1
PREFAZIONE
L’esigenza di prestare gratuitamente ad altri un proprio bene, o di ricevere in
uso, sempre a titolo gratuito, una cosa altrui, è assai risalente nella storia del
consorzio umano e, anzi, sembra quasi rispondere ad un’istanza legata alla socialità
stessa dell’essere umano. Così definito nelle sue linee essenziali, peraltro, il
comodato si pone quale figura “di confine”, coinvolgendo profili psicologici sociali
e giuridici. Come è stato puntualmente osservato, infatti, “ è evidente che l’idea del
godimento della cosa altrui” è legata al concetto dell’altruità e, quindi, al concetto
stesso di proprietà; in secondo luogo, il contenuto del diritto attribuito al
comodatario non è dissimile, sul piano teleologico, da quello di taluni diritti reali di
godimento, giacché l’interesse pratico che il contratto tende a soddisfare consiste
essenzialmente nel godimento diretto della cosa da parte del comodatario”
1
.
Lungi dal rappresentare una figura antica, se non addirittura “primitiva”,
dunque, il comodato è in realtà un istituto non solo attuale, ma anche notevolmente
complesso, a dispetto della gratuità che lo caratterizza, anzi proprio per questo
motivo. Infatti, è essenzialmente il carattere gratuito del comodato che, in un certo
senso, fondano l’elasticità dell’istituto e la sua duttilità, vale a dire non solo “la
possibilità di ricondurre ad esso contratti la cui causa concreta dei quali si discosti
in parte dalla sua funzione astratta, come accade, ad esempio, nel comodato modale
o nel precario”
2
ma anche la molteplicità degli “ambienti” della vita di relazione
che vedono il comodato protagonista.
Le origini romaniste del comodato vedono tale istituto collocato nell’ambito
dei rapporti di cortesia, dunque particolarmente attinente ai rapporti familiari e
amicali. Con la nascita di un’azione finalizzata ad ottenere la restituzione della res
prestata
3
, il comodato assunse una precisa dimensione giuridica. Anzi, potremmo
affermare che proprio la necessaria restituzione del bene caratterizza in modo
peculiare il comodato, differenziandolo dal novero dei rapporti di cortesia e
conferendogli rilevanza giuridica, una rilevanza giuridica che, dunque, non viene
1
N. CIPRIANI, Il comodato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2005, p. 3.
2
Ibidem.
3
Per maggiori approfondimenti si rimanda a P. ZANNINI, Comodato nel diritto romano, in Dig.
Disc. Priv., Sez. Civ., III, Utet, Torino, p. 32.
2
meno nonostante si possa dire che la causa del comodato “resta dominata da un
animus che è caratterizzato dallo spirito di compiacenza, dalla volontà di consentire
un vantaggio di comodità, una agevolazione; in modo che dà luogo al comodato
semplicemente la buona usanza, la convenienza sociale, l’amicizia, la benevolenza,
la deferenza, il desiderio di favorire alcuno, quello di adempiere ad un dovere della
vita di relazione”
4
.
L’elaborazione dottrinale, tuttavia ha conosciuto anche posizioni che tendono
a relegare l’intento di cortesia alla dimensione del mero motivo o addirittura a
quella della mera rappresentazione psichica, insufficienti a fondare la causa del
negozio. L’eliminazione dell’intento di cortesia rende possibile prescindere dalla
valutazione dell’animus del comodante e fa sì che la causa del comodato sia
appunto, soltanto quella di consegnare gratuitamente una cosa al comodatario,
affinché questi la usi e la restituisca, indipendentemente dalle ragioni soggettive
delle parti.
Quella da ultimo indicata e, in effetti, l’impostazione più moderna del
comodato, che in modo non marginale discende dalla considerazione che il
comodato sovente riguarda beni di ingente valore e, per di più, spesso il prestito
gratuito si protrae per un lungo periodo di tempo, che può persino coincidere con la
vita di una persona. Non sono pochi gli Autori che ritengono insolito un sentimento
di cortesia così forte (in ordine al valore del bene prestato) e così prolungato nel
tempo (con riguardo alla durata del comodato). Alcuni, anzi, ritengono che uno
degli elementi irrinunciabili degli atti di cortesia consista nello scarso o nullo valore
economico della prestazione, nonché nella breve durata della stessa
5
.
Eliminare la cortesia dalla figura contrattuale in esame, dal momento che non
è pensabile rinunciare al riconoscimento di un moto volontaristico del concedente
che attribuisce gratuitamente il bene, comporta la necessità di individuare
l’esistenza di un interesse non solo del beneficiario ma, appunto, anche in capo al
concedente
6
, un interesse che potrà essere patrimoniale oppure, il più delle volte,
non patrimoniale (potendo comprendere, in quest’ultimo caso, anche l’intento di
cortesia). Come è stato puntualmente osservato, dunque, “ne consegue che non ogni
4
Così M. FRAGALI, Del comodato, in Comm. Del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma,
1970, p. 199.
5
In questo senso, P. MOROZZO DELLA ROCCA, Gratuità, liberalità e solidarietà. Contributo
allo studio della prestazione non onerosa, Giuffré, Milano, 1998, p. 106.
6
In dottrina non manca chi configura persino un comodato nell’interesse esclusivo del comodante, si
pensi al prestito di auto per l’adempimento di un incarico nell’interesse dello stesso comodante
oppure il prestito per un certo tempo di un macchinario al quale deriverebbe un danno dal non uso.
3
attribuzione priva di corrispettivo del godimento di un bene è ‘comodato’, ma
soltanto quelle nelle quali può rinvenirsi un adeguato interesse del concedente,
mancando il quale, invece, ci troveremmo di fronte a una attribuzione priva di
adeguata giustificazione causale”
7
. D’altro canto, oggi la dottrina prevalente è
orientata nel senso di non ritenere necessaria la consapevolezza di tale interesse in
capo al comodante. L’interesse può sussistere anche ove il comodante non ne sia
consapevole: “Pertanto, pur dovendo il comportamento essere sempre il frutto di
una scelta, non è necessaria la assoluta consapevolezza del piano d’azione da parte
del comodante affinché si possa affermare la sussistenza del suo interesse”
8
.
Anche a voler tacere degli ulteriori, molteplici aspetti problematici che il
comodato comporta, quanto anticipato fino a questo punto giù ci consente di
ritenere che il comodato si atteggia quale figura giuridica tutt’altro che “semplice”
o definitivamente chiarita nelle sue caratteristiche di diritto e nel suo concreto
atteggiarsi nella prassi contrattuale e nella vita di relazione.
Lungi dal voler rappresentare una completa e dettagliata disamina sistematica,
o didattica, dell’istituto in tutte le sue implicazioni e manifestazioni, per la quale si
rimanda alle fonti utilizzate e alla copiosa letteratura giuridica esistente,
nell’elaborazione della presente trattazione abbiamo inteso soffermarci su alcuni
aspetti particolarmente problematici del comodato, che ancora oggi vivificano il
dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia, a dimostrazione della vigorosa
attualità dell’istituto.
I dubbi e i problemi discendenti dal comodato sono da mettere in relazione
proprio con le caratteristiche cui già in questa Introduzione abbiamo accennato,
vale a dire la gratuità e la temporaneità del comodato, nozioni che, nella realtà
concreta della prassi, possono assumere significati differenti. Da ciò, di fatto,
discendono le già segnalate caratteristiche di elasticità e duttilità del comodato.
In quest’ottica è sintomatica l’ormai condivisa riconduzione nell’alveo del
comodato del cosiddetto “precario”, oggi sinonimo di “ comodato senza
determinazione di termine”. Come è noto, nella disciplina codicistica, la necessaria
temporaneità del prestito, pena l’impossibilità di riportare il “precario” al comodato,
è salvaguardata con la previsione del potere di recesso unilaterale (ad nutum)
riconosciuto al comodante.
7
N. CIPRIANI, op. cit., p. 10.
8
N. CIPRIANI, op. cit., p. 11. L’Autore si rifà a P. FEMIA, Interessi e conflitti culturali
nell’autonomia privata e nella responsabilità civile, Jovene, Napoli, 1996, pp. 269 e ss.
4
In realtà, come meglio vedremo successivamente, l’espressione “comodato
senza determinazione di durata” indica, a rigore, due fattispecie : la prima in cui
manca la determinazione del termine, ma questo può desumersi dalla natura della
cosa o dalla particolarità dell’uso dedotto in contratto, l’altra in cui il termine non è
invece desumibile dalla natura della cosa, né può individuarsi avendo riguardo al
contenuto implicito dell’uso indicato. Tale ultima ipotesi ricorre quando il
godimento della cosa non si esaurisce in un solo atto che “consuma” l’utilità della
cosa (si parla in questi casi di uso istantaneo) ma, al contrario, può essere ripetuto
(uso continuato). In quest’ultimo caso l’uso di cui la cosa è suscettibile non
permette di dedurre un termine. Si apprezza dunque la portata dell’art. 1810 c.c., la
cui caratteristica precipua consiste, appunto, nella circostanza che la scadenza
dipende potestativamente dalla volontà del comodante che può farla maturare ad
nutum, diversamente da quanto avviene nel comodato tipico, dove la scadenza è
predeterminata secondo la comune volontà delle parti, espressamente o tacitamente.
Questo meccanismo, peraltro, implica una serie di problematiche di primaria
rilevanza pratica, legate all’atteggiarsi della temporaneità nel comodato precario,
all’obbligo di restituzione del comodatario, alla natura del bene oggetto del
rapporto, nonché, da ultimo, ad ipotesi particolari quali la restituzione “per
necessità” e altre. A questi aspetti abbiamo pertanto ritenuto necessario dedicare i
primi due capitoli della presente tesi.
Altro tema cruciale, che per molti versi si ricollega a quanto detto all’inizio di
questa Introduzione a proposito della rilevanza del comodato nell’ambito dei
rapporti personali e familiari, è quello del comodato avente ad oggetto la casa
familiare, con tutte le problematiche discendenti, specialmente in tema di
assegnazione della casa familiare in caso di separazione dei coniugi.
In tale materia, i ripetuti interventi della Corte Costituzionale rendono palese
la rilevanza e la delicatezza degli interessi in gioco, considerato che il comodato
dell’immobile adibito a casa familiare coinvolge valori di rango costituzionale.
Numerosi e non semplici sono i problemi che si prospettano, tra i quali, a mero
titolo di esempio, la stessa definizione della nozione di “casa familiare”, il
prioritario interesse di tutela della prole, le questioni attinenti l’opponibilità ai terzi
e, non ultima, la difficoltà di definire e collocare adeguatamente l’interesse proprio
del comodante. A questi temi sarà dedicato il Capitolo III del presente lavoro.
Grande attualità, infine, rivestono i profili fiscali e tributari del comodato,
soprattutto quando i contratti di comodato hanno ad oggetto beni immobili o beni
5
mobili registrati. In questi casi la disciplina del comodato deve essere coordinata
con la copiosa legislazione in materia fiscale e tributaria, e, sebbene orientarsi in
questo campo sia tutt’altro che semplice, stante la variegata realtà economica,
giuridica e sociale in cui la figura del comodato si trova inserita, un aiuto di grande
importanza è rappresentato dalla vastissima produzione giurisprudenziale alla quale,
nel corso del Capitolo IV , ci siamo ripetutamente richiamati.
In generale, il presente lavoro si propone di evidenziare alcuni aspetti
peculiari e a tutt’oggi particolarmente problematici legati al comodato, nell’intento
di dimostrare quale vitalità ancora caratterizzi un istituto certamente antico, ma
tutt’altro che vecchio.
6
CAPITOLO I
IL COMODATO PRECARIO
SOMMARIO : 1. Nozione. Uso e durata quali elementi essenziali del
comodato; 2. Il comodato precario; 2.1 Differenze fra l’attuale comodato
precario e l’originario istituto romanistico. 2.2. La temporaneità del rapporto
nel comodato precario; 2.3 (segue) La giurisprudenza sulla temporaneità
dell’uso nel comodato precario.
1. Nozione. Uso e durata quali elementi essenziali del contratto di
comodato.
L’art. 1803 c.c. delinea la fattispecie del contratto di comodato,
qualificandolo come il contratto con cui una parte consegna all’altra una cosa
mobile o immobile, affinché se ne serva per un uso o per un tempo
determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
La convenzione sull’uso o sulla durata del comodato può essere
espressa o tacita, nel qual caso saranno i fatti e le circostanze che dettero
origine alla gratuita concessione della cosa a determinare, altresì, il contenuto
del comodato.
Il Pothier
9
ritiene che i predetti fatti e le suddette circostanze
legittimano il comodatario a servirsi della cosa per un tempo maggiore o per
un uso diverso da quello originariamente convenuto fra le parti nell’ipotesi in
cui sopraggiungano fatti straordinari ed imprevedibili
10
. Questa opinione è da
respingersi perché arbitraria: libero il comodatario di non attenersi ai termini
del contratto, purché non creda di agire “in iure” .
Ne consegue che l’uso deve durare per tutto il tempo determinato dal
contratto.
Secondo l’insegnamento costante della giurisprudenza di legittimità, il
contratto di comodato è caratterizzato dalla temporaneità dell’uso della cosa
che ne forma oggetto: temporaneità che si acquisisce tramite la fissazione di
un termine di risoluzione contrattuale
11
, ampiamente inteso. Tale termine può
9
F. CARRESI, Trattato di diritto civile italiano. Il mutuo, vol. VIII, tomo II, fasc. 5 e 6, pp.
42-43.
10
Affermava Poithier : “se il bisogno che ha il comodante della cosa prestata fosse urgente
ed imprevisto, egli sarebbe in tal caso autorizzato a domandarne la restituzione sebbene
avanti allo spirare del termine per cui l’ha prestata. Con ciò non presumendosi mai che
alcuno voglia altrui compiacere con proprio danno, quegli che presta la sua cosa a taluno si
reputa non volerla prestare che sino a quando egli crede di poterne fare a meno”
11
FORTINGUERRA, Rapporti tra comodato per uso determinato e comodato “vita natural
durante”, in Giur. it., 2004, I, p. 1994. Gli elementi costitutivi del contratto di comodato
sono l’accordo delle parti e la consegna della cosa. L’accordo deve indicare precisamente
non solo il contenuto del contratto, vale a dire la assoluta ed imprescindibile necessità di
7
essere espressamente concordato mediante la fissazione di una data finale,
ovvero tramite la pattuizione di un uso ben preciso desumibile dalla natura
della cosa comodata, dalla professione del comodatario, dagli interessi o dalle
utilità perseguite dalle parti
12
, con la conseguenza che, raggiunta la data di
scadenza o esaurito il godimento concesso, l’obbligo di restituzione al
comodante diviene naturale conseguenza della scadenza del contratto.
La figura del contratto a tempo determinato tipizzato dall’art. 1809 c.c.
trova la ragione di cessazione dello specifico vincolo contrattuale nello
spirare del termine convenzionalmente pattuito o nell’uso compiuto dal
comodatario della res comodata, fatta salva la facoltà, riconosciuta al
comodante dall’art. 1809 comma 2 c.c., di richiedere la restituzione
immediata del bene nell’ipotesi in cui sia sopravvenuto un suo urgente ed
imprevisto bisogno, anche non grave
13
.
Pare, pertanto, potersi affermare che la temporaneità del comodato,
quale elemento essenziale della sua natura contrattuale, è inscindibile
dall’obbligo di restituzione quale obbligazione fondamentale del comodato
stesso: il comodato è temporaneo perché il comodatario è tenuto a restituire la
“res”.
Il tempo o l’uso determinato delimitano, infatti, il profilo contenutistico
del contratto di comodato, individuando l’oggetto dell’attribuzione che il
comodante effettua nei confronti del comodatario. La delimitazione, nei
termini suddetti, dell’oggetto del contratto, rappresenta il parametro di
riferimento in virtù del quale si specificano le obbligazioni del comodatario e
le relative responsabilità di cui ai successivi art. 1804 e 1805 c.c.
restituire la cosa comodata, ma, altresì, la determinazione del tempo e dell’uso per cui viene
data in godimento la cosa. L’uso della res può essere liberamente determinato dalle parti sia
in vista del raggiungimento di un fine sia in relazione al modo. Il tempo può, invece, essere
stabilito con l’indicazione del giorno in cui avrà luogo la restituzione ovvero può risultare
dall’uso cui la cosa doveva essere destinata.
12
RUPERTO e SGROI (a cura di), Nuova rassegna di giurisprudenza sul codice civile,
Libro IV , tomo VII, artt. 1754–1881, Milano, 1994.
13
Cass., 5 febbraio 1987, n. 1132: una volta accertata la natura del rapporto intercorso tra le
parti in relazione al godimento di un immobile e la sua gratuità, mentre non incide su tale
carattere l’esistenza di un modus a carico del comodatario purché non sia tale da snaturare il
rapporto, l’obbligo della restituzione della cosa costituisce l’effetto del rapporto di comodato,
tant’è che anche prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, il comodante,
può, a sua richiesta, far cessare il contratto, esigendone l’immediata restituzione se sia
sopravvenuto un suo urgente ed imprevisto bisogno, anche se non grave.
8
2. Il comodato precario
2.1 Differenze fra l’attuale comodato precario e l’originario istituto
romanistico.
Qualora le parti non abbiano concordemente pattuito uno specifico
termine di durata, al cui scadere sorga l’obbligo di restituzione in capo al
comodatario, oppure qualora un simile termine non possa essere desunto
nemmeno implicitamente dalla natura della cosa concessa in comodato o
dalla professione del comodatario o dagli interessi e dalle utilità perseguite
dai contraenti ed assegnate a finalità del negozio, la fattispecie di comodato
sarà configurabile “a tempo indeterminato” o ”precario”
14
: in questo caso, da
un lato, la durata non è rilevabile attraverso la fissazione di un termine
esplicito o implicito, o attraverso la delimitazione dell’uso consentito dalla
cosa, e, dall’altro, diviene non prevedibile il momento in cui verrà a cessare il
comodato.
L’istituto del precario nasce nel diritto romano, si sviluppa nel diritto
intermedio e, secondo alcuni interpreti
15
, è presente anche nel diritto
moderno.
Il nome di tale istituto trae origine dalla “preghiera” che il precarista
rivolgeva al concedente di permettergli l’uso di una cosa determinata, fermo
restando che questi può revocare tale permesso in qualsiasi momento
16
, a
propria assoluta discrezione, senza che debba essere rispettato alcun termine
di durata e senza che il precarista possa far valere in nessun modo la propria
14
NAPOLETANO, BARBIERI, NOVITA’, I contratti reali, in Giurisprudenza sistematica
civile e commerciale diretta da BIGIA VI, Torino 1965, pp. 283 ss in cui si sottolinea come,
assai spesso, le incertezze terminologiche che ricorrono in dottrina, ma soprattutto in
giurisprudenza, nascondano incertezze sulla esatta natura di ciascun istituto: “questa
terminologia, benché oggi ingiustificata, è però sopravvissuta alla abrogazione del vecchio
codice civile, tanto che in autorevoli sentenze si legge ancora che l’art. 1810 c.c. sottopone
alla disciplina del comodato il precario, che si distingue dal primo in quanto il comodato
precario altro non è un contratto senza determinazione di durata. A noi sembrerebbe però più
corretto un deciso abbandono di questa terminologia equivoca e parlare, quindi, di comodato
precario, tanto più che il termine precario continuerà a trovare applicazione in tutte quelle
situazioni provvisorie, destinate a venir meno ad arbitrio del conducente, sol che questi lo
voglia”.
15
Così FUNAIOLI, Il cosiddetto comodato precario, in Giur. compl. Cass. civ. , 1948, III, p.
540; BRUNORI, Comodato, p. 14.
16
La concessione del precario, sottolinea a ragione il TONDO, voci “Pignus” e ”Precarium”
in Labeo, 5, p. 195, ha efficacia legittimamente rispetto al fatto del godimento da parte del
concessionario, ma non è idonea a fondare alcuna pretesa di questo a protrarre il godimento
stesso contro la volontà del concedente.
9
contraria volontà
17
.
Agli esordi, il precario aveva precipuamente ad oggetto terreni incolti
che venivano concessi dai patrizi in modo provvisorio a terzi perché essi
venissero coltivati e dessero frutti. Successivamente, si ammise che oggetto
del precario avrebbero potuto essere anche beni mobili e, più recentemente,
diritti.
Nel diritto civile moderno l’attenzione degli studiosi si è
principalmente concentrata sulla verifica se il precario sia riconducibile al
comodato senza fissazione di termine o, se invece, esso debba considerarsi
autonomo rispetto a tale contratto. L’unico riferimento normativo riferibile al
precario contenuto nel vigente codice civile è costituito dall’art. 1810 c.c. In
tale norma alcuni interpreti ritengono di poter identificare un particolare tipo
di comodato, che denominano precario, caratterizzato, essenzialmente, dalla
mancanza di un termine predeterminato dalle parti, sia esplicito sia implicito
18
.
Altra parte della dottrina è, invece, propensa a ritenere il precario quale
istituto distinto dal comodato, identificabile con qualunque figura di
detenzione provvisoria nomine alieno, derivante dalla tolleranza del
concedente. Secondo questi autori, tuttavia, tale elemento di provvisorietà
potrebbe accedere a qualunque altra situazione giuridica o di fatto, in tal
modo creando, figure giuridiche ogni volta differenti. Tale caratteristica di
generalità, che potrebbe accompagnarsi a qualunque tipo di rapporto, ha
perfino fatto dubitare della natura contrattuale del precario, identificando in
esso tutti i rapporti di cortesia caratterizzati dall’assoluta transitorietà.
Accogliendo tale impostazione, peraltro ormai genericamente respinta, ne
deriverebbe che la responsabilità del precarista in caso di perimento della
cosa conseguente a dolo o colpa sarebbe solo extracontrattuale e che, in tali
situazioni, al precarista non passerebbe nemmeno la detenzione del bene
concesso in godimento.
Franco Carresi afferma che esistono differenze notevoli tra i due
istituti, il precario e la figura di cui all’art. 1810 c.c.
19
. In diritto romano, la
determinazione dell’uso pare fosse sufficiente a qualificare come comodato il
17
MASTROPAOLO, I contratti reali, p. 662. dedica una premessa di molte pagine ad una
accurato riesame concernente il comodato. Quando, però, si passa al precario nessun
richiamo viene fatto ai dati testuali.
18
In tal senso, BRUNORI, op. cit., p. 14.
19
F. CARRESI, Trattato di diritto civile italiano, vol. VIII, tomo II, fasc. 5, Il comodato, pp.
45 e ss.