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strambo, pieno di idiosincrasie e di paure fobiche, terrorizzato dal pubblico,
assuefatto alle medicine, in pratica un “eccentrico” (anche se poi lo stesso
Gould negherà questa definizione di se stesso)(Gould, 1989).
In seguito mi venne il sospetto che la voce era invece un espediente per
aggiungere un’ulteriore “linea” melodica alle tre, quattro, cinque, presenti
nelle fughe. Mi solleticò l’idea che quel modo di bofonchiare durante
l’esecuzione non era altro che un aiuto ad interpretare meglio il complesso
gioco di intrecci tra le varie voci in contrappunto.
La mia insegnante di pianoforte mi diceva spesso che la mia mano sinistra era
“pesante” e che spesso gli accompagnamenti che eseguivo si sentivano di più
che la melodia, e forse lei non capiva il mio amore per la musica di Bach (che
volevo eseguire continuamente) e l’odio (o meglio, l’incomprensione o
l’indifferenza) che provavo per il repertorio pianistico tradizionale, fatto
spesso di monodie accompagnate. In questo mio amore per il contrappunto e
per l’armonia, mi trovavo in qualche modo in sintonia anche con i gusti
musicali di Gould, che, come ormai l’agiografia ha messo in risalto molte
volte, “saltava” a piè pari circa 100 anni di pianismo, leggendo compositori di
epoche precedenti a quella di Bach (i cosiddetti “madrigalisti inglesi” o
Sweelink o Gibbons), conservando “qualche” Beethoven e ripiombando nel
’900 con Berg e Prokofiev e Hindemith (a volte facendo anche scelte di
repertorio a dir poco discutibili). Ogni musica era per lui interessante solo se
rivelava qualche intreccio di voci, e ricercava ossessivamente contrappunti
anche quando non c’erano. Sappiamo cosa pensava di Mozart (e non erano
giudizi benevoli, per usare un eufemismo) e come invece adorava Schoenberg.
Unica concessione all’800 sembrava Wagner, ma forse per motivi extra-
musicali, e in ogni caso non interessanti per questo studio.
Inoltre ho sempre ammirato i pianisti che facevano “sentire” la mano sinistra
(ed in questo la mia insegnante non ha mai potuto fare nulla per diminuire la
mia “pressione” sul registro grave) ed il jazz è stato per me un’altra
folgorazione, dal momento che la mano sinistra in accordi si fa certamente più
sentire che non nel pianismo classico. Un pianismo percussivo, questa era la
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mia caratteristica (e lo è ancora) di musicista, che in fase di improvvisazione
predilige controtempi e sincopi a lunghe frasi melodiche cantabili.
Un’eredità del mancinismo? E’ sempre stata una mia “domanda mai
espressa”, a cui oggi vorrei tentarne una spiegazione.
…und Fuga
Sono tante le voci che si inseguono e concorrono a fare del mancino ancora
oggi un “caso” non del tutto risolto. Sappiamo varie cose su chi preferisce
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usare la mano sinistra al posto della destra, come sappiamo che ancora oggi
un soggetto mancino vive di pregiudizi, difficoltà intrinseche legate all’atto
dello scrivere o all’uso di utensili, ma che spesso trova anche una sua
collocazione in società, a cominciare dalla predilezione che mostrano gli
allenatori sportivi che amano avere almeno due o tre mancini in squadre di
calcio o di football o di baseball. La percezione che il mancino sia
naturalmente fantasioso è ormai un dato quasi scontato tra la gente comune.
Queste voci discordanti (o, per usare un termine musicale, “dissonanti”) sono
ancora frutto di un retaggio antico, che vedeva nel mancino un essere
innaturale, malefico, dominato dal diavolo in persona, e che la cosa più
naturale doveva esserne la soppressione, oppure la “rieducazione” all’uso
della “mano giusta”.
Se in un vocabolario andiamo all’aggettivo/sostantivo “mancino” (od al suo
omologo “sinistro”) vediamo subito che il termine indica qualcosa di
sbagliato, o di infausto, o di negativo (il “tiro mancino”come un colpo inferto
con astuzia o a tradimento, mentre il “sinistro” usato come sostantivo indica
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L’uso del termine “preferire” la sinistra è un altro esempio dell’imbarazzo, tipicamente
politically correct, con cui, con un accento di ipocrisia, non si riesce a chiamare le cose col
proprio nome. In un’intervista celebre, Ray Charles affermò che la cosa che più lo aveva
danneggiato nella sua vita non era l’essere “cieco”, ma “negro”, evitando così di usare termini
tipici del “politicamente corretto” come “afro-americano” (o peggio, “di colore”) e “non
vedente”. E’ chiaro che l’utilizzo della mano sinistra come dominante non è una questione di
“preferire”, ma di sentire che “naturalmente” si usa la sinistra “al posto di”, “come se fosse”, la
destra.
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l’incidente automobilistico mentre come aggettivo si intende qualcosa “che
incute paura o terrore”).
3
Ma sappiamo anche che, per certi aspetti, l’essere mancino ha consentito ad
artisti (nel passato soprattutto pittori) di essere considerati più geniali, proprio
in grazia dell’essere mancino. Pensiamo a Leonardo, di cui per secoli è stato
mitizzato il suo originale (ma a pensarci bene non tanto) modo di scrivere, per
lui assolutamente naturale, da destra verso sinistra.
Questo tipo di scrittura “inversa”, che Leonardo usava abitualmente, è stata
scambiata per molto tempo come un modo per nascondere o criptare le sue
considerazioni. È vero che occasionalmente egli smembra alcune parole o
inserisce interpunzioni, chiaramente volte a rendere più difficoltosa la lettura;
ma il fatto stesso che questo accada raramente, non può valere come un intento
di creare una vera e propria scrittura crittografica o cifrata. Un altro indizio
sembra far propendere per un uso della scrittura inversa come abituale e
naturale per Leonardo, ossia il fatto che anche le “belle copie” dei suoi
manoscritti si presentano “a specchio” e che proprio davanti ad uno specchio,
questi si leggono senza grandi difficoltà.
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D’altronde, se consideriamo questa
modalità di scrittura alla luce della complessa personalità vinciana, risulta
plausibile la tesi che lo “scrivere a rovescio” fosse solo un modo per
considerare le sue speculazioni come soliloqui, che egli vuole in qualche modo
difendere da occhi indiscreti. Nel suo Trattato di pittura
5
spesso afferma di
sentirsi solo con se stesso (“se tu sarai solo, sarai tutto tuo”), forse a causa
dell’incomprensione che i suoi studi suscitavano presso i contemporanei, o
forse a causa del suo essere mancino. Questo noi non lo sapremo mai, ma è
affascinante immaginarlo al lavoro, genio famelico ma sostanzialmente isolato.
Se dal mondo dell’arte passiamo a quello di altri campi, pensiamo solo alla
considerazione che il mancino ha nell’ambito dello sport, dai vari campioni del
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L’uso del termine “destro” e dei suoi derivati (come ad esempio “destrezza” o “destreggiarsi”)
ha indicato, invece, nel corso della storia, un’attitudine all’abilità, alla prontezza, alla sveltezza.
Mancinismo, inoltre, è sempre usato come un termine negativo (come tutti gli “ismi”), che
rassomiglia più ad una sindrome che non ad un’attitudine fisiologica e biologica.
4
Uno studio approfondito sui manoscritti di Leonardo potrebbe essere il punto di partenza per
verificare se una scrittura inversa sia effettivamente funzionale per i mancini o se questa era una
prerogativa solo del grande artista toscano.
5
Trattato di pittura, Biblioteca Vaticana, Codice Urbinate, lato 1270, 31 v., citato da Ludwig
Heydenreich in Enciclopedia Universale dell’Arte, Vol.VIII, lato 565.
5
calcio come Maradona, o del tennis come John McEnroe. Genio e sregolatezza,
si dice, infatti, a proposito di chi difficilmente riesce ad essere catalogato, e
quindi alla genialità deve per forza essere associata un’altra qualità
indefinibile, e, per contro, opposta.
E nella musica? Se andiamo a leggere i siti o le pubblicazioni che snocciolano
liste di mancini famosi, ci imbattiamo in (insospettate, per la quantità!) schiere
di musicisti considerati mancini (a volte in maniera impropria, mancando di
dati precisi) come ad esempio: Carl Philipp Emanuel Bach, Sergej
Rachmaninoff, Maurice Ravel, Sergej Prokofiev. Qualcuno sostiene addirittura
che Ludwig van Beethoven usava preferibilmente la mano sinistra,
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ma senza
andare troppo indietro nel tempo, troviamo, in epoche più vicine alla nostra,
musicisti del calibro di Cole Porter, Jimi Hendrix, Phil Collins, David Bowie, e
tanti altri, che non solo sappiamo essere sicuramente mancini, ma che hanno
adottato strategie diverse per imparare a suonare. E, naturalmente, Glenn
Gould!
Invenzioni a due voci
Mi sono fatto una domanda, che è poi l’idea di fondo di questo lavoro: essere
mancino è un problema in musica? O, al contrario, rappresenta un vantaggio?
Oppure, per assurdo, né l’uno né l’altro? Siccome ogni medaglia ha un suo
rovescio, anche una predisposizione diversa (o più predisposizioni, come
vedremo in seguito) non fanno altro che tracciare percorsi diversi, multiformi,
a più dimensioni.
La musica del resto è un’espressione umana multidimensionale,
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che attiva
sinestesie tra sistemi sensoriali diversi come l’udito, la vista, il tatto, e
coinvolge funzioni cerebrali diverse (il movimento degli arti, la lettura della
partitura, l’analisi strutturale ed armonica, la segmentazione melodica, il senso
del tempo e del ritmo, le sensazioni e le emozioni, ecc.).
6
Nel famoso ritratto di Steiler lo vediamo, infatti, impugnare la penna con la mano destra, per cui
l’ipotesi che fosse mancino è molto contestata e manca di un fondamento scientifico.
7
Già Imberty l’aveva fatto notare nel suo Suoni, Emozioni, Significati (1986), e solo analizzando
l’atto di ascoltare!
6
La Biologia, la Storia, le moderne Neuroscienze, la stessa Psicologia, ci
consegnano due scenari diversi, contrastanti, da una parte chi sostiene che il
mancinismo (predisposizione biologica o ereditaria o “incidente” che avviene
durante la gravidanza
8
) sia un dato negativo, che genera superstizioni e falsi
pregiudizi, e dall’altra chi invece sostiene il contrario, che chi si avvicina ad
un’arte sofisticata come la musica sia potenzialmente superiore, o meglio
avvantaggiato rispetto ad un destro.
9
Ritorniamo per un momento a Glenn Gould: sappiamo che era mancino,
conosciamo come sia stato il suo apprendistato, precocissimo, aiutato dalla
madre pianista, e immaginiamo che un inizio in un ambiente familiare così
importante per la musica lo abbia messo nelle condizioni migliori per poter
diventare l’eccellente esecutore che la discografia ci ha consegnato. Ma la
biografia, ahimè, non ci aiuta molto a capire quali e quante difficoltà (se ci
sono state) ha dovuto superare il piccolo musicista, e soprattutto se sono state
veri e propri ostacoli o, al contrario, l’essere mancino era indifferente o lo
avvantaggiava. E’ solo attraverso l’analisi dello stile e del tocco, che noi
potremmo inferire delle notizie utili, come per esempio il suo modo di
“segnalare” l’entrata di un tema di una fuga con ampi gesti della mano
sinistra (mentre la destra non compie mai nessuna evoluzione) o all’uso di
incroci tra le braccia non previsti in partitura, od altro ancora.
Adagio ma non troppo
Pregiudizio o paura? Questo in sostanza l’atteggiamento, per molte persone
ancora dominante, che attraversa l’immaginario collettivo sulla cosiddetta
manualità, che vede un soggetto “normale” come destrimane, e che trova nella
“anormalità” di un mancino un problema sociale, che corrisponde ad un
8
Per esempio la cosiddetta “Teoria del Mancinismo” di Geschwind e Galaburda, che sarà trattata
nel Capitolo Secondo, ed aspramente contestata da Monica Watkins nel suo Creation of the
Sinister come una teoria generatrice di pregiudizi e di una (ancora indimostrata) incapacità dei
mancini sul versante dell’apprendimento della lettura e della scrittura.
9
Da notare invece come già Marianne Hassler, nel suo Biologia e Creatività (in , 2002), rilegge
diversamente la teoria di Geschwind e Galaburda, a proposito del ritardo dello sviluppo
dell’emisfero cerebrale sinistro durante la gravidanza che creerebbe contemporaneamente più
mancini o ambidestri e parallelamente un maggior sviluppo dell’emisfero destro legato allo
sviluppo di abilità musicali o spaziali; mi riferisco inoltre agli studi di Diana Deutsch sull’ascolto
dicotico, che garantirebbe una superiorità dei mancini nell’ascolto musicale, e di Bruno Laeng e
Lutz Jancke sul cosiddetto “pianoforte rovesciato”, di cui parlerò approfonditamente nella
seconda sezione di questa Tesi.
7
ritardo biologico nell’apprendimento, di una malformazione da curare, di una
incapacità ad usare le forbici, o nell’ineleganza nello scrivere o nel mangiare.
E’ un retaggio, questo, di una cultura e di una società “destra” che nel corso
del tempo ha costruito utensili per la maggior parte delle persone “destre”, e
che ha avvallato, in ultimo, un metodo di scrittura da sinistra a destra come
“naturale” per il cervello umano.
Derrick Dekerkove, ad esempio, sostiene che l’avvento della scrittura
alfabetica è direttamente legato allo sviluppo dell’emisfero sinistro del
cervello, dove appunto vengono elaborate “sequenze” di informazioni legate al
concetto di “tempo”, quindi lineare (le vocali e le consonanti opportunamente
allineate), mentre l’emisfero destro si specializza per visioni “globali” od
“olistiche”, legate al concetto di “spazio”
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che rimandano ad altre abilità
umane, come la competenza spaziale o, perché no, la musica (almeno in quelle
componenti che potremmo definire “globali” come forma e struttura, nonché
quelle legate all’emotività). (Dekerkove, 1993, pp. 27-50).
Allegro (?) con moto
Allora forse il problema di una supposta superiorità (o inferiorità) di un destro
rispetto ad un mancino, è solo un falso problema! Sempre Dekerkove cita, con
una punta di ironia, un famoso adagio che recita: “Ci sono al mondo due tipi
di persone: quelle che dividono le persone in due tipi di persone e quelle che
non lo fanno!”.
E’ quindi una “necessità biologica” per l’uomo, il dividere tutto in due
categorie? Abbiamo bisogno sempre di operare classificazioni oppositive per
indicare il mondo in cui viviamo o il pensiero umano? Coppie di concetti
antagonisti come Bene e Male, Paradiso e Inferno, Ragione e Sentimento,
Digitale ed Analogico, Discreto e Continuo, Globale e Sequenziale, Pensiero
Positivo e Pensiero Mitico,
11
Razionale e Metaforico,
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sono categorie inutili?
10
Intendendo il termine “spazio” nella sua accezione più ampia, le percezioni visive globali,
nonché le altre modalità sensoriali, tattili, cinetiche e uditive. In questo contesto è evidente
quanto appaiano più importanti per l’esecuzione musicale le capacità motorie ed uditive che non
la decodifica (lineare) delle sequenze melodiche! Vedi sempre Dekerkove (1993), p. 34.
11
I termini provengono da C.Levi-Strauss.
12
Le definizioni appartengono a J. Bruner.
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Nel corso di questo studio, in cui si parlerà di esecuzione musicale, ed in
particolare del pianoforte, cercherò di dimostrare che le differenze tra destri e
mancini esistono, e che queste diversità devono essere meglio investigate per
dare un contributo, anche solo in forma di ipotesi, all’insegnamento-
apprendimento della musica per i mancini, e dunque per evitare che si creino
problemi insormontabili per chi “preferisce” l’uso dell’altra mano. In uno
degli studi di cui riferirò, lo strumento pianoforte presenta, almeno
inizialmente, alcune difficoltà per il mancino, che potrebbero scoraggiarlo alla
prosecuzione dello studio o ad orientarlo verso un altro strumento. Purtroppo
ad oggi manca una quantità di dati sperimentali, tali da poter stendere
conclusioni definitive su questi problemi, in particolare riguardo a quelli che
deve superare un musicista, per cui possiamo solo fare delle ipotesi sui
funzionamenti dei meccanismi che sovrintendono la comprensione e
l’esecuzione musicale, che poi la ricerca scientifica dovrà (se vorrà) prendere
in considerazione, anche in prospettiva di una più efficace didattica musicale
che tenga conto del mancino e delle sue predisposizioni ed attitudini, oltre che
delle sue difficoltà.
Dallo studio del cervello umano applicato in compiti musicali si possono avere
informazioni importanti sul come siamo fatti e sul cosa facciamo ed in che
modo lo facciamo, più di altre attività umane. Che la musica sia un’arte
superiore e degna di ogni attenzione lo sapevano già i grandi pensatori e
filosofi del passato, da S. Agostino a Kant, ma dell’esistenza (e della
sopravvivenza) di chi agisce con la mano sinistra ne era conscio persino
Platone, quando affermava: “Coloro che operano per rendere la mano sinistra
più debole della destra operano contro natura”.
Oggi è il momento per rendergli pienamente ragione.