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Introduzione
Una delle più stravolgenti informazioni acquisite durante il mio
percorso formativo universitario fa riferimento all’idea generale che si ha
del Medioevo. Fino al momento in cui iniziai a frequentare il corso di
storia medievale, ho sempre pensato, come mi era stato tramandato dalle
precedenti istituzioni scolastiche, che il Medioevo fosse un periodo
povero di cultura, negativo e associato ai termini “secoli bui”.
Frequentando il corso e analizzando i testi che mi sono stati sottoposti,
sono giunta all’idea che le informazioni acquisite fino a quel momento
dovevano essere rivalutate.
Prima di iniziare la mia tesi ho verificato se l’idea di un periodo
negativo fosse realmente radicata nella nostra società. Ho così condotto
un rapido questionario, tramite un noto social network e ho chiesto che
mi venissero fornite delle associazioni di idee partendo dal termine
Medioevo. Il target analizzato è costituito da circa 80 persone, uomini e
donne di un’età compresa tra i 18 e i 50 anni, in modo da poter
analizzare i contenuti offerti da una scuola più tradizionale e quelli
forniti dai libri più recenti. I risultati ottenuti sono stati piuttosto
deludenti; è emerso come poco più del 75% dei termini associati al
periodo medievale, siano negativi. Le parole più frequenti sono state:
“Dark Ages”, “secoli bui”, “stregoneria”, “superstizione”, “oscuro”,
“censura”. I termini positivi invece fanno riferimento alla “rinascita”, al
“castello” e allo “stile romanico”. Il risultato ottenuto mi ha consentito di
giungere all’affermazione che la scuola dei giorni d’oggi, fino al ciclo
superiore è ancora molto tradizionalista, tanto che i pregiudizi e i
preconcetti sono molto radicati, così tanto da considerarli forse dogmi,
per non decidere di rivalutarli.
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A tal proposito la mia tesi si prefigge l’obiettivo di fornire un
breve e semplice contributo a quella trasformazione interpretativa del
Medioevo che la ricerca storica sta conducendo negli ultimi decenni.
Il Medioevo durante il periodo umanistico e illuministico è stato
erroneamente considerato un millennio di decadenza; gli studi più recenti
dimostrano come anche questo periodo sia stato un’epoca vivace, ricca di
novità e affamata di conoscenze.
Nella mia tesi ho voluto accostare al termine Medioevo quello del
libro; ho posto l’attenzione su quello che io considero il più nobile fra i
mezzi di comunicazione: il libro, il quale non è solo un insieme di fogli
stampati o manoscritti, ma è fonte di sapere, di conoscenza, di riflessione
e di sviluppo. Il libro è il mezzo attraverso il quale le idee e i pensieri si
diffondono da un secolo all’altro; è la fonte utile affinché la cultura si
tramandi di generazione in generazione. Il libro consente di non
dimenticare e di continuare a rivivere il passato.
Il Medioevo è stato un periodo storico di grande produzione
libraria, nonostante il timbro negativo di cui è stato tacciato. Tra il VI e il
VII secolo la Chiesa monopolizzò tutte le forme scritte di cultura,
rimanendo l’unica istituzione in cui sia possibile trovare uomini che le
conoscano. Il vulgus era per la maggior parte analfabeta e lo strumento
tradizionale scrittura-libro è per loro vano. Il manoscritto assume una
funzione solo se ridotto a simbolo.
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Ho suddiviso la mia tesi in tre capitoli. Il primo ha carattere
storico e fornisce un’idea generale del contributo italiano fornito alla
fruizione del libro nel corso del lungo arco medievale; si mostra come
nel corso dei secoli il libro sia stato sempre protagonista, ma è stato
prodotto e conservato con modalità sempre diverse in relazione al
1
Cavallo, Guglielmo, a cura di, Libri e lettori nel Medioevo. Guida storica e
critica.
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periodo storico. Si vedrà come anche il valore dello stesso libro muta,
con il procedere del tempo. Per realizzare questo capitolo ho analizzato i
saggi di Attilio Bartoli Langeli, “Francesco d’Assisi e il primo secolo di
storia francescana”, di Guglielmo Cavallo, “Dall’eremo al cenobio” e
“Libri e lettori nel Medioevo. Guida storica e critica” a cura di
Guglielmo Cavallo.
Il secondo capitolo affronta nel dettaglio le caratteristiche tipiche
del manoscritto, partendo dai diversi supporti scrittorii, dalla fattura del
libro, dai vari tipi di scrittura, passando per l’aspetto esteriore del testo e
giungendo a varie teorie su cui gli storici ipotizzano il quadro generale
della storia del libro. Per questo tema fondamentale è il contributo
fornito da Bernhard Bischoff “Paleografia latina. Antichità e medievo”,
la dettagliata descrizione di Emanuele Casamassima “Tradizione corsiva
e tradizione libraria nella scrittura latina del Medioevo” e in chiusura
del capitolo l’analisi di Armando Petrucci contenuta in “La descrizione
del manoscritto”.
Il terzo capitolo affronta un tema decisamente originale e recente
e analizza l’approccio tra la figura femminile e il libro medievale.
Attraverso “Governare l’alfabeto. Donne, scrittura e libri nel Medioevo”
di Luisa Miglio, si scoprirà se anche le donne medievali avessero accesso
ai principali mezzi della cultura, quali fossero le limitazioni a cui erano
sottoposte e il loro approccio psicologico alla tradizione.
Riprendendo una citazione di Carlo M. Cipolla, noto storico
italiano, chiuderei la mia introduzione per iniziare l’indagine intorno al
libro: “Voglia il cielo che dopo aver scorso questo libro il lettore non si
penta di aver imparato a leggere e non danni il giorno in cui io imparai a
scrivere”.
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1. Il contributo dell’Italia monastica alla produzione
e conservazione dei manoscritti.
1.1 Primo monachesimo: scriptorium senza biblioteca.
Tra l’inizio del IV secolo e il VI il lavoro di trascrizione o il
possesso di un manoscritto rappresenta per il monaco un mezzo di
sostentamento o merce di scambio. Tra monaci della cerchia di Pacomio,
in Tebaide, scrivere libri è un mestiere al pari di qualsiasi altro, come il
giardiniere, il fabbro o il calligrafo
2
.
Il monachesimo primitivo prevedeva che l’insegnamento fosse
fondato sulla tradizione orale, più che sullo scritto, nonostante fosse
consentito trascrivere libri, i quali avevano solo un valore oggettivo, in
particolare all’interno del cenobio.
3
(S’intenda con il termine cenobio,
quella comunità di monaci riuniti sotto la stessa regola di un monastero).
Nelle prime comunità di vita monastica si scrivevano libri al fine di
venderli. Secondo la Regula benedettina la scrittura era ammessa come
opera manuale. In questo contesto lo scriptorium era il semplice lavoro
di trascrizione per opera dei monaci, ma non era previsto all’interno della
comunità uno spazio fisico dedicato a quest’attività. I libri non erano
conservati nelle biblioteche, ma si parla di fenestra, un piccolo spazio
ricavato lungo una parete e organizzato a mo’ di armadio
4
.
Nel primo monachesimo circolavano pochi testi, necessari per la
lectio e si trattava pressoché di testi sacri. Non esisteva un bibliotecario,
2
Cavallo, Guglielmo, Dall’eremo al cenobio. Pagine 331-334.
3
Armando Petrucci in Libri e lettori nel Medioevo. Guida storica e critica, a
cura di Guglielmo Cavallo. Pagina 18.
4
Cavallo, Guglielmo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza
scriptorium. Pagina 332.
8
ma era previsto che un membro della comunità, oltre alle altre attività,
fosse addetto a riporre i libri nella struttura preposta.
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1.2 Scriptorium e biblioteca.
Attorno al 540 F. Magno Aurelio Cassiodoro, amico di Boezio,
fondò a Vivarium, in Calabria un monastero, nel quale si ritirò, dedito
alla vita spirituale e raccolse un’importante biblioteca e scrisse due
opere: il De Anima e le Institutiones divinarum et saecularium
litterarum
6
. Cassiodoro diede vita ad una realtà diversa rispetto al primo
monachesimo. All’interno di questa comunità era presente uno
scriptorium, sebbene diverso da quello che si strutturerà nelle fondazioni
monastiche medievali, e una biblioteca. I codici erano rilegati in corpora,
che riunivano più opere di uno stesso autore, in modo da essere
consultati con facilità
7
. I monaci prestavano molta cura alla rilegatura,
ciascuna per ogni tematica. Cassiodoro era molto preciso nel suo lavoro
e oltre all’aspetto esteriore del manoscritto, non trascurava il contenuto
del testo, il quale doveva mantenere una linea di continuità fra esemplari
antichi e tradizione manoscritta. Il testo doveva attenersi alla sua forma
originale, ma qualora gli amanuensi avessero commesso degli errori,
Cassiodoro riteneva che i vizi di forma dovessero essere corretti al fine
di non compromettere la comprensione del testo. La biblioteca era
fondamentale per questo minuzioso lavoro di trascrizione. Presso il
5
Cavallo, Guglielmo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza
scriptorium, in Dall’eremo al cenobio. Pagina 337.
6
G. Reale; D. Antiseri, Il pensiero Occidentale. Vol 1. Pag. 363
7
Cavallo, Guglielmo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza
scriptorium, in Dall’eremo al cenobio. Pagine 337-351.
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monastero di Vivarium la biblioteca era costituita da armaria numerati,
all’interno dei quali si conservavano i codici in modo ordinato. Gli
armaria erano assimilabili a comuni armadi, dotati di ante sempre aperte.
I codici contenuti nella biblioteca erano sia di carattere sacro che
profano, greci e latini. I testi riportavano il titolo all’esterno e ben
visibile.
Dei manoscritti di Vivarium oggi non ne rimane traccia, essi
furono dispersi già a partire dagli ultimi anni del VI secolo; si pensa che
alcuni codici siano stati portati in area anglosassone, ma l’identificazione
è assai complicata. Rimane un solo testo, attribuito al lavoro svolto a
Vivarium: il Vat. Lat. 5704.
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Il monastero di Cassiodoro
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è da ritenersi una comunità unica
nella sua organizzazione della cultura tardo-antica di quei tempi.
In misura assai ridotta rispetto al monastero di Vivarium, nel VI
secolo è l’esperienza di Eugippio e dei monasteri del Castello Lucullano
a Napoli. Il monastero è intitolato a San Severino. Da una lettera inviata
da Cagliari a Eugippio emerge la presenza all’interno del monastero sia
di uno scriptorium che di una biblioteca. È da notare che gli addetti al
lavoro di trascrizione erano pochi e il quantitativo di testi posseduto era
limitato agli scritti di Sant’Agostino; l’attività di copia avveniva, dunque,
in larga misura grazie al prestito di testi che provenivano dall’esterno.
Anche nel caso di San Severino l’intera produzione libraria è
andata perduta.
8
Cavallo, Guglielmo, Dall’eremo al cenobio. Pagine 334-338.
9
Petrucci, Armando, in Libri e lettori nel Medioevo. Guida storica e critica, a
cura di Cavallo, Guglielmo. Pagine 16-20.