II
post-moderna fondata sul idea di flusso, che determina la creazione di quella
che Rifkin ha chiamato l’ “era dell’accesso”. Le componenti hardware
perdono progressivamente il loro valore diventando strumenti per la
commercializzazione dei software e degli up-grading. In molti mercati lo
spostamento dall’acquisto all’affitto ha raggiunto negli ultimi anni dimensioni
consistentiL’efficacia di questa nuova filosofia è dimostrata dalla crescente
domanda di intrattenimento in tutte le componenti della vita sociale
[Codeluppi 2000 e 2003] e dalla nascita di una cultura di losir [Morin 1974].
Il Marketing Esperienziale cerca di rispondere a tutte queste esigenze offrendo
alcuni strumenti teorici e pratici che presentano un’ unità di fini con quelli
della dottrina classica ma se ne discostano profondamente sia a livello pratico
che concettuale. Quella delle esperienze si presenta come un’offerta
economica autonoma, distinta da commodity, beni e servizi, di cui rappresenta
un’evoluzione nella scala del valore, garantendo la differenziazione
dell’offerta e il mantenimento di margini elevati.
L’impresa dovrà quindi cercare mettere in scena un’esperienza completa e
multisensoriale che non si limiti ad intrattenere, ma che sia anche in grado di
educare, coinvolgere ed estasiare il consumatore [Pine & Gilmore 2000].
L’obiettivo finale è la creazione di un’esperienza Olistica, che si ottiene
integrando esperienze sensoriali (SENSE), affettive (FEEL), cognitive
(THINK), comportamentali (ACT) e sociali (RELATE) [Schmitt 1999, 2003].
In questa logica rivestono un ruolo decisivo non solo gli strumenti classici di
comunicazione come la pubblicità, ma tutti gli elementi che rimandano alla
marca che devono essere coordinati dall’impresa per determinare
l’arricchimento semantico dell’esperienza del consumatore. Per questo
avranno grande rilevanza la pianificazione degli spazi, la gestione delle
comunità e la creazione di eventi dedicati che avvicinino i consumatori ai
valori della marca.
Nella prima sezione verranno dunque analizzati i principi teorici e le
applicazioni pratiche del Marketing Esperienziale, declinato nelle sue
componenti principali: mercato, target, posizionamento e comunicazione
esperienziali.
III
Nella seconda, invece, si prenderà in esame l’offerta di H3G da un punto di
vista esperienziale, seguendo la stessa struttura concettuale della prima
sezione, per semplificare il confronto tra la fase virtuale, di progettazione e
l’effettiva realizzazione.
Infatti, tra H3G e Marketing Esperienziale esiste una correlazione profonda,
visto che la sua offerta è basata sulla stessa filosofia di progressione del
valore. L’UMTS, infatti, nasce per soddisfare la crescente richiesta di Servizi a
Valore Aggiunto (VAS), aumentata del 30% annuo nell’ultimo triennio, che
testimonia il desiderio di una comunicazione sempre più ricca di contenuti e
costituisce il segmento a più alta redditività per le compagnie telefoniche.
La Telefonia è da sempre stata inserita all’interno dell’economia dei servizi
ma la multisensorialità permessa dalla videocomunicazione e la multicanalità
garantita dalla tecnologia UMTS fanno di 3 non più il fornitore di un servizio
ma il regista di un’esperienza: l’esperienza della videocomunicazione.
Il mercato si dimostra disposto a pagare per un surplus di valore, purché esso
sia realmente percepito. Per H3G si trattava di progettare un’esperienza
significativa e coerente, integrando ogni punto di contatto con il consumatore,
in modo da sfruttare la stimolazione multisensoriale e la multicanalità del
servizio. Il brand 3, quindi, per sua stessa natura si colloca in una dimensione
che supera l’economia dei servizi così come dimostrano sia la creazione del
primo logo multicolor al mondo che la gestione delle relazioni con la clientela.
Questo lavoro si pone dunque l’obiettivo di dimostrare come la progettazione
e la gestione strategica della marca siano state profondamente influenzate dai
principi del marketing esperienziale e di valutare l’esperienza complessiva
offerta al consumatore. Saranno indicate le aree di miglioramento e le
opportunità non sfruttate dalla compagnia, nella convinzione che una reale
progressione del valore economico sarà possibile solamente quando 3 riuscirà
ad impiegare tutti i moduli del marketing esperienziale, offrendo ai suoi
consumatori un’esperienza Olistica.
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
1
Sezione 1
Progettazione e costruzione di una
esperienza. Teorie e prassi.
La prima parte di questo lavoro si propone di spiegare, attraverso principi
teorici e case histories la pianificazione, l’allestimento e l’effettiva
realizzazione di un’esperienza. Il passaggio ad un’economia delle esperienze
come successione di quella dei servizi provoca un cambio totale di prospettiva
che coinvolge tutte le componenti del marketing, classico e non. Per questo,
tentando di rendere conto della grande diversità di approccio e dei
cambiamenti implicati, si parlerà di mercato, target, posizionamento e
comunicazione esperienziali. Non è, come potrebbe apparire, una differenza
terminologica, ma sostanziale. L’offerta di esperienze, infatti, comporta una
serie di strategie e di strumenti autonomi rispetto a quelli utilizzati in
precedenza, pur non rappresentando una rottura completa . Da qui la
commistione lessicale che unisce un primo termine legato alla disciplina
classica all’aggettivo esperienziale, sottolineando una continuità nei fini, ma
una forte diversità nei modi di operare in un contesto di marketing moderno e
più maturo. È, perciò, difficile distinguere tra le varie funzioni così come si è
sempre fatto nel marketing classico perché le celeberrime quattro P sono ormai
sostituite da un approccio unico ed integrato, pieno di sovrapposizioni e
contaminazioni. Nell’economia delle esperienze non si può separare il mercato
dal target, il posizionamento dalla comunicazione, perché tutto si inserisce in
un’ottica più complessa, totale, dove il risultato finale è largamente superiore
alla somma delle parti. Per chiarezza espositiva e per gli obiettivi di questo
lavoro era, comunque, necessario trattare separatamente ogni aspetto, in modo
da valutare le diversità specifiche di concetti e metodologie. Strumenti creati
per un mercato di massa saranno così confrontati con i loro eredi, utilizzati in
un contesto completamente diverso, dove customerizzazione, tecnologie ed
esperienze rappresentano la nuova realtà.
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
2
1.1 Il Mercato Esperienziale
Questo capitolo riguarda il contesto di mercato in cui l’economia delle
esperienze opera e prende forma, offrendo una sorta di percorso storico dal
marketing tradizionale al marketing esperienziale. I cambiamenti
nell’economia generale, nelle tecnologie e nella natura stessa dei
consumatori sono stati così profondi da provocare una vera e propria
rivoluzione nel contesto di mercato e, di conseguenza, nelle strategie di
marketing.
Il primo paragrafo analizza le caratteristiche del marketing tradizionale,
distinguendo gli aspetti di validità permanente da quelli ormai inadeguati.
Nel secondo si inizierà a parlare in modo più specifico dei principali
avvenimenti che hanno cambiato così profondamente il modo di essere
delle aziende degli ultimi anni. Una particolare attenzione sarà dedicata al
mondo di internet e alle sue promesse non mantenute. Si cercherà di
comprendere meglio i perché dei tanti fallimenti delle dot-com e le
opportunità che la rete può ancora offrire. Infine, i cambiamenti, definitivi,
che la rete ha provocato all’ esterno e all’interno delle imprese stesse con
una particolare attenzione al nuovo consumatore.
Alla luce di queste spinte al cambiamento sarà preso in esame il marketing
one-to-one, risposta estrema al mercato di massa, che teorizza una
accentuazione del processo di segmentazione fino a renderlo individuale.
Successivamente si tratteranno in modo più specifico le tematiche legate
all’approccio esperienziale, spiegando la legittimazione economica di
questa teoria e i meccanismi di progressione nella catena del valore.
Infine, si proverà a riassumere tutti i temi trattati in precedenza, offrendo
un quadro il più possibile esauriente di quelle che sono attualmente le
scelte e le strategie possibili per l’impresa che voglia iniziare una concreta
avventura nell’economia delle esperienze.
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
3
1.1.1 Il marketing tradizionale
“Il marketing è il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività di ideazione,
attribuzione di prezzo, promozione e distribuzione delle idee, prodotti e servizi allo scopo di
generare scambi che soddisfino gli obiettivi di individui ed organizzazioni”
1
E’ questa la definizione che l’AMA (American Marketing Association) dà del
marketing e dei suoi scopi. Il punto focale risiede nella funzione suprema del
marketing: generare scambi soddisfacenti per individui e organizzazioni. La
disciplina fu creata con questo scopo: facilitare gli scambi tra aziende e
consumatori in condizioni particolari di mercato. Nei primi anni della sua vita
il marketing apparve alle imprese come un efficace abilitatore di contatti tra le
aziende e i il pubblico dei consumatori. Si trattava di un mercato fortemente
massificato, retto da notevoli asimmetrie informative a favore dei produttori
che riuscivano, così, a gestire l’intera catena d’acquisto, mantenendo una
posizione dominante rispetto ai distributori e al consumatore
2
. Il possesso della
tecnologia e delle informazioni rilevanti determinava quale delle tre figure
presenti sul mercato detenesse il maggior potere all’interno dei complessi
rapporti commerciali tra produttori, distributori e compratori/clienti.
Fig. 1.1.1 Il mercato product-driven
Fonte: Schultz (2003)
1
American Marketing Association, 1985
2
, D.E Schulz, Evolving Marketing and Marketing Communication into the Twenty-First
Century, in Kellogg on Integrated Marketing,, Hoboken, NJ, John Wiley & Sons, 2003, pp. x-
xvi
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
4
In questo contesto l’esigenza primaria dei produttori era rappresentata dalla
stimolazione della domanda.
Lo sviluppo delle tecnologie di massa offrì al marketing un canale
fondamentale per raggiungere un larghissimo numero di persone attraverso
pubblicità, promozioni e comunicazioni in genere. Il consumatore era visto
come un semplice reagente agli stimoli esterni generati dalle agenzie
pubblicitarie. Non interessava comprendere i consumatori né tantomeno i loro
bisogni, visto che la creazione di desideri di appartenenza sociale era più che
sufficiente a creare grandi successi commerciali. Il “Keeping up with the
Jones” del dopoguerra esemplifica le tattiche comunicative del periodo, in cui
grandissima enfasi era riposta nel consumo e nel possesso come strumento per
il raggiungimento della felicità.
3
Successivamente, l’acquisizione di importanti strumenti tecnologici da parte
dei distributori provocò una ridefinizione dei rapporti di forza esistenti. Si rese
necessario un maggiore contatto tra produttore e catena distributiva, con
un’integrazione e una coerenza delle strategie per soddisfare al meglio il
mercato e creare modelli di reciproca profittabilità. Aumentano l’attenzione
verso il cliente e il tentativo di comprenderne aspettative e bisogni. Si parla
sempre di più di segmentazione, target e posizionamento, le tre unità basilari
che formano il marketing strategico
4
. Il nuovo credo è quello di dividere i
consumatori in gruppi omogenei sulla base di certi attributi considerati
rilevanti e distintivi.
Le variabili dominanti e maggiormente utilizzate sono quelle di tipo
geografico (legate alle zone di residenza dei consumatori), demografico
(generate da informazioni facilmente ottenibili quali età, sesso, status sociale,
familiare, educazione) e geodemografico o geoclustering
5
, ovvero l’uso
incrociato di entrambi i criteri. Basandosi sulla convinzione che individui
affini in età, genere e reddito abbiano gusti e bisogni simili, la segmentazione
fu vista come uno strumento per avvicinarsi alle richieste di un certo insieme
di consumatori. In una società di massa, però, i segmenti, per essere redditizi,
3
M. Lombardi, Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Milano, Angeli, 2002
4
R.P. Bagozzi, Fondamenti di marketing, Bologna, Il Mulino, 2001
5
PRIZM Lifestyle Segmentation, in “Claritas Croschure”, 1995
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
5
devono comprendere un numero molto elevato di persone, finendo così per
offrire beni che solo teoricamente sono in sintonia con le necessità dei
compratori. In realtà si assiste alla commercializzazione di prodotti tesi ad
interessare il più ampio numero possibile di persone, rese sempre più
omogenee dalle crescenti spinte all’aggregazione sociale.
Anche le strategie pubblicitarie e comunicative risentono dei cambiamenti
occorsi nella sfera sociale. In pubblicità si passa dalle teorie behavioriste
stimolo-risposta alla considerazione dell’individuo come elemento centrale per
il successo della campagna
6
. Inizialmente era opinione diffusa che la sola
esposizione al messaggio pubblicitario fosse sufficiente per determinare una
spinta all’acquisto. Le teorie più recenti, invece, assegnavano un ruolo
fondamentale al processo cognitivo ed emotivo del consumatore, la “variabile
interveniente” tra lo stimolo ricevuto e la risposta prodotta
7
. La comprensione
del comportamento d’acquisto venne facilitata dall’evoluzione della psicologia
cognitivista, che offre concetti nuovi al marketing, illuminando il processo di
ricezione e comprensione dei messaggi che era rimasto, prima di allora, legato
alle intuizioni e a conoscenze empiriche
8
. Il consumatore entra di diritto
all’interno delle considerazioni strategiche delle imprese, insieme ad una
moltitudine di valutazioni sulla motivazione, gli atteggiamenti, la percezione e
la dissonanza cognitiva.
9
Nello stesso tempo ci si rende conto che la segmentazione demografica non è
sufficiente a garantire un livello di prevedibilità accettabile, non essendo in
grado di considerare il contesto personale degli individui, fondamentale nei
processi di decisione. Si iniziano, quindi, a considerare anche variabili
psicologiche, quali stile di vita, personalità e motivazione, dando vita alla
segmentazione psicografica.
10
Il tentativo era quello di ottenere un quadro più
preciso e chiaro sulla propensione al consumo di certi gruppi di utenti, ma
6
G. Fabris, Pubblicità, Teorie e prassi, Milano, Angeli, 1992
7
G. Fabris, op.cit.
8
A. R. Pratkanis, E. Aronson, Psicologia delle comunicazioni di massa, Bologna, Il Mulino,
1996
9
L. Festinger, Teoria della dissonanza cognitiva, Milano, Angeli, 1973
10
R.P. Bagozzi, ib. p. 127
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
6
questo tipo di segmentazione ha sempre riscontrato difficoltà metodologiche e
funzionali.
La successiva evoluzione fu rappresentata dalla segmentazione
comportamentale, che “classifica i consumatori sulla base delle preferenze
espresse su marche e classi di prodotto e sui relativi modelli di
comportamento”
11
. In questo approccio vengono considerate alcune variabili
come la condizione d’uso del prodotto, lo stato di consapevolezza
dell’acquisto, l’intensità d’uso, la fedeltà alla marca e i benefici attesi. In
questo modo le imprese ottengono un quadro molto più completo delle
interazioni tra prodotto, comunicazione e consumatore, ricavandone
un’efficace strumento per la creazione e la ridefinizione delle proprie strategie
commerciali.
La segmentazione dei consumatori è intrinsecamente legata alla scelta del
mercato in cui l’impresa decide di operare e alla posizione che essa vuole
occupare all’interno di esso. La strategia di positioning o posizionamento
rappresenta l’elemento principale che l’impresa utilizza per differenziare la
propria offerta da quella dei concorrenti, per organizzare le componenti del
marketing mix e per occupare uno spazio ben preciso nella mente dei clienti.
Alla base della logica del posizionamento strategico sta la sovranità del
principio di differenziazione, per cui solo un prodotto che i consumatori
considerano realmente diverso da quelli esistenti può sperare di raggiungere il
successo commerciale e di mantenere una posizione di vantaggio rispetto ai
concorrenti.
Le teorie su come effettuare un’efficace posizionamento strategico sono
molteplici e a volte contraddittorie e la loro trattazione esaustiva non è negli
intenti di questa breve carrellata sugli elementi del marketing tradizionale. Nel
corso della storia di questa disciplina, comunque, hanno avuto grande peso le
idee di Rosser Reeves, padre dell’Unique Selling Proposition (USP), ovvero la
convinzione che una strategia di posizionamento debba basarsi esclusivamente
su una sola argomentazione di vendita per ciascun prodotto/marca. Secondo i
principi di Reeves, infatti, fare leva su molti benefici della marca provoca una
11
idem, p. 129
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
7
diminuzione della chiarezza comunicativa e, di conseguenza, una posizione
sfuocata nella mente dei consumatori. La scelta tra base di posizionamento
unica o multipla è solamente una delle numerose possibilità offerte all’impresa
per posizionare una marca/prodotto ex novo o ridefinire lo spazio di mercato
occupato in precedenza.
L’approccio storicamente più utilizzato poggia sull’esaltazione delle
caratteristiche e dei benefici del prodotto (Features and Benefits o F&B),
come il prezzo, la qualità, o le specificità tecniche. In questo modo l’impresa
focalizza l’attenzione del cliente sulla parte hard del prodotto, ancorandosi ad
una effettiva o presunta superiorità rispetto alla concorrenza.
Un’ organizzazione può anche decidere di focalizzare l’attenzione su fattori
alternativi, come la funzione o l’occasione d’uso, oppure fare leva su una
particolare categoria di utilizzatori o, ancora, esaltare i vantaggi della propria
marca rispetto alla concorrenza. Negli ultimi anni un numero sempre
crescente di analisti ha sollevato perplessità sulla sostenibilità del modello
F&B, percependo rischi insiti in tale approccio in un mercato divenuto sempre
più complesso, concorrenziale e globale. Secondo Bernd Schmitt, autore di
Experiential Marketing, il largo uso che il marketing tradizionale fa del
posizionamento basato su caratteristiche e benefici funzionali indebolisce il
rapporto tra l’azienda e i consumatori, creando una relazione sterile, basata
sugli attributi hard del prodotto
12
.
Sempre secondo lo stesso autore, definire il proprio mercato in base al
beneficio soddisfatto o alle funzionalità offerte determina una visione miope
della categoria di prodotto in cui l’impresa si trova a competere. Se prendiamo
ad esempio il caso del mercato delle bibite gassate zuccherate, se Coca-Cola si
posizionasse in base a questa definizione avrebbe in Pepsi il concorrente
principale, ma se la stessa organizzazione allarga la sua base a “bevanda
dissetante” il numero di competitors aumenta in modo esponenziale. In questo
caso lo stesso marchio si troverà a competere anche con tè freddo,
integratori, birra e acqua.
12
B.H. Schmitt, Experiential Marketing, New York, The Free Press, 1999
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
8
Inoltre, quando l’organizzazione esalta i benefici funzionali del proprio
prodotto postula di trovarsi davanti ad individui che sono decisori razionali.
Durante tutta la storia dell’economia il consumatore è sempre stato visto come
un essere razionale che prende decisioni basandosi sulle caratteristiche
tecniche dei prodotti, la loro qualità e il loro prezzo. Un simile approccio
provoca una visione parziale dei processi d’acquisto prima e dei rapporti tra
marca e clienti poi. I motivi che spingono all’acquisto, come dimostrato da
molti studi
13
e dall’esperienza personale di ognuno di noi sono molteplici e
spesso irrazionali.Compriamo in relazione all’umore del momento, alle
sensazioni che proviamo o alle emozioni che un determinato oggetto ci
suscita. Il che è largamente distante da una decisione puramente razionale.
Infine, ultima conseguenza di un approccio basato su benefici funzionali è
l’utilizzo di strumenti analitici, quantitativi e verbali che, nati per soddisfare il
bisogno di dati concreti e affidabili, rischiano di ingabbiare la creatività e la
flessibilità del processo di ricerca di informazioni. Un’analisi fondata su
elementi statistici ed ancorata a rigidi modelli preconfezionati rischia di
fornire un quadro solamente parziale della realtà.
Calder e Malthouse sottolineano come nella visione tradizionale
dell’organizzazione il marketing rappresenti una qualsiasi funzione aziendale,
al pari di finanza e produzione
14
. L’immediata conseguenza è il pericolo di una
scarsa integrazione tra le diverse funzioni aziendali, con grandi difficoltà per
lo scambio dei dati e un danno consistente alla coerenza dell’offerta
complessiva dell’impresa.
Se sceglie un posizionamento “prodotto-centrico” l’azienda è poi obbligata ad
individuare segmenti di mercato molto ampi che possano massimizzare gli
sforzi comunicativi e garantire una sufficiente profittabilità. Il problema è che
se il posizionamento stabilito è tenuto a soddisfare un numero elevato di
clienti dovrà sostenere attributi astratti e generali, finendo per non essere
veramente significativo per il proprio target.
13
J. Engel, R.D. Blackwell, P.W. Miniard, Consumer Behavior, Hinsdale, IL, Dryden press,
1994
14
B.J. Calder e E.C. Malthouse, What is integrated marketing, in Kellogg on integrated
marketing, op.cit.
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
9
La conclusione di Calder e Malthouse è abbastanza chiara:
Customers get a sense that the product is for them, but they do not experience a close tie to the
product; they identify more with the specific product and less with a larger brand concept.
They see the product as a one-time or repeated decision that is a small part of their overall
behavior.
15
In un mercato come quello moderno, caratterizzato da una sostanziale
omogeneità dei prodotti, a parità di altre condizioni, l’unico fattore
discriminante è il prezzo. Ma la competizione sul prezzo non è un modello
profittevole né sostenibile nel lungo periodo
16
. Le tattiche di riduzione dei
costi, reengineering e downsizing degli ultimi anni non apportano nessuna
differenziazione all'offerta. Anche il modello di acquisizioni e fusioni è entrato
in crisi, visto che le economie di scala sono sostituite dalle economie di
velocità.
I tempi sembrano insomma maturi per un’evoluzione del marketing
tradizionale. Come afferma Hamel “per creare nuova ricchezza, un’azienda
deve essere disposta ad abbandonare la propria strada corrente…ed
abbracciare un modello di business rivoluzionario”. L’economia delle
esperienze, appunto.
1.1.2 L’eredità della rete
Per ben comprendere il significato del marketing esperienziale è
indispensabile considerare gli sconvolgimenti causati dallo sviluppo di
Internet. Gli anni di fuoco della new economy hanno provocato più scottature
che successi, tramutando quella che era stata annunciata come una rivoluzione
epocale nella tomba di gran parte delle dot-com. Ciò non toglie che il world
wide web abbia modificato drasticamente il contesto di mercato, con pesanti
implicazioni per la stessa struttura organizzativa delle imprese.
Dopo lo scoppio della bolla speculativa, si è assistito ad una sorta di fuga
generalizzata dalle ragnatele della new-economy, con la demonizzazione di un
modello economico considerato troppo fragile. Gli errori delle aziende della
15
idem., p.12
16
G. Hamel, Leader della rivoluzione, Milano, Il sole 24 ore, 2001
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
10
rete, però, non devono influenzare la valutazione oggettiva delle opportunità.
Le organizzazioni moderne, infatti, rischiano di sottovalutare la portata dei
cambiamenti innescati dall’interattività delle reti, scegliendo una strategia di
“restaurazione” che potrebbe rivelarsi miope. In effetti, la maggior parte delle
previsioni di profitto per le aziende del web si sono rivelate azzardate, ma
Internet ha ridefinito la nostra esistenza, semplicemente non come si pensava.
Innanzitutto, lo sviluppo di importanti tecnologie informatiche a disposizione
del consumatore ha provocato un passaggio di potere all’interno dei rapporti
economici. Con l’avvento di Internet, i costi di acquisizione delle informazioni
vengono drasticamente abbattuti, tanto da ribaltare le equazioni di valore
dell’economia precedente. Si assiste al passaggio da un mercato dominato da
produttori e distributori, a un mercato customer-oriented, di cui il cliente è la
componente principale. Il risultato finale è la nascita di una “marketing
diagonal” che rende conto del trasferimento di potere dalle aziende ai
consumatori e che obbliga l’impresa ad un atteggiamento completamente
diverso rispetto al passato
17
. I consumatori, adesso, sono in grado di
confrontare offerte e prezzi, comunicare con altri clienti e superare le barriere
della territorialità.
Fig. 1.1.2 La marketing diagonal
Fonte: Schultz (2003)
17
D.E Schulz, op.cit., pp. xiii-xiv
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
11
Internet, insomma, ha aumentato in modo considerevole le possibilità di
contatto tra gli individui, contribuendo alla riduzione dell’asimmetria
informativa che per anni è stata il cardine delle teorie dell’economia classica.
La ridefinizione della relazione azienda-consumatore determina anche
un’evoluzione del modello di comunicazione, che passa dal broadcasting
tipico delle società di massa, al modello partecipativo dell’agorà, in cui la
relazione è sostanzialmente biunivoca.
18
Il consumatore, agevolato dalle nuove
tecnologie, non è più solamente un bersaglio, ma un interlocutore
dell’impresa. All’interno della critica, però, non ci sono pareri concordi su chi
siano i veri beneficiari di questo processo. Jeremy Rifkin, per esempio,
sostiene che
nonostante Internet e il ciberspazio conferiscano al singolo consumatore un limitato potere di
controsorveglianza e permettano l’interattività, l’impresa sa molto di più sul consumatore di
quanto il consumatore possa anche solo immaginare dell’azienda che ha di fronte. L’algebra
del mercato elettronico è tutta a favore dell’azienda.
19
Secondo questo autore le nuove tecnologie hanno sì fornito agli individui un
numero maggiore di informazioni su merci e produttori, ma hanno anche
permesso alle aziende di acquisire dati precisi su preferenze e comportamenti
d’acquisto. Attraverso i codici a barre e, recentemente, con l’ introduzione
delle carte fedeltà, le aziende ottengono informazioni molto precise sui propri
clienti, tanto da poterne dirigere e controllare i comportamenti. Secondo
questa prospettiva il sostanziale squilibrio che ha caratterizzato il periodo
economico precedente non sarebbe risolto.
Ma se si analizza il problema in questi termini, quella tra azienda e
consumatore rimarrà sempre una relazione sbilanciata, data la diversità degli
strumenti a disposizione. Inoltre, l’acquisizione di informazioni sui clienti da
parte delle imprese, considerata da Rifkin come un’ulteriore perpetrazione
dello strapotere delle organizzazioni sul cittadino, ha costituito l’elemento
centrale per realizzare il passaggio da un’economia di massa alla
18
A. Tombolini, prefazione all’edizione italiana di Cluetrain Manifesto, Roma, Fazi Editore,
2001
19
J. Rifkin, L’era dell’accesso, Milano, Mondatori, 2001, p.137
Capitolo 1.1 Mercato Esperienziale
12
personalizzazione, permettendo l’offerta di una maggiore varietà di prodotti
sia in senso orizzontale che verticale. La rivoluzione di Internet non è
semplicemente tecnica, ma concettuale, con un nuovo mondo che si apre
davanti al consumatore, che sembra trarre il maggior vantaggio dalle
innovazioni della rete.
Per adeguarsi le imprese hanno iniziato a servirsi della segmentazione in modo
completamente diverso. Dall’attenzione per le dimensioni dei segmenti si è
passati a considerarne la qualità e la rilevanza, promuovendo offerte specifiche
e mirate.
La vecchia relazione monodirezionale tra azienda e consumatore viene perciò
sostituita da un rapporto biunivoco, in cui il cliente diventa co-produttore. Le
imprese iniziano a fornire ai loro clienti un grado sempre crescente di
personalizzazione, attraverso piattaforme modulari implementabili.
Per molti autori stiamo assistendo ad una perdita di peso dell’economia nel
senso che gli assets fisici che costituivano la parte centrale dell’economia del
capitale hanno perso la loro importanza, a favore di strutture più “leggere” e
flessibili, favorite dallo sviluppo di circuiti veramente globali
20
. Il ricorso all’
”alleggerimento” delle transazioni era già consistente prima dell’era di
Internet, ma è stata notevolmente amplificata dall’introduzione della rete.
Secondo Carlini “quanto sta avvenendo non porta comunque i segni di un
rivolgimento generale, ma semmai dilata all’estremo alcuni caratteri che sono
già pienamente operanti della società dei bit, dove merci per lo più immateriali
dilagano senza confini né barriere”
21
.
Nello stesso tempo anche le imprese si adeguano al nuovo contesto di
flessibilità, riprogettando completamente i loro spazi. Non si vedono più uffici
personali ed esclusivi ma si assiste alla creazione di aree comuni, che
favoriscono l’interscambio e la condivisione delle idee. Più in generale, è
l’intera nozione di proprietà ad essere messa in discussione, a favore della
logica dello sfruttamento e dell’accesso
22
.
20
D. Coyle, The Weightless World: Strategies for Managing the Digital Economy, Cambridge,
Mit Press, 1997
21
F. Carlini, Lo stile del Web : parole e immagini nella comunicazione di rete, Torino,
Einaudi, 1999
22
J. Rifkin, op. cit.