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Introduzione
«Ciò che tutti dovrebbero dire è: il medium è il
messaggio, e il messaggio sono io. Bene, questa è la
risposta, se stai chiedendo una risposta. La risposta è
per tutti di alzarsi in piedi e dire: "io sono io!", e di
essere pienamente consapevole di questo fatto e fare in
modo che tutti gli altri lo sappiano. Che tu sei te stesso.
Ed esprimerlo!»
Jim Morrison
È consuetudine diffusa ed ormai consolidata che l’autore di una bibliografia, nel
presentarla al pubblico si dichiari in anticipo profondamente consapevole dei
limiti del proprio lavoro, quasi a voler prevenire e neutralizzare eventuali accuse
di incompletezza o giustificare preventivamente involontarie e fisiologiche
omissioni. Nel nostro caso, adottare questa misura prudenziale è a maggior
ragione necessario e, si potrebbe dire, fin troppo facile: lo impone, infatti, la
produzione teorica e storiografica sterminata sull’argomento e l’intento stesso del
presente lavoro, enunciato già nel sottotitolo, che vuole essere appunto solo un
excursus, fornire un primo orientamento senza nessuna pretesa di esaustività, dare
un saggio delle varie prospettive teoriche in cui si dipana l’attuale riflessione sulla
biografia e sull’autobiografia
1
.
Comincia così la prefazione di Rosario Diana al suo libro contenente una raccolta
bibliografica sulla biografia e sull’autobiografia: un excursus di “appena” 1269 testi tra
libri, riviste, articoli, siti e altro, scelti, appunto, all’interno di una produzione
«sterminata». La sua citazione in apertura dell’introduzione a questo lavoro ha,
ovviamente, lo scopo di rispettare la «consuetudine» del “mettere le mani avanti” di cui
parla Diana. Giusto per rendere l’idea, digitando il nome “Jim Morrison” come chiave
di ricerca nella sezione Biographies & Memoirs nella versione americana del sito di
Amazon, si ottengono oltre cinquecento risultati. E parliamo soltanto di libri. Da qui la
necessità di restringere il campo a solo quattro biografie, soprattutto in considerazione
dell’esigenza di dover spaziare tra media diversi in relazione allo scopo dell’indagine
che si prefigge questo lavoro. Che è appunto quello di indagare le relazioni transmediali
che intercorrono tra quattro delle centinaia di biografie dedicate a Jim Morrison,
1
R. Diana, Scritture della vita fra biografia ed autobiografia. Un excursus bibliografico, Liguori,
Napoli 2003, p. 1. (Il corsivo è dell’autore).
10
cantante dei Doors, band californiana di fine anni sessanta, scomparso a Parigi nel
luglio del 1971. Il lavoro è diviso in quattro capitoli, ciascuno dei quali tratta aspetti
specifici ma utili all’economia dell’elaborazione del discorso complessivo.
Nel primo capitolo, nell’inquadrare la biografia come medium nell’accezione
proposta da Marshall McLuhan, si cerca di eliminare tutte le ambiguità che la
caratterizzano nel momento in cui viene categorizzata come genere. Essa, infatti, è
solitamente definita come un ibrido di generi differenti quali, per esempio, la letteratura
e la storiografia. Partendo invece dall’impostazione mcluhaniana, secondo la quale il
contenuto di un medium è sempre un altro medium e considerando la biografia in
quanto medium, è possibile abbandonare una visione della biografia come ibrido e
acquisirne invece una dove, per esempio, la letteratura e la storiografia sono due media
contenuti dal medium biografia. A chiarire questo aspetto viene in aiuto il concetto di
rimediazione proposto da Jay David Bolter e Richard Grusin, elaborazione della
prospettiva mcluhaniana, attraverso il quale è possibile vedere come la biografia sia un
medium naturalmente tendente alla rimediazione nella sua doppia logica: quella
dell’ipermediazione, nella quale, appunto, una molteplicità di media è contenuta dentro
di essa e quella dell’immediatezza, nella quale il medium biografia tende a scomparire.
Quest’ultimo aspetto viene indagato attraverso l’analogia tra la luce elettrica e lo
storytelling, anch’essi entrambi considerati come media. Così come ci si accorge che la
luce elettrica è un medium quando illumina qualcosa – un qualcosa che è appunto il
contenuto del medium luce elettrica – così ci si accorge che lo storytelling è un medium
quando viene usato per narrare una storia attraverso il linguaggio di un medium
qualsiasi. In questa analogia, la biografia è paragonata a una lente che si interpone tra la
luce e l’oggetto illuminato, modificandone il colore. In questa prospettiva, viene
considerata come biografia non soltanto il saggio scritto secondo la prospettiva dei
generi, ma qualsiasi narrazione che riguarda la vita di una persona reale a prescindere
dal medium attraverso il quale viene veicolata.
Nel secondo capitolo, prima di aver chiarito cosa non è la transmedialità, si cerca
di darne una definizione e una descrizione circostanziate. Generalmente essa non viene
mai disgiunta dallo storytelling. In questo caso, invece, si prova a inquadrarla
separatamente partendo dal concetto di transtestualità proposto da Gèrard Genette. Se la
transtestualità è la relazione che intercorre tra testi differenti, la transmedialità non è
nient’altro che la relazione che intrattengono media differenti in virtù della relazione tra
i loro testi. Nel capitolo, offrendo degli esempi attraverso una delle quattro biografie
11
prese in esame, vengono passate in rassegna le varie forme di transmedialità, con
particolare attenzione all’intermedialità, che non è nient’altro che la rimediazione, e
all’ipermedialità che corrisponde invece all’adattamento, sul quale si focalizza
l’attenzione in modo da porre le basi per il capitolo successivo.
Nel terzo capitolo, attraverso l’analisi delle relazioni che intercorrono tra le
quattro biografie in oggetto – in particolar modo secondo le caratteristiche individuate
da Henry Jenkins –, si cerca di mettere in rilievo come la transmedialità sia connaturata
al medium biografia. Si mette in evidenza come la biografia rappresenti un tipo di
scrittura additiva in contrapposizione a quella collaborativa dei normali progetti
transmediali e a quella partecipativa che riguarda invece l’apporto dei fan al loro
franchise di riferimento. Nel far ciò si indagano i tre elementi fondamentali dello
storytelling in riferimento alle biografie su Jim Morrison e le singole biografie come
punti di accesso alla storia complessiva. Inoltre, in quanto artista, si tenta di inquadrare
Jim Morrison come medium e la sua vita come testo in relazione al discorso sugli
adattamenti che si era impostato nel capitolo precedente.
Infine, nel quarto e ultimo capitolo si cerca di scandagliare, soprattutto attraverso
la prospettiva di François Jost, quel territorio che delimita in maniera labile e incerta il
confine tra realtà e finzione, territorio che sembra contraddistinguere in particolar modo
la biografia. Chiarendo la natura del medium documentario, attraverso la comparazione
tra esso e il medium biopic e nonostante gli aspetti di finzionalizzazione che
contraddistinguono entrambi, si vedrà come possa essere sempre possibile rintracciare
una certa tensione verso una forma di verità universale che non riguarda soltanto la
persona biografata.
13
1 Come on biography, light my medium
“…finché dal mezzo di queste tenebre una luce
improvvisa mi illuminò, una luce così brillante e
portentosa eppure così semplice: cambiare i poli da
positivo a negativo e da negativo a positivo… Io solo
sono riuscito a scoprire il segreto di infondere la vita,
macché, anche di più: io, proprio io sono divenuto
capace di rianimare nuovamente la materia
inanimata...”
Il dottor Frederick Frankenstein (Gene Wilder) nel film Frankenstein Junior
1.1 Non è tutto biografia quel che “luccica”
«A partire dal settecento, tutte le definizioni di biografia si sono basate su tre
caratteristiche fondamentali: (1) essa consiste in un testo scritto; (2) rappresenta la vita
di una persona reale; (3) tale rappresentazione si realizza nella modalità del discorso
fattuale, cioè deve essere intesa come vera»
1
.
Queste caratteristiche escludono inesorabilmente dal novero delle biografie di Jim
Morrison tre dei quattro testi, di seguito elencati in ordine cronologico, oggetto di
analisi in questo lavoro:
- Nessuno uscirà vivo di qui di Jerry Hopkins e Danny Sugerman, la biografia
propriamente detta (1980);
- The Doors di Oliver Stone, il biopic (1991);
- When you're strange di Tom DiCillo, il rockumentary (2009).
- Jim Morrison. La biografia a fumetti di Frédéric Bertocchini e Jef, la graphic
novel (2010).
Anche escludendo la prima caratteristica, il biopic – termine composto dalle
parole inglesi biography e pictures – e la graphic novel verrebbero comunque
estromessi perché, per quanto rappresentino «la vita di una persona reale» entrambi non
rientrano nella terza caratteristica. Infatti, «il biopic [ma anche la graphic novel] è un
film [nel secondo caso, un fumetto] il cui personaggio protagonista è costruito ad
imitazione della persona realmente esistita di cui porta il nome»
2
. Di fatto, sono
l’equivalente cinematografico e fumettistico di ciò che viene indifferentemente
1
F. Fioroni, Dizionario di narratologia, ArchetipoLibri, Bologna 2010, p. 34.
2
F. Arlanch, Vite da film, Il film biografico nel cinema di Hollywood e nella televisione italiana,
FrancoAngeli, Milano 2008, p. 22.
14
chiamato romanzo biografico o biografia romanzata
3
. Sarebbe però più corretto
utilizzare la prima locuzione, perché stando alle caratteristiche iniziali, la seconda è
chiaramente un ossimoro. D’altronde, se The Doors è un film biografico e Jim
Morrison. La biografia a fumetti è un fumetto biografico, allora un eventuale libro «il
cui personaggio protagonista [dovesse essere] costruito ad imitazione» di Jim Morrison
dovrebbe chiamarsi romanzo biografico. Altra cosa è, invece, il romanzo (o il film)
autobiografico – del quale, al pari dell’autobiografia, in questa sede non ci si occuperà –
in cui una storia fittizia è più o meno ispirata alla vita dell’autore (o del regista).
Il rockumentary, invece, teoricamente ne farebbe parte. Il termine rockumentary
deriva dalla fusione delle parole inglesi rock e documentary e sta quindi a indicare un
genere specifico di documentario. I rockumentary biografici (e monografici, ma ne
esistono di altri generi) «sono opere che mirano ad inquadrare i musicisti in un ampio
orizzonte che si articola sul piano temporale. Al centro dell’operazione vi è l’esigenza di
modulare uno sguardo prospettico che investa un’intera carriera […]»
4
. Teoricamente, si
diceva, perché When you're strange presenta particolari caratteristiche che verranno
indagate approfonditamente negli ultimi due capitoli. In ogni caso, il documentario in
generale può essere considerato l’equivalente del saggio.
Ma la biografia propriamente detta è un saggio? Se la risposta è affermativa, che
tipo di saggio è? Oppure la biografia non è soltanto un saggio ma è anche qualcos’altro?
1.2 Il «genere» biografico
Queste domande contraddistinguono da sempre il dibattito sulla biografia. Infatti,
se si prova a prendere un testo a caso di questa «produzione teorica e storiografica
sterminata sull’argomento»
5
, c’è un’altissima probabilità di imbattersi in considerazioni
introduttive e generali sulla biografia, in cui se ne evidenziano le «caratteristiche ibride
che la collocano nel limbo dell’interdisciplinarietà»
6
e la sua «natura anfibia e
contradditoria»
7
che presenta «ab imis un intreccio di istanze diverse»
8
. Così come c’è
3
Uno straordinario esempio di romanzo biografico ce lo offre J. Banville con La notte di Keplero,
Guanda, Parma 1993.
4
U. Mosca, Cinema e Rock. Pop Culture e film d’autore, immaginario giovanile e «visioni» del
mondo, Utet, Torino 2008, p. 238.
5
R. Diana, Scritture della vita fra biografia ed autobiografia. Un excursus bibliografico, Liguori,
Napoli 2003, p. 1 (Il corsivo è dell’autore).
6 M Rebeschini, La biografia come genere storiografico tra storia politica e storia sociale.
Questioni e prospettive di metodo, in «Acta Histriae», volume14, febbraio 2006, p. 428.
7 F. Fioroni, op.cit., p. 35.
8 M. Sarnelli (a cura di), Biografia: genesi e strutture, Aracne, Roma 2003, p. 11.
15
una probabilità ancor più alta che, gli stessi testi, definiscano la biografia come un
«genere»
9
. Un genere «per lo più al confine tra storiografia e letteratura»
10
o comunque
che interagisce «con gli altri generi più o meno canonizzati della tradizione classica e
classicistica come la storiografia, l’epistolografia, l’elogio, la precettistica morale e la
narrazione tout court»
11
. Secondo il Vocabolario Treccani Online ciò che rende tale un
genere sono i «mezzi espressivi adoperati» e gli «argomenti trattati»
12
. Anche per il
Dizionario Hoepli Online, ciò che caratterizza un genere sono «una correlazione
organica tra determinati temi e specifiche scelte linguistiche e formali»
13
. Volendo
applicare rigidamente questa definizione, si dovrebbe trarre la conclusione che la
biografia non è un genere. Infatti, essa non ha un linguaggio proprio: all’occorrenza,
prende in prestito quello del genere con cui s’ibrida. In quest’ottica, la biografia
andrebbe inquadrata come un sottogenere, alla stregua, per esempio, del giallo che è un
sottogenere del genere romanzo. O del genere cinematografico. A tal proposito, «come
nell’ambito letterario, anche nell’ambito cinematografico (e televisivo) quello
biografico è un “genere instabile”, che conduce “un’esistenza sfuocata”»
14
. Tra l’altro, il
biopic è sempre anche un film di genere drammatico
15
.
Tuttavia, a controbilanciare l’assenza di una propria forma espressiva, la biografia
porta con sé una caratteristica unica rispetto a qualsiasi genere o sottogenere; una
caratteristica che, addirittura, ne determina in toto l’identità e la rende immediatamente
riconoscibile; essa, infatti, tratta un unico tema, sempre lo stesso: la storia di della vita
di una persona reale. Probabilmente ciò spiega perché nessun autore citato applica
rigidamente alla biografia la definizione di genere e preferisce, invece, riconoscerla
come un genere sui generis, limitandosi a rilevare, senza giustificarle, le contraddizioni
di questa scelta. Infatti, all’atto pratico, nel “sistema” dei generi, anche al di fuori della
letteratura, la biografia viene sempre identificata come un sottogenere. Non a caso, per
esempio, è sempre l’aggettivo “biografico” a descrivere il sostantivo “film” e mai
l’aggettivo “cinematografica” a identificare il sostantivo “biografia”. In questo modo,
infatti, le contraddizioni sembrerebbero attenuarsi ma si tratta solo di un’illusione ottica
che si cercherà di smascherare nel paragrafo 1.6.
9 Le ultime tre opere citate lo fanno per la prima volta rispettivamente a pagina 429, 35 e 11.
10 M Rebeschini, op.cit., p. 428.
11 M. Sarnelli op.cit., p. 11.
12
Genere in Vocabolario Treccani Online, http://www.treccani.it/vocabolario/genere/
13
Genere in Dizionario Hoepli Online,
http://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano/parola/g/genere.aspx?query=genere
14
F. Arlanch, op.cit., pp. 21-22.
15
Cfr. Ibidem.