7
Quasi identica è nelle due fonti la definizione del contratto di
credito al consumo. Si tratta di una definizione volta a
ricomprendere nel contratto in esame, le differenti fattispecie
negoziali che nella prassi realizzano la funzione propria del
finanziamento al consumo, e sono accomunate tanto dalle finalità
quanto dall’esigenza di tutela del finanziato.
3
Secondo l’articolo 121 co.°1 del testo unico, “per credito al
consumo si intende la concessione nell’esercizio di un’attività
commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di
pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione
finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi
estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente
svolta (consumatore) ”.
Sebbene, come si è già detto, la definizione normativa di
credito al consumo utilizzata dal nostro legislatore non si discosti di
molto da quella utilizzata dal legislatore comunitario nell’articolo 1
3
Così A. FRISULLO, op. cit., p.613;
8
della dir. 87/102/Cee, si deve però notare che la fonte comunitaria
contempla nel suo ambito d’operatività anche la mera “promessa”
4
di concessione del credito,
eventualità non prevista dalla fonte
nazionale. Infatti, la disciplina nazionale suppone la previa
conclusione del contratto, non trovando applicazione in ipotesi per
le quali le erogazioni del credito siano ancora allo stadio di trattativa
o di contratto preliminare.
La più ridotta sfera d’operatività della norma interna, non
priva però di tutela il consumatore italiano. Infatti, qualora le parti
siano ancora nella fase della trattativa, fermi gli obblighi di
correttezza e buona fede previsti nel codice civile (artt.1175 e 1375),
troveranno comunque applicazione nei confronti dell’intermediario
le prescrizioni in tema di pubblicità
indicate dall’articolo 123* T.U.
5
4
Si precisa che anche nel caso della mera ”promessa” di concessione del credito dovranno
essere rispettati gli obblighi di informativa contrattuale previsti dall’articolo 4 della stessa
direttiva,quali per esempio: la copia scritta del documento contenente l’indicazione degli
elementi essenziali del futuro contratto consegnata al consumatore.
*L’articolo 123 T. U., prevede l’applicabilità dell’articolo 116 dello stesso T.U. (con l’aggiunta
delle indicazioni in tema di TAEG) alle operazioni di credito al consumo. L’articolo 116, a sua
volta prescrive determinati obblighi di pubblicità a carico dell’erogatore del credito, tali da
permettere al consumatore, già prima della definitiva conclusione del contratto , di conoscere le
condizioni generali.
5
G. CARRIERO, Il credito al consumo, Banca d’Italia Quaderno di ricerca giuridica e della
consulenza legale, n° 48, ottobre 1998, p. 28 ;
9
Discorso simile deve essere fatto in riferimento al contratto
preliminare reso in forma scritta e teso alla concessione di credito al
consumo. Infatti, se la funzione principale del contratto preliminare
è di vincolare entrambe le parti, o almeno una di esse, a dare entro
un certo termine, forma definitiva ad un assetto di interessi sui cui
termini essenziali le parti già si trovano d’accordo, ma la cui
concreta operatività intendono differire nel tempo, onde poter
verificare al momento del definitivo la presenza di condizioni atte a
realizzare l’accordo già preso, non si può dubitare della tutela
accordata alla parte adempiente, consistente nella legittimazione a
ricorrere all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre
ex art. 2392 codice civile.
6
Dalla definizione di contratto di credito al consumo che
emerge dalla fonte nazionale e comunitaria, si può notare come alla
tipologia contrattuale in esame siano riconducibili fattispecie
negoziali eterogenee.
6
TORRENTE, Manuale di diritto privato,”Il contratto preliminare”, p. 288ss. , 1995,Giuffrè;
10
Ciò anche a causa della scelta, operata da entrambi i
legislatori, di considerare credito al consumo, qualora siano
rispettati i requisiti soggettivi relativi ai soggetti destinatari e
erogatori, non solo il caso di concessione di credito sotto forma di
dilazione di pagamento o di finanziamento, ma anche di qualsiasi
altra facilitazione finanziaria.
Proprio il riferimento ad “altra analoga facilitazione
finanziaria” estende in modo indeterminato l’ambito d’applicazione
della disciplina in esame.
7
Sono quindi considerati contratti di credito al consumo, tutti i
contratti mediante i quali il consumatore, cioè la persona fisica che
agisce per scopi estranei alla sua attività professionale, riceve un
credito da un creditore persona fisica o giuridica, che concede il
detto credito nell’esercizio di un’attività commerciale o
professionale.
7
Così G. DE NOVA, Il credito al consumo, La nuova legge bancaria. Il T.U. della legge in
materia bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione. Commentario a cura di FERRO-
LUZZI-CASTALDI, Tomo III, p. 1860, Giuffrè ;
11
La riferita nozione di credito al consumo si basa soprattutto
sulla qualifica soggettiva delle parti del contratto e prescinde in via
di massima dalle diverse forme tecniche e dalla durata della
prestazione. Perciò nell’ambito del credito al consumo si tende a far
rientrare le più svariate tipologie di operazioni (vendita a rate con
riserva di proprietà, contratti di finanziamento, mutui di scopo,
leasing , ecc.), il cui tratto comune è che il beneficiario del credito è
un consumatore.
8
8
Così P. VEZZANI , La disciplina comunitaria del credito al consumo e la legge
italiana.Anologie e divergenze, Il Risparmio 1994, p. 406-407 ;
12
I.2 I contratti di credito al consumo e la loro delimitazione
attraverso le fattispecie escluse
Come è stato già accennato nel paragrafo precedente,
dall’articolo 121 co. 1 testo unico e dall’articolo 1 della dir.
87/102/Cee, emerge una definizione di credito al consumo molto
lata, tale da ricomprendervi diverse tipologie contrattuali.
Per poter ben delineare l’ambito oggettivo d’applicazione
della disciplina, sia il legislatore comunitario che quello nazionale
ricorrono al metodo delle esclusioni.
9
Infatti, in entrambe le fonti, dopo aver definito il contratto di
credito al consumo, i legislatori elencano le fattispecie contrattuali
alle quali la disciplina in esame non si applica.
Le esclusioni si basano su criteri diversi, si va dal criterio
quantitativo che esclude ipotesi contrattuali che dato il loro importo
non rientrano nei limiti fissati dalla normativa; a criteri qualitativi
9
G.ALPA-P.ZATTI,op.cit. , p. 1895;
13
per cui, per esempio, rimangono al di fuori della disciplina anche i
crediti immobiliari e i contratti in cui non siano previsti corrispettivi
sugli interessi.
Sebbene la tecnica delle esclusioni sia utilizzata da entrambi i
legislatori, si deve precisare che non tutte le ipotesi escluse dalla dir.
87/102/Cee all’articolo 2, sono riproposte dal nostro legislatore
nazionale (art. 121 co.° 4 t.u.).
Infatti, secondo la fonte comunitaria la disciplina sul credito al
consumo può non applicarsi ai/alle:
10
1. crediti destinati principalmente all’acquisto e alla
conservazione di diritti di proprietà su un terreno o su un
immobile costruito o da costruirsi o al restauro o al
miglioramento di tale immobile,
10
Il legislatore comunitario, non intende escludere in toto dalla disciplina consumeristica le
tipologie contrattuali cui si ricollegano le fattispecie escluse dalla norma, infatti, nulla potrà per
esempio, impedire che la disciplina sul credito al consumo trovi applicazione nei confronti dei
contratti di locazione quando la proprietà della cosa locata passi alla fine al locatario, oppure nei
confronti dei contratti di apertura di credito in c/c quando le stesse aperture di credito siano
coperte o collegate all’emissione di carte di credito. In realtà , esso intende escludere solamente
quelle ipotesi contrattuali che,poiché caratterizzate da particolari peculiarità, non rientrano in
quelle che sono le normali operazioni di credito al consumo.
14
2. contratti di locazione (purchè gli stessi non prevedano che alla
fine il diritto di proprietà passi al locatario);
3. le aperture di credito in conto corrente eseguite da enti
creditizi e società finanziarie (ad esclusione di quelle coperte
o collegate all’emissione di carte di credito);
4. crediti concessi o messi a disposizione senza remunerazione
di interessi o altri oneri;
5. contratti di credito ai quali non s’impone nessun interesse a
condizione che il consumatore accetti di rimborsarli in
un'unica soluzione;
6. contratti d’importo inferiore ai 200 Ecu o superiori ai 20000
Ecu ;
7. contratti che devono essere rimborsati in tre mesi o in non più
di quattro pagamenti rateali in un periodo massimo di dodici
mesi ;
15
8. crediti concessi a tassi effettivi globali inferiori a quelli
vigenti sul mercato e i crediti che non vengono offerti al
pubblico in genere ;
9. contratti di credito stipulati alla presenza di un pubblico
ufficiale.
Il legislatore italiano invece, rispetto a quanto avrebbero
consentito le norme comunitarie, non esclude dall’ambito
d’applicazione della disciplina in esame : i contratti caratterizzati
da interessi corrispettivi inferiori a quelli di mercato; l’attività di
credito al consumo che non sia svolta nei confronti del pubblico
indifferenziato dei sovvenuti; i contratti di credito al consumo
conclusi nella forma di atto pubblico alla presenza di un pubblico
ufficiale;
11
e i contratti che prevedono il rimborso entro tre mesi o
in non più di quattro rate entro un periodo complessivo di dodici
mesi.
12
11
Così G. ALPA-P.ZATTI , op. cit., p. 1897 ;
12
A. FRISULLO, op. cit. , p. 613 ;
16
Le restanti ipotesi di esclusioni contemplate dalla direttiva
comunitaria sono riproposte dal legislatore interno, anche se con
alcune differenziazioni (si rimanda ai paragrafi I.4.3.1 per il
contratto di somministrazione, I.4.1.2 per le erogazioni gratuite
di credito, I.4.3.2 per i contratti di locazione).
Un discorso a parte deve essere fatto per l’esclusione prevista
dalla direttiva, relativa ai finanziamenti concessi da un istituto di
credito o da un istituto finanziario, sotto forma di apertura di
credito in conto corrente non connessi all’uso di carta di credito.
Infatti, tale ipotesi non è menzionata dal legislatore italiano tra le
esclusioni previste dall’articolo 121 co.° 4 testo unico, ma si è
preferito, per dette operazioni il regime speciale previsto
dall’articolo 126 t.u.
13
.
Nonostante la scelta italiana, la differenza rispetto alla fonte
comunitaria sembra essere solo di rilievo formale, perché la
diversa tecnica, consistente nel considerare la fattispecie in
13
Ancora A. FRISULLO, op. cit. , p. 613 ;
17
esame in un articolo a sé, non sembra recare divari sostanziali
sotto il profilo della regolamentazione delle aperture di credito in
conto corrente
14
.(Si vedano paragrafi I.5 e I.5.1).
14
Ancora G.ALPA-P.ZATTI, op. cit. , p. 1897 ;