1
Sintesi
Nel panorama post-moderno le imprese sono sempre più soggette ad un
severo controllo da parte dei pubblici e dei mass media. Questi ultimi
trasmettono informazioni veloci, continue e spesso utilizzano un tono che
enfatizza i pericoli o i rischi connessi alle attività delle imprese. I temi più diffusi
nell’agenda dei mass media sono per esempio le questioni che riguardano la
sicurezza alimentare, la tutela dell’ambiente, la salute delle persone (Invernizzi,
2006). Nessuna organizzazione può considerarsi immune dal rischio di trovarsi
coinvolta in una crisi che potrebbe metterne in discussione l’operato e le
capacità (Invernizzi, 2006). Per l’organizzazione si rende dunque necessario
sviluppare una conoscenza approfondita dell’ambiente che circonda le sue
attività, per essere in grado di analizzare i rischi che cela, introdurre delle
strategie di prevenzione e risposte adeguate per la gestione di un’eventuale
situazione critica. “Conoscere, prevedere, approntare strategie non riduce la
probabilità del verificarsi della calamità, ma riduce enormemente il danno”
(Lombardi, 1993:5).
Gli ostacoli alla comunicazione al sopraggiungere di una crisi sono molteplici: i
timori diffusi, le preoccupazioni crescenti, la pressione derivante dai media e il
poco tempo a disposizione (Invernizzi, 2006). Il rischio principale è che il timore
si muti in panico e conduca chi si trova coinvolto in una situazione di
emergenza a un atteggiamento di paralisi dell’azione (Norsa, 2005).
Spesso la priorità del management consiste nel tentativo di protezione delle
risorse economiche dell’impresa, dell’immagine aziendale e nel desiderio di
celare delle informazioni riservate. Al contrario, è proprio nel momento della
crisi che la comunicazione è indispensabile alla tutela delle relazioni con gli
stakeholders, considerate la prima risorsa intangibile dell’impresa (Surace,
2008).
Non sempre le imprese sono pronte ad affrontare una situazione straordinaria
che le colloca “nell’occhio del ciclone”: nella maggior parte dei casi le realtà
aziendali sono sprovviste di un adeguato programma di prevenzione e di una
strategia adatta alla gestione di un’eventuale crisi o non hanno identificato un
portavoce preparato a gestire la pressione e lo stress dell’evento (Garcia,
2
2008). Molte crisi inoltre hanno origine dalla gestione errata della stessa, dalla
mancanza di tempestività e dall’attuazione di modalità di risposta
qualitativamente inadatte (Garcia, 2008).
La gestione della crisi, tuttavia, non consiste soltanto nella predisposizione di
adeguati strumenti tecnici. Essa è direttamente collegata alla consapevolezza a
livello del management e, più in generale, all’interno di tutta l’organizzazione,
circa le potenziali conseguenze che possono derivare dall’attività quotidiana
dell’impresa, dalle sue scelte e dai suoi comportamenti. Questa
consapevolezza dovrebbe trasformarsi in un’attenzione costante e nel
monitoraggio del contesto in cui l’azienda opera (Invernizzi, 2006). La
prevenzione è un’attività strategica all’interno del processo di gestione della
crisi, così come la scelta degli strumenti più opportuni e l’adozione di una
strategia che metta al primo posto la protezione dei portatori di interesse
dell’impresa (Coombs, 2007).
In contesto di crisi le difficoltà si possono moltiplicare anche in seguito alle
implicazioni derivanti dal mutato scenario mediatico. In particolare la rivoluzione
di Internet denominata Web 2.0 (O’Reilly, 2005) comporta continui contatti tra
l’azienda e i suoi portatori di interesse, flussi permanenti di scambio di
informazioni istantanee e “grandi conversazioni” che mettono le stesse
organizzazioni al centro dell’attenzione. Numerose discussioni circolano nella
Rete sovvertendo i tradizionali equilibri gerarchici in cui erano ben distinti i ruoli
di “emittente” della comunicazione e di “ricevente” (Massarotto, 2008).
È interessante notare come negli ultimi anni sia rapidamente mutato l’ambiente
mediatico in seguito agli sviluppi tecnologici e all’evoluzione di internet, come si
siano modificate le logiche competitive aumentando le potenzialità di
comunicazione interattiva e mettendo a disposizione delle aziende nuovi
strumenti dinamici. Internet favorisce lo sviluppo del cosiddetto “capitale
relazionale”, ovvero un ampliamento della base clienti, numerose occasioni di
apprendimento, innovazione e creazione di esternalità positive come fiducia,
fedeltà, e comprensione nel rapporto tra clienti e organizzazione (Costabile,
2001). La relazione tra l’azienda e i suoi stakeholders acquista maggiore valore
in seguito allo sviluppo di un rapporto più simmetrico, basato sul coinvolgimento
3
e la partecipazione. Ciò che ne consegue è una sensazione di soddisfazione
reciproca, fiducia e impegno (Muzi Falconi, 2010).
L’obiettivo dell’elaborato consiste nell’indagare come gli strumenti di
comunicazione online abbiano modificato le modalità di gestione della crisi da
parte delle organizzazioni, comprendere le opportunità e i rischi per il
professionista di relazioni pubbliche, con particolare riguardo all’utilizzo di uno
strumento emblematico del web 2.0, quale Youtube.
L’elaborato sostiene la necessità che tali strumenti informatici non possano non
essere contemplati all’interno della strategia comunicativa per la gestione della
crisi di ogni organizzazione. Quest’ultima deve integrare la comunicazione
tradizionale con le risorse online (Gonzalez-Herrero, Smith, 2008). La loro non
trascurabile rilevanza si basa sulle opportunità che tali strumenti danno
all’impresa circa la costruzione di relazioni stabili, chiare, fondate sulla
partecipazione e il coinvolgimento degli stakeholders. In particolare i nuovi
strumenti possono assumere particolare importanza anche a tutela dell’impresa
durante una potenziale situazione critica (Gonzalez-Herrero, Smith, 2008). La
gestione della crisi tuttavia non si limita alla protezione dell’immagine aziendale,
ma consiste nello stabilire scambi comunicativi, rispondere al crescente bisogno
di informazioni (Invernizzi, 2006); ciò può essere facilitato sfruttando la
dinamicità e flessibilità dei nuovi ambienti relazionali del web.
L’elaborato è suddiviso in tre capitoli. Nel primo e nel secondo si espongono
contenuti prevalentemente teorici. Nel terzo capitolo verranno analizzati tre casi
di studio specifici. L’obiettivo è duplice: cercare ove possibile di contestualizzare
la letteratura che riguarda il Crisis Management e le Relazioni Pubbliche,
all’interno del panorama delle nuove implicazioni del Web 2.0 che il
professionista di relazioni pubbliche deve saper comprendere e affrontare
(Invernizzi, 2006); comprendere meglio le dinamiche e le implicazioni pratiche
della gestione di crisi nell’era del Web 2.0 attraverso un’analisi empirica.
In particolare il primo capitolo esplora il concetto di crisi alla luce delle teorie
esistenti, dandone una definizione e analizzandone le caratteristiche peculiari,
le conseguenze, i costi che comporta. Nello specifico si tratterà il concetto di
attribuzione di responsabilità (Coombs, Holladay, 2006) che vede l’impresa
4
ricoprire diversi possibili ruoli all’interno di una situazione di emergenza: vittima
della crisi, coinvolta accidentalmente o responsabile della crisi (Coombs, 1996).
Sulla base di questo modello teorico saranno successivamente analizzati i casi
aziendali presentati nel terzo capitolo. Il primo capitolo descrive inoltre le tappe
fondamentali del processo di gestione e comunicazione della crisi con i relativi
strumenti. Tra questi ultimi, assume particolare rilevanza Internet grazie alle sue
applicazioni partecipative, flessibili e ai contenuti multimediali.
Questi argomenti verranno successivamente ripresi e approfonditi nel secondo
capitolo. Quest’ultimo descrive l’evoluzione del Web, ponendo particolare
attenzione all’interazione sito-utente, alle opportunità e ai rischi della crescente
dimensione partecipativa. In particolare verrà dato risalto alle implicazioni delle
nuove tecnologie all’interno del processo di crisis management (Gonzalez-
Herrero, Smith, 2008). Nel testo verranno ripercorse le fasi di questo processo
alla luce dei cambiamenti del panorama mediatico.
Al fine di raggiungere gli obiettivi preposti, verrà dedicata maggiore attenzione
al sito di condivisione di contenuti video Youtube: sarà analizzata la sua
“architettura partecipativa” (Grivet Foiaia, 2007) e i benefici che l’impresa può
trarre dal suo utilizzo “non ordinario” come strumento per raggiungere il proprio
pubblico di riferimento in situazioni di crisi.
Nell’ultimo capitolo dell’elaborato verranno infine analizzate tre organizzazioni
coinvolte in eventi critici, al fine di rendere complementare la letteratura in
materia di crisis management con i casi reali di gestione della crisi.
Le aziende saranno descritte sul piano dei loro valori guida, dei mercati in cui
operano, la struttura, i prodotti, i servizi e le loro attività prevalenti. Più
precisamente verranno analizzate le strategie di comunicazione innovativa e
interattiva veicolata mediante i nuovi strumenti online e i social network; in
particolare, in comune nei tre studi, la scelta di utilizzare il canale Youtube per
veicolare un videomessaggio del management. Quest’ultimo verrà esaminato in
modo approfondito all’interno della trattazione mediante una griglia di
valutazione. Tale schema di riferimento è stato elaborato tenendo conto sia del
piano verbale sia del piano analogico del video (Casula, 2002). In un primo
momento verranno analizzati la struttura, i contenuti e gli interlocutori del
5
messaggio. In particolare i contenuti saranno valutati alla luce delle strategie di
risposta alla crisi suggerite dai modelli teorici di riferimento che derivano dalle
ricerche di Coombs, sulla base della classificazione della crisi per attribuzione
di responsabilità (Coombs, 1996, 1998, 2000, 2006). L’analisi degli interlocutori
avrà l’obiettivo di comprendere se la comunicazione dell’impresa è in grado di
coinvolgere i propri stakeholders interni ed esterni. Nel passaggio successivo
l’attenzione sarà focalizzata sull’analisi della figura del portavoce. Nello
specifico la valutazione del piano analogico terrà conto di: atteggiamento,
postura, contatto oculare, mimica, gestualità e livello paraverbale (Casula,
2002).
6
Capitolo 1
La crisi
Nessuna organizzazione può considerarsi immune dal rischio di una crisi. Nel
contesto della post-moderenità caratterizzato dalla globalizzazione e da un
ambiente pervaso dai media, le aziende sono sempre più esposte al severo
controllo dei pubblici e in seguito all’apertura dei confini aziendali si ritrovano
impegnate in un costante adattamento della propria organizzazione e strategia.
Localmente le comunità sviluppano proprie specificità di linguaggio,
comportamentali e relazionali, le imprese che operano a livello mondiale si
trovano dunque ad affrontare sfide quotidiane nell’adattare la propria strategia
comunicativa e aziendale ai differenti contesti in cui si trovano ad operare al fine
di sviluppare relazioni e dialogo. Inoltre è importante per l’organizzazione
sviluppare una conoscenza approfondita dell’ambiente che circonda le sue
attività, per essere in grado di analizzare i rischi che cela. “Da qui la necessità
di dominare la variabilità ambientale (…) con i suoi mezzi conoscitivi e
tecnologici, per cercare di ridurre all’interno dell’insieme normalità anche gli
eventi classificati come rari secondo la loro frequenza: conoscere, prevedere,
approntare strategie non riduce la probabilità del verificarsi della calamità, ma
riduce enormemente il danno” (Lombardi, 1993:5).
I mass media trasmettono rapide e continue informazioni, i temi salienti
dell’agenda dei media sono spesso comunicati enfatizzando i pericoli o i rischi
connessi alle attività delle imprese, come le questioni che riguardano la
sicurezza alimentare, la tutela dell’ambiente, la salute delle persone (Invernizzi,
2006). Il panorama contemporaneo si qualifica dunque per un’elevata incidenza
di fenomeni critici che possono mettere in discussione l’operato e le capacità
dell’impresa (Invernizzi, 2006).
L’argomento centrale del capitolo è il tema della crisi, i suoi caratteri, le
tipologie, le origini, le cause, le opportunità che cela e i rischi connessi. Per
un’azienda che entra in crisi possono verificarsi gravi danni per la reputazione.
Quest’ultima può essere ulteriormente inficiata dall’incapacità di gestione
7
dell’impresa, per questo motivo si rivela fondamentale per l’impresa predisporre
interventi preliminari al fine di circoscrivere la possibilità di accadimento e
all’occorrenza reagire prontamente all’evento critico. La prevenzione della crisi
è verosimile: è possibile ridurne il danno associato con procedure di
prevenzione specifiche (Lombardi, 2003).
Il testo descrive il processo di Crisis Management che l’organizzazione mette in
atto durante la crisi per affrontare le emergenze, tenendo conto dell’importanza
sia del momento antecedente che coincide con la prevenzione, sia della
capitalizzazione del dopo crisi.
Al concetto di gestione della crisi si possono associare due fattori: il tempo e la
prevenzione. Per ciò che riguarda la dimensione temporale tanto più
rapidamente l’azienda reagisce alla crisi, minori saranno gli effetti negativi. A
livello precauzionale l’organizzazione dovrebbe domandarsi preventivamente
non tanto se l’evento negativo potrà verificarsi ma quando, dove e come sarà la
crisi che dovrà affrontare (Invernizzi, 2006).
Una volta che la crisi invece prende il sopravvento si rivela indispensabile
comunicare anche in condizioni difficili sotto la pressione dei media e
dell’opinione pubblica che reclama informazioni (Patriarca, 2004). A tale
riguardo l’ultima parte del capitolo descrive ed esamina le strategie di
comunicazioni più diffuse (Coombs, 2007) al fine di proteggere la reputazione
aziendale e le implicazioni pratiche che ne derivano (Coombs, 2007). Come
verrà infine sottolineato nel capitolo che segue, i programmi e le strategie sono
validi strumenti ma sono in grado di supportare l’organizzazione in una gestione
efficace della crisi solo se utilizzati da professionisti competenti e aggiornati. Il
team che si occupa di gestione della crisi dovrebbe sviluppare una
consapevolezza del mutato contesto odierno e anche delle potenzialità che
derivano dai nuovi strumenti di comunicazione (primi tra tutti quelli informatici).
La gestione della crisi più efficace è il giusto equilibrio tra metodo e sensibilità
(Patriarca, 2004).
8
1.1. Il concetto di crisi
Questo paragrafo traccia il profilo teorico della crisi sulla base dei più recenti
contributi teorici (Bland, 2005; Invernizzi, 2006; Falkheimer, Heide, 2009) e
ricerche empiriche condotte sul tema (Coombs e Holladay, 1996; Coombs,
1998).
Il contenuto del primo sottoparagrafo descrive gli aspetti essenziali della crisi ed
i fattori che ne determinano lo sviluppo e l’evoluzione, i possibili costi e
conseguenze, sia in termini tangibili, sia per ciò che concerne le reazioni
emotive di chi ne risulta coinvolto. Verrà inoltre dedicata particolare attenzione
alle opportunità che l’impresa può sfruttare per comunicare la propria
responsabilità nei confronti degli stakeholders.
Gli elementi sono descritti cercando di dedicare attenzione alle implicazioni
derivanti dal nuovo ambiente comunicativo contemporaneo caratterizzato dallo
sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e della Rete.
Nel secondo sottoparagrafo verranno analizzate le diverse tipologie di crisi
classificate in base a diversi fattori: in relazione alle origini e alle cause
(Rossano, 1996), la natura e modalità di accadimento della crisi (Pearson e
Mitroff, 1993) e le attribuzioni di responsabilità (Coombs, Holladay, 2006;
Coombs, 2007). L’obiettivo è fornire un parametro teorico alla luce del quale
comprendere e confrontare i casi aziendali presentati nei capitoli successivi.
L’ultimo sottoparagrafo è dedicato invece alle possibili conseguenze derivanti
dalla crisi, in termini di costi a livello di reputazione, capitale relazionale ed
economico. Ciononostante la crisi porta con sé anche opportunità per l’impresa,
di dimostrare la propria attenzione nei confronti dei portatori di interesse
(Invernizzi, 2006).
Il concetto di crisi viene correntemente utilizzato in differenti contesti psicologico
(es. reazione cognitiva individuale), economico (es. effetto del sistema
finanziario) o sociologico (rivolto ai sistemi sociali, gruppi, istituzioni)
(Falkheimer, Heide, 2009). Tuttavia, nonostante la parola racchiuda un universo
complesso di significati, per giungere alla sua comprensione può rivelarsi utile
9
partire dall’etimologia del vocabolo. Il termine crisi deriva dal greco “Krisis” che
significa “separo, decido”, nell’antichità era utilizzato in ambito medico per
indicare il momento in cui una malattia evolve e muta, in bene o in male, verso
la guarigione o il peggioramento (Enciclopedia Generale, 1988).
L’approccio utilizzato in questo elaborato si focalizza sul significato che assume
il termine in campo sociologico ed organizzativo, sulla base del paradigma
comunicativo e relazionale.
La parola oggi conserva parte del suo significato originario: una crisi, infatti,
proprio come nel caso di una malattia che si sviluppa, si verifica a partire dalle
aree di maggiore vulnerabilità di un organismo.
Come un malessere che nel suo decorso può trasformarsi in patologia o
guarigione, anche la crisi non ha una direzione univoca. Essa si può
prontamente risolvere, attraverso una strategia di monitoraggio messa a punto
dall’azienda.
Un piano di prevenzione è un valido strumento attraverso il quale l’impresa può
analizzare le potenziali aree di rischio, i “sintomi” della crisi ed evitare che
questa prenda il sopravvento (Invernizzi, 2006).
In alternativa una volta verificatasi, l’evento critico può divenire un’opportunità
per l’impresa, un’occasione per dimostrare responsabilità, aderenza dei
comportamenti ai valori dichiarati, attenzione verso i propri pubblici,
consapevolezza, controllo e capacità di gestione e risoluzione dei problemi.
Se non correttamente gestita invece, una crisi diventa un pericolo per la
sopravvivenza dell’organizzazione (Invernizzi, 2006) e una minaccia per la sua
legittimazione presso gli stakeholders.
Secondo la teoria del Neoistituzionalismo (Coombs e Holladay, 1996), per
acquisire legittimità le imprese devono rispettare criteri di razionalità stabiliti dal
contesto sociale e istituzionale in cui operano e saper rispondere ai bisogni e
alle attese dei portatori di interesse. Questi ultimi, in situazioni di emergenza, si
domandano se l’azienda sta mettendo in atto comportamenti corretti e coerenti
con le loro aspettative.
10
Alla luce delle considerazioni esposte, sarebbe riduttivo dunque considerare la
crisi solo in termini negativi, poiché essa è parte naturale del ciclo di vita e dello
sviluppo dell’impresa (Falkheimer, Heide, 2009).
1.1.1. Gli elementi della crisi
La crisi è caratterizzata da tre elementi principali (Invernizzi, 2006):
L’eccezionalità dell’evento; la visibilità dell’evento; le possibili conseguenze
negative.
La crisi è un evento che si può verificare eccezionalmente, il cui accadimento e
la cui visibilità all’esterno minacciano di esercitare effetti negativi
sull’organizzazione. I tempi rapidi della crisi e l’elevata potenzialità di impatto
proprio perché lasciano poco tempo all’impresa per elaborare risposte. In
particolare si possono verificare potenziali minacce alla reputazione
dell’azienda, ai suoi beni e servizi, dipendenti, stakeholders e ai risultati
economico-finanziari, fino a colpire il settore in cui opera.
Il carattere di straordinarietà lascia supporre che l’evento critico si manifesti con
bassa probabilità. Tale deduzione, erronea, induce frequentemente il
management ad adottare una posizione eccessivamente ottimistica (Norsa,
2005) che conduce ad un atteggiamento poco prudente. Spesso le
organizzazioni coinvolte da una crisi considerano i problemi e le polemiche che
stanno circolando come operazioni montate ad arte dagli avversari, senza
riconoscere gli errori effettivamente commessi. La gestione della crisi, invece,
ha inizio prima del’avvento dell’emergenza, riguarda una consapevolezza e una
serietà da parte dell’impresa che si traducono a livello pratico in attività di
prevenzione. Nello specifico si tratta di tutte quelle attività di studio,
monitoraggio e previsione necessarie ad anticipare un’eventuale crisi
(Invernizzi, 2006).
Nel contesto post-moderno le organizzazioni sono maggiormente esposte alla
minaccia di una crisi, l’ambiente pervaso dai media e la globalizzazione hanno
accelerato il trasferimento delle comunicazioni, delle immagini, delle storie e di
conseguenza l’aumento dei rischi. Il panorama dell’ICT (Information
Communication Technology), Internet in particolare, consente alle persone di
11
ottenere un numero sempre più elevato di informazioni, quasi illimitato. Il
monitoraggio dell’opinione pubblica da parte dell’impresa diviene dunque
sempre più complesso e subentra la necessità di una comunicazione che si
adatti ai diversi contesti culturali (Falkheimer, Heide, 2009).
Nella crisi si possono riscontrare dei fattori che ne determinano l’evoluzione,
condizionando la relativa strategia comunicativa di risposta (Coombs, 2000).
Le sezioni che seguono descrivono questi fattori che possono essere intrinseci
all’accadimento stesso, come le informazioni che circolano, i responsabili, le
prove che riguardano la crisi; oppure esterni, relativi a coloro che rimangono
coinvolti nella crisi, le reazioni emotive che possono influenzare le scelte del
management nella strategia di gestione della crisi (Norsa, 2005).
I fattori della crisi
Coombs nelle sue ricerche ha individuato nove “Crisis factors” (Coombs, 2000):
1) “Evidence”, sono le prove, le informazioni disponibili che dimostrano
l’esistenza o meno della crisi. Possono essere considerate attendibili quando è
presente una documentazione avvalorante, come ad esempio un rapporto delle
comunicazioni aziendali. Le prove sono considerate ambigue se circolano
molteplici interpretazioni dei fatti e diversi punti di vista, come ad esempio nel
caso di un’azienda farmaceutica che fa test sugli animali, si accende una
discussione sull’eticità delle scelte aziendali. Sono considerate false, le
informazioni parziali o errate circa la crisi.
Quando sono presenti dubbi sulle prove o queste sono in definitiva false, si
sviluppa un’opportunità per l’impresa di dimostrare la propria versione
dell’accaduto e condurre il flusso comunicativo.
2) “Damage”, danni causati dalla crisi, di entità minore o grave, che
possono aver colpito gli stakeholders, il patrimonio tangibile dell’impresa, le
risorse ambientali.
3) “Identifiable Attacker”, permette all’impresa di identificare e confrontarsi
in modo diretto con il responsabile che ha provocato l’emergenza.
12
4) “Viable Scapegoat”, coloro che sono parzialmente ritenuti responsabili
della crisi diventano un “capro espiatorio” nel momento in cui viene loro
attribuita parte della colpa. Essi consentono all’impresa di sottrarsi in parte alle
accuse.
5) “Factual Distorsion”, informazioni errate o parziali nella descrizione
dell’evento critico, come ad esempio una stima inesatta dell’ammontare dei
danni della crisi. L’impresa deve far fronte a queste lacune, correggendo le
imprecisioni diffondendo una comunicazione chiara ed univoca.
6) “Resonance of Challenge” consiste nell’interesse che la contestazione
sta provocando nei confronti del pubblico coinvolto. Una crisi provoca notevole
risonanza, l’ascolto del pubblico e il monitoraggio dei media sono importanti per
l’impresa al fine di allineare la propria strategia comunicativa.
7) “Privilege/Financial Interests”, l’organizzazione sottolinea le sue
preoccupazioni finanziarie e sociali, dimostrando responsabilità nei confronti
degli azionisti e dipendenti, rassicurandoli con azioni correttive.
8) “Performance History”, azioni nella storia passata dell’azienda. Se
l’azienda si è dimostrata coerente nei valori e nelle proprie scelte può
comunicarlo per rafforzare la propria posizione durante la crisi.
9) “Greater Goal”, gli stakeholders sono consapevoli che l’organizzazione
sta perseguendo un obiettivo considerato benefico per la società e sono
disposti a giustificare l’impresa se la crisi è parte dei rischi che si devono
correre per raggiungere l’intento. È il caso, ad esempio, degli incidenti correlati
a ricerche tecnologiche.
Una dimensione psicologica: la paura
Ogni crisi si presenta come una situazione unica, caratterizzata dalla realtà dei
fatti ed è fortemente influenzata sia dalle percezioni di chi ne è coinvolto sia
dalle reazioni emotive che l’evento improvviso suscita (Norsa, 2005).
Comunemente le circostanze associate al termine “crisi” oggigiorno sono in
grado di far insorgere paure e timori diffusi. In campo aziendale si scatenano
reazioni differenti sia a seconda della situazione sia del soggetto coinvolto: Il
dirigente teme i danni economici, il consumatore teme per la propria sicurezza.
13
Le paure si propagano tanto all’interno dell’organizzazione, tra i dirigenti e gli
stakeholders, tanto a livello dell’opinione pubblica.
La paura deriva dal sentimento, confuso ma non irragionevole, che crea
nell’uomo la sensazione che la crisi non possa avere fine, la vertigine
dell’illimitato. La paura, in realtà, è una reazione positiva che sprona l’individuo
a fronteggiare situazioni di emergenza, per questo motivo non deve essere
considerata in termini negativi. Il rischio principale è che il timore, verso ciò che
non è al di sotto del controllo dell’impresa, si deformi in panico e conduca chi si
trova coinvolto in una situazione di emergenza ad un atteggiamento di paralisi
dell’azione (Norsa, 2005).
La gestione della crisi consiste, invece, nello sforzo mentale di confinare tutto
l’universo dell’esperienza, anche quello più difficile del “non visibile” e non
prevedibile, in termini razionali e oggettivi (Bucci, 1998).
Spesso la paura della reazione del pubblico ha indotto il management a non
gestire frontalmente la crisi, adottando posizioni equivoche, minimizzando
l’emergenza fino a causare una ben peggiore perdita di fiducia da parte degli
stakeholders. Secondo Norsa (2005) i timori che si diffondono sono inferiori
quando vi è una relazione basata sulla fiducia e la percezione di concordanza
tra i valori espressi dal pubblico e quelli dell’impresa; se l’organizzazione è in
grado di comunicare in modo adeguato tali valori sviluppa maggiore empatia e
riduce le preoccupazioni dei soggetti coinvolti. Il passo successivo dell’impresa
consisterà nel dimostrare mediante i propri comportamenti tale allineamento.
L’atteggiamento suggerito dai ricercatori di Relazioni Pubbliche (Coombs,
2007), a chi si occupa di gestione della crisi, è quello di rispetto delle
apprensioni del pubblico, l’obiettivo consiste nel comunicare le informazioni utili
a ridimensionare le preoccupazioni delle persone coinvolte, generando uno
stimolo all’azione. L’organizzazione che sarà in grado di concentrare i propri
sforzi e comunicare con chiarezza ed onestà la propria posizione e le proprie
azioni avrà la possibilità di contenere e risolvere progressivamente le paure
diffuse nei pubblici.