7
necessari ad instaurare una relazione con un utente. Ecco
quindi che le aziende iniziano a muoversi verso un’altra
direzione, adottano strumenti comunicativi che possano
migliorare la relazione col cliente, aprono un blog e
iniziano a dialogare direttamente con i navigatori. La mia
ricerca analizza il blog come strumento di comunicazione e
marketing, in tal senso si parla di corporate blog. Lo spunto
iniziale a tutta la ricerca nasce grazie al Cluetrain
Manifesto, in modo particolare dalla sua prima tesi: i
mercati sono conversazioni, da qui l’idea di analizzare il
blog per capire come questo strumento possa essere
utilizzato da un’azienda. In particolare lo considero
efficace nella creazione di un dialogo tra azienda e cliente,
quindi un blog utilizzato dalle aziende per avere una
relazione con i loro clienti. Cercherò di capire se questo
strumento possa dare la possibilità all’azienda si rivolgersi
al cliente in modo totalmente trasparente. In questa ricerca
è stato necessario procedere con l’analisi di due casi di
successo che potessero confermare quanto detto finora, la
Samsung Electronics Italia e la Puiatti hanno risposto alle
mie aspettative.
Da un punto di vista strutturale la ricerca si articola in due
parti, nella prima, una volta analizzato il contesto
principale, la società postindustriale e la nascita di Internet,
con tutte le conseguenze legate a questi cambiamenti, si
parla del fenomeno blog, in tutte le sue forme. Riporto in
modo particolare, definizioni, numeri, la struttura tipica di
un blog e i vari modi di concepire questo strumento. Viene
inoltre affrontato il concetto del passaparola sviluppato
all’interno della blogosfera e le dinamiche e le conseguenze
legate a questo meccanismo.
8
Poi i blogs
3
come strumento di business e come possibile
destinazione per gli investimenti pubblicitari online.
La seconda parte è dedicata alla presentazione del disegno
di ricerca, in cui vengono esplicitati obiettivi, oggetto e
campo d’indagine, l’ipotesi guida e le ipotesi di lavoro. Ma
in modo particolare cercherò di analizzare e spiegare le
caratteristiche distintive di un corporate blog, i suoi punti
critici e le sue potenzialità. In questa sede vengono inoltre
presentati i due casi aziendali indagati, sia per confermare
le ipotesi di lavoro, sia per comprendere le motivazioni che
hanno spinto le due aziende a decidere di puntare su questo
strumento. Il lavoro si conclude lasciando spazio ad alcune
mie riflessioni e alle considerazioni conclusive del rapporto
di ricerca.
3
Per tutta la ricerca utilizzerò il termine blogs per il plurale di blog,
scelta un po’ contro tendenza visto che i testi in lingua italiana riportano
tutti la parola blog sia per il singolare che per il plurale. Personalmente
ho deciso di attenermi a quanto riportato nei testi in lingua americana o
inglese.
9
1. LO SCENARIO: LE CONSEGUENZE
LEGATE ALLA POSTINDUSTRIALITA’
Nella società industriale, definita anche l’epoca del
“progresso”
4
, l’industria si presentava come una novità
straordinaria nell’organizzazione delle città, dei commerci,
della produzione. E’ stata una novità così forte da
modificare completamente la qualità della vita delle
persone e l’organizzazione di qualunque attività. Mentre
prima infatti il lavoro, il mercato, i lavoratori erano un
insieme unico (si viveva nella bottega in cui si lavorava),
con l’avvento della società industriale tutto questo viene
diviso. Il luogo di lavoro si divide dal luogo di vita.
5
Il
lavoratore non si sveglia e si mette a lavorare, ma si avvia
alla fabbrica, che spesso è a molti chilometri di distanza. La
struttura industriale, basata sull’idea di progresso, modificò
il modo di considerare il lavoro, scisse le famiglie e la casa
dalla fabbrica. Il lavoro industriale era caratterizzato da una
forte standardizzazione: i prodotti erano sempre uguali.
L’organizzazione era piramidale con un grande
accentramento del potere ed un’attenzione fortissima verso
l’efficienza. Efficienza significava produrre il numero più
alto possibile di determinati beni nel minimo tempo. Più
pezzi si facevano, più l’organizzazione era efficiente. È da
queste concezioni che prendono vita i modelli di Ford e
Taylor, concentrati sulla produzione di beni materiali,
sull’organizzazione scientifica del lavoro in cui prevaleva
l’operaio manifatturiero: ogni lavoratore ripeteva
all’infinito quei pochi gesti che servivano per creare i
4
B.Cova, Il marketing tribale, Il Sole 24 Ore, 2003, p. 8
5
Vedi intervento del sociologo del lavoro D. De Masi al seminario
Italcongressi Btc sul tema “Creatività, eventi, socializzazione” tenutosi
a Firenze il 4 dicembre 2002.
10
prodotti. Verso la fine del ‘900 questo sistema inizia ad
entrare in crisi, ci si rende conto che i cosiddetti beni
materiali non sono sufficienti a soddisfare il mercato,
subentra quindi l’idea dei beni immateriali, i cosiddetti
servizi. Il 1956 fu, in tal senso, un anno che entrò nella
storia: per la prima volta infatti il numero degli impiegati
addetti ai servizi superò, negli USA, quello degli operai
manifatturieri
6
. E’ così che prende avvio la società
postindustriale: una società dove domina la produzione dei
beni immateriali, che si manifesta nei servizi, nelle
informazioni, nella comunicazione, nei simboli, nei valori e
nell’estetica. Al centro del flusso comunicativo non ci sono
più le merci e le persone ma i servizi e le informazioni.
Siamo in presenza della società dell’informazione , come
viene definita dai sociologi Bell
7
o Touraine
8
, dove
l’informazione è la merce principale e la sua
produzione/distribuzione è al centro dell’economia dei
servizi. Ciò che conta, in questo tipo di società non è più il
possesso delle risorse, né delle macchine per trasformarle.
Il potere è nelle mani di chi ha maggiori conoscenze, o può
controllare il flusso delle informazioni.
6
J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini&Castoldi, Milano, 1995.
7
L’idea si trova espressa in modo paradigmatico nella celebre teoria
della società post-industriale del sociologo Daniel Bell. Egli postula che
con la crescita del reddito "la domanda dei consumatori si sposta dai
beni primari (in risposta ai bisogni di prima necessità, come
l'alimentazione) ai beni secondari (principalmente industriali) e, infine,
ai beni superiori, che sono essenzialmente i servizi". L'idea è quindi che
"la crescita dell'economia produce una terziarizzazione della domanda
finale". (da D. Bell, Postindustriality society, 1973, Comunità)
8
A.Touraine, Critica della modernità, Franco Angeli, Milano, 1993.
11
Il nuovo consumatore
Il passaggio dall’epoca industriale a quella postindustriale
ha generato un forte cambiamento anche nel concetto di
consumo: da attività semplice e controllabile si è
trasformato in un fenomeno sempre più complesso ed
imprevedibile. Come ha sottolineato Fabris: “il consumo di
oggi, con i suoi significati tangibili, è diventato linguaggio
e comunicazione”
9
. Si è assistito ad un cambiamento di
pensiero e filosofia aziendale: dal “product-oriented” si è
arrivati al “consumer-oriented”. Nell’età industriale le
aziende infatti proponevano un’offerta indifferenziata, dove
il consumo era fortemente legato alla produzione: non era
nient’altro che una sua variabile dipendente e poteva essere
definito come “linguaggio della produzione”.
10
Con la
postmodernità il quadro cambia completamente. Il consumo
assume una posizione centrale e non appare più legato alla
produzione. “The consumer is the king
11
”: è questo
l’obiettivo principale di ogni attività produttiva. Riuscire
cioè a soddisfare bisogni e aspettative del consumatore. Si
assiste alla nascita di un individuo “autonomo” capace di
adottare schemi propri, liberi dalla logica della
produzione.
12
Siamo in una fase in cui, al concetto di
consumo di merce, inteso nel senso più materiale del
termine, si sostituisce il consumo di simboli e segni. E’
normale quindi per le aziende doversi rapportare con un
individuo-consumatore che “non si caratterizza più solo per
dare spazio alle emozioni, ma anche per impiegare il
9
G.Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli,
Milano, 2003.
10
Ibidem
11
Ibidem
12
E.Di Nallo (a cura di), Il significato sociale del consumo, Laterza,
Roma, 1992.
12
consumo come segno e comunicazione della propria
identità” (Fabris, 2003)
13
. Ciò significa che a spingere
all’acquisto non è più tanto la razionalità quanto i fattori
emotivi e psicologici. Sono quindi sempre più le emozioni a
guidare le scelte di consumo. Ecco quindi che appare ormai
superata l’idea che, una volta posseduto un marchio
famoso, dietro di esso si possa vendere qualsiasi tipo di
prodotto. Il consumatore oggi è più esigente: è disposto a
pagare molto per un marchio solo se questo è garanzia di un
effettivo valore aggiunto (qualità, durata, stile,
responsabilità sociale). Le marche infatti passano dal
diventare “status-symbol” a rappresentare uno “style-
symbol”
14
.
Per riassumere, il nuovo consumatore appare essere:
o
autonomo: è diventato più critico ed indipendente;
o
competente: ha più informazioni sulle sue scelte di
consumo;
o
esigente: richiede sempre di più da chi vende;
o
disincantato: è sempre più realistico verso il mercato.
Glen Urban in un suo articolo “The trust imperative”
15
fa
un’attenta analisi di come si sia rafforzato il potere del
consumatore di oggi. Negli ultimi dieci anni, infatti, una
serie di trasformazioni a livello sociale, economico e
tecnologico hanno creato un nuovo tipo di attore che si
situa agli antipodi della concezione passata. L’individuo del
terzo millennio vuole essere protagonista utilizzando al
massimo il suo potere per intervenire nei meccanismi del
13
“…il valore di un bene è anche un valore semantico e valoriale con
cui ci esprimiamo e con cui comunichiamo con gli altri”,da “Il nuovo
consumatore: verso il postmoderno” p. 89 di G. Fabris. 2003, Franco
Angeli, Milano
14
Dal sito www.tendenze.info/cms
15
Glen L. Urban, The trust imperative, Alfred P. Sloan School of
Management, Massachusetts Institute of Technology, Marzo 2003.
13
mercato. Non più quindi solo un osservatore esterno di un
mondo da cui egli è del tutto escluso, ma forza trainante
cosciente della propria importanza. Urban individua tra le
cause di tale inversione di marcia la crescente facilità di
accesso alle informazioni che caratterizza la società
odierna. L’avvento di Internet ha rappresentato infatti una
democratizzazione del flusso informativo mai vista prima.
La diffusione delle tecnologie e delle conoscenze necessarie
alla navigazione garantisce a chiunque la possibilità di
trovare in tempo reale tutti i dati di cui ha bisogno per
portare a termine il processo decisionale.
La nuova comunicazione
In un contesto del genere, per chi si occupa di
comunicazione in generale, e di pubblicità o di marketing in
particolare, bisogna capire come riuscire a colpire
l’attenzione del destinatario? Come sorprenderlo? Ecco
quindi che negli ultimi anni le aziende stanno spostando la
loro attenzione e le loro energie :
o
dal messaggio pubblicitario ammiccante alla
presentazione del prodotto e dei suoi valori;
o
dal monologo dell’azienda attraverso sistemi di
informazione broadcasting al dialogo attraverso
sistemi di comunicazione a due vie attraverso la
promozione e il web;
o
dai processi produttivi ai processi di relazione con il
cliente.
16
Con la nascita di internet in particolare, si sta
rivoluzionando il modo in cui le aziende si rivolgono ai loro
clienti o potenziali clienti, un individuo/consumatore, per
16
Cfr. Lorenzo Montagna, Lavapiubianco.biz, Tecniche Nuove,
Milano, 2004, p. 85.
14
dirla alla Fabris, che è sicuramente più attento ed informato
e che utilizza la rete con ben altri interessi e si espone in
modo differente, è più attivo, partecipativo e se vogliamo
curioso di quanto non lo fosse da spettatore degli altri
mezzi di comunicazione. Il Web sta rivoluzionando il
marketing, i linguaggi, la comunicazione e la relazione tra
le persone, proprio per questo i grandi brand odierni, ma
anche quelli più piccoli, non possono fare a meno della loro
presenza online. Questa rivoluzione in ambito tecnologico,
comporta delle trasformazione anche in altri settori:
cambiano i mercati, cambiano le leggi, cambia la
comunicazione, cambiano le aziende e i loro clienti.
Attualmente lo sviluppo del digitale sta modificando la
soglia evolutiva dei sistemi mediali che si sta declinando
nel passaggio dalla dimensione mass alla dimensione
personal e le applicazioni tecnologiche si stanno orientando
al soddisfacimento di questa nuova frontiera della
comunicazione. La ricerca di nuove forme di relazione, la
capacità di stimolare una comunicazione a due vie, la
possibilità di creare interazione è alla base della genesi e
dello sviluppo della rete, per cui l’attenzione alla
comunicazione online per rafforzare o costruire la propria
immagine di marca non può più essere marginale. La
direzione che le strategie aziendali dovrebbero
intraprendere è quella che porta da un push-based
marketing all’auspicabile trust-based marketing, cioè il
marketing che si basa sulla fiducia. Il rapporto che il
produttore deve cercare di instaurare con il proprio cliente
dovrebbe essere di fiducia reciproca. La marca deve riuscire
a farsi persona fra le persone per poter essere al fianco del
proprio cliente come farebbe un amico piuttosto che un
imbonitore senza scrupoli. Il consumatore deve sapere che
l’azienda non sta cercando di vendergli a tutti i costi
qualcosa lodandone i pregi e celandone i difetti.
15
1.1. I mercati sono conversazioni
17
“La gente ama parlare. Ama le conversazioni aperte e di
dirette. Dentro e fuori le organizzazioni aziendali. Le
conversazioni interne ed esterne si stanno collegando tra
loro. Non abbiamo scelta, se non quella di parteciparvi”
18
.
Nell’Aprile del 1999 Rick Levine, Christopher Locke, Doc
Searls e David Weinberger, quattro esperti americani di
marketing, pubblicano online il Cluetrain Manifesto
(www.cluetrain.com), e invitano a firmarlo e a discuterne.
È un vero e proprio manifesto, redatto in 95 tesi che
trattano la comunicazione d’impresa in Internet. La sua
natura particolarmente provocatoria, a partire dal
linguaggio utilizzato, semplice ma a volte colorito, tende ad
attirare l’attenzione di quelle aziende che continuano ad
utilizzare Internet in modo superficiale, non considerando
la sua essenza relazionale. Lo scopo degli autori è quello di
riformare la comunicazione online, di aprire gli occhi a chi
in Rete comunica e continua a farlo nella maniera errata, a
chi ostinatamente si tira fuori da questa grande
conversazione virtuale. L’obiettivo è perciò quello di dare
impulso ad un nuovo modo di comunicare, una riforma vera
e propria, per questo forse il richiamo alle 95 tesi di Lutero,
per questo il linguaggio asciutto, informale, diretto. L’idea
di base è che Internet abbia rivoluzionato il rapporto
esistente tra azienda, dipendenti e consumatori. L’azienda
non può più sottrarsi alla comunicazione con l’utente, i
17
Questo paragrafo si articola attorno al Cluetrain Manifesto, redatto
nell’aprile del 1999 da Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e
David Weinberger. È possibile trovare il manifesto, e il libro che lo ha
seguito all’indirizzo Internet www.cluetrain.com. Per consultare le tesi
in italiano è possibile visitare il sito Internet www.mestierediscrivere.it.
18
Rick Levine, Parlare costa poco, capitolo 3, Cluetrain Manifesto,
Fazi Editore, Roma, 2001, pp. 121-122.
16
tempi dei monologhi sono finiti, ora è tempo di conversare.
“la tecnologia sta dando un senso più chiaro
all’importanza della conversazione. Le conversazioni si
stanno muovendo più velocemente, toccando più persone e
colmando distanze più vaste di quanto siamo abituati”
19
.
Cambia lo scenario e i mercati sembrano essere tornati a
quelli dell’antichità, dove si andava per “comprare e
vendere. Ma questa attività commerciale era strumentale
all’incontro, il vero scopo era l’incontro e il dialogo delle
persone. Per questo si andava al mercato. Ora con Internet,
sembra quasi paradossale, ma si sta tornando all’antico, si
stanno riscoprendo forme di comunicazione che
sembravano perse, le persone utilizzano la Rete per
conversare e le aziende lo sanno. “Il modello di
comunicazione non è più la comunicazione unilaterale e
passiva del broadcast televisivo. Il modello di
comunicazione è quello poco partecipativo e poco
governabile dell’agorà, della piazza, del mercato nel senso
in cui questa parola veniva intesa anticamente”
20
. Le
aziende devono cambiare il loro approccio al cliente, non
possono più nascondersi dietro a siti che riprendono lo stile
delle brochures, questo perché i mercati sono
conversazioni
21
, è quanto viene affermato con la prima tesi.
L’azienda per conversare, per continuare ad esistere in
questo scenario modificato, deve comportarsi come un
persona. Perché le conversazioni all’interno dei mercato si
19
Rick Levine, Parlare costa poco, capitolo 3, Cluetrain Manifesto,
Fazi Editore, 2001, p. 122
20
Antonio Tombolini, Prefazione all’edizione italiana, Cluetrain
Manifesto, Fazi Editore, Roma, 2001, p. 20
21
“Markets are conversations.” Levine, Locke, Searls & Weinberger
Theses n°1, The Cluetrain Manifesto, Fazi Editore, 2001.
17
svolgono tra esseri umani
22
e si svolgono con voce
umana
23
. Ed è proprio grazie a questa voce che le persone si
riconoscono
24
, quindi l’impresa deve farsi riconoscere
parlando come una persona per poter essere parte di questo
nuovo scenario. Internet permette conversazioni che con i
media tradizionali non potevano aver luogo
25
, queste
conversazioni generano nuove forme di organizzazione
sociale e un nuovo scambio della conoscenza
26
. Di
conseguenza a ciò i mercati stanno cambiando, diventano
più intelligenti, più informati e più organizzati
27
. Essendo il
mercato conversazione, non ci posso più essere segreti.
Quindi, dal momento che gli utenti conoscono meglio delle
aziende i prodotti che utilizzano, sono proprio i fruitori a
sapere cosa funziona bene e cosa è difettoso, e lo dicono a
22
“Markets consist of human beings, not demographic sectors.”
Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses n°2, The Cluetrain
Manifesto: The End of Business as Usual, 2001.
23
“Conversations among human beings sound human. They are
conducted in a human voice.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger
Theses n°3, The Cluetrain Manifesto, 2001.
24
“People recognize each other as such from the sound of this voice.”
Levine, Locke, Searls & Weinberger Theses n°5, The Cluetrain
Manifesto, 2001.
25
“The Internet is enabling conversations among human beings that
were simply not possible in the era of mass media.” Levine, Locke,
Searls & Weinberger , Theses n°6, The Cluetrain Manifesto, 2001.
26
“These networked conversations are enabling powerful new forms of
social organization and knowledge exchange to emerge.”, Levine,
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°9, The Cluetrain Manifesto,
2001.
27
“As a result, markets are getting smarter, more informed, more
organized. Participation in a networked market changes people
fundamentally.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger Theses n°10,
The Cluetrain Manifesto, 2001.
18
tutti
28
. Il meccanismo del passaparola, tanto semplice nella
sua forma, quanto efficace nella sua sperimentazione
pratica. “I mercati online parleranno sempre delle aziende,
che a queste piaccia o meno. La gente dirà quello che gli
pare, senza preoccuparsi se viene ascoltata o citata da
altri, anzi, lo scopo è quello di ottenere la massima
diffusione delle proprie opinioni. Le aziende non possono
impedire ai clienti di far sentire la loro voce, e non possono
impedire ai dipendenti di parlare ai clienti. L’unica scelta è
iniziare a incoraggiare i dipendenti a parlare con i
clienti”
29
. Gli stessi consumatori sono anche coloro che
lavorano nelle aziende, capirlo diventa fondamentale per
non morire. Il problema più grande delle imprese è che esse
non parlano la stessa lingua, con la stessa voce dei
consumatori on-line, anche se è ad essi che vorrebbero
rivolgersi
30
. Continuano a parlare la lingua delle brochures
che a chi ascolta risulta artefatta e artificiale
31
,
dimenticando che le persone connesse sono soggetti sempre
più intelligenti ed informati
32
. I nuovi consumatori non
28
“There are no secrets. The networked market knows more than
companies do about their own products. And whether the news is good
or bad, they tell everyone.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger
Theses n°12, The Cluetrain Manifesto, 2001.
29
Rick Levine, Parlare costa poco, capitolo 3 del Cluetrain Manifesto,
p. 153
30
“Corporations do not speak in the same voice as these new
networked conversations. To their intended online audiences,
companies sound hollow, flat, literally inhuman.”, Levine, Locke,
Searls & Weinberger Theses n°14, The Cluetrain Manifesto, 2001.
31
“In just a few more years, the current homogenized “voice” of
business—the sound of mission statements and brochures—will seem as
contrived and artificial as the language of the 18th century French
court.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger Theses n°15, The
Cluetrain Manifesto, 2001.
32
“Companies that don’t realize their markets are now networked
person-to-person, getting smarter as a result and deeply joined in
19
sono più gli stessi che guardavano le loro pubblicità in
televisione
33
, questi “nuovi” individui sono riuniti in
comunità ed è attraverso queste nuove entità che vorrebbero
dialogare con la marca. Priorità per le aziende diventa
entrare in queste comunità
34
, condividere con esse il
linguaggio, i problemi che nascono al loro interno
35
. Le
aziende che non appartengono a una comunità della
comunicazione sono destinate a morire
36
. I clienti non sono
più chiusi in se, vogliono avere risposte dalle aziende nel
modo più veloce possibile. “i mercati vogliono parlare con
le aziende”
37
, gli utenti ricercano il contatto diretto,
chiedono di avere accesso a tutte le informazioni
sull’azienda e sui prodotti disponibili, di conoscere le
persone che sono nascoste dall’altro lato della barricata
38
. I
conversation are missing their best opportunity.”, Levine, Locke,
Searls & Weinberger Theses n°18, The Cluetrain Manifesto, 2001.
33
“Companies that assume online markets are the same markets that
used to watch their ads on television are kidding themselves.”, Levine,
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°17, The Cluetrain Manifesto,
2001.
34
“But first, they must belong to a community.”, Levine, Locke, Searls
& Weinberger, Theses n°35, The Cluetrain Manifesto, 2001.
35
“To speak with a human voice, companies must share the concerns of
their communities.” , Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses
n°34, The Cluetrain Manifesto, 2001.
36
“Companies that do not belong to a community of discourse will
die.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses n°40, The Cluetrain
Manifesto, 2001.
37
“This is suicidal. Markets want to talk to companies.”, Levine,
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°60, The Cluetrain Manifesto,
2001.
38
“We want access to your corporate information, to your plans and
strategies, your best thinking, your genuine knowledge. We will not
settle for the 4-color brochure, for web sites chock-a-block with eye
candy but lacking any substance.”, Levine, Locke, Searls &
Weinberger, Theses n°64, The Cluetrain Manifesto, 2001.
20
clienti non sono delle entità estranee ed esterne alle aziende
ma spesso sono gli stessi dipendenti che permettono
all’azienda di andare avanti
39
. Chiedono di essere
finalmente ascoltati, potrebbero anche dare suggerimenti
utili
40
. In modo provocatorio la tesi 78 afferma: “Volete i
nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione”
41
.
39
“We’re also the workers who make your companies go. We want to
talk to customers directly in our own voices, not in platitudes written
into a script.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses n°65, The
Cluetrain Manifesto, 2001.
40
“We’ve got some ideas for you too: some new tools we need, some
better service. Stuff we’d be willing to pay for. Got a minute?”, Levine,
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°76, The Cluetrain Manifesto,
2001.
41
“You want us to pay? We want you to pay attention.”, Levine,
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°78, The Cluetrain Manifesto,
2001.