Premessa
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II
per se stessi, bensì in quanto deriva loro reciprocamente un qualche
bene; similmente anche quelli che si amano a causa del piacere. (...)
L'amicizia perfetta è quella dei buoni e dei simili nella virtù. Costoro
infatti si vogliono bene reciprocamente in quanto sono buoni, e sono
buoni di per sé; e coloro che vogliono bene agli amici proprio per gli
amici stessi sono gli autentici amici (infatti essi sono tali di per se
stessi e non accidentalmente); quindi la loro amicizia dura finché essi
sono buoni, e la virtù è qualcosa di stabile; e ciascuno è buono sia in
senso assoluto sia per l'amico. Infatti i buoni sono sia buoni in senso
assoluto, sia utili reciprocamente".
Mentre quella fondata sul piacere e sull'utile si rivela accidentale e cessa
quando il piacere o l'utile vengono meno, quella invece fondata sulla virtù è
perfetta ed è la più stabile.
Trovo ancora attualissime le parole del filosofo.
Concludo ringraziando le persone che fanno parte della mia vita, in momenti
e con ruoli diversi. Ringrazio anche tutti coloro con i quali un tempo ho
condiviso tutto quello che è possibile condividere, un tempo in cui pensavo
che io sarei sempre stata parte della loro vita e loro della mia, un tempo in cui
erano i miei AMICI.
Capitolo Primo
La vita e le opere giovanili di Aristotele
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1
Capitolo Primo
LA VITA E LE OPERE GIOVANILI DI ARISTOTELE
Privato della percezione e dell'intelligenza, l'uomo
diventa simile ad una pianta; se gli si sottrae
l'intelligenza soltanto, si trasforma in un animale;
se è liberato, invece, dall'irrazionale, ma persiste
nell'intelletto, diventa simile a dio.
(Protreptico)
1.1 Il filosofo greco
Aristotele nacque a Stagira
1
, una cittadina della penisola Calcidica nel
nord della Grecia, fondata alla base di quella penisola, la cui punta è
occupata dal monte Athos, nel 384 a.C.
2
. Il padre Nicomaco apparteneva
alla corporazione degli Asclepiadi, era cioè medico presso la corte del re
dei macedoni Aminta, ma morì quando Aristotele era ancora giovane.
Egli fu quindi allevato da un parente più anziano, di nome Prosseno. La
madre, Festide, era originaria di Calcide nell’ Eubea e, forse, anch’essa
appartenente ad una famiglia di medici. Nel 367, all'età di 17 anni, andò
ad Atene al fine di entrare a far parte dell'Accademia di Platone
3
, che si
trovava all'epoca a Siracusa
4
Nell’Accademia non veniva imposta una
rigida “ortodossia” dottrinale: i membri della scuola, pur se accomunati
1
Oggi esiste in Grecia un villaggio chiamato Stagira, di origine tuttavia posteriore, che si vanta di
sorgere sullo stesso luogo della patria di Aristotele: nei dintorni di esso sono in corso degli scavi miranti
ad accertare l’esistenza di resti della Stagira antica.
2
La piccola polis è costretta a barcamenarsi tra le pressanti ingerenze di Atene e il potente regno di
Macedonia.
3
Questa era stata fondata da Platone al ritorno dal suo primo viaggio in Italia (fra il 390 e il 380 a . C.),
probabilmente ad imitazione della comunità dei Pitagorici da lui conosciuta a Taranto e come luogo di
formazione dei governanti dello Stato ideale che il filosofo ateniese vagheggiava realizzare.
4
Secondo la tradizione, in sua assenza la scuola è diretta da Eudosso, personaggio cui Aristotele tributerà
sempre grande ammirazione, pur discostandosi molto dalle sue concezioni.
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La vita e le opere giovanili di Aristotele
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da un medesimo spirito, conducevano i propri studi e sviluppavano il
proprio pensiero in un clima di grande libertà intellettuale. Platone stesso
dava l’esempio di tale libertà, promuovendo dibattiti su temi di
particolare importanza e arrivando non di rado a recepire le critiche e i
suggerimenti avanzati dai discepoli
5
Vi rimase per ben 20 anni svolgendo
un'attività d’insegnamento, sino alla morte di Platone che fu nel 347-348.
6
L’Accademia fu lacerata da una crisi profonda determinata anche dal
cruciale problema della successione alla direzione della scuola. Alla
direzione dell'Accademia viene chiamato Speusippo, nipote del grande
filosofo ateniese. Aristotele, che evidentemente doveva ritenersi il più
degno, lascia la scuola insieme con Senocrate, altro pretendente alla guida
dell'Accademia, per trasferirsi ad Atarneo
7
, invitato dal tiranno della città,
Ermia, dove già operavano altri due allievi di Platone, Erasto e Coristo.
Nello stesso anno tutti e quattro si trasferiscono ad Asso, dove fondano
una scuola alla quale aderiscono anche il figlio di Corisco, Neleo, e il
futuro successore di Aristotele nella scuola di Atene, Teofrasto.
8
Qui si
stabilì Aristotele e poi, a Militene nel 345, sull'isola di Lesbo. In questo
periodo egli sposò Pizia, nipote di Ermia, dalla quale ebbe 2 figli, Pizia e
5
Alberto JORI, Aristotele, Mondadori, Milano, 2003, pag. 13.
6
In realtà se ne sarebbe già andato prima in quanto aveva idee divergenti da quelle del maestro, ma si
trattenne fino alla sua morte per il rispetto che aveva nei confronti di Platone.
7
Città sulla costa dell’Asia minore sorta proprio di fronte all’isola di Lesbo e al suo capoluogo Mitilene.
8
Tra i motivi del suo allontanamento possiamo annoverare la crescente ostilità che si era venuta a creare
ad Atene verso il re macedone Filippo, il quale nel 348 si era impadronito di Olinto nel nord della Grecia.
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La vita e le opere giovanili di Aristotele
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3
Nicomano, entrò in rapporto con Teofrasto, che divenne suo discepolo,
e intraprese ricerche biologiche sugli animali.
Nel 343 Filippo lo invitò a corte in veste di precettore di Alessandro. Qui
rimase a lungo finché Filippo non fu assassinato da Pausania nel 336 e
Alessandro gli succedette al trono. Nel 335 Aristotele fece il suo rientro
ad Atene con Teofrasto e svolse attività di ricerca e di insegnamento nel
Liceo, un ginnasio vicino al tempio di Apollo Liceo (originariamente fu
chiamato "peripato", passeggiata e luogo di discussione), raccogliendo
intorno a sé amici e scolari.
Nel 323 però, morto Alessandro in Oriente, prese il sopravvento in
Atene la corrente anti-macedone capeggiata da Iperide. La tradizione
vuole che Aristotele, accusato di empietà a causa dei suoi rapporti con la
monarchia macedone, abbia allora pronunciato la celebre frase: " Non
voglio che gli Ateniesi commettano un secondo crimine contro la
filosofia ", alludendo alle vicende di Socrate. Di fatto egli si allontanò da
Atene e si ritirò a Calcide, sull'isola di Eubea, dove la famiglia di sua
madre aveva possedimenti: qui morì a circa 62 anni nel 322 a.C. .
Nominò suo esecutore testamentario Antipatro, che proprio nel 322
ristabiliva il dominio macedone sulla Grecia e su Atene, e lasciò
Teofrasto a capo della scuola.
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1.2 Le opere giovanili
Già durante il periodo accademico Aristotele aveva formulato in maniera
pressoché definitiva la sua concezione della realtà. Questa doveva
articolarsi in una molteplicità di settori ed era esposta parallelamente
nelle parti più antiche dei suoi trattati scolastici e negli altri dialoghi
destinati alla pubblicazione.
9
Tra i primi, che approfondirò nel successivo capitolo, sembrano infatti
risalire al periodo accademico, oltre alla maggior parte dei trattati di
logica, anche alcune opere di fisica, ossia di quella parte della filosofia
che tratta delle sostanze mobili, cioè la Fisica; di quella parte della
filosofia che tratta dei principi, ovvero delle sostanze immobili: tali
sembrano essere alcuni libri della Metafisica e ancora di quella parte della
filosofia che concerne il comportamento e il fine dell’uomo, cioè l’ Etica.
Non è detto che Aristotele scrivesse solo nel periodo accademico,
giacché un certo numero di frammenti risalgono probabilmente ad un
periodo successivo.
10
Tra questi si possono ricordare il Grillo o Sulla retorica, il Sofista, Eudemo o
Sull'anima, Sulla nobiltà, Il politico, Sui poeti, Sulla giustizia, Sul bene, Sulle idee.
Analizzerò sinteticamente alcuni di essi.
9
Enrico BERTI, Profilo di Aristotele, III ed., Studium , Roma, 1985.
10
Quello in cui egli fu precettore del giovane Alessandro di Macedonia.
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1.2.1 Il Grillo o Sulla retorica
Nel triennio che va dal suo ingresso nell’Accademia al ritorno di Platone
dalla Sicilia, Aristotele dovette studiare scienze matematiche sotto la
guida di Eudosso. Egli, probabilmente, già prima del ritorno di Platone
iniziò il secondo ciclo di studi, che normalmente andava dai vent’anni ai
trent’ anni.
11
Intorno al 360 a.C. il giovane Aristotele avrebbe scritto la
sua prima opera, intitolata Grillo o Sulla retorica; in reazione a una serie di
scritti di elogio, composti da alcuni retori ateniesi, fra i quali Isocrate, per
celebrare Grillo, figlio di Senofonte, morto nel 362 a.C. nella battaglia di
Mantinea.
12
Lo Stagirita polemizzava contro la retorica come mezzo per agire sugli
affetti, sulla parte irrazionale dell'anima. Già Platone, nel Gorgia, aveva
sostenuto che la retorica non è un'arte, né una scienza, ma
semplicemente una pratica persuasiva che può avere successo solo sugli
ignoranti. Il successo del Grillo nell'Accademia procurò ad Aristotele
l'incarico di tenere un corso di retorica, nel quale, seguendo il Fedro
platonico, sostenne che la retorica doveva fondarsi sulla dialettica.
13
Nel
suo corso, egli verosimilmente si impegnava a dimostrare che la retorica
11
In questa fase i giovani venivano preparati alla dialettica, approfondendo la natura delle discipline già
apprese nella fase propedeutica e le reciproche affinità di queste, al fine di vedere come fosse possibile
trascendere quelle discipline medesime per giungere all’essere puro delle idee, cioè per pervenire alla
dialettica pura.
12
Enrico BERTI, Profilo di Aristotele, cit., pag. 23.
13
Cfr. quanto scrive Renato Laurenti in Aristotele, I frammenti dei dialoghi, Loffredo, Napoli, 1987, pag.
415.
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può acquisire un autentico statuto scientifico solo a condizione di
fondarsi sulla dialettica e, anzi, d’identificarsi con essa.
14
1.2.2 L' Eudemo o Sull'anima
Una seconda opera giovanile databile in modo sicuro è l’ Eudemo o
Sull'anima. L’opera, che aveva forma di dialogo, era dedicata alla memoria
dell'amico e compagno di studi Eudemo di Cipro, morto in guerra,
presso Siracusa nel 354.
Aristotele scrisse questo dialogo l’anno appresso, cioè nel 353 a.C. . Lo
scritto aveva un carattere eminentemente consolatorio e riguardava i
problemi dell’anima e dei suoi destini ultraterreni
15
. Il modello di cui si
servì Aristotele fu il Fedone platonico. Per l'Aristotele maturo, l'anima non
è un'idea ma una sostanza-forma.
Egli polemizzava, come già Platone, contro la concezione dell’anima
come armonia del corpo;
16
per conseguenza, le attribuiva realtà
sostanziale. Ma questa anima sostanziale era, insieme, concepita ed
espressamente detta <<una forma>>, che, risolvendosi il corpo, non si
risolve insieme ad esso.
14
Alberto JORI, Aristotele, cit., pag. 15.
15
Per l’anima, affermava Aristotele, la vita fuori dal corpo è più naturale di quella in unione con esso:
una posizione in cui l’influenza dello spiritualismo platonico è manifesta.
16
Concezione che riduceva l’anima a epifenomeno del corpo.
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1.2.3 Il Protreptico
Un terzo scritto composto nel periodo di permanenza di Aristotele
nell’Accademia è Il Protreptico, indirizzato sotto forma di lettera a
Temisone, re di Cipro, si tratta di una esortazione alla vita filosofica,
presentata come superiore a ogni altra forma di vita
17
. In esso compariva,
tra l'altro, l'argomento secondo cui o si deve o non si deve filosofare; se
si deve, la necessità di filosofare va da sé; ma anche se si ammette che
non si deve, si deve ugualmente filosofare per dimostrare che non si
deve filosofare. In ogni caso, dunque, la filosofia risulta necessaria. Il
Protreptico o Esortazione alla filosofia, conosciuto dalle numerose citazioni
contenute nell'opera di eguale titolo di Giamblico, dovette essere scritto
intorno al 350 a . C..
18
Aristotele individua nell'essere umano la divisione fra anima e corpo:
“una parte di noi è l'anima e una parte è il corpo, l'una comanda e l'altra è
comandata, l'una si serve dell'altra e l'altra sottostà come uno strumento (...)
Nell'anima ciò che comanda e giudica per noi è la ragione, mentre il resto ubbidisce e
per natura è comandato. (...) Dunque l'anima è migliore del corpo (infatti è più
adatta al comando) e nell'anima è migliore quella parte che possiede la ragione e il
17
Alberto JORI, Aristotele, cit., pag. 16.
18
Mentre nel Grillo Aristotele poneva sotto accusa la retorica irrazionale, che costituiva il perno della
proposta educativa dell’avversario, Isocrate, ora il suo impegno si precisa in termini propositivi,
mediante una dimostrazione dell’eccellenza della filosofia, sulla quale si fondava invece la paideía
dell’Accademia.
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La vita e le opere giovanili di Aristotele
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8
pensiero (…)”
19
, una divisione non vista come opposizione, come nell'
Eudemo, ma come collaborazione: il corpo è lo strumento dell'agire
dell'anima, anzi della parte razionale dell'anima.
20
Da questo brano
emergono due nozioni fondamentali: la concezione strumentalistica dei
rapporti tra anima e corpo
21
e la bipartizione dell’anima
22
.
"Delle cose che sono generate, - si legge -, alcune sono generate da una certa
intelligenza e arte, per esempio, la casa e la nave (la causa di entrambe è infatti
un’arte determinata e l’intelligenza); altre sono generate non per arte alcuna ma per
natura: degli esseri viventi e delle piante, infatti, la causa è la natura e per natura
sono generate tutte le cose di tal specie; altre però sono generate anche per caso, e sono
tutte quelle che non sono generate né per arte, né per natura, né da necessità, e tutte
queste cose, molto numerose, noi diciamo che sono generate per caso (...)"
23
.
Non vi è finalità nel caso ma vi è nell'arte e nella natura: la natura è
l'ordine tendente a un fine, e il fine dell'uomo è la conoscenza.
19
ENCICLOPEDIA, I GrandiFfilosofi, opere scelte da Armando Massarenti, Aristotele -
vita,pensiero,opere scelte -, vol. 3 pag. 53 -56 ,ed. speciale per il SOLE 24 ORE, Milano, 2006.
20
Cfr. Alberto JORI, Aristotele, cit., pag. 18.
21
Del problema si è occupato per primo Nuyens, evidenziando come alla netta opposizione fra anima e
corpo presente dell’Eudemo si sia sostituita nel Protreptico una collaborazione fra questi elementi. Qui il
corpo, infatti, non è più un impedimento, ma uno strumento per l’azione dell’anima. Tale concezione, a
suo avviso, segnerebbe un passo avanti nell’evoluzione di Aristotele dal platonismo verso una propria
filosofia, che per quanto riguarda la psicologia è caratterizzata nel De Anima da una concezione
ilomorfica. Questa teoria è stata in seguito criticata da vari studiosi, i quali hanno osservato che lo stesso
Platone nella Repubblica, reputando l’anima parte egemonica, doveva supporre una concezione
strumentalistica dei suoi rapporti col corpo.
22
È possibile trovare dei precedenti in Platone. Pur essendo l’anima tripartita in razionale, animosa e
appetitiva, vi è in Platone una certa tendenza a trasformare la divisione tripartita in quella bipartita. Egli
distingue la parte razionale dalle altre due unite insieme, in virtù della sua immortalità, ed afferma che
questa è la divisione più importante.
23
Ibidem, ENCICLOPEDIA, I Grandi Filosofi.