INTRODUZIONE
Il presente lavoro si propone di analizzare il ruolo giocato dall'immaginazione nella vita
dell'uomo moderno: in particolare si cercherà di analizzare il processo attraverso il
quale essa giunge ad influenzarne l'esistenza, sino al punto in cui sarà difficile
distinguerla dalla realtà. L'analisi verte principalmente sulla produzione cinematografica
del regista Woody Allen
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. L'idea nasce da due questioni principali: in primo luogo i suoi
film dimostrano effettivamente come l'uomo, agendo, subisca o, talvolta, rifugga il
potere che l'immaginazione esercita su di esso; in secondo luogo il cinema, in quanto
mezzo di comunicazione di massa, ha da sempre rappresentato un potentissimo
strumento in grado di plasmare le coscienze nutrendo l'immaginazione dello spettatore.
I film da me scelti sono tre: Stardust memories (1980), Zelig (1983) e La Rosa
Purpurea del Cairo (1985). La scelta è stata dettata dalla volontà di porre all'attenzione
del lettore situazioni molto diverse tra di loro, ma accomunate dalla presa di distanza
dalla realtà dei protagonisti i quali, poi, vi ritorneranno più forti e consapevoli di prima.
Stardust memories e La Rosa Purpurea del Cairo sono entrambi film meta-
cinematografici, entrambi riflettono il potere manipolativo del cinema sulla vita
dell'uomo, ognuno proponendo un punto di vista diverso. In Stardust memories è un
regista a confondere realtà e finzione cinematografica, finzione che, peraltro, coincide
con la sua professione. Giungerà a chiedersi se deve cambiare la sua vita o i suoi film;
nel film La Rosa Purpurea del Cairo viene presentata una situazione nella quale i più
possono riconoscersi: Cecilia, spettatrice, plasma la sua realtà con l'immaginazione
nutrita dal cinematografo, giungendo a confondere i due piani. Se nel primo film viene
presentato l'effetto di confusione tra i due piani esercitato dal cinema su coloro che
stanno dietro lo schermo, sui cosiddetti addetti ai lavori, impegnati nella realizzazione
del prodotto cinematografico, nel secondo l'attenzione è focalizzata sugli spettatori, su
coloro, quindi, che fruiscono del prodotto cinematografico; in questo caso la confusione
deriva dall'introiezione delle immagini presenti sullo schermo e dalla loro
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Allan Stewart Konigsberg è nato il primo dicembre 1935 nel Bronx, quartiere ad est di Manhattan. I
Konigsberg erano ebrei. Nel 1978 ottiene il primo vero grande riconoscimento per la sua carriera: quattro
Oscar al film Io ed Annie con Diane Keaton. Il ’92 è l’anno della separazione da Mia Farrow; ad essa
seguirà la convivenza ed il matrimonio con Soon-Yi, figlia adottiva del regista e della Farrow. Le accuse
di pedofilia non scalfirono la sua carriera ed il suo spirito ironico. Seguirono da questo scandalo
mediatico altri capolavori e riconoscimenti: Pallottole su Brodway; La dea dell’amore; Tutti dicono I love
you; Harry a pezzi; Celebrity; Accordi e disaccordi; Criminali da strapazzo e tanti altri. Nel 1995 riceve
il Leone d’oro alla carriera al festival del cinema di Venezia. John Baxter,Woody Allen.A Biography,
HarperCollinsPublisher 1998 [ trad.it., Woody Allen. La Biografia,Lindau, Torino 2001].
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rielaborazione da parte dello spettatore, atta a trasformarle in parti del vissuto del
soggetto fruitore. Se in questi due film l'analisi è di tipo micro-sociale (si prendono in
considerazione solo due categorie specifiche di attori sociali), in Zelig l'analisi assume
una piega macro sociale. Leonard è l'esasperazione di ciò che, quasi ogni attore sociale,
cerca di fare ai fini dell'adattamento: essere ciò che gli altri si aspettano da noi per poter,
così, essere accettati. Qui, non si parla esplicitamente di cinema ma, questa condizione,
è il risultato del potere falsificatorio dei media e della schiavitù alla quale riducono gli
uomini che fanno parte della cosiddetta società mediatica. Anche in Zelig il protagonista
rinuncia alla propria realtà, in questo caso per non essere un drop-out, un emarginato
senza né arte né parte.
A livello strutturale il lavoro si compone di quattro capitoli: il primo, prettamente
teorico, offre una chiave interpretativa alla luce della quale, poi, è possibile
comprendere meglio i temi trattati nei capitoli successivi. I due testi da me adottati sono
Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905) di Sigmund Freud e
L'umorismo (1908) di Luigi Pirandello. Entrambi scritti all'inizio del '900, focalizzano
l'attenzione su fenomeni che, solitamente, sfuggono allo sguardo dell'uomo comune,
capace di cogliere solo la superficie di ciò che lo circonda. I due testi aiuteranno ad
avvicinarci al tema del contrasto, ma nello stesso tempo della mutua contaminazione tra
immaginazione e realtà. L'obiettivo è rendere capace il lettore di scindere tra le due
dimensioni (realtà/ immaginazione) e, nello stesso tempo, di riconoscere tra le pieghe
dell'una, il segno dell'altra e viceversa.
I tre capitoli successivi, ognuno dedicato a uno dei tre film sopra menzionati, sono
caratterizzati dallo stesso numero e dallo stesso tipo di paragrafi: quattro paragrafi
preceduti dalla trama del film in questione. Tra essi il quarto paragrafo, dedicato al
montaggio è, senza dubbio, il più tecnico: si sofferma su alcune scene da me analizzate
e, la presenza di alcune di esse in formato QR
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, permette di collegarsi al sito internet
dal quale è possibile visualizzare la scena in questione, potendo così avere cognizione
delle tecniche di montaggio spiegate.
L'obiettivo, al termine della lettura, è far si che il lettore possa portare con sé la
consapevolezza che buona parte di ciò che nutriamo nella nostra immaginazione può
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Si tratta di un codice a barra bidimensionale composto da moduli neri disposti all'interno di uno schema
di forma quadrata. Viene impiegato per memorizzare informazioni generalmente destinate ad essere lette
tramite un telefono cellulare o smartphone.
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trasformarsi in azione, ma anche che non tutte le azioni corrispondono esattamente a ciò
che realmente immaginiamo.
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CAPITOLO 1: Sigmund Freud e Luigi Pirandello, la tematica
del riso.
...nei giochi che divertirono il bambino
il primo abbozzo delle combinazioni che
fanno ridere l'uomo... (Henry Bergson)
1. Come si giunge a parlare di riso, comico e umorismo?
Sigmund Freud e Luigi Pirandello
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esercitano la loro attività intellettuale nel periodo a
cavallo tra l'800 e il '900, un periodo caratterizzato dal venir meno della fiducia nella
scienza, nella razionalità e nei valori borghesi: si documenta, a tal proposito, una vasta
concentrazione di scritti tra loro indipendenti, su tematiche apparentemente futili come
il comico, il riso e l'umorismo, frutto di un'attenta riflessione sulla modernità ed i suoi
effetti. Tra questi ultimi troviamo l'incomunicabilità, l'umorismo, il pessimismo, il
relativismo assoluto e la crisi dei valori che il progresso tecnologico, inevitabilmente,
porta con sé. I due tesi da me adottati come punti di partenza alla luce dei quali
strutturare, poi, l'intero lavoro, sono figli di questo tempo descritto. Essi sono: Il motto
di spirito e la sua relazione con l'inconscio di Sigmund Freud del 1905 e L'umorismo di
Luigi Pirandello scritto tra il 1906 e il 1908. Il contributo freudiano permette di
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Sigmund Freud nacque a Freiberg, in Moravia il 6 maggio 1856 in una famiglia ebrea. Dopo la laurea in
medicina conseguita a Vienna nel 1881, studiò per un breve periodo anatomia cerebrale per poi dedicarsi
allo studio delle malattie nervose. A partire da questi studi, verranno poste le basi per lo sviluppo della
psicoanalisi. L'osservazione diretta dei malati trattati lo porterà alla scoperta del meccanismo della
rimozione. Il tema dell'inconscio sarà centrale, dal momento che è esso che parla e si manifesta nella
nevrosi, è l'inconscio che sta dietro alle nostre fantasie, è esso che genera le nostre dimenticanze, che
modifica nella nostra coscienza nomi, persone ed eventi. Con Psicopatologia della vita quotidiana (1901)
e successivamente con Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905),Freud offrirà al
pubblico interessato accurate analisi e riflessioni su fenomeni da sempre considerati periferici rispetto alle
scienze cosiddette esatte. Il grande studioso evidenzierà la centralità, nella vita psichica dell'uomo, di
forze in seguito respinte dalla rimozione nell'inconscio e, quindi, dimenticate ma mai, nonostante ciò,
distrutte. Muore a Londra il 23 settembre, all'età di 83 anni.
Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 a Girgenti (Agrigento) denominata Caos, da Stefano e Caterina
Ricci- Gramitto. Egli fruirà dell'istruzione elementare da casa: più che alle lezioni, si dimostrerà
particolarmente affascinato dalle favole e dalle leggende raccontategli dalla vecchia serva Maria Stella.
A soli 12 anni scriverà la prima tragedia, poi andata perduta. Nel 1880 la famiglia si trasferirà a Palermo,
dove Luigi inizierà gli studi classici nutrendosi degli scritti di Carducci e di Graf . Terminato il liceo si
trasferirà a Roma e qui deciderà di iscriversi a due facoltà (allora era possibile) quella di legge e quella di
lettere optando, alla fine, per quest'ultima. A causa però di un contrasto con il professore di latino, sarà
costretto a lasciare l'università di Roma ed a trasferirsi a Bonn: qui rimarrà affascinato dal teatro e dalla
realtà sociale del mondo occidentale. Il fu Mattia Pascal (1904) rappresenta un punto d'arrivo, dal
momento che l'autore, con esso, si dimostra in grado di cogliere il dramma dell'uomo novecentesco. Luigi
Pirandello morirà nella sua casa di via Bosio, a Roma , il 10 dicembre 1936.
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rivolgere l'attenzione a ciò che accade nella parte più indifesa dell'uomo, quella che
Freud chiama inconscio. L’inconscio avrà una parte preponderante anche nella
spiegazione del “motto di spirito”: esso, infatti, si struttura secondo le stesse leggi che
governano il mondo del sogno, le leggi economiche della condensazione e dello
spostamento. Freud, illustrandoci la tecnica del motto di spirito nel capitolo secondo
della sua opera, ci propone alcuni esempi atti a chiarificare cosa si intenda per
condensazione e spostamento: nel primo caso descrive la figura del ricevitore del lotto
e callista Hirisch-Hyacinth di Amburgo, mentre si vanta con il suo interlocutore dei suoi
rapporti con il ricco barone Rotschild concludendo in questo modo: “E per quant’è vero
Iddio, dottore, io mi sono seduto accanto a Salomone Rotschild ed egli mi ha trattato
proprio come un suo pari, con modi proprio familionari”
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. Cosa rende questa frase un
motto di spirito? La parola “familionari”, come chiunque di noi può notare, è la più
strana che ritroviamo in quanto detto dal callista di Amburgo ma, nello stesso tempo,
presenta un suono non del tutto sconosciuto, ci ricorda qualcosa, sembra introdurci in
un campo semantico a noi noto. È chiaro che la prima parola che ci viene in mente è
“familiari”, e questo è il senso che ad essa è stato attribuito da parte di colui che l’ha
pronunciata. Il senso umoristico è ottenuto dalla condensazione di due concetti: quello
di “familiare” e quello di “milionari” quale è la persona di cui il callista sta parlando,
ovvero Salomone Rotschild. Il motto di spirito nasce, in questo caso ed in tutti i casi di
condensazione, dall’unione di concetti apparentemente distanti tra loro, ma è proprio da
questo loro accostamento che ne può nascere qualcosa di nuovo, qualcosa di
sorprendente e capace di suscitare il sorriso.
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Nel secondo caso, quello dello
spostamento, avviene una deviazione del percorso mentale su un tema diverso da quello
dal quale si era partiti. Anche in questo caso vengono proposti da Freud alcuni esempi:
tra essi quelli delle “storie dei bagni” che raccontano dell’avversione per i bagni degli
ebrei di Galizia.
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Vd.Heinrich Heine, Immagini di un viaggio, in Sigmund Freud, Il motto di spirito e la sua relazione con
l’inconscio, Rizzoli, Milano 2010, p. 19.
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Heine ha fatto una altro motto di spirito con la parola “milionario”, che nasce dalla contrazione tra
Millionar (milionario) e Narr (matto) alludendo, a mio avviso, al fatto che i soldi possono dare alla testa.
Altri esempi citati da Freud sono: “Forckenbecken” esprimendo in questo modo ed in un’unica parola
l’antipatia che il primo borgomastro Forckenbeck manifestò nei confronti di una certa fontana della loro
città. Forckenbecken nasce dalla trasformazione di Forckenbeck in Forckenbecken, laddove Becken
significa catino e non fontana (Brunnen), ma ciò non fa altro che rendere più divertente la condensazione.
Altro esempio riportato da Freud, si riferisce ad un nome proprio: il soggetto è il sovrano Leopoldo
ribattezzato Cleopoldo per la relazione che allora aveva con una donna di nome Clèo. Ivi, 24.
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Ivi,57-58.
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