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1) Costruzione dell’identità di marca
“Il comportamento è uno specchio in cui ognuno vede la propria immagine”.
J. W. Goethe, Massime e riflessioni, 39
“Il mezzo più efficace di ottenere fama è quello di far credere al mondo di essere
già famoso”. G. Leopardi, Zibaldone, VII,79,6
1.1 Brand Equity
“La definizione della marca è un‟arte e rappresenta il fondamento stesso del
marketing”(P.Kotler,2003,p.506). Parte cruciale nella fase di branding, cioè di
costruzione di un brand, è decidere un nome, che sia pregno di significato, e pure
evocativo. Si intuirà dunque come Rapagnetta possa venire facilmente scartato in
favore di un più altisonante d‟Annunzio, al quale se si aggiunge un nome
evangelico, come quello dell‟arcangelo Gabriele, si ottiene un significato
vagamente religioso (che lo scrittore sfacciatamente leggerà come il segno di una
predestinazione a un destino superiore a quello dei comuni mortali
(G.Turchetta,1990,p.6) ). Un nome „scelto‟ con così raffinata cura e tanto adatto al
personaggio e al suo stile, dal tono talmente enfatico che le malelingue lo
ritennero una delle numerose operazioni studiate a tavolino dall‟astuto
scrittore/comunicatore. Ipotesi confutata dai documenti dell‟anagrafe. Fu,
infatti, brillante idea, da vero uomo di marketing, attribuibile solo alla
lungimiranza del padre Francesco Paolo (il quale cambiò il proprio cognome con
quello del nobile zio, che lo aveva adottato).
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Kotler sostiene che la marca debba definire una mission e una vision di ciò che
essa deve essere e deve fare. Sembra saperlo il nostro d‟Annunzio, che appena
sedicenne delinea il proprio profilo in un‟epistola indirizzata all‟amico Cesare
Fontana, letterato milanese da poco conquistato:
Ho sedici anni e sento già fremermi nell‟anima e nel cervello i primi fuochi della
giovinezza che s‟avvicina : mi sta fitto in cuore un desiderio smodato di sapere
e di gloria, che spesso mi mette addosso una melanconia cupa e tormentosa e
mi sforza al pianto : sono insofferente di qualunque giogo : pronto all‟ira ed alle
offese quanto al perdono : leale e sprezzatore acerrimo dei vili : avverso per lo
più a tutto quel che fa il mondo : amatore ardente dell‟Arte nuova e delle donne
belle : singolarissimo nei gusti : tenacissimo nelle opinioni : schietto fino alla
durezza : prodigo fino allo sciupio : entusiasta fino alla follia...che più? Ah!
Avevo dimenticato una cosa: son cattivo poeta e intrepido narratore di sogni.
(T.Antongini,Vita segreta di G.d‟A.,p.42)
Dato che il posizionamento di una marca trae beneficio dall‟associazione del suo
nome ad almeno un vantaggio desiderabile, d‟Annunzio decide, senza badare a
spese, di legare il suo nome oltre che alla qualità dell‟opera (“in arte la forma è
tutto” dirà in una lettera a Teodolinda Pomarici; si definirà “conteur de
couleurs”, colorista verbale), al sogno (poiché la leggitrice - il conio è suo - cui si
rivolgerà, è invasa dal “bisogno del sogno”) e all‟avventura (si rende protagonista,
fin dai tempi del collegio, di clamorose sommosse, trascinando la sua compagnia
alle più folli insubordinazioni, ne è esempio la rivolta contro la “venefica polpetta
cicognina”, utilizzata come arma da lancio nella mensa del Cicognini, appunto;
intraprenderà numerosi duelli di spada, sarà amante dell‟equitazione, si metterà a
capo degli arditi conquistando la città di Fiume) anche all‟eleganza (nella Roma
degli anni ‟80 si imporrà come arbitro di tutte le eleganze, „arbiter elegantiarum‟,
cronista mondano dei salotti dell‟high life; si definirà con Treves un “uomo di
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lusso”) e all‟amore (sempre fu un fino amatore e quasi mai le sue numerosissime
liaison rimasero segrete : quando non fu lui stesso a renderle pubbliche, fu il
pubblico a scovarle).
Le marche più forti sono dotate di una spinta emotiva più che da un puro
interesse razionale; così Marc Gobe, autore di Emotional Branding, sostiene che
le marche di successo devono coinvolgere i clienti a una maggior profondità,
toccando le emozioni universali.
Un d‟Annunzio ventenne, improvvisato sociologo, aveva perfettamente intuito il
concetto, che vediamo esposto in un articolo del 7 giugno 1893 (più di cento
anni prima del dott. Gobe!), intitolato Preambolo:
[...] la passione ha un‟efficacia straordinaria su la massa popolare. Tutti i
sostenitori accattivanti di un‟idea emanano una forza suggestiva più cattivante
di qualunque sofisma. [...] Conviene dunque all‟artista moderno immergersi di
tratto in tratto nelle medie correnti vitali e mettere la propria anima in contatto
con l‟anima collettiva per sentire la tendenza oscura ma incessante e
inarrestabile, - se egli aspira a divenire l‟interprete e il messaggero del suo
tempo.
(A.Andreoli,Il Vivere Inimitabile,p.122)
Non è un caso se, nel 1909, il «Corriere della Sera » sarà disposto a pagare
1000 lire un „brano aviatorio‟ del suo romanzo in
uscita (Forse che sì Forse che no), nel quale descrive
l‟emozione del volo. Allora cominciava la „conquista
dei cieli‟ e d‟Annunzio fu il primo non-pilota a
volare. Barzini, giornalista del «Corriere», intervistò
subito l‟eccitato scrittore, eletto “rappresentante
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della sensibilità umana messa a bordo come uno strumento psichico di
precisione” : “Tutte le sensazioni del volo sono nuove. [...] Nel volo si perde il peso.
[...] Ci si sente lievi, eterei, trasfigurati. [...] Oh, io abbandonerei tutto, tutto per
dedicarmi all‟aviazione!” («Corriere della Sera», 13 settembre 1909).
Per ottenere successo risulta, tra le altre cose, necessario incontrare il gusto del
pubblico obiettivo, il così detto target. Quando nel 1888 d‟Annunzio decide,
con astuto piglio affaristico, di dedicarsi alla stesura di un romanzo, genere che
non vantava ancora una ricca tradizione in Italia, è supportato da un‟attenta
indagine di mercato. L‟autore conosceva bene, oltre alle interlocutrici delle classi
alte, anche le mediocri lettrici plebee e piccolo-borghesi. Costoro erano state
appagate dalle cronache del Duca Minimo (pseudonimo di successo usato dal
giovane giornalista negli articoli mondani della «Tribuna»), che permetteva loro
di „prender parte‟ alle inghirlandate serate dei salotti aristocratici, e di gustarne
l‟ambiente indugiando su sontuosi dettagli e pettegolezzi modaioli. Solo grazie ai
suoi articoli le lettrici di massa avevano accesso a quel mondo di sogno, a loro
interdetto nella realtà, di cui nutrivano i propri desideri. D‟Annunzio, attento
osservatore fu inoltre abile a cogliere l‟ondata di successo di cui godeva il genere
romanzo: “Migliaia e migliaia di volumi si propagano per tutta la penisola leggeri e
multicolori come foglie di una foresta battuta dal vento d‟autunno”. O ancora :
“Qualcuno aveva profetato : il Giornale ucciderà il Libro. – Ed ecco che il libro si
difende con innumerevoli prodigi”. (A.Andreoli,d‟Annunzio,p.111)
Sempre in disperata ricerca di denaro, poiché succube del “bisogno del
superfluo”, irretito da quel mondo del lusso di cui era reporter, caduto nel
vortice dei debiti (dato che lui, al contrario della moltitudine, voleva – o forse
doveva, per ragioni della tanto curata immagine di sé – poter vivere quel sogno,
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propagandato con la sua stessa firma), d‟Annunzio non poteva lasciarsi sfuggire
una ghiotta occasione di guadagno. Nella sua „analisi di mercato‟, infatti, precisa:
Il fatto è innegabile. Queste speculazioni librarie hanno una fortuna insperata. Il
commercio della prosa narrativa non era mai giunto a un tal grado di attività.
L‟appetito della moltitudine non era mai giunto a un così rapido consumo di
alimenti letterari. Gli stessi giornali politici quotidiani, i quali appunto si
rivolgono alla grande maggioranza, debbono quasi sempre l‟aumento o la
diminuzione della loro fortuna alla quantità dei romanzi pubblicati nelle loro
appendici che di giorno in giorno divengono più larghe e numerose.
(A.Andreoli,Il Vivere Inimitabile,p.139)
Dalla lettura degli Essais di Bourget il nostro manager apprende, inoltre, che il
romanzo è un initiateur, in grado di trascinare la moltitudine diffondendo
comportamenti, vezzi e mode. Da questo studio su più fronti (aveva
attentamente selezionato anche l‟editore: “Emilio Treves è il solo editore che in
Italia sappia lanciare un libro e diffonderlo”) prenderà corpo il Piacere, pubblicato
nel 1889.
Il valore della marca d‟Annunzio, e la sua affermazione, sono allora testimoniati
da diversi fattori:
ξ La concorrenza fu battuta (il Mastro - don Gesualdo di Verga, dello
stesso anno del Piacere, ebbe la peggio).
ξ Il romanzo suscitò scalpore e il dibattito pubblico intorno all‟autore
occupò per mesi i giornali.
ξ Il pubblico fu disposto a pagare 4 lire (circa 8 euro oggi) il libro. Prezzo
premium che d‟Annunzio ha potuto imporre “perché il pubblico – precisa a
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Treves –, è abituato a pagar caro i miei libri, dal San Pantaleone in
qua”(V.Salierno,1987,p.29).
ξ Poté far leva sul proprio potere di contrattazione per ottenere il 15% sul
prezzo di copertina.
ξ Serpeggiava tra i lettori un fenomeno diffuso di sovrapposizione tra
autore (marca) e personaggio del libro (prodotto), Andrea Sperelli. Fenomeno
non casuale, bensì fortemente ricercato da Gabriele; il quale si impegnerà per
render concreto l‟intento di Andrea di “fare la propria vita come si fa un‟opera
d‟arte”. Nel romanzo non mancano poi episodi coincidenti con la biografia dello
scrittore (la relazione tra Sperelli ed Elena Muti dura da novembre a marzo
proprio come quella tra d‟Annunzio e Olga Ossani, „Febea‟); le lettere private di
d‟Annunzio vengono trasposte interamente all‟interno della „finzione‟ (si tratta
delle epistole indirizzate a Barbara Leoni); da non sottovalutare poi, ai fini della
confusione creata tra realtà e romanzo, il fatto che il Piacere prende forma dagli
articoli giornalistici scritti da d‟Annunzio, proprio a Roma, negli anni
precedenti.
ξ Riuscì a creare un prodotto polisensuale, per dirla alla maniera di
Giampaolo Fabris, in grado di stimolare aree sensoriali tra loro differenti.
L‟illustre fisiologo Moleshott, per esempio, rimase impressionato
„olfattivamente‟ dal primo libro dell‟esteta, palesandogli la sua impressione:
“Questo libro odora di sperma”.
Ma eguale si conservò nel tempo la sua forza „multisensoriale‟.
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Il letterato tedesco Hugo von Hofmannsthal scrive su «Die Zeit» il suo parere
sulle Vergini delle rocce (romanzo che uscirà nel 1895): “Il leggerlo esercitò su
di me una tal forza, che a volte mi pareva che l‟autore mi portasse realmente
verso l‟intero suo paese, che Roma mi si avvicinasse, che il mare si sollevasse
vicino da ogni lato, e le stelle addirittura si tendessero verso la terra” (A.Andreoli,Il
Vivere inimitabile,p.293).
È d'Annunzio stesso a esprimere i suoi intenti riguardo il „polisensualismo‟:
parlando a Treves del Forse che sì forse che no dirà: “Il miglior libro è certo
quello che somiglia a un animale vivente, che percuota la terra con le sue quattro
zampe e attragga quanto può d‟aria dal suo petto immune d‟adipe. Certo in questa
„animalità‟ mi aiuta la mia natura sensuale, che con gli anni si esaspera invece di
placarsi. Che la bellezza del mio libro sia palpabile!” 30 agosto 1908 (G.Oliva,Lettere ai
Treves).
ξ Fu possibile un‟estensione della linea di prodotti sotto un‟unica marca
ombrello. Oltre alla poesia, al giornalismo, alla novellistica e alla critica si
aggiunse la narrativa. (L‟argomento verrà trattato più approfonditamente
all‟interno del paragrafo 1.2).
Da questa breve elencazione siamo in grado di apprezzare come d‟Annunzio,
nell‟arco di due lustri (il soggiorno romano ha inizio nel 1881), sia stato in
grado di affermarsi presso il grande pubblico e, ancor più importante, presso
l‟élite colta e i grandi „commercianti culturali‟.
Lo vediamo, difatti, ospite dei più raffinati salotti (le ricche dame ottocentesche
non chiedono altro che venir nominate nei suoi articoli) e attivo partecipante di
gruppi d‟artisti affermati (nel cenacolo di Francavilla aveva stretto amicizia con
coloro che lo accompagneranno, e nondimeno lo soccorreranno, per tutta la vita:
il pittore Francesco Paolo Michetti, lo scultore Costantino Barbella, il musicista
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Paolo Tosti, il poeta Paolo De Cecco, l‟etnologo Giovanni Finamore; per non
dimenticare la coppia che più lo sostenne agli esordi: Matilde Serao ed Edoardo
Scarfoglio).
Difficile sarebbe stato, nei suoi anni romani, non incontrare d‟Annunzio tra i
tavoli del caffè Greco di via dei Condotti, senza la compagnia di pittori quali
Ricci, Cabianca, De Maria, Sartorio, Cellini; ivi conobbe anche Angelo Conti,
teorico del preraffaellismo nostrano, filosofo oltre che interprete dell‟arte
figurativa. Né trascurabili furono i suoi rapporti con numerosi uomini d‟affari
(abbiamo già detto di Emilio Treves, possiamo aggiungere l‟audace
“pubblicitario” Angelo Sommaruga, editore del provocatorio e tanto discusso
Intermezzo di rime, il fiorentino Pietro Barbéra, il proprietario della «Nuova
Antologia» Giuseppe Protonotari, il capo della «Tribuna» principe Maffeo
Sciarra) e noti letterati (Francesco De Sanctis, Enrico Nencioni, Giuseppe
Chiarini e, niente meno che, il Vate in carica nell‟ottocento, Giosuè Carducci,
che sarà per Gabriele il “Maestro avverso”.
I quattro pilastri della marca
Il pubblicitario della Young & Rubicam, Marco Lombardi, nel Dolce Tuono
individua quattro pilastri a sostegno della marca totale (la marca del nuovo
millennio, fortemente emozionale, comunicativa, indirizzata a consumatori
esigenti). Essi vengono individuati in buone Performance, in un ricco Portfolio,
in solide Alleanze, in una positiva Reputazione.
Per apprezzare il successo d‟avanguardia del Brand d‟Annunzio possiamo
verificare la presenza di questi pilastri a fondamento della sua marca.