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Il contratto collettivo per i dipendenti
degli studi professionali.
Premessa
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (d’ora in avanti CCNL) per i dipendenti degli
studi professionali venne sottoscritto il 29 novembre del 2011 tra Confedertecnica, Cipa,
Confprofessioni, Fisascat – Cisl, Filcams – Cgil, e Uiltucs – Uil. Uno dei punti centrali
dell’accordo tra le parti è il suo allargamento a nuove categorie di professioni, oltre infatti
ad essere ricompresi i dipendenti degli studi professionali appartenenti alle aree
economiche amministrative (commercialisti, revisori e contabili), giuridica (avvocati e
notai), tecnica (ingegneri, architetti, periti, agrari, geometri, agronomi e geologi),
odontoiatrica medico-sanitaria (veterinari, psicologi, dentisti e medici), sono stati compresi
anche i dipendenti appartenenti alle categorie intellettuali non regolamentate.
Verrà esaminato l’ambito di applicazione del contratto con riferimento alle professioni non
ordinistiche. Il contratto mira infatti a divenire strumento del governo a fronte degli
sviluppi e dei processi di riforma del settore. Il contratto collettivo si applica a tutti i
rapporti di lavoro dipendente, anche se sotto forma di studio associato o in forma societaria,
secondo quanto consentito dalla legge. L’applicazione del contratto, in ogni caso, rispetterà
il principio, per tutti gli istituti contrattuali, del miglior favore acquisito a qualunque titolo
dal lavoratore.
In un’ottica di stabilizzazione e qualificazione della forza lavoro, le parti sociali, hanno
fornito specifiche soluzioni alle esigenze occupazionali soprattutto dei giovani, dedicando
uno spazio ampio al contratto di apprendistato, favorendo l’incontro tra domanda e offerta
attraverso una maggiore flessibilità nelle forme d’impiego. I giovani universitari vengono
assunti per brevi periodi, in settori aderenti ai lori studi universitari, attraverso il contratto
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di lavoro intermittente o il contratto di telelavoro. Nel CCNL rilevante è lo spazio dedicato
alla formazione professionale soprattutto attraverso i tirocini.
Il sistema di inquadramento dell'impiego in otto diversi livelli, mira a regolamentare la
disciplina delle mansioni promiscue e dei passaggi ai livelli superiori di inquadramento. Il
CCNL detta una disciplina normativa sull’orario di lavoro e sulla gestione dei tempi di
lavoro e riposo, che in base a un principio di flessibilità possono essere calcolati su una
media ponderata di sei mesi che consente una rimodulazione continua in base alle
variazioni nell’ intensità delle prestazioni lavorative necessarie nelle varie strutture di
impiego. Ricevono disciplina anche i temi delle ferie e delle festività.
Il contratto collettivo regola il trattamento economico del dipendente in conformità con gli
artt. 3 e 36 della costituzione, che sanciscono il principio di uguaglianza e pari dignità
sociale e il principio di proporzionalità della retribuzione alla qualità e alla quantità del
lavoro prestato e in ogni caso sanciscono il diritto ad una retribuzione sufficiente a garantire
al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa per lui e per la sua famiglia. Viene dettata una
disciplina su mensilizzazione, frazionamento, indennità di contingenza e mensilità
supplementari.
Vi sono poi gli eventi sospensivi, come malattia, maternità, allattamento, aspettativa,
congedi, infortuni che prevedono un’interruzione temporanea dell’obbligo di svolgere la
prestazione lavorativa a carico del lavoratore dipendente. Quando invece la prestazione
lavorativa dovrà svolgersi in luoghi diversi si farà riferimento agli istituti del trasferimento,
trasferta e missione.
Il rapporto di lavoro può anche interrompersi e dunque cessare, nel rispetto dei principi di
correttezza e buona fede a carico del lavoratore in esecuzione dei suoi obblighi contrattuali.
Esiste un procedimento disciplinare che prevede sanzioni, per il dipendente sia di carattere
conservativo del posto di lavoro, sia di carattere espulsivo ed interruttivo del rapporto. Gli
effetti giuridici e il rispetto delle norme contrattuali riguardano anche il soggetto datore di
lavoro e vengono disciplinati dal CCNL i temi del preavviso, tfr, licenziamento simulato e
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disciplinare, indennità sostitutiva, dimissioni e recesso. Il contratto collettivo ha
valorizzato gli strumenti bilaterali di settore, la tutela del welfare contrattuale e delle libertà
sindacali, attraverso l’istituzione di strumenti nazionali di settore, come la commissione
per le pari opportunità e la commissione paritetica nazionale. Gli enti bilaterali diventano
determinanti nella gestione delle relazioni sindacali al fine di accrescere la professionalità,
il sistema delle tutele sociali dei servizi, della formazione, l’assistenza sanitaria, gli
ammortizzatori sociali e la previdenza integrativa. Infine numerosi istituti trovano
disciplina attraverso la contrattazione di secondo livello nel prevedere un sistema
decentrato di relazioni sindacali.
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Capitolo primo
Validità, sfera d’applicazione del contratto,
decorrenza e tipologie contrattuali.
1.1 Validità e sfera d’applicazione. Decorrenza e durata.
Prima di entrare nel merito del contratto, occorre fare una breve premessa sulla storia
recente delle fonti del rapporto di lavoro. Per fonti del diritto si intendono tutti gli atti o i
fatti produttivi di diritto, ovvero tutte quelle norme che, sia pure con un diverso grado di
efficacia, sono idonei a disciplinare la vita e il comportamento di cittadini che
appartengono ad uno stesso ordinamento. In ogni ordinamento, le fonti sono ordinate in
scala gerarchica che ne definisce importanza e ne assicura una lettura quanto più possibile
univoca e coerente. La fonte superiore prevale su quella inferiore e, quindi di conseguenza,
la fonte inferiore che abbia un contenuto contrario a quella superiore non è da considerarsi
valida, in quanto viziata in modo da comportarne l’abrogazione o la disapplicazione.
Un eventuale conflitto fra norme di pari grado gerarchico si risolve con il criterio
cronologico o di specialità. Il primo consiste nell’attribuire maggiore forza alla fonte più
recente dal punto di vista temporale, tenuto conto del momento di entrata in vigore delle
fonti stesse. Il secondo criterio, consiste invece nell’attribuire maggiore rilevanza alla fonte
speciale rispetto a quella generale, cioè entrambe sono valide e vigenti, ma la norma
generale non trova applicazione e quindi viene derogata laddove è applicabile quella
particolare.
Autorevole dottrina
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sostiene che la storia del diritto del lavoro italiano si identifica con
quella delle sue fonti, il cui contenuto deriva non tanto da una volontà politica autonoma
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Ghera, E. (2007). Intervento in Formazione e mercato del lavoro in Italia e in Europa. ANNUARIO DI
DIRITTO DEL LAVORO, 41, 120-145.
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del Legislatore, quanto dalle esigenze e tendenze espresse dal mondo delle relazioni
industriali e successivamente recepite nell’Ordinamento. Da un punto di vista storico, la
stessa dottrina individua tre fasi pre-costituzionali di evoluzione del diritto del lavoro. La
prima fase è quella della legislazione sociale, in cui vengono poste le prime tutele a favore
dei lavoratori con carattere di specialità rispetto al diritto privato comune; appartengono a
questo periodo, che va da fine ‘800 all’attuazione del Codice civile del 1942, le prime
norme a tutela del lavoro dei fanciulli e delle donne; i primi interventi in materia di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, le leggi sul riposo settimanale e festivo,
l’istituzione della Cassa nazionale di maternità e della Cassa nazionale di previdenza per
l’invalidità e la vecchiaia.
La seconda fase è quella dell’incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato,
tecnicamente realizzata con la pubblicazione del Codice civile nel 1942, in cui viene
affermato definitivamente il principio della tutela del lavoratore quale parte debole del
rapporto, dettando un serie di garanzie e di condizioni minime inderogabili in favore di
quest’ultimo. In questa fase viene riconosciuto come fonte di diritto positivo, il contratto
collettivo corporativo, espressione della potestà normativa erga omnes attribuita dal
Legislatore alle “corporazioni”. Queste erano organismi professionali di carattere pubblico
che raccoglievano in forma automatica, per il solo fatto di appartenere ad una determinata
categoria professionale, tutti i lavoratori ed i datori di lavoro dello stesso settore
merceologico, in un sistema istituzionale di evidente impronta fascista, in cui il sindacato,
dotato di piena rappresentanza legale della categoria, sotto il controllo del Ministero delle
corporazioni, era in grado di emanare norme inderogabili relative alla disciplina economica
del rapporto di lavoro.
Infine, a seguito della caduta del fascismo e la soppressione del sistema corporativo, con
l’istaurazione della Repubblica inizia la fase della costituzionalizzazione del diritto del
lavoro, tramite il recepimento nella Carta Costituzionale dei princìpi fondamentali a tutela
dei prestatori di lavoro. La nostra Costituzione riconosce al lavoro una tutela e
un’importanza fondamentale, non solo come mezzo di distribuzione del reddito, ma anche
come valore ideologico di equità sociale.