6
all’interno dello Stato di diritto è deputata per legge a combattere il crimine, cioè la
polizia.
Da questa considerazione è scaturito il nucleo tematico di questa ricerca, che si
propone di indagare la rappresentazione che della criminalità e delle forze di polizia
danno tre fra i più noti giallisti italiani: Giorgio Scerbanenco, Massimo Carlotto e Carlo
Lucarelli. Lo scopo è verificare se queste rappresentazioni divergono in modo
significativo ed eventualmente in che misura possono considerarsi indicative di diversi
modi di affrontare la questione della giustizia.
Quello della giustizia è un tema centrale nel dibattito filosofico sullo Stato di
diritto e sui fondamenti della pena, che però travalica i confini dell’ambito prettamente
giuridico e investe la società nel suo complesso, diventando appunto questione politica.
Per idea di giustizia si intende, quindi, una visione generale di questo concetto, non
limitata agli aspetti tecnico-penali, ma allargata a quelli socio-etico-politici. Del resto,
anche all’interno dello stesso pensiero giuridico il concetto di giustizia, pur essendo
riconosciuto come fine ultimo del sistema penale, è considerato un principio-guida e un
criterio generale per la valutazione del diritto positivo che è però in sé trascendente il
diritto positivo stesso. Ciò è in gran parte dovuto alla polisemicità di questo termine che
può essere investito di significati anche molto diversi tra loro, soprattutto quando a
parlarne non sono giuristi o filosofi ma scrittori, che pur dotati di una sensibilità
particolare sono pur sempre cittadini comuni, per i quali l’idea di giustizia ha a che fare
anche con l’etica e il senso comune.
L’ipotesi implicita alla base di questa ricerca è che la struttura narrativa del
romanzo giallo, nonostante la sua tendenziale rigidità, sia un grande strumento a
disposizione di tutti quegli autori, per i quali la letteratura è un mezzo di espressione
individuale che va oltre la dimensione privata, investendo la sfera pubblica e cioè la
società e la politica. In particolare, il giallo in Italia – almeno a partire dagli anni
Sessanta, quando molti autori cominciano sull’esempio di Scerbanenco a prendere le
distanze dai modelli stranieri e a pensare trame e personaggi compatibili con la società
italiana – si propone come una sorta di romanzo sociale, cioè come testo letterario che
veicolando un messaggio, un atteggiamento, un punto di vista, testimonia la
partecipazione dello scrittore alle problematiche e agli interrogativi posti dal contesto
sociale e culturale con il quale egli quotidianamente si relaziona.
7
Sul piano metodologico, questo lavoro si pone chiaramente sul versante di una
sociologia delle opere che rintraccia dei fenomeni generali in certi temi e in certe
strutture formali – quelle, in questo caso, del romanzo giallo – proprio perché, per dirla
con la sociologa della letteratura Pagliano, il testo letterario, “se riflette la realtà, la
riflette in modo incompleto e parziale, ma se opera ciò esplicitamente, assolve a un
compito non sostituibile con la conoscenza scientifica (che ha i suoi propri strumenti),
cioè un compito rivelatore, in quanto la frammentazione dell’immagine evoca la
stratificata complessità della realtà.”
3
Nell’analisi condotta è centrale la figura
dell’investigatore, nell’ipotesi che essa costituisca una chiave di lettura privilegiata per
il tipo di discorso che si è scelto di fare. Come dice la Turnaturi, infatti, “nella
letteratura i problemi non vengono mai presentati in astratto, ma interpretati da questo o
da quel personaggio, da un individuo che, benchè frutto dell’immaginazione, ci si
presenta come reale.”
4
Si è supposto in pratica che la caratterizzazione di questo
personaggio fosse il luogo di raccordo e di mediazione da parte dello scrittore tra
atteggiamenti individuali e valori sociali. Per questo motivo sono state selezionate
all’interno della vasta produzione di ognuno dei tre autori le opere che presentano
personaggi seriali, costituendo così dei veri e propri cicli: il ciclo di Duca Lamberti di
Scerbanenco, ambientato nella Milano della fine degli anni Sessanta, del boom
economico e della trasformazione della città in grande metropoli, con tutti i problemi
sociali che il fenomeno dell’inurbamento massiccio porta con sé; quello dell’Alligatore
di Carlotto, ambientato nella Padova dei primi anni Novanta, ma con un atteggiamento
dell’autore che è ancorato alla sua generazione, cioè quella della contestazione degli
anni Settanta; quello, infine, del commissario De Luca di Lucarelli, ambientato nella
Bologna della metà degli anni Quaranta, in un Italia reduce dal fascismo e dalla guerra,
in cui l’autore rintraccia l’origine stessa di molte contraddizioni e problematiche
dell’Italia contemporanea.
Di ognuna di queste serie vengono analizzati in maniera dettagliata i primi due
romanzi, tranne nel caso di Carlotto, del quale è stato preso in esame il terzo episodio
della serie e non il secondo che è ambientato eccezionalmente in Sardegna e cioè in un
contesto territoriale troppo diverso da quello della città veneta. Dal punto di vista del
metodo, va anche premesso che la scelta dei tre giallisti non è casuale, nel senso che non
3
G. Pagliano, Profilo di sociologia della letteratura, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994, p. 94.
4
G. Turnaturi, Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, Laterza, Bari, 2003, p. 44.
8
è rispondente esclusivamente a un criterio di preferenza personale. La scelta di autori
collocati in contesti socio-politici temporalmente e spazialmente diversi è funzionale
all’ipotesi di verificare se le differenze rilevate fra i tre autori nella rappresentazione
che danno della criminalità, della polizia e della giustizia siano riconducibili al
cambiamento della percezione sociale di questi temi avvenuta negli ultimi decenni della
storia d’Italia. Queste considerazioni vengono svolte sia nei capitoli monografici
dedicati agli autori, sia nella parte finale delle conclusioni. La strutturazione interna dei
capitoli monografici, che sono preceduti da un capitolo introduttivo sulla storia del
giallo, è stata formulata tenendo conto proprio dello schema narrativo fisso di questo
genere letterario, che prevede sempre e ovunque un crimine, un’indagine e una
soluzione finale.
9
1. BREVE STORIA DEL ROMANZO GIALLO
1.1. Una definizione e altre premesse
E’ forse necessario cominciare col fornire una definizione di romanzo giallo,
facendo però prima una doverosa premessa. Dal punto di vista terminologico, il nostro è
l’unico paese al mondo (ma sarebbe meglio dire dell’Occidente, dato che è questa l’area
politico-economica in cui, date precise condizioni storico-culturali, il romanzo giallo
nasce e si evolve) in cui ci si riferisce a questo genere di letteratura mediante un colore,
il giallo appunto. Tale particolarità è storicamente dovuta ad una scelta editoriale della
Mondadori, che nel 1929 lanciò “I Libri Gialli”, una nuova collana di romanzi
polizieschi. L’accattivante veste grafica delle copertine, un esagono e successivamente
un cerchio rosso su fondo giallo intenso, e gli slogan inventati per invogliare
all’acquisto (“questo libro non vi lascerà dormire” oppure “si legge d’un fiato”) si
rivelarono talmente convincenti da comportare una piccola rivoluzione terminologica
nella lingua italiana.
5
Ma torniamo alla nostra definizione. Il critico letterario Giuseppe Petronio ne
ricava una, domandandosi come viene indicato nelle altre lingue ciò che noi chiamiamo
giallo e confrontando poi i vari termini:
Noi, gli italiani, quando non lo chiamiamo giallo […] diciamo romanzo
poliziesco come i francesi che parlano anch’essi di roman policier. I tedeschi
invece lo dicono kriminalroman, che abbreviano in Krimi. o Detektivroman,
Gli anglosassoni hanno una scelta più varia: parlano di Mystery (o Mystery
5
Come ha ben ricostruito Luca Crovi, “prima di utilizzare l’aggettivo ‘giallo’, per inquadrare il genere
narrativo legato a un’indagine su colpe e colpevoli, c’era stato il tentativo di servirsi della complicata
definizione ‘romanzo detettivo’ (suggerita da G.A. Borgese) o del termine ‘thriller’ (magari tradotto come
“mozzafiato”, come asseriva il linguista Bruno Migliorini) o ‘romanzo del brivido’ (secondo l’ipotesi
avanzata da Alberto Rossi in un articolo del 1931). Ma col titolo della collana mondadoriana del 1929
l’aggettivo generò ufficialmente il sostantivo: dal termine ‘I Libri Gialli’ derivò il genere ‘romanzo
giallo’. ”. L. Crovi, Tutti i colori del giallo. Il giallo italiano da De Marchi a Scerbanenco a Camilleri,
Marsilio, Venezia, 2002, p. 44.
10
Story), di Detective Story o Detective Novel […], di Crime o Crime Story. I
russi lo indicano con detektivnji roman o roman tajn (romanzo-mistero).
6
Questa rapida panoramica, limitata ai paesi in cui il romanzo giallo ha
velocemente attecchito nella seconda metà del diciannovesimo secolo (sebbene, come
vedremo, per ragioni storiche e ideologiche assai diverse, come il caso della Germania e
dell’Italia dimostrano), rivela oltre alle differenze tra le tradizioni giallistiche nazionali,
di cui si farà cenno più avanti, anche gli elementi fondamentali attorno a cui ruota
questo tipo di romanzo: il delitto, o crimine, avvolto da un iniziale mistero; l’indagine
poliziesca volta a scoprire il colpevole; la soluzione, ossia la scoperta del colpevole
(detection). Il che equivale a dire, con Petronio, che il giallo è “il racconto, più o meno
circostanziato, di un delitto, per lo più un omicidio, e delle indagini che qualcuno
compie per risolvere il mistero, fino alla soluzione del caso.”
7
Questa definizione
consente di tracciare i confini sia tra il giallo (o poliziesco) e il “romanzo criminale”
(che racconta le gesta di un criminale di genio, che a volte si comporta da investigatore),
sia tra quello e il “romanzo thriller” (nel quale il nome del colpevole è noto fin
dall’inizio e l’interesse del lettore è catturato dalla narrazione dell’atto criminoso e della
caccia, per lo più avventurosa, al responsabile di quest’atto).
Tornando alla definizione data di giallo, va notato che essa evidenzia una
struttura fissa del romanzo poliziesco, basata sulla presenza del delitto, dell’indagine e
della soluzione. Questo schema piuttosto rigido consente in realtà infinite variazioni nel
rispetto delle tre costanti individuate. Per questo esso è rimasto nel tempo
sostanzialmente invariato. Ciò che è cambiato negli anni è, semmai, la funzione che
nell’economia totale del romanzo viene attribuita di volta in volta ai tre elementi. In
generale si può affermare che si è verificato un cambio di funzione dell’elemento
crimine. Il delitto, infatti, che nel “giallo-enigma” serve da catalizzatore dell’azione,
ossia innesca semplicemente il ragionamento logico del detective, si è progressivamente
spostato al centro del quadro, causando un ripensamento anche per l’indagine e la
soluzione. Come vedremo in maniera più dettagliata più in là, nel “giallo realista”,
crimine e indagine si svolgono in contemporanea e mostrano al lettore una realtà ancora
troppo nascosta di malavita organizzata, potente, ma ancora arginabile attraverso
6
G.Petronio, Il punto su: il Romanzo Poliziesco, Laterza, Bari, 1985, p. 16.
7
Ibid., p. 17.
11
l’azione, più che il ragionamento, di un detective coraggioso. Nel “giallo problematico”
è, invece, la soluzione a venire meno e a mostrare il definitivo distacco del nostro
genere dalla mentalità positivista ottocentesca. Qui il crimine diventa, come afferma
Petronio, “un tema emblematico per la comprensione del mondo d’oggi”.
8
La breve storia del romanzo giallo che andremo a delineare si basa molto sul
modello evolutivo di giallo individuato da Petronio. A nostro modo di vedere questa
teorizzazione, dando conto dei vari modi in cui è stata declinata nel tempo e nello spazio
la formula triadica crimine-indagine-soluzione che è alla base della struttura narrativa
del giallo, ha il merito di evidenziare l’estrema adattabilità di questo tipo di letteratura a
condizioni storico-sociali e culturali molto diverse. Ovviamente si farà riferimento alle
osservazioni e agli studi critici di numerosi altri studiosi, alcuni dei quali anche autori di
gialli, per meglio inquadrare la questione.
1.2. Evoluzione del romanzo giallo
1.2.1. Il giallo-enigma
Nel 1901 Gilbert Keith Chesterton, illustre intellettuale inglese del tempo,
nonché inventore del primo investigatore-prete della storia, il celebre padre Brown, si
esprimeva a difesa della dignità letteraria del giallo in questi termini:
Il romanzo di avventure poliziesche […] trattando delle sentinelle insonni
che presiedono gli avamposti della società, vuole ricordarci che viviamo in
un campo di battaglia, in guerra con un mondo di disordine, e che i criminali,
figli del caos, non sono niente altro che traditori dentro la cerchia delle
nostre mura […] è dunque il romanzo stesso dell’uomo e si fonda sul fatto
che la moralità è la più tenebrosa e audace delle congiure. Ci ricorda che il
8
Ibid., p. 64.
12
lavoro silenzioso e impercettibile della polizia, da cui la società è regolata e
protetta, equivale alle gesta vittoriose del cavaliere errante
9
.
Il passo riportato, nonostante i toni spiccatamente moralistici, che dipendono in
larga misura dalle origini irlandesi e cattoliche di Chesterton, sintetizza alla perfezione
l’origine e il senso ultimo della prima forma nota di romanzo poliziesco: il whodunit,
ossia il giallo-enigma all’inglese, che risolve il mistero da cui è avvolto il delitto, dando
appunto risposta alla domanda iniziale “chi è stato?”. In realtà sarebbe più corretto
parlare di giallo anglo-americano dato che l’invenzione del genere si deve nientemeno
che ad Edgar Allan Poe e ai suoi I delitti della Rue Morgue (1841), una raccolta di
racconti in ognuno dei quali si descrive il procedimento logico con cui il signor Dupin
risale al colpevole dell’atto criminale descritto nelle primissime pagine. Il Dupin di Poe
può ben essere considerato il primo di una lunga schiera di investigatori non inseriti nei
ranghi della polizia e al di sopra delle righe, caratterizzati cioè da una certa genialità
individuale che emerge soprattutto dal confronto con le procedure burocratiche, zelanti
ma inconcludenti, dell’istituzione indagante. Secondo il critico Carlo Oliva, in questa
contrapposizione:
…si riflette la dialettica, tipica della nascente cultura di massa, tra individuo
e società organizzata […] il protagonista individuale ha il compito storico di
vendicare la passività e l’anonimato cui tutti i suoi simili (noi, i lettori) sono
condannati di fronte alla macchina impersonale delle istituzioni, e deve
segnalare la sua eccezionalità con comportamenti, atteggiamenti e
caratteristiche eccezionali.
10
I vari Sherlock Holmes, Lord Peter Wimsey, Philo Vance, Ellery Queen ed
Hercule Poirot sono gli eredi di Dupin e sono, non a caso, tutti usciti dalla penna di
autori inglesi. Il giallo-enigma infatti, in quanto segna il trionfo della logica e della
mentalità positivistica ottocentesca, che si basa sull’esperienza e rifiuta qualsiasi
9
G.K Chesterton, “Una difesa del romanzo poliziesco”, in AA.VV. La trama del delitto. Teoria e analisi
del racconto poliziesco, a cura di Renzo Cremante e Loris Rambelli, Pratiche Editrice, Parma, 1980, p.
13.
10
C. Oliva, Storia sociale del giallo, Todaro, Lugano, 2003, pp. 11-12.