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I
L’UOMO
E L’OPERA
Nudus egressus sum de utero matris meae
et nudus revertar illuc
Iob 1,21
…mater mea, quid me genuisti
filium amaritudinis et doloris?
De miseria 1,I
1. Lotario (1160/61 – 1198)
Vennero magnificate dai contemporanei la sua grande cultura e la sagace in-
telligenza, che gli consentiva di afferrare rapidamente le situazioni e di emet-
tere un giudizio conforme ai suoi principî. Poteva contare inoltre su una stra-
ordinaria memoria e sul dono di sapersi esprimere in modo brillante sia oral-
mente sia per iscritto. La sua prontezza di spirito, abbinata al senso
dell’umorismo, affiorava soprattutto nelle udienze giudiziarie, circostanze in
cui poteva anche diventare sarcastico o addirittura cattivo, e non esitava a u-
sare un linguaggio diretto perfino nelle occasioni cerimoniali. Il suo zelo era
smisurato, tuttavia non lo si può definire un maniaco del lavoro, poiché era di
salute cagionevole, e quindi seppe risparmiarsi adottando ritmi lavorativi ra-
gionevoli e concedendosi una pausa di riposo pomeridiana ed escursioni nella
natura. Soffriva il caldo in estate, si rammaricava della sua costituzione fragi-
le e le malattie lo confinavano spesso a letto […] era un uomo profondamente
pio, il quale, più di una volta, si rammaricò che le occupazioni di governo lo
distogliessero dalla preghiera e dalla meditazione. Sempre rigorosamente de-
terminato a salvaguardare la purezza della fede e della morale, gran parte del-
le sue iniziative scaturirono da un atteggiamento religioso di fondo da cui tut-
tavia a volte si discostò per ragioni politiche.
1
La vita di Lotario ebbe inizio nel 1160/61, a Gavignano, piccolissimo borgo a sud di
Roma. Il padre, Trasmundo, era membro della nobiltà fondiaria della vicina Segni; la
madre, Clarissa, apparteneva alla famiglia romana degli Scotti. Essendo di famiglia be-
nestante, Lotario poté dunque beneficiare della migliore istruzione disponibile all’epoca.
Poco dopo la sua nascita la famiglia si trasferì a Roma e il giovane fu “educato in questa
città, formato alla scuola di”
2
Pietro Ismaele, che gli impartì la prima formazione nel
monastero di Sant’Andrea al Celio, fondato da Gregorio Magno (590-604). Essa consi-
steva di discipline elementares (grammatica) e fundamentum scientie litteralis (letteratu-
ra classica).
1
W. MALECZEK, “Innocenzo III”, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 66, Treccani, Roma 2004,
pp. 420-421.
2
Atti 22,3.
6
Fu poi la volta di Parigi, neonata università che già poteva vantare un indiscusso
primato nell’insegnamento teologico. Lotario vi giunse probabilmente nel 1180 o prima
3
,
ivi visse gli anni più sereni e “si diede completamente allo studio, tenendosi lontano dal-
le altre attrattive che la città universitaria offriva agli studenti”.
4
Il programma di studi
prevedeva un primo corso di discipline litterariae (arti liberali), propedeutico al corso di
teologia. “Nel primo corso allargò e approfondì la sua cultura classica già iniziata a Ro-
ma, e le frequenti citazioni di poeti e scrittori latini nei suoi scritti e nei sermoni indicano
che questa era vasta ed aderente al suo spirito”.
5
Scelse poi il suo maestro di teologia,
Pietro di Corbeil, particolarmente apprezzato per le sue lectiones sulle lettere paoline.
6
E
fu proprio Pietro di Corbeil a svolgere un ruolo di primo piano nella disputa filosofica
gravitante intorno al centro universitario parigino. Erano infatti gli anni in cui si andava
formando quella peculiare cultura filosofica gravitante intorno al pensiero aristotelico,
così come veniva tramandato non solo dalle opere tradotte dal greco ma anche attraverso
l’interpretazione araba, in particolare quella di Averroè (1126-1198). Tale interpretazio-
ne, però, entrava inevitabilmente in contrasto con la dottrina cristiana, e si era ancora
lontani dal trovare una soluzione, cui si giungerà soltanto con l’affermarsi della Scolasti-
ca, per opera del pensiero di Alberto Magno (1205 ca. – 1280) e di Tommaso d’Aquino
(1225 ca. – 1274). Nel 1210, infatti, il Concilio provinciale parigino, presieduto da Pietro
di Corbeil, vietò sotto pena di scomunica la lettura e l’insegnamento, sia in pubblico che
in privato, delle opere di Aristotele sulla fisica e dei loro commenti. Cinque anni dopo il
divieto sarebbe stato esteso anche alle opere metafisiche: «Non legantur libri Aristotelis
de metaphysica et naturali historia, nec summa de iisdem» era l’avvertimento… disatte-
so. Ancora nel 1228, infatti, papa Gregorio IX (1227-1241)
7
scriveva ai maestri di teolo-
gia parigini accusandoli di aver ceduto a “dottrine aliene e straniere”, riducendo così la
teologia allo stato di ancilla philosophie.
8
Ancora restava qualcosa dell’ammonizione
paolina: «Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti
raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cri-
sto».
9
3
Per quanto riguarda la cronologia prima dell’elezione al pontificato, si tenga conto del fatto che le varie
fonti sono discordi. Si indicheranno dunque di volta in volta la fonte utilizzata per la datazione ed even-
tuali incongruenze. Nel caso specifico dell’arrivo a Parigi, la data è presa da J. SAYERS, Innocenzo III.
1198-1216, Viella, Roma 1997, p. 28.
4
M. MACCARRONE, “Innocenzo III prima del pontificato”, in Archivio della R. Deputazione romana di
Storia patria, LXVI (1943), p. 71. Per un’idea delle “altre attrattive” a cui si fa riferimento, basti pensare
alla ricca produzione di poesia goliardica dell’epoca, i cui autori erano proprio gli studenti universitari
detti appunto “goliardi”, cantori spregiudicati di temi quali l’amore, il buon vino, la satira contro le istitu-
zioni ecclesiastiche, ecc. (l’esempio più noto è costituito dai celebri Carmina Burana).
5
Ibid. p. 72.
6
Ibid. p. 74: “Nel suo insegnamento parigino, Pietro di Corbeil infuse nell’animo dei suoi scolari l’amore
allo studio delle Scritture, ed il nostro Lotario dimostrò di esserne stato un ottimo discepolo. La sua cono-
scenza della Bibbia è vastissima ed è il sostrato della sua cultura: nei suoi scritti c’è talvolta un susseguir-
si ininterrotto di citazioni scritturali, il più delle volte implicite, che vengono a formare l’argomento del
passo, dando ad esso uno «stile biblico»”.
7
È interessante notare che Gregorio IX, al secolo Ugolino di Anagni (1170-1241), fu nominato cardinale
nel 1198 dal nostro Lotario, ormai papa col nome Innocenzo III, con cui Ugolino era anche imparentato.
Maccarrone, nel saggio indicato alle note precedenti, lo indica come “consanguineo in terzo grado di In-
nocenzo”. Ma il legame fra questi due pontefici è anche di carattere ideologico. Da pontefice, Gregorio
seguì infatti fedelmente la linea politica tracciata da Innocenzo, di cui avremo modo di discutere più avan-
ti.
8
E. GILSON, La filosofia nel Medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, «La Nuova Ita-
lia» Editrice, Firenze 1973, p. 468; C. VASOLI, La filosofia medievale, Feltrinelli, Milano 1961, p. 248.
9
Col. 2,8.
7
Ma ormai Lotario aveva preso altre strade. Tra il 1187 e il 1189
10
lo troviamo infatti
a Bologna, dove, benché manchino prove certe, potrebbe aver seguito le celebri lezioni
di diritto canonico di Uguccione da Pisa (1130 ca.-1210), acquisendo le conoscenze giu-
ridiche che lo resero noto ai suoi contemporanei. Da papa, sarebbe stato soprannominato
«Salomone III».
11
Tornò poi a Roma,
12
dove svolse diversi uffici ecclesiastici e da cui poté assistere al-
le concitate vicende politiche dei suoi giorni, in cui il papato era direttamente coinvolto:
diamo ad esse un rapido sguardo.
Il 4 marzo del 1152 era stato eletto al trono imperiale di Germania Federico della ca-
sa degli Hohenstaufen, detto poi il Barbarossa. Egli, servendosi anche della consulenza
dei dottori dell’Università di Bologna, si impegnò fin da subito nel rivendicare i propri
diritti regi e nel restaurare il potere imperiale, minato in particolare dalla realtà comunale
italiana e dalle prerogative concesse ai vescovi col concordato di Worms (1122), atto
conclusivo della lotta per le investiture. Attirò così su di sé l’opposizione non solo dei
Comuni lombardo-veneti, ma anche del papa Alessandro III (1159-1181). Mentre Lota-
rio dava il suo primo pianto, le due parti si combattevano aspramente, senza tuttavia che
il conflitto si avviasse verso una conclusione. Federico, ciò considerato, decise dunque di
abbandonare le armi e passare agli accordi diplomatici, per raggiungere una stentata tre-
gua in accordo col pontefice. Bisognerà però aspettare ben sei anni, per firmare, nel
1183, la pace di Costanza. Ma allora Alessandro III aveva già lasciato il posto a un nuo-
vo pontefice, Lucio III.
Breve fu la sua permanenza sul soglio pontificio (1181-1185), eppure agguerrita.
Passò infatti solo un anno dalla pace stipulata con l’impero, che la battaglia si aprì su un
nuovo fronte, quello delle eresie. Nel 1184, infatti, con la decretale Ad abolendam, Lucio
III dichiarò eretici e colpì di perpetua scomunica i Poveri di Lione (noti anche come
Valdesi), i Patarini, i Passagini, i Giosefini, gli Arnaldisti, gli Umiliati e, soprattutto, i
Catari. Questi ultimi erano quelli che causavano maggiori preoccupazioni alle autorità
ecclesiastiche. Essi infatti, pur essendo spinti dalla stessa esigenza di rinnovamento mo-
rale che muoveva gli altri movimenti religiosi a carattere popolare, avevano anche una
dottrina e un’organizzazione ecclesiastica, con vescovi, sacerdoti e particolari pratiche
sacramentali: “una vera e propria Chiesa alternativa”.
13
Non a caso, lo stesso Lotario, di-
venuto papa, se da un lato cercherà un riavvicinamento con i Valdesi e riammetterà nella
Chiesa gli Umiliati, dall’altro bandirà contro i Catari una vera e propria crociata, coin-
volgendo anche le autorità politiche. Ma su questo argomento torneremo più tardi.
Dopo il breve pontificato di Urbano III (1185-1187) e quello, brevissimo, di Gre-
gorio VIII (25 ottobre – 17 dicembre 1187), fu la volta di Clemente III (1187-1191), che,
nell’autunno del 1190,
14
nominava il nostro Lotario cardinale diacono dei Ss. Sergio e
Bacco.
10
J. SAYERS, Innocenzo III, cit., p. 32, ma si veda la nota 12.
11
M. MACCARRONE, “Innocent III”, in Dictionnaire de Spiritualité, VII, Beauchesne, Paris 1971, col.
1768
12
M. OTT, “Pope Innocent III”, in The Catholic Encyclopedia, vol. 8, Robert Appelton Company, New
York 1910 [da http://www.newadvent.org/cathen/08013a.htm] riferisce: “Shortly after the death of Alex-
andre III (30 Aug., 1181) Lotario returned to Rome and held various ecclesiastical offices during the short
reigns of Lucius III, Urban III, Gregory VIII, and Clement III”. Di diverso avviso è la Sayers, che colloca
il ritorno a Roma di Lotario dai soggiorni parigino e bolognese al 1189, già regnante Clemente III.
13
G. VITOLO, Medioevo. I caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Milano 2000, p. 278.
14
W. MALECZEK, “Innocenzo III”, cit., p. 419. Ma per J. SAYERS, Innocenzo III, cit., p. 32, è il settembre
1189.
8
Da cardinale, Lotario non ricoprì ruoli particolarmente rilevanti. Fu forse questo che
gli consentì, durante questo periodo, di dedicarsi alla stesura dei suoi scritti più noti.
15
I Gesta Innocentii III papae, di autore anonimo,
16
riferiscono di tre opere certamente
autografe.
L’opera senza dubbio più conosciuta e che riscosse maggiore successo, sia fra i suoi
contemporanei che nelle epoche successive, è il De miseria humane conditionis (altri-
menti noto come De contemptu mundi), di cui ci occuperemo in maniera più dettagliata
nel prossimo capitolo. Per ora basti dire che fu redatta probabilmente nel 1194-95 e che
affronta, come si evince dal titolo, il tema dell’infelicità dell’uomo, della sua distanza dal
Creatore dovuta alla propria superbia. Per questo l’opera è stata a lungo considerata co-
me l’espressione più piena del pessimismo dell’autore.
Importante sul piano dottrinale è il De sacro altaris mysterio, in cui Lotario analizza
il rito della Messa. Dopo un prologo, il tema è sviluppato in sei libri, che affrontano i se-
guenti argomenti:
le persone che partecipano al sacrificio della Messa, con particolare atten-
zione al pontefice e agli abiti indossati (libro I);
la processione all’altare e l’inizio della Messa (libro II);
il valore del sacrificio che sta per compiersi (libro III);
l’eucaristia e la transustanziazione (libro IV);
i riti e le preghiere dopo la consacrazione e il commento al «Pater noster»
(libro V);
le ultime parti della Messa, fino alla benedizione finale del pontefice (li-
bro VI).
Di questioni allegoriche si occupa invece il De quadripartita specie nuptiarum, in cui
Lotario, commentando il Salmo 44
17
espone, appunto, i quattro tipi di unione matrimo-
niale:
tra uomo e donna,
tra Cristo e la Chiesa,
tra Dio e l’anima,
tra le due nature di Cristo, quella divina (la Parola) e quella umana (Ge-
sù).
Segue il commento del Salmo versetto per versetto.
A queste opere bisogna poi aggiungere il Commentarium in septem Psalmos Paeni-
tentiales, che non compare nei Gesta, ma è di indubbia autenticità
18
e fu composto
all’inizio del 1216. Molto tempo dopo l’ultimo scritto, dunque, Lotario, ormai alla fine
del suo pontificato, riprende il commento al Salterio, occupandosi questa volta dei sette
Salmi penitenziali, cioè dei Salmi 6, 31, 37, 50, 101, 129, 142. Frequenti sono i richiami
a espressioni usate nel De miseria, così come avviene anche in epistole e sermoni scritti
durante il pontificato.
Passarono così oltre sette anni, fino all’8 gennaio 1198, quando, morto Celestino III
(1191-1198), la vita del trentasettenne Lotario ebbe un nuovo inizio.
15
Questo è quanto sostengono diversi biografi. Di diverso avviso è M. MACCARRONE, “Innocenzo III
prima del pontificato”, cit., pp. 81-91.
16
PL, CCXIV, coll. 17-228 [reperibile anche on line all’indirizzo
http://www.documentacatholicaomnia.eu/01_01_1198-1216-_Innocentius_III.html].
17
L’indicazione dei Salmi segue la numerazione della Vulgata.
18
Sulle prove a sostegno dell’autenticità vedi ancora M. MACCARRONE, “Innocenzo III prima del pontifi-
cato”, cit., pp. 108-110.
9
2. Papa Innocenzo III (8 gennaio 1198 – 16 luglio 1216)
La mattina di giovedì 8 gennaio 1198 Lotario si recò nella basilica di San Giovanni
in Laterano per partecipare alle esequie del defunto pontefice. Nonostante l’atmosfera
contrita, poté comunque notare delle assenze vistose. Degli altri 27 cardinali, infatti, non
tutti erano presenti: una parte di essi era in quel momento alle falde del Palatino, nel Set-
tizonio severiano, per prepararsi all’elezione del nuovo papa. Dovettero comunque atten-
dere che Lotario e gli altri, terminate le esequie, li raggiungessero, per dare inizio al ce-
rimoniale. Fu celebrata la Messa, i cardinali si scambiarono il bacio di pace, ascoltarono
la predica esortativa agli elettori, furono scelti gli esaminatori dei voti. Si passò quindi
alle votazioni, ma i primi due scrutini non portarono alla maggioranza dei due terzi, pre-
vista dal III Concilio Lateranense del 1179, per nessuno dei candidati. Lotario aveva già
ottenuto molti voti, ma la sua giovinezza costituiva un ostacolo alla sua elezione, soprat-
tutto se rapportata ai 92 anni di vita di Celestino III e agli 85 anni della sua elezione. Tra
gli elettori serpeggiava comunque l’idea della necessità di un pontefice che fosse ancora
nel pieno delle forze anche fisiche, che fosse dunque in grado di lottare con vigore per la
libertà della Chiesa dalle ingerenze imperiali. Fu questo che, insieme alla stima di cui
Lotario godeva per il servizio reso nel suo cardinalato e per la sua dimostrata cultura teo-
logica oltre che giuridica, portò alla sua elezione unanime.
Il nome che gli fu assegnato, Innocenzo III (benché non si possano stabilire con cer-
tezza i motivi della scelta), esprime bene la volontà degli elettori.
19
Papa Innocenzo I (†
417), infatti, aveva chiaramente affermato il primato di Roma sulla Chiesa universale,
proprio nel momento storico in cui Roma soccombeva all’invasione visigotica del 410.
Innocenzo III avrebbe fatto altrettanto e sarebbe intervenuto nelle vicende politiche del
suo tempo (proprio per evitare che Roma si ritrovasse schiacciata dalle potenze politiche
vigenti) e nella lotta alle eresie, come il suo illustre predecessore. Come Innocenzo II (†
1143), poi, il nuovo papa dovette aspettare dapprima l’ordinazione sacerdotale per poi
essere consacrato il giorno dopo, domenica 22 febbraio, quando poté finalmente indossa-
re la tiara nel corso di una solenne cerimonia in San Pietro, proprio nel giorno della
commemorazione della Cattedra del Santo ad Antiochia. Seguì il tradizionale corteo fino
in Laterano, ma non cavalcando un asino, come il Gesù dei Vangeli, venuto a salvare il
mondo, bensì su di un cavallo bianco, come il Cristo dell’Apocalisse, venuto a giudicare
il mondo.
20
Ma torniamo all’elezione. Alcuni elementi di quella cerimonia, infatti, meritano uno
sguardo ravvicinato, legandosi in maniera forse inaspettata con Lotario e Innocenzo, il
passato e il futuro. A cominciare dal momento della sua elezione, che non fu privo di se-
gni premonitori e visioni. Racconta il biografo dei Gesta:
Cum autem celebraretur electio, hujuscemodi signum apparuit, quod videlicet
tres columbae frequentabant volatus in locum in quo cardinalis sedebant con-
19
Sulle motivazioni che potrebbero aver influito nella scelta del nome vedi M.L. TAYLOR, “The election
of Innocent III”, in The Church and sovereignty, a cura di D. WOOD, Ecclesiastical History Society by
Blackwell, Oxford 1961, pp. 110-111.
20
Matt. 21,1-11; Giov. 12,47; Apoc. 6,2; 19,11-16. Col senno di poi, appaiono particolarmente suggestive
le parole di Apoc. 19,15-16: «Et de ore eius procedit gladius ex utraque parte acutus, ut in ipso percutiat
gentes; et ipse reget eas in virga ferrea, et ipse calcat torcular vini furoris irae Dei omnipotentis. Et habet
in vestimento et in femore suo scriptum: Rex regum et Dominus dominantium». Particolare interessante è
anche il fatto che il cavallo era ricoperto nella parte posteriore da un mantello scarlatto, il che ci ricorda
che al cavallo bianco segue, nella visione di Apocalisse capitolo 6, «un altro cavallo, rosso fuoco»: «et qui
sedebat super illum, datum est ei ut sumeret pacem de terra, et ut invicem se interficiant, et datus est ei
gladius magnus». Sull’importanza dei colori bianco e rosso nella cerimonia di incoronazione vedi A. PA-
RAVICINI BAGLIANI, Il corpo del papa, Einaudi, Torino 1994, pp. 117-125.
10
gregati; et, cum ipse, post nominationem, fuisset a caeteris segregatus, una il-
larum, quae candidissima erat, ad eum volitans, iuxta dexteram insidebat.
21
Come non ricordare il brano evangelico del battesimo di Cristo, in cui “discese sopra di
lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba”?
22
E possiamo immaginare
qualcuno dei presenti esclamare pieno di fervore: «Vidi Spiritum descendentem quasi
columbam de caelo et mansit super eum».
23
Altro particolare interessante, questa volta previsto, si ebbe poco dopo, quando il
nuovo papa fu condotto nel portico della basilica di San Giovanni in Laterano, dove, al
cospetto della leggenda di San Silvestro ivi raffigurata, fu fatto sedere su una sedia detta
sedes stercoraria, in modo che, alzandosi, adempisse le parole della Scrittura: «Sucitat
de pulvere egenum et de stercore elevat pauperem, ut sedeat cum principibus et solium
gloriae teneat».
24
Come a dire: dalle stalle alle stelle, o, in termini più propri a Lotario:
dalla miseria alla dignità. Dignità passeggera, tuttavia, così da non illudersi. 45 giorni
dopo, infatti, al momento dell’incoronazione, Lotario pronunciava per tre volte le parole
chissà quanto meditate: «Sic transit gloria mundi», mentre il fuoco rapidamente consu-
mava una stoppa.
Eppure, nel breve intervallo tra questi due richiami all’umiltà, Lotario – anzi, Inno-
cenzo – aveva avuto modo di meditare su ben altro. Sulle già menzionate immagini del
portico del Laterano, ad esempio. E possiamo quasi ascoltare i suoi pensieri. In
un’omelia pronunciata il 31 dicembre, festa di S. Silvestro, quasi descrivendo le raffigu-
razioni della leggenda del Santo, disse:
Vir Constantinus egregius imperator, ex revelatione divina per beatum Silve-
strum fuit a lepra in baptismo mundatus, Urbem pariter et Senatum cum ho-
minibus et dignitatibus suis, et omne regnum Occidentis et tradidit et dimisit,
secedens et ipse Byzantium, et regnum sibi retinens Orientis. Coronam vero
capitis sui voluit illi conferre : sed ipse pro reverentia clericalis coronae, vel
magis humilitatis causa, noluit illa portare; verumtamen pro diademate regio
utitur aurifrigio circulari. […] Romanus itaque pontifex in signum imperii
utitur regno, et in signum pontificii utitur mitra; sed mitra semper utitur et u-
bique; regno vero, nec ubique, nec semper: quia pontificalis actoritas et prior
est, et dignior et diffusior quam imperialis.
25
Eppure, quel 22 febbraio 1198, durante la cerimonia d’incoronazione, la tiara (regnum)
andò a sostituire la mitra sul suo capo. Le conseguenze di una tale investitura, sua e di
Silvestro, sono ora evidenti:
Fuit ergo B. Silvester sacerdos, non solum magnus, sed maximus, pontificali
et regali potestate sublimis. Illius quidem vicarius, qui est « Rex regum, et
Dominus dominantium (Apoc. XIX), Sacerdos in aeternum, secundus ordi-
nem Melchisedech (Psal. CIX), » ut spiritualiter possit intelligi dictum ad ip-
sum et successores illius, quod ait beatus Petrus apostolus, primus et
praecipuus praedecessor ipsorum: « Vos estis genus electum, regale sacer-
dotium (I Petr. II). » Hos enim elegit Dominus, ut essent sacerdotes et reges.
[…] Petro vero fuit dictum a Domino, et in Petro successoribus Petri: « Tibi
dabo claves regni coelorum : et quodcunque ligaveris super terram, erit liaga-
tum et in coelis : et quodcunque solveris super terram, erit solutum et in coe-
lis (Matth. XVI). » Nihil excepit, qui dixit : « Quodcunque. » Propter quod al-
21
Gesta, VI, in PL, CCXIV, col. 20.
22
Luca 3,22.
23
Ioan. 3,29.
24
I Reg. 3,8.
25
PL, CCXVII, coll. 481-482.