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INTRODUZIONE
Il 31 marzo 2010 all’interno della redazione del Tg1 si verificano
significativi sconvolgimenti nella conduzione. Tiziana Ferrario, Paolo
Di Giannantonio e Pietro Damosso: questi i nomi dei tre giornalisti
epurati, volti noti dell’informazione televisiva tolti dalla conduzione del
telegiornale dal direttore Augusto Minzolini con motivazioni
fortemente discusse. Per il direttore è solo una questione di ricambio,
per proporre “volti nuovi”, mentre per il consiglio di redazione del Tg1
la scelta di Minzolini dimostra “la volontà del direttore di penalizzare
colleghi che non si sono schierati con lui sul caso Mills”
1
. I tre
giornalisti, infatti, si erano rifiutati a loro tempo di firmare un
documento a favore di Minzolini seguito al caso Mills, quando al Tg1
si affermò che il legale inglese, coimputato con Berlusconi di
corruzione era stato assolto, mentre in realtà il reato per il quale era
imputato era caduto in prescrizione. Una diversità di termini che vale
la comprensione del fatto. Una persona è assolta dal reato per il
quale è imputata se ne viene riconosciuta l’innocenza o l’estraneità al
reato; si dice invece che il reato è caduto in prescrizione quando
sono scaduti i tempi previsti per il processo.
Il caso Minzolini è sintomatico del grado di libertà di stampa di cui
gode l’Italia, situata al settantatreesimo posto nella classifica stilata
dalla Freedom House nel 2009, tra Israele e Tonga
2
. Tre le categorie
1 La Repubblica, giovedì 1 aprile 2010, “Minzolini caccia 3 conduttori, bufera sul
Tg1”.
2 Supplemento speciale de “Il Manifesto” del 28 aprile 2010 in occasione del
trentanovesimo anniversario del quotidiano. Il titolo dell’inserto è “Ultim’ora” ed è
interamente dedicato alla libertà di stampa in Italia. A pagina 2/3 la classifica
“Freedom of the Press”, stilata dalla Freedom House, che dal 1980 analizza la libertà
di stampa in 195 Paesi e territori, assegnando dei valori in base a categorie
oggettive.
5
in cui vengono classificati i Paesi in base alla loro libertà di
espressione e divulgazione: Paesi liberi (36%), Paesi parzialmente
liberi (31%) e Paesi non liberi (33%). Il primo dato preoccupante è
che ancora nel mondo esiste un terzo di paesi in cui la stampa è
ancora sotto il controllo dei potenti, ma ancora più preoccupante, dal
punto di vista nazionale, è che l’Italia rientra tra i Paesi parzialmente
liberi. Il che vuol dire che la nostra stampa è controllata dalla politica
e dall'economia, settori verso i quali proprio la stampa dovrebbe fare
da watchdog, da cane da guardia, ponendosi dalla parte dei cittadini.
Parliamo di stampa, ma anche la televisione e le radio non sono da
meno in quanto a libertà, essendo ancora più asserviti alle leggi
dell’audience e della raccolta pubblicitaria.
Nel libro “La casta dei giornali” Beppe Lopez denuncia gli
innumerevoli finanziamenti e contributi che la stampa italiana
percepisce dallo Stato. Molti i giornali costituitisi come organi di
movimenti politici, spesso anche fittizi, che hanno beneficiato dei
finanziamenti consentiti in seguito alla promulgazione della legge 250
del 1990: una legge senza controlli, che prevedeva il sostentamento
da parte dello Stato dei quotidiani, in particolar modo quelli di partito.
I finanziamenti sono continuati anche con la successiva legge del
2001, più proibitiva nei confronti della stampa di partito ma molto più
generosa nei confronti delle cooperative. Il passaggio era semplice,
dunque: da movimento politico che non poteva annoverare il
necessario numero di parlamentari per godere dei contributi, ci si
trasformava in cooperative. Non solo giornali, ma addirittura l’ANSA,
l’agenzia di stampa nazionale che fornisce notizie ai maggiori mass
media italiani, è generosamente sostenuta dai finanziamenti pubblici.
Una stampa quindi fortemente legata alla politica da una parte, e agli
introiti pubblicitari dall’altra. Come si può pensare a questo punto di
poter avere un giornalismo indipendente? Come si può pretendere
6
che i cittadini continuino a leggere dei giornali o ad informarsi tramite
altri mass media, che invece di essere dalla sua parte e spiegare
cosa non funziona nel sistema, si fa portavoce esso stesso del
sistema? Come ha affermato anche Di Pietro, attuale leader dell’Italia
dei Valori, in un lancio di agenzia AGI dell’11 gennaio 2007, «Se i
giornalisti vivono in gran parte di contributi statali, si può ancora
legittimamente parlare di informazione libera? I giornali devono avere
un unico riferimento: il lettore»
3
. Ma così non è, anzi, il lettore molto
spesso non è tenuto in considerazione nel giornalismo politico. Non
si parla dei problemi quotidiani, della burocrazia, delle tematiche
veramente vicine alla gente; piuttosto si allestisce un teatrino di botta
e risposta tra politici, che magari usano i mass media proprio per dire
qualcosa all’avversario politico, passando così sopra la testa
dell’elettore che invece pretende ed ha il diritto di sapere. E infine,
novità degli ultimi anni, la politica diventa gossip: intere pagine di
politica sui quotidiani nazionali degne dei servizi dei migliori giornali
scandalistici. Fotografie e dichiarazioni scioccanti, amori e tradimenti,
matrimoni e divorzi e chi più ne ha più ne metta. L’importante sembra
voler far “divertire” il cittadino e non farlo pensare alle questioni
veramente importanti.
In questo contesto la domanda che viene naturale pormi è: quanto
possiamo lamentarci se la gente non legge più i giornali? Quanto
possiamo rimanere sconcertati nello scoprire che sempre meno
persone, soprattutto i giovani, si interessano alla politica e vi
partecipano attivamente? Il calo delle vendite e della lettura dei
quotidiani dipende dalla pigrizia dell’italiano medio, oppure il lettore
rinuncia perché non trova ciò che veramente gli interessa? In poche
parole: il distacco tra cittadino e politica è da imputare al primo, al
3 B. Lopez, “La casta dei giornali”, Stampa Alternativa – Nuovi Equilibri, 2007; p. 32.
7
secondo attore o, forse anche a un sistema mediatico che non svolge
abbastanza bene il suo lavoro? Quanto i giornalisti sono asserviti al
potere politico ed economico e quanto effettivamente sono utili gli
strumenti di informazione per il cittadino medio italiano? Domande
fondamentali, a mio avviso, per comprendere non solo il grado di
informazione in Italia ma, come diretta conseguenza, il grado di
democrazia in cui viviamo.
Questo lavoro vuole indagare sul rapporto tra cittadino e politica
prendendo come riferimento il ruolo di informazione e mediazione
che hanno i mass media. Per prima cosa, nel capitolo 1 indagherò
sull’attuale situazione di impegno politico e il progressivo distacco dei
cittadini dalla politica, analizzando i dati delle ultime tornate elettorali
e delle statistiche sull’andamento dell’attivismo politico in Italia negli
ultimi anni. Credo infatti che sia fondamentale conoscere, almeno
sulla carta, l’elettorato italiano, per poter procedere poi ad un’analisi
più mirata dell’altro attore di questo rapporto, il sistema mediatico.
Il secondo capitolo, infatti, è volto a una più profonda analisi del
panorama mediatico italiano, prendendo in considerazione i due
quotidiani nazionali più importanti, La Repubblica e Il Corriere della
Sera, e due telegiornali, uno della rete pubblica RAI, il TG2 e uno
della rete privata La7, il TG La7. Questi contenitori di informazione
politica saranno analizzati sia dal punto di vista contenutistico che da
quello del linguaggio, per capire come viene strutturata una notizia
politica e come viene percepita dal lettore medio. Nell’analisi dello
scenario mediatico italiano non prenderò in considerazione la radio,
che sta diventando sempre più un medium dedicato alla musica, con
un contenuto informativo breve oppure approfondito ma limitato a
una nicchia di elettori che non costituiscono il mio interesse
principale. Prenderò invece in considerazione l’analisi di un medium
sempre più potente nell’informazione, specialmente tra i giovani:
8
Internet. Blog, social network e pagine web sono sempre più spesso
veicoli di informazione politica e fanno divulgare le notizie anche tra i
giovani che non sono abituati a leggere il giornale. Se questo tipo di
informazione sia sana o fuorviante, lo capirò dall’analisi di questo
“nuovo” mezzo di comunicazione.
Dopo l’analisi dei due contesti passerò a illustrare come essi entrano
in contatto tra di loro, partendo dalla categorizzazione dei tipi di
giornalismo fatta da Hallin e Mancini, declinandola nel contesto
informativo italiano, per arrivare alla parte più “fresca” di questa tesi,
ovvero il contatto diretto con chi il giornalismo lo fa e chi lo legge. In
questo capitolo, infatti saranno proposte interviste ai giornalisti delle
testate analizzate e a “gente comune”, costituita da lettori-elettori di
età compresa tra i 18 e i 35 anni.
Lo spirito di questa tesi non è sicuramente quello di limitarsi ad
attaccare e criticare ciò che esiste oggi facendosi vittime del sistema.
Al contrario, vuole essere uno stimolo di riflessione per capire cosa
non va nel giornalismo politico italiano e come può essere risolta
questa anomalia. Nel quarto capitolo, infatti, cercherò di individuare,
a fronte delle anomalie riscontrate durante tutto il lavoro, quelle che
potrebbero essere le caratteristiche per un concreto buon
giornalismo, effettivamente realizzabile. Individuare i difetti, quindi,
per proporre delle alternative per correggerlo ed avere finalmente
un’informazione politica che sia degna del suo nome, che riesca cioè
a guidare i cittadini nelle loro scelte di voto, ma anche nelle più
semplici azioni quotidiane, in cui la politica è sempre presente, e che
riesca a renderli soggetti attivi di una reale e consolidata democrazia.
9
CAPITOLO 1. Il panorama politico-elettorale italiano:
distacco progressivo dei cittadini dalla politica
“L’uomo è per natura un animale politico”
4
sosteneva Aristotele, il
grande filosofo greco che per primo ha parlato di politica, definendola
come l’amministrazione della polis – della città greca – per il bene di
tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini
partecipano. Una definizione che richiama in qualche modo la
democrazia, almeno per quel che riguarda la partecipazione dei
cittadini alla cosa pubblica, ovvero alla politica. Le questioni che
riguardano l’amministrazione di una qualsiasi comunità, a partire da
quelle che raccolgono poche persone, come le associazioni locali, a
quelle che ne comprendono milioni, come gli Stati, riguardano ogni
singola persona che ne fa parte, e che come tale è chiamata a
partecipare. Prendere parte alla vita della propria comunità è, quindi,
non solo un diritto, ma anche un dovere del cittadino. È per lo stesso
motivo che il diritto di votare, faticosamente raggiunto anche dalle
donne nel 1946
5
, è anche un dovere, il dovere di essere partecipi di
qualcosa che ci riguarda in prima persona.
La politica ci circonda in ogni nostra azione quotidiana, spesso senza
che ce ne rendiamo conto. Partecipare alla vita politica non è
semplice oggi, o almeno non lo è a livello nazionale. È difficile poter
esprimere la propria opinione e farsi sentire in mezzo ai milioni di
persone che popolano l’Italia. È per questo motivo che in
Parlamento, dove avvengono le discussioni sulle questioni nazionali
4 Aristotele, La Politica.
5 Il suffragio universale del 2 giugno 1946 per scegliere tra repubblica e
monarchia, è stata la prima occasione in cui le donne di maggiore età
(inizialmente 21 anni e poi 18 anni dal 1975) hanno potuto votare in Italia.
10
e dove vengono prese le decisioni per tutti noi, abbiamo dei
rappresentanti, che sono legati per ideologie e tendenze a partiti
politici, dei quali conosciamo leader, segretari nazionali e alcuni
esponenti. A questo livello la partecipazione alla politica richiede un
maggiore sforzo da parte del cittadino, che già compie a livello
locale: informarsi. Solo l’informazione, infatti, consente di essere
parte, anche se passiva, di questo sistema, perché è attraverso di
essa che è possibile capire, comprendere ed essere consapevoli di
quello che ci circonda.
Da qui possiamo iniziare a capire quanta importanza rivesta una
corretta informazione nel rapporto tra politica e cittadino. I mezzi di
comunicazione, sempre più sofisticati e interattivi, dovrebbero servire
all'elettore, non solo per capire e per sapere, ma per partecipare.
Maggiori sono le potenzialità comunicative, progressivamente
sempre più alla portata di tutti, maggiori dovrebbero essere i punti di
contatto tra la gente comune e chi fa politica. Con le potenzialità
offerte da Internet, i forum, la messaggistica istantanea, ma anche le
e-mail e i social network, la politica e i mezzi di informazione
potrebbero capire quello che davvero è il bene di tutti, quello che i
cittadini vorrebbero, quello di cui vorrebbero sentir parlare ogni
giorno nei telegiornali, leggere sulla carta stampata, sui siti web e
ovunque possa esserci possibilità di capire e sapere. L’informazione
per natura è un processo che serve a trasportare un messaggio dal
mittente al destinatario, affinché quest’ultimo lo recepisca e lo
rielabori nella sua mente. Un processo che sottintende quindi un atto
di significazione, come lo definiva il semiologo Charles Sanders
Peirce, l’attribuzione di significato ad un messaggio, che altrimenti
non avrebbe senso. Già di natura l’informazione è un atto che
prevede un fine di utilità, deve servire a qualcosa di concreto. E
11
appunto nella politica deve servire a comprendere cosa accade
realmente, solo così il cittadino potrà sentirsi partecipe.
Nonostante le innovazioni tecnologiche degli ultimi due decenni, che
in teoria avrebbero dovuto avvicinare cittadino e politica, la tendenza
è stata ben diversa. Progressivamente il distacco tra la politica e i
cittadini è aumentato, con segnali d’allarme evidenti, primo tra tutti
l’andamento altalenante e comunque decrescente delle affluenze alle
urne negli ultimi quindici anni, considerando anche il minore
interesse per eleggere i rappresentanti europei rispetto a quelli
nazionali, ben visibile dai dati consultabili dall'archivio storico,
disponibile sul sito Internet del Ministero degli Interni.
Le elezioni politiche 1994 hanno registrato un’affluenza alle urne di
quasi 41 milioni e mezzo di elettori, mentre due anni dopo, a seguito
della caduta del primo governo Berlusconi, gli italiani che si
presentarono ai seggi elettorali furono più di un milione in meno.
Sempre più in discesa il numero dei votanti nel 2001, con 40 milioni e
86 mila elettori alle urne. Le ultime due tornate elettorali del 2006 e
del 2008 hanno visto le affluenze più basse degli ultimi quindici anni:
nel 2006 i votanti sono scesi a poco più di 39 milioni, mentre nel
2008, dopo la caduta del governo Prodi, più di un milione e mezzo di
italiani rispetto alle elezioni precedenti ha deciso di non presentarsi
alle urne. Le cifre sono significative se consideriamo che sono
inversamente proporzionali all'andamento demografico in Italia. La
popolazione italiana, infatti, è cresciuta dal 1994 al 2001, per
decrescere poi leggermente nel biennio 2006-2008. Le percentuali di
affluenza alle urne, calcolata in base al totale degli aventi diritti al
12
voto, resta comunque decrescente negli anni, dall'86,14% del 1994
all'80,51% del 2008.
6
Le cifre peggiorano ulteriormente se guardiamo alle sedute elettorali
per eleggere i rappresentanti europei. Nei quindici anni di tempo
presi in considerazione, tre sono state le elezioni per il Parlamento
Europeo: la prima, nel 1999 ha registrato un'affluenza di poco più di
34 milioni di votanti (70,81%); nel 2004 oltre un milione in più di
votanti si sono presentati al voto (73,09%), mentre le ultime elezioni
del 2009 hanno registrato un calo di tre milioni di votanti, con una
percentuale del 66,47%
7
. Percentuali e cifre molto più basse rispetto
a quelle delle elezioni politiche nazionali, e probabilmente
analizzando i dati relativi alle elezioni regionali, provinciali e ancor di
più comunali, i numeri sarebbero più alti. L'amministrazione locale,
infatti, è sentita come qualcosa di più vicino e tangibile da parte del
6 Elezioni politiche, del Parlamento italiano del 27 marzo 1994: 41.461.260 votanti
su un totale di 48.135.041 italiani aventi diritto al voto (86,14%); elezioni
politiche del 21 aprile 1996: 40.401.774 votanti su 48.744.846 elettori (81,38%);
elezioni politiche del 13 maggio 2001: 40.085.397 votanti su un totale di
49.256.295 italiani aventi diritto al voto (81,38%); elezioni politiche del 9 aprile
2006: 39.382.430 votanti su un totale di 47.098.181 elettori (83,62%); elezioni
politiche del 13 aprile 2008: 37.954.253 votanti su un totale di 47.142.437 italiani
aventi diritto al voto (80,51%). Dati forniti dall'archivio ufficiale del Ministero
dell'Interno della Repubblica italiana, consultabile all'indirizzo
http://elezionistorico.interno.it/
7 Sedute per eleggere i rappresentanti italiani al Parlamento Europeo. Elezioni del
13 giugno 1999: 34.181.853 votanti su un totale di 48.274.956 elettori (70,81%);
elezioni del 12 giugno 2004: 35.598.379 votanti su un totale di 48.705.645
italiani aventi diritto al voto (73,09%); elezioni del 7 giugno 2009: 32.659.162
votanti su un totale di 49.135.080 elettori (66,47%). Dati forniti dall'archivio
ufficiale del Ministero dell'Interno della Repubblica Italiana consultabile
all'indirizzo http://elezionistorico.interno.it/
13
cittadino, che invece non va a votare per i rappresentanti in
Parlamento o ancor di meno per i rappresentanti in Parlamento
Europeo. Da questa premessa possiamo notare come noi elettori ci
lasciamo coinvolgere più facilmente da qualcosa che ci riguarda o
almeno sembra riguardarci in prima persona, da vicino, mentre
tendiamo a distaccarci dai grandi ambiti amministrativi, forse perché
ci sentiamo troppo “piccoli” e con poco potere per poter contare
qualcosa in questa dimensione.
In questo contesto, però, dovrebbero venire in aiuto i mass media, i
mezzi di comunicazione che originariamente, da quando sono nati,
svolgono una funzione di tramite tra il mondo politico e quello dei
cittadini. Il loro ruolo dovrebbe essere quello del traduttore, di coloro
che ricevono le notizie, anche le più inutili, dall'amministrazione –
locale, regionale, nazionale, europea, ecc. –, selezionano le notizie e
ce le servano in un formato comprensibile e oggettivo, senza
schierarsi da nessuna parte. Una funzione che viene spesso a
mancare e chi ne risente di più ovviamente, è il cittadino, che spesso
si trova disorientato e poco stimolato a informarsi e partecipare.
Quello che sembra delinearsi è quindi il profilo di un elettore “pigro”,
come lo definisce Donatella Campus nel suo libro del 2000,
“L'elettore pigro. Informazione politica e scelte di voto”. Nel saggio la
Campus analizza il ruolo dell'informazione politica come elemento
guida per gli elettori e le conseguenti scelte di voto degli italiani alla
fine degli anni '90. Uno scenario che non sembra essere molto
diverso da quello attuale: l'elettore della seconda repubblica, che
dopo lo scandalo di Tangentopoli fatica ad avere fiducia nella politica
e nei suoi rappresentanti, specie se si tratta di un elettore con basso
livello di istruzione scolastica, che si lascia guidare dall'informazione
televisiva, senza accingersi ad approfondire gli argomenti leggendo
quotidiani o settimanali.
14
L'analisi della Campus è centrata sulla modalità di diffusione da un
lato, e di raccolta dall'altro, delle informazioni, il cosiddetto
“information processing”. Informazioni che dovrebbero essere utili
non soltanto per orientarsi al voto, ma anche e soprattutto per
comprendere il contesto politico, in cui ciascuno di noi è inserito, in
modo tale da creare la base per poter effettivamente partecipare nel
mondo politico. Secondo la Campus, tre sono le variabili che
incidono sulla scelta di un approccio più o meno interessato e
motivato all'information processing: capacità, motivazione e
opportunità. Tre variabili che sono imputabili tanto all'elettore (le
prime due) quanto ai mezzi di comunicazione (la terza variabile).
Più l'elettore è capace, ovvero più facoltà intellettive ha e più alta è la
sua preparazione culturale, tanto più sarà propenso a raccogliere un
maggior numero di informazioni, non soltanto per sapere quale
partito votare alle prossime elezioni, ma anche per sentirsi inserito
nel mondo, per essere sempre al corrente di quello che accade ed
essere così partecipe della vita politica del proprio paese. Secondo la
Campus «L'agilità mentale determina la velocità e la scioltezza con
cui l'informazione è raccolta ed elaborata: pertanto chi ha migliori
capacità logiche acquisisce una quantità maggiore di informazione»
8
.
La migliore capacità per le persone più istruite non si esercita solo da
un punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. «Mentre i
soggetti meno intellettualmente dotati e meno colti – continua la
Campus nel suo saggio – tendono a concentrare la loro attenzione
su un numero limitato di aspetti della politica, i più capaci raccolgono
8 D. Campus, L'elettore pigro. Informazione politica e scelte di voto, Il Mulino
Ricerca, 2000, Milano, p. 19.
15
informazioni in modo diversificato, accumulando cioè conoscenze
relative ad un ampio ventaglio di argomenti»
9
.
Nonostante le percentuali di laureati in Italia siano al di sotto della
media europea - come rilevato dall'indagine pubblicata nel 2008,
condotta dall'Eurostat, l'agenzia di statistica della Comunità europea,
sulla base dei dati dell'indagine europea sul lavoro del 2005
10
- il
censimento condotto dall'Istituto italiano per le indagini statistiche,
l'Istat, rileva che nel decennio dal 1991 al 2001 l'istruzione in Italia è
molto migliorata. Un miglioramento sia in termini assoluti che
percentuali è stato registrato per il numero di persone in possesso di
titoli di studio più elevati, in particolare diplomi di laurea, diplomi
universitari e diplomi di scuola secondaria superiore.
Complessivamente coloro che hanno almeno un diploma di scuola
secondaria superiore sono passati dal 23,7% del 1991 al 35,1% del
2001. Sono aumentati in questo decennio anche i laureati: dal 4,7%
al 7,6%.
Il livello di istruzione in Italia è quindi molto migliorato in questo
decennio – per avere dati più attuali dovremo attendere il prossimo
censimento decennale nel 2011 – di conseguenza dovrebbero essere
migliorate anche le capacità di cui parlava la Campus, di raccogliere
in modo migliore, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, le
informazioni sul mondo politico. Ma non sembra esserci un esatto
9 D. Campus, L'elettore pigro. Informazione politica e scelte di voto, Il Mulino
Ricerca, 2000, Milano, pp. 19 e 20.
10 In base all'indagine, consultabile sul sito Internet dell'Eurostat –
http://epp.eurostat.ec.europa.eu – i maschi italiani, di età compresa tra i 25 e i
64 anni, ad avere un titolo di laurea erano l'11,6% della popolazione, mentre la
media europea è del 23,12%. Anche la percentuale delle femmine laureate
(12,8%) è inferiore ala media europea, 22,7%.
16
riscontro nella realtà: nonostante il numero delle testate di quotidiani
e periodici sia aumentato, la quantità totale di copie diffuse è rimasta
praticamente invariata rispetto a venticinque anni fa. C'era stato un
leggero aumento negli anni '80, ma da dieci anni a questa parte si è
registrato un lento declino
11
. Gli indici di lettura in Italia sembrano
essere tra i più bassi d'Europa e di conseguenza lo è anche il grado
di informazione della popolazione. In base ad un sondaggio che ho
diffuso ad un piccolo campione di elettori italiani di età compresa tra i
18 e i 35 anni – sul quale tornerò nel capitolo 3 – il 35% degli
intervistati dichiara di non leggere quotidiani. È pur vero che le
capacità di cui parla la Campus non sono soltanto applicabili alla
lettura dei quotidiani, ma anche alla possibilità di raccogliere
informazioni da Internet e dalla televisione. Due mezzi che hanno
come caratteristiche principali la simultaneità e la sintesi, anche se
Internet consente di approfondire, più o meno in modo infinito,
l'argomento che ci interessa, talvolta però con la possibilità di
perdersi nella rete.
La seconda variabile che menziona la Campus nel suo studio è la
motivazione dell'elettore, ovvero il suo desiderio di imparare, di
raccogliere e memorizzare informazione politica. «L'elettore
maggiormente motivato non solo presta più attenzione
all'informazione che riceve, ma ne cerca anche altra di sua
iniziativa»
12
. Si tratta quindi di un elettore tutt'altro che pigro, un
cittadino che ha voglia di sapere, di comprendere e quindi di
partecipare alla vita politica del paese in cui vive. Di solito questa
11 Fonte della rilevazione dell'andamento della diffusione dei quotidiani: Ads,
accertamento diffusione stampa.
12 D. Campus, L'elettore pigro. Informazione politica e scelte di voto, Il Mulino
Ricerca, 2000, Milano, p. 20.
17
attitudine si riflette in una maggiore esposizione ai media e in una
propensione alla discussione di argomenti di politica con familiari,
amici e colleghi. Sempre secondo la Campus, la motivazione può
essere originata dalla virtù civica o dal coinvolgimento personale. Nel
primo caso il cittadino, responsabile e consapevole, si interessa alla
politica in generale, cercando di tenersi informato sui suoi molteplici
aspetti. Nel secondo caso l'interesse è provocato dal fatto che un
particolare problema o un particolare ambito della politica possa
interessare l'elettore da vicino. Più un elettore si sente coinvolto, più
sarà motivato a partecipare e a informarsi. Viceversa, «In situazioni
di basso coinvolgimento, gli elettori adottano scorciatoie cognitive
che consentano loro di evitare un lungo e complesso confronto di
tutte le alternative»
13
.
Resta ora da capire quali siano in prevalenza gli interessi che
spingono l'elettore italiano motivato a raccogliere informazioni. Non
avendo prove empiriche, possiamo ipotizzare che, nel contesto della
politica nazionale - il contesto di riferimento di tutto questo lavoro -
tenda a prevalere come origine della motivazione, la virtù civica, dato
che raramente le issues a livello nazionale toccano direttamente ed
esplicitamente l'interesse del cittadino medio. Se per virtù civica
intendiamo l'attitudine del cittadino a interessarsi e partecipare alla
vita sociale della comunità in cui vive, senza rimanerne mai
estraniato e facendo sempre quanto in suo potere per rendere
migliori le cose, possiamo chiederci se in Italia questa virtù esista o
meno. Non abbiamo dati certi in proposito e probabilmente,
conducendo un sondaggio, la maggior parte degli italiani
risponderebbe di avere la virtù civica, spesso senza neanche
13 D. Campus, L'elettore pigro. Informazione politica e scelte di voto, Il Mulino
Ricerca, 2000, Milano, p. 21.