolta, in genere, sopravanza di gran lunga
l’offerta, mentre ancora non sono tenute in
considerazione, al momento dell’elaborazione dei
comportamenti dell’azienda, le preferenze dei
consumatori – pensiamo all’emblematica e storica
possibilità che H. Ford dava a chi volesse
acquistare l’auto “modello T”, di scegliere
qualsiasi colore “purché fosse nero”. Nell’impresa
market oriented, invece, la domanda gioca un
ruolo fondamentale nel processo produttivo; essa
è un’azienda aperta al mercato, completamente
dedita alla soddisfazione dei bisogni dei
consumatori, i quali, quindi, vengono ascoltati
con attenzione, diventando il centro intorno a cui
ruotano le strategie aziendali, punto di partenza
di ogni innovazione e cambiamento, come lo
stesso marketing concept prevede. Cambia, di
16
conseguenza, anche l’organizzazione interna alle
aziende, che da piramidale, lineare e tipicamente
funzionale, diviene orizzontale, flessibile,
matriciale, in cui il lavoratore non è più
considerato semplice mano d’opera ma persona
ed il lavoro non più posto fisso ma lavoro
flessibile e professionale.
Quali sono stati i fattori che hanno inciso di più su
tali mutamenti, rendendo possibile il passaggio al
nuovo paradigma postindustriale?
Sicuramente molte variabili hanno influito e molte
altre ancora oggi incidono sull’evoluzione della
nostra società, ma tra tutte, quelle che
maggiormente hanno prodotto questi
cambiamenti sono:
Il progresso tecnologico e scientifico
Il sistema economico è basato ormai su scienza
e tecnologia e le nuove invenzioni ed applicazioni
richiedono un grande impegno intellettuale nella
ricerca e nella gestione dei prodotti.
Microelettronica, biotecnologie, robotica
telecomunicazioni e computer sono i settori a più
alta crescita, le cosiddette “brainpower
industries”, non più dipendenti dalla disponibilità
di risorse naturali, localizzabili in qualsiasi parte
17
del pianeta e per le quali la principale fonte di
vantaggio competitivo è la conoscenza
3
.
Lo sviluppo dei mass media
Nella società postindustriale le tecnologie della
comunicazione acquisiscono un peso
indiscutibilmente maggiore rispetto al passato.
Pensiamo, a tale proposito, alla sempre maggiore
facilità d’accesso alle informazioni e alla sempre
più veloce possibilità di un loro aggiornamento.
Pensiamo all’introduzione del linguaggio digitale
accanto a quello analogico, che rende più
semplice ed immediato lo scambio di informazioni
anche in enormi quantità.
A tale proposito, nel suo testo “Essere digitali”,
Nicholas Negroponte spiega con massima
chiarezza e con la sua tipica vena ironica i
vantaggi della trasformazione degli atomi in bit:
“Non molto tempo fa partecipavo a un seminario
residenziale per dirigenti della PolyGram in
Canada, a Vancouver. Lo scopo era di migliorare
la comunicazione tra queste persone e dare a
3
Butera F. e La Rosa M. (a cura di), Formazione, sviluppo
organizzativo e gestione delle risorse umane, Franco Angeli, Milano,
1997.
18
ciascuna di esse la panoramica del nuovo anno,
presentando anche musiche, filmati, giochi e
video di prossimo lancio sul mercato. Questo
materiale doveva essere spedito al convegno
tramite corriere, sottoforma di CD audio,
videocassette e CD-ROM, ossia materiale fisico
imballato, con tanto di peso e ingombro. Per
sfortuna una parte del materiale fu trattenuta in
dogana. Quello stesso giorno, dalla mia stanza
d’albergo, attraverso Internet, io avevo
scambiato senza problemi bit con il MIT e altri
vari destinatari del mondo. I miei bit, a differenza
degli atomi della PolyGram, non erano stati
trattenuti in dogana”
4
.
Questo, per il mondo produttivo, non può che
significare una maggiore mobilità e un maggiore
decentramento delle attività produttive,
contrariamente alla tradizionale impostazione
centralizzatrice delle aziende.
Non bisogna dimenticare anche, però, che lo
stesso accesso all’informazione sta diventando
sempre più un drastico fattore discriminante tra i
paesi: come nota efficacemente Domenico De
4
Negroponte N., Essere digitali, Sperling & Kupfer, Milano, 1995
(ed. orig. Being Digital, Alfred Knopf, New York, 1995).
19
Masi ne “Il futuro del lavoro”
5
, infatti, ci sono più
telefoni nella sola isola di Manhattan che in tutta
l’Africa, i due terzi delle famiglie al mondo non
hanno il telefono e il cinquanta per cento dalla
popolazione mondiale non l’ha mai usato, forse
nemmeno visto.
La globalizzazione
Oggi un paese potentissimo, gli USA, governa
gran parte del pianeta e si avvia a colonizzarne il
resto; la strada dell’unificazione politica e
materiale è stata spianata da due guerre mondiali
e dalla guerra fredda; il trasferimento di merci e
persone è velocizzato dai nuovi mezzi di trasporto
e quello dei dati dalle reti telematiche; i processi
di unificazione socioculturale vengono facilitati dai
mass media e dall’evoluzione informatica
informatica; oggi l’intera umanità avverte le
stesse paure e nutre le stesse speranze… la
guerra… la pace. Questa, citando ancora una
volta De Masi, è la globalizzazione
6
. Ulrick Beck
7
la definisce “un’evidente perdita di confini
dell’agire quotidiano nelle differenti dimensioni
dell’economia, dell’informazione, della tecnica,
5
De Masi D., Il futuro del lavoro. Fatica e ozio nella società
postindustriale, Rizzoli, Milano, 1999.
6
Ibidem.
7
Beck U., Che cos’è la globalizzazione?, Carocci, Roma, 1999.
20
dell’ecologia, della società civile”. Sono sempre
più numerose, così, le imprese nel mondo, di ogni
nazionalità, che vanno espandendo la loro attività
oltre i confini nazionali per divenire col tempo
delle vere e proprie imprese multinazionali. Negli
ultimi anni si è verificata una considerevole
apertura dei mercati, l’economia globale ha
raggiunto un livello d’integrazione pressoché
totale, contro un livello del venticinque per cento
degli anni Ottanta e uno del cinquanta degli anni
Novanta. Le ragioni principali di tale evoluzione
risalgono a:
- la crescente influenza dei paesi meno
evoluti, che ospitano l’ottanta per cento
circa della popolazione mondiale; grazie a
dei tassi di crescita mediamente quasi
doppi rispetto a quelli dei paesi
industrializzati, questi paesi oggi appaiono
come il “quarto motore” dell’economia
mondiale dopo USA, Giappone ed Europa;
- l’integrazione dei mercati finanziari di tutto
il mondo;
- la maggiore efficienza dei trasporti, delle
telecomunicazioni e delle reti per la
trasmissione dei dati;
- l’apertura di nuovi mercati.
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Visto che molti mercati dei paesi maggiormente
industrializzati hanno raggiunto la saturazione, le
aziende cercano sui mercati stranieri uno sbocco
per la loro capacità produttiva in eccesso. Il PIL di
paesi come la Cina, la Polonia, la Repubblica
Ceca, sta crescendo ad una velocità doppia o
addirittura quadrupla rispetto a quello di paesi
come la Germania, gli USA, il Giappone. Poiché il
miglioramento del PIL è alla base del
miglioramento degli standard di vita, riflettendosi
su un più elevato reddito disponibile per le
famiglie, la tendenza a rivolgersi ai mercati esteri
può implicare, per le aziende che decidono di
affrontare questa avventura, un vero e proprio
boom delle vendite di beni e servizi.
Tale internazionalizzazione, comunque, può avere
anche una veste passiva, ovvero di acquisizione
del capitale di controllo delle imprese nazionali da
parte di aziende straniere. In Italia, ad esempio,
prestigiosi e noti marchi, come Buitoni, Perugina,
Martini, sono, oggi, di proprietà di aziende non
italiane.
Quella globalizzata, del resto, non è una società
priva di rischi e pericoli, che lo stesso Beck non
nasconde: rischi ecologici, per gli effetti
imprevisti delle nuove tecnologie sull’ambiente e
rischi sociali, per il crescere di insicurezza e
smarrimento; rischi, anch’essi non più
circoscrivibili come in passato.