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INTRODUZIONE
Il mio lavoro di tesi nasce dall’occasione di colla borare personalmente al
Progetto Educational Ravensburger durante uno stage presso l’agenzia di
comunicazione integrata esprithb e dalla piena condivisione delle idee di gioco
dell’azienda: il gioco come forma di divertimento e intrattenimento attraverso
cui apprendere e socializzare.
Nella società odierna, in cui i media hanno un’ecce ssiva importanza nella
formazione della personalità minorile e il faccia a faccia con la tv, i video-giochi
e internet si sostituiscono ai momenti di vita fami liare e di amicizia,
il gioco si presenta come una forma di socializzazi one e splendida occasione
per stare insieme, comunicare e vivere meglio. L’ob iettivo di questo progetto è
di far riscoprire ai ragazzi, ai genitori e agli in segnanti, il ruolo di interazione
del tradizionale gioco di società, sia tra coetane i che in famiglia.
La presente tesi si articolerà in sette capitoli. I l primo fornirà una panoramica
generale sul gioco e sul giocattolo; si partirà dal la definizione di cos’è il gioco e
dalla descrizione delle sue caratteristiche, si acc ennerà poi alla sua storia, dall’età
antica fino ad arrivare alla pedagogia moderna ed i nfine se ne analizzeranno
le funzionalità, focalizzandosi su quella sociale, e le diverse tipologie. Nel
secondo capitolo si approfondiranno i pensieri dei maggiori pedagogisti di fine
‘800 ed inizio ‘900, soffermandosi sull’importanza che Friederich Froebel, John
Dewey, Jean Piaget e Célestin Freinet attribuiscono al gioco come strumento
educativo nello sviluppo cognitivo, affettivo, emot ivo e sociale del bambino.
Il terzo capitolo sarà interamente dedicato a Brun o Munari e ai suoi laboratori
Giocare con L’Arte; la produzione di Munari che si ripercorrerà sarà q uella che
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lega l’autore al mondo dell’infanzia, accennando al la collaborazione con Danese
per l’ideazione di giochi educativi. Molto vicina a lla metodologia munariana è
l’idea di edutainment promossa dai Musei dei Bambin i, esposti nel capitolo 4.
I Musei dei Bambini saranno trattati come veri e pr opri strumenti didattici,
valorizzandone gli obiettivi di sviluppo creativo e sociale del bambino;
dopo averne descritte le caratteristiche generali e la storia, saranno riportati
alcuni esempi di Children’s Museum europei e italia ni.
Il quinto capitolo sarà dedicato all’azienda Ravens burger: se ne racconteranno la
storia, i principi aziendali, l’importanza della qu alità dei prodotti e l’assortimento
con un riferimento ai giochi didattici. Si analizze rà in seguito il contesto europeo
e italiano del settore industriale del giocattolo e si concluderà con un confronto
tra Ravensburger e l’azienda danese LEGO.
Nel sesto capitolo verrà descritto il progetto educ ational lanciato da
Ravensburger, sottolineando il ruolo fondamentale d ell’agenzia di
comunicazione integrata esprithb e della rivista Okay!. Saranno poi relazionate le
giornate dei due eventi: il 50° anniversario di mem ory® e “Rummikub… sfida per
chi ha i numeri giusti".
Infine, nell’ultimo capitolo saranno analizzati i d ue eventi, dalla fase di ideazione
a quella di valutazione; per evidenziare le differe nze risultate dal confronto dei
due eventi, saranno usati due diversi colori: le sc ritte in rosso riguarderanno
l’evento del 50° anniversario di memory®, mentre le scritte in blu quello di
Rummikub.
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CAPITOLO 1
IL GIOCO COME STRUMENTO DIDATTICO
Per molto tempo i giocattoli non sono stati presi i n considerazione come oggetti
utili allo sviluppo dell’individuo e sono rimasti a lungo relegati alla sfera del
frivolo e del surplus. Ma il giocare è uno dei prim i bisogni fisiologici che
l’individuo manifesta fin dalla più tenera infanzia , quindi, è necessario disporre di
giocattoli con cui esercitare questa attività ludic a.
1.1 Cos’è il gioco
Con il termine “gioco” possiamo intendere tutte que lle attività che vanno da
quelle infantili come correre, saltare, manipolare oggetti, alle gare sportive e ad
altre attività a cui si dedicano anche gli adulti, come scommesse o scherzi.
I tratti comuni alle varie attività ludiche sono:
• Piacevolezza: il gioco procura un senso di soddisfa zione e gratificazione
che chiamiamo divertimento
• Spontaneità: nel gioco il bambino si sente libero e si impegna
volontariamente, in quanto, se fosse costretto, non si divertirebbe
(in questo caso il gioco smette di essere tale)
• Stacco: il gioco rompe la routine, è una parentesi che si inserisce nelle
attività quotidiane
• Incertezza: lo sviluppo e l’esito di un gioco non s ono prevedibili in
partenza; questo stimola la curiosità dei bambini
• Finzione: nel gioco c’è la consapevolezza che si è “evasi” dalla realtà
Possiamo definire quindi il giocattolo come “tutto ciò che il bambino maneggia,
osserva, usa e modifica per adattarlo al gioco inve ntato in quel momento.
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È tutto ciò che stimola la fantasia e diventa il me zzo con cui il bambino realizza i
suoi sogni.” (Cardone, 1988).
Roger Pinon segnala : “Non è detto, che possa esser e considerato giocattolo solo
l’oggetto che siamo abituati a considerare tale e c he viene comperato in un
negozio: esso può essere creato con materiale di re cupero facilmente reperibile
come comuni utensili e attrezzi domestici. Il gioca ttolo in primo luogo si trova
nella mente e viene generato dalla fantasia del bam bino” (Pinon, 1968).
“Il giocattolo, quale elemento attivo ed essenziale nella formazione del bambino,
diventa per quest’ultimo uno strumento di conoscenz a, sia perché fonte di
educazione, sia perché studiato e realizzato in fun zione esclusiva di tale
obiettivo” (Bandet Rejane, 1974). Attraverso l’util izzo del giocattolo il bambino
può focalizzare le sue facoltà di ragionamento ed a bituarsi ad affrontare le reali
dimensioni delle situazioni di vita.
1.2 Storia del gioco e del giocattolo
L’età antica
Grazie agli importantissimi scavi archeologici e al le preziose fonti letterarie e
artistiche, sappiamo che i bambini dell’antichità, dai sumeri agli egizi e dai greci
ai romani, utilizzavano giochi, giocattoli e passat empi simili a quelli di oggi:
dondolarsi sull’altalena, saltare alla corda, tirar e alla fune, giocare con i cerchi, le
biglie e la palla, cavalcare un bastone fingendo di essere un eroe; tutto ciò
sembra rispecchiare la realtà quotidiana di qualsia si parco giochi dei nostri giorni.
Inoltre i bambini avevano con gli adulti un rapport o molto stretto e diretto:
insieme a loro giocavano e costruivano i loro gioca ttoli.
Il Rinascimento
Le prime fabbriche di bambole compaiono nel XV seco lo in Germania,
a Norimberga, dove già sul finire del 1300 si erano formate corporazioni di
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maestri artigiani specializzati nella fabbricazione del legno. In seguito, nel 1500,
anche i Paesi Bassi cominciarono a produrre bambole in legno, a cui si aggiunse,
alla fine del secolo, la produzione francese in ges so e cartapesta.
Già a quell’epoca era nota l’importanza del gioco n ello sviluppo psicofisico del
bambino e i più illustri pensatori affermavano il r uolo educativo del gioco
infantile.
Il Seicento e il Settecento
Nel 1600, il filosofo e pedagogo inglese John Locke (1632 - 1704) riteneva
fondamentale per il bambino apprendere attraverso i l gioco: egli, sostenendo il
valore positivo del gioco, fu il primo ad incoraggi are la curiosità dei bambini,
considerandola un importante strumento di apprendim ento.
Meno di un secolo dopo, nel 1762, Jean Jacques Rous seau (1712 – 1778)
sottolineava l’importanza del gioco come fonte di gioia e il migliore
degli stimoli per l’attività del bambino.
Verso la seconda metà del XVIII secolo avvenne un c ambiamento, una maggior
espansione della fabbricazione dei giocattoli. Oltr e ai venditori ambulanti, che
smerciavano gli articoli nelle fiere e nei mercati, nacquero botteghe specializzate
che, insieme ai giocattoli tradizionali, incomincia vano a proporre oggetti per
l’infanzia come giochi di carte, tombole, giochi de ll’oca, abbecedari.
Questa svolta significava che gli adulti prestavano maggior attenzione al mondo
dei bambini, dedicando loro più tempo.
L’Ottocento
La pedagogia del 1800 è una pedagogia che esorta al gioco; per il diffondersi
della pedagogia froebeliana, che esalta la funzione educativa del gioco infantile,
anche il giocattolo guadagna una sua legittimazione educativa e il
riconoscimento di un’autentica qualità formativa.
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Friederich Froebel (1782 – 1852), educatore e pedag ogista tedesco, affermava
che “il gioco è la vera attività naturale del bambino ”, riconoscendone
l’insostituibile valore educativo. Inoltre sottolin eava che “ dal gioco dipendono le
future relazioni del fanciullo col padre e col la m adre, coi fratelli e sorelle, in
generale colla famiglia, colla società civile, coll a natura e con Dio ”.
Nella società ottocentesca il giocattolo diventò se mpre più importante,
soprattutto in Germania, Francia e Inghilterra, dov e nacquero fabbriche per la
produzione in serie di materiale ludico. L’industri a del giocattolo, che visse la sua
stagione d’oro tra il 1850 e il 1914, incise in mod o considerevole sull’economia
dei paesi produttori; l’Italia però iniziò tardi la produzione di balocchi:
la prima industria di giocattoli è stata fon data a Mantova nel 1872.
Negli anni ’20 e ’30 del Novecento, iniziarono e si svilupparono industrie del
settore, soprattutto tedesche, che proprio tra le d ue guerre raggiunsero l’apice
della perfezione della costruzione, nella qualità d ei materiali impiegati e nella
scelta dei soggetti.
La pedagogia moderna
Le teorie pedagogiche di John Dewey (1859 – 1952), di Jean Piaget (1896 - 1980)
e di Célestin Freinet (1896 – 1966) affermano il ru olo fondamentale del gioco nel
processo di apprendimento e formazione del bambino: il bambino impara
giocando e sperimentando realtà che rappresentano u no stimolo alla creatività
e all’immaginazione. Gli anni ’70 hanno visto, infa tti, uno sviluppo straordinario
di iniziative museali rivolte ai bambini in tutta E uropa.
1.3 Le funzionalità del gioco
Psicologi e pedagogisti sono oggi tutti d’accordo n ell’affermare che il gioco è un
elemento essenziale per lo sviluppo e la crescita d el bambino perché esso aiuta
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ad instaurare un rapporto con se stesso, con l’ambi ente, con le cose, con gli altri.
L’attività ludica è infatti è la forma di espressio ne privilegiata dal bambino,
in quanto lo stimola a liberare, ad aprire e ad esp lorare il suo mondo e quello che
lo circonda; nel gioco il bambino sperimenta la pos sibilità di intervenire in
maniera attiva sugli elementi che lo circondano.
Il gioco è utile per lo sviluppo emotivo, per lo sv iluppo cognitivo e per la
socializzazione del bambino.
Dal punto di vista dello sviluppo emotivo risulta e ssenziale l’idea di Freud
secondo il quale il gioco acquista una funzione cat artica, cioè esprime e soddisfa
desideri che nella vita reale non potrebbero avvera rsi. Il gioco, inoltre, è un aiuto
fondamentale per superare il distacco dalla madre e controllare l’ansia.
Dal punto di vista dello sviluppo cognitivo, il gi oco sviluppa la fantasia ed è
funzionale all’apprendimento perché consente di spe rimentare liberamente
soluzioni senza costrizioni esterne; l’attività lud ica, essendo una libera scelta,
è vissuta dal bambino in maniera assolutamente natu rale, con totale apertura e
predisposizione.
Sotto l’aspetto sociale, il gioco è ritenuto utile come mezzo di facilitazione dei
rapporti sociali, soprattutto perché rende più toll eranti nei confronti degli altri.
Attraverso il gioco, inoltre, le nuove generazioni entrano in contatto con i valori,
le norme, le tradizioni, i modelli di vita e la cul tura della società in cui vivono.
1.4 Il gioco è socializzazione
Gran parte della socializzazione dei bambini passa attraverso il gioco: è
attraverso il gioco che i bambini prendono contatto con la realtà, imparano a
conoscere gli altri, dimostrare i loro sentimenti e ad assumere dei ruoli che sono
alla base della socialità. Il gioco è infatti l’ant icamera della socializzazione:
ogni genere di gioco può portare allo stabilirsi di rapporti sociali. Basti pensare al
gioco di movimento, praticato in gruppo e con la pa rtecipazione di tutti, al gioco
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con gli oggetti, in cui l’oggetto è considerato mez zo di scambio o centro di
attenzione collettiva. Il gioco socializzante presu ppone un’ampia comunicazione
e una serie di relazioni fra tutti coloro che in qu alche modo entrano nel gioco,
che vanno dall’autodisciplina alla reciproca toller anza, dal riconoscimento dei
diritti altrui all’accettazione di determinate norm e. Il gioco è appartenenza, è
apprendimento della vita associata, è superamento d i difficoltà, è la legge del
gruppo ed è esperienza.
Il gioco sociale si compone di diverse fasi. Inizia lmente si può stare insieme in un
gruppo stando però ognuno per conto proprio, come s i verifica spesso negli asili
nido quando ogni bambino sta nel suo angolino con i l proprio giocattolo.
Da questa fase di gioco solitario si passa poi, int orno al terzo anno di vita, al
cosiddetto gioco parallelo in cui, pur senza intera gire, si sta vicini e ci si scambia
occhiate, sorrisi e anche giocattoli. Il bambino im para così che anche l’altro ha
delle esigenze e che si può collaborare se si vuole qualcosa; si approda così al
gioco associativo, in cui all’inizio i bambini gioc ano insieme senza una forte
coordinazione e in seguito passano ad una fase coop erativa vera e propria in cui
si agisce insieme per realizzare un obiettivo comun e. Riuscire a realizzare
qualcosa insieme dà un senso di soddisfazione e fav orisce i sentimenti di
amicizia.
1.5 Diverse tipologie di giocattolo
I giochi da tavolo
Questi giochi costituiscono una fetta considerevole dell’universo dei giocattoli
non solo per la quantità di proposte che l’industri a sforna in continuazione, ma
anche per l’ampiezza della fascia d’età dei giocato ri: dai 5/6 anni per i più
semplici giochi educativi, studiati appositamente p er i più piccoli, alle tombole
per nonni e nipoti.
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Si possono distinguere cinque famiglie principali:
1. I giochi di “domanda e risposta” nelle versioni per adulti o bambini,
contenenti domande su svariati argomenti. Si tratta di forme di
intrattenimento che rispondono ai bisogni di social izzazione, di
competizione e di affermazione intellettuale e cult urale.
2. Il secondo gruppo ha il suo fulcro determinante nel la fortuna: qui è il caso
a regnare sovrano, come nella tombola, nella roulet te, nel gioco dell’oca.
A questi si aggiungono giochi come il Monopoli, Ris iko, memory®;
in questi giochi sono necessarie capacità di progra mmazione, valutazione
di una certa molteplicità di variabili, previsio ni, tempestività e memoria.
3. Un altro gruppo è rappresentato da giochi quali gli scacchi, la dama,
i puzzle e particolari giochi di carte, ossia tutti quei giochi che valorizzano
le capacità logico-matematiche e stimolano la conce ntrazione,
la riflessione e l’attenzione.
4. Ci sono poi giochi educativi per le fasce d’età inf eriori; tra questi i giochi
elettronici hanno la capacità di parlare letteralme nte col bambino, di
rispondergli con lodi-correzioni e incoraggiamenti (l’apripista di questa
serie di giocattoli è stato il “grillo parlante” ne gli anni ’80, seguito dalle
varie edizioni di “Sapientino”). Dal punto di vista didattico l’interesse che
suscitano nel bambino, la sorpresa, la gratificazio ne, sono altrettanti
fattori che attraggono il giocatore e lo aiutano ad apprendere con grande
facilità e svago gli argomenti proposti.
I giocattoli educativi
Con l’avvento della pedagogia moderna si sottolinea l’esigenza di utilizzare
proprio l’attività ludica per far scattare i meccan ismi dell’apprendimento;
nascono così i giocattoli educativi. I primi strume nti ludici considerabili come
educativi furono forse le figurine, che si prestava no ad essere raccolte in album,
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così da poter costituire le prime enciclopedie popo lari. Nel 1870 una stamperia
francese iniziò la produzione destinata esclusivame nte ai bambini; si trattava di
grandi fogli che riproducevano disegni e colori bri llanti di animali, personaggi
famosi, monumenti e soldati di ogni genere, con i q uali i bambini si esercitavano
in modo attivo ed imparavano giocando.
Centrati sull’esplorazione visiva sono i giochi edu cativi basati sull’anatomia, con
cui i bambini possono divertirsi a scomporre e rico mporre il corpo umano,
osservando anche gli organi interni, l’ossatura, la muscolatura, eccetera.
L’Ottocento vide inoltre la nascita di quei giocatt oli educativi che rappresentano
l’espressione della sensibilità artistica e creativ a; ne sono un illustre esempio
i puzzle, le tombole di parole ed immagini e i gioc hi di carte illustrate.
All’inizio del Novecento, i giochi e i giocattoli f ormativi presero slancio per opera
di una geniale educatrice italiana, Maria Montessor i, che inventò e utilizzò i
materiali didattici su basi scientifiche e psicolog iche.
I giocattoli didattici
I giocattoli didattici sono giochi adatti a svilupp are alcune particolari capacità
cognitive, espressive e comunicative del bambino. E ssi hanno la caratteristica di
non essere immediatamente utilizzabili dal piccolo poiché necessitano dell’aiuto
di un educatore, genitore o insegnante che ne facci a emergere il potenziale:
sono prodotti le cui possibilità non sono evidenti al bambino. Questi giocattoli
possono essere distribuiti sul mercato anche per me zzo della vendita a scuole,
a enti pubblici, a istituzioni private, a centri di rieducazione: le vendite non sono
quindi rivolte solo ai privati. I giocattoli d’inca stro, i puzzle, le costruzioni in
legno, sono tra i più antichi giocattoli didattici che mirano ad educare
divertendo.
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I giochi sportivi
Un’importante caratteristica di questi giochi è il fatto che offrono la possibilità di
contrastare la tendenza, purtroppo sempre più diffu sa tra bambini e ragazzi, a
trascorrere lunghe ore davanti al televisore passiv i e inattivi. Infatti il gioco
sportivo, sia singolo che di squadra, comporta un’i ntensa attività sia fisica che
mentale, oltre ad alimentare la fantasia e l’invent iva, stimolare il rispetto per gli
altri e per le regole comuni. Il rispetto di regole comuni è un altro importante
fattore di socializzazione che favorisce l’assunzio ne di responsabilità all’interno di
un gruppo; non bisogna dimenticare che l’attività d i gruppo ha una funzione
socializzante.
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CAPITOLO 2
TEORIE PEDAGOGICHE SUL GIOCO
2.1 Friederich Froebel
La biografia
Nato in Turingia, nella Germania centrale, il 21 ap rile 1782; la madre muore
quando lui aveva nove mesi; forse fu proprio la man canza di affettuose cure
materne nell’infanzia che spinge Friedrich Froebel ad interessarsi vivacemente
dell’educazione dei più piccoli. L’autore è infatti una figura fondamentale nel
panorama educativo poiché suo è il merito della tra sformazione degli asili
infantili in strutture educative. Il pedagogista te desco crea la sua prima
istituzione educativa perché si doveva occupare del l’educazione di cinque
nipotini; nasce così l’Istituto Generale Tedesco di Educazione, una scuola che,
nonostante il nome importante, contava solo cinque alunni.
In seguito, Froebel fa varie esperienze in Svizzera e in Germania, dove dirige un
orfanotrofio. A Blankenburg nel 1837 dà vita al pri mo istituto d’educazione per
bambini al di sotto dei sei anni, quello che avrebb e chiamato, nel 1840,
Giardino d’Infanzia; questa istituzione si basa su un modo innovativo di concepire
la natura infantile e di conseguenza i rapporti edu cativi. La fama di Froebel
aumenta, ma nel 1851, la Prussia decreta la chiusur a dei Giardini d’Infanzia,
perché impostati su di un’educazione atea e sociali sta. Froebel muore un anno
dopo, nel 1852.
Anche dopo la sua morte, l’istituzione di Froebel s opravvive a lungo e si diffonde
un po’ ovunque in Europa e anche in America. In Ger mania, i Giardini d’Infanzia
vengono riaperti dopo il 1860, mentre in Italia il froebelismo gode di particolare
favore solo dopo l’unità.
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L’infanzia, il gioco e i Kindergarten
Il valore dell’infanzia e l’importanza del gioco co me espressione libera e
spontanea dell’intera personalità del bambino sono scoperte che fanno la
grandezza di Froebel. La riflessione educativa di F roebel si basa su tre punti
principali: la concezione dell'infanzia, l'organizz azione dei kindergarten e la
pedagogia dei doni. Nell’interiorità infantile vi è una ricchezza di potenzialità che
l’educazione ha il compito di liberare e fare cresc ere. Con la parola, il bambino
comincia a porsi in relazione con gli oggetti; il g ioco non è un semplice svago, ma
è la manifestazione totale del bambino, che parla c on gli oggetti come se fossero
vivi, proiettando in essi il suo mondo interiore. V i è quindi una celebrazione del
gioco, attraverso il quale il bimbo dapprima si pon e in relazione con se stesso,
poi con le cose e con gli altri, apprendendo natura lmente: attraverso il gioco, il
bimbo impara. L’educazione deve assecondare la spon tanea attività umana non
proponendo modelli esterni da imitare, ma fornendo la possibilità ad ogni
individuo di realizzarsi concretamente e autonomame nte. A tale scopo vengono
ideati i Giardini d’Infanzia, ossia spazi attrezzat i per il gioco e il lavoro infantile e
per le attività di gruppo, organizzati da una maest ra che guida le attività, senza
che queste assumano mai una forma programmatica, co me avviene nelle scuole
tradizionali. Col termine “garten” Froebel allude a lla natura e alle cure del
“giardiniere”, che favorisce la spontanea crescita delle pianticelle, l’asseconda e
la ordina. Nel giardino l’attività predominante è i l gioco, considerato come una
spontanea attività creatrice e pratica fondamentale per lo sviluppo e non come
sterile divertimento. Il gioco sviluppa il linguagg io, il disegno, l’attività
logica-matematica, la creatività, l’espressione del bambino ed è inoltre
fondamentale per stabilire rapporti con sé, con gli altri e con la realtà esterna.
La spontanea creatività del bambino, anche se reali zzata in piena autonomia, non
è però abbandonata al caso ma deve essere facilitat a e sviluppata attraverso una
serie di giocattoli preordinati, i cosiddetti doni, ossia materiale didattico
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strutturato che viene presentato al fanciullo secon do un ordine preciso, in base
alla teoria dello sviluppo progressivo e continuo d ell'animo umano.
Il primo dono offerto al bambino è la palla, il gio cattolo più elementare, che
prestandosi a tutti gli esercizi sviluppa i sensi e il linguaggio; il secondo dono è
rappresentato da oggetti, attraverso i quali il bam bino impara a riconoscere i
contrasti e la loro conciliazione. Il terzo dono è un cubo suddiviso in otto cubetti,
e ha lo scopo di accostare il bambino all'aritmetic a e iniziarlo ai lavori di
costruzione; il cubo, infatti, è adatto a fornire l ’intuizione delle forme
geometriche e del numero.
Si può quindi concludere che Froebel ha il grande m erito di aver compreso la
ricchezza e la vitalità dell’infanzia; il pedagogo vede nell’infanzia una preziosa
riserva di saggezza e di vita. Il pensiero pedagogi co di Froebel e la sua
realizzazione attraverso i Kindergarten contiene ca ratteri innovativi nel
panorama culturale dell’epoca e segna una svolta gr azie alla quale, tale
riflessione, costituirà uno dei pilastri della peda gogia contemporanea per
l’attualità della concezione d’infanzia e di scuola .
2.2 John Dewey
La biografia
John Dewey nasce il 20 ottobre 1859 a Burlington,
nel Vermont, dove studia filosofia e psicologia.
Dopo essersi laureato nel 1884, inizia l'insegnamen to
universitario, dapprima nelle università del Michig an e
del Minnesota, poi in quella di Chicago, dove riman e
dal 1894 al 1904. Qui fonda nel 1896 la
scuola-laboratorio dell'università di Chicago, che è uno
dei primi esempi di scuola nuova, cioè di applicazi one
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del metodo pedagogico attivo secondo criteri teoriz zati dallo stesso Dewey.
Dal 1904 al 1929 insegna alla Columbia University d i New York e in questi anni la
sua fama di pedagogista, di filosofo e di pensatore sociale si diffonde in tutto il
mondo. All’età di 70 anni, terminato l'insegnamento accademico, Dewey si
dedica intensamente all'attività politica. Muore a New York il 1° giugno 1952.
Il Pensiero filosofico
La formazione di Dewey è stata fortemente influenza ta dal pragmatismo
americano 1
; il pensiero filosofico e pedagogico di Dewey si b asa su una
concezione dell'esperienza come rapporto tra uomo e d ambiente, dove l'uomo
non è uno spettatore involontario, ma interagisce c on ciò che lo circonda.
Il pensiero dell'individuo nasce dall'esperienza so ciale. L'educazione deve aprire
la via a nuove esperienze ed al potenziamento di tu tte le opportunità per uno
sviluppo ulteriore. L'esperienza educativa deve qui ndi partire dalla quotidianità
nella quale il soggetto vive; l'esperienza è realme nte educativa nel momento in
cui produce l'espansione e l'arricchimento dell'ind ividuo, conducendolo verso il
perfezionamento di sé e dell'ambiente. Per Dewey, p er partecipare alla vita
sociale, una persona deve avere quattro requisiti:
• alfabetizzazione: secondo l'autore il saper leggere e scrivere può fornire
le stesse possibilità anche alle classi meno abbien ti
• competenze culturali e sociali portano ad un maggio r interesse per la vita
pubblica
• pensiero indipendente e non un pensiero unico (indo ttrinamento)
• predisposizione a condividere con gli altri
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I l pragmatismo è una corrente filosofica tipicamente americana secondo la quale la verità si
identifica con le esperienze concrete e le azioni p ratiche dell’uomo.