INTRODUZIONE
Ricordo che vedere la pubblicità del Festivalbar in televisione voleva dire essenzialmente due
cose: l’estate stava arrivando e la fine della scuola era vicina, probabilmente suscitava le
stesse sensazioni anche negli altri milioni di ragazzi che come me, negli anni ‘90,
frequentavano la scuola dell’obbligo.
Per me però, da buon aspirante musicista, l’appuntamento con il Festivalbar era atteso quanto
Sanremo e, negli anni precedenti, lo Zecchino d’Oro, e la differenza, ai miei occhi, rispetto ai
normali videoclip o alle altre apparizioni in TV era che al Festivalbar si vedevano i musicisti,
le luci, gli schermi, i tecnici e la gente sotto che urlava… insomma era un vero e proprio
concerto in TV; ricordo anche che per quelle poche sere i miei genitori mi concedevano di
stare alzato fino a tardi per vederlo fino alla fine.
Col passare degli anni smisi di seguirlo perché era diventato un po’ troppo commerciale per le
mie orecchie da adolescente (in realtà lo era sempre stato, ma i miei gusti musicali non erano
ancora maturati); negli ultimi anni, vista la passione per il mondo dello spettacolo e l’interesse
per l’industria discografica, iniziai a capire il vero senso di questa manifestazione che sta
sempre di più accrescendo i suoi ascolti: la più grande e sfarzosa vetrina promozionale
dell’estate del mercato discografico italiano.
Oggi dire Festivalbar richiama subito due grandi immagini: un grande fiore (un girasole) e un
grande uomo, Vittorio Salvetti. Personaggio famoso ai più per il suo presenzialismo durante
tutte le serate del festival, a differenza dei suoi colleghi organizzatori che preferiscono
rimanere dietro le quinte, ma pochi forse sanno che Vittorio Salvetti è stato uno degli uomini
che hanno contribuito per tutta la loro vita alla creazione e all’espansione del mercato
discografico in Italia pensando soprattutto ai giovani.
LA STORIA DEL FESTIVALBAR
Il patron Vittorio Salvetti
Raccontare la storia del Festivalbar vuol dire raccontare la storia di Vittorio Salvetti, colui che
l’ha pensato, ideato e diretto fino alla sua morte giunta nel 1998.
Classe 1937, padovano acquisito, Vittorio Salvetti ha iniziato la sua carriera come talent-
scout, presentatore e impresario. A vent’anni si sentiva già attratto dal mondo dello
spettacolo, e anche l’ambiente intorno a lui vedeva la nascita di un mercato in ebollizione, di
un fermento generazionale, ma non gli era ancora ben chiaro da quale porta avrebbe preferito
entrare per cominciare una raggiante carriera. A Padova, aveva creato, organizzato e
presentato un concorso di nuove voci: “Oltre a presentare degli spettacolini al Caffè
Pedrocchi di Padova, organizzavo un concorso di voci nuove. Nel 1952 feci io il manifesto,
perché non avevo ancora capito se mi piaceva organizzare gli spettacoli per fare
l’organizzatore, per presentarli o per fare il manifesto dello spettacolo. Era un concorso di
voci nuove nel periodo di “Il microfono è vostro”. Quell’anno, attraverso degli amici di
Padova che lo conoscevano, Nunzio Filogamo venne a trovarci a scuola, perché Filogamo a
quei tempi girava le scuole facendo conferenze sulla canzone oppure addirittura sulla
fonetica, sulla dizione, degli incontri con gli allievi su come pronunciare l’italiano. Per noi fu
un’emozione, perché arrivava lui, che era il divo massimo… Imparai molto e mi servì per
presentare quel concorso di voci nuove, che è stato un po’ il progenitore di Castrocaro.”
Nelle decade a seguire Salvetti iniziò a farsi un nome nel panorama discografico nazionale,
ma soprattutto venne in contatto con la maggior parte degli artisti italiani lavorando come
animatore nel locale “Whisky juke box” di Carlo Alberto Rossi (autore, discografico, e
magnate delle serate della riviera).
Sia “whisky” che “juke-box” saranno due termini importantissimi per la storia del
Festivalbar…
Negli anni ’60 Vittorio Salvetti aveva già iniziato a collaborare con gli organizzatori del
Cantagiro, primo Festival itinerante in Italia, ma stava intuendo il cambiamento di direzione
della canzone italiana e soprattutto dei suoi principali protagonisti: i giovani; ed è proprio
pensando a loro che intuisce che il Cantagiro stava iniziando a proporre una rosa d’artisti più
indicati ad un’età più matura, ma soprattutto che la scelta dei partecipanti era troppo pilotata
dalle case discografiche, e proprio quest’opzione impediva ai nuovi talenti di farsi conoscere
al grande pubblico.
Ancora una volta Salvetti riesce ad unire sincreticamente una serie di fattori determinanti in
quel contesto storico-musicale: il fermento dei giovani, l’enorme diffusione dei juke-box, il
calo della vendita dei 45 giri e l’esplosione di nuove e interessanti realtà musicali.
Oggi il juke-box è ricordato come un oggetto da museo, o come articolo particolarmente
ricercato dai collezionisti, ma nulla ci impedisce di paragonarlo all’odierno Ipod, sicuramente
meno portatile, ma le sue funzionalità, sia per gli utenti che per gli addetti ai lavori, sono
essenzialmente le stesse: per gli amanti della musica era l’unico modo per poter ascoltare
brani di diversi cantanti lontani dal proprio impianto stereo casalingo, mentre per i
discografici costituiva il primo e vero riscontro per creare una sorta di classifica di gradimento
del brano.
Salvetti riesce a concretizzare queste due caratteristiche inventando una nuova manifestazione
denominata “Festivalbar”: “Festival” perchè saranno presenti più di un artista e “bar” perché è
proprio da qui che comincia la scelta dei partecipanti, nonché del vincitore.
Infatti, nelle calde estati degli anni sessanta, la moda del juke-box era esplosa e i ragazzi
facevano file interminabili per inserire la moneta e ascoltare il proprio disco preferito,
nonostante ciò, l’uscita dei 33 giri, i long playing, stava mandando in crisi il mercato del 45
giri, in più il consumo musicale stava diventando meno distratto e anche meno effimero; il
patron ha questa geniale intuizione: nel mese di Giugno vengono inseriti, nei 4000 juke-box
pubblici sparsi per il territorio nazionale, 10 dischi speciali (un cantante diverso per ciascun
lato del 45 giri) e a Settembre viene premiata la canzone “più gettonata dell’estate” (da qua il
termine derivante appunto dal gettone inserito nel juke-box). In questa gara le “giurie” non si
distinguono dai consumatori: è il pubblico stesso a selezionare la canzone vincente, diciamo
una primordiale forma di “voto del pubblico”.
Gli anni sessanta e settanta
Nel 1964 si svolge la prima edizione del Festivalbar con finale ad Asiago, il patron capisce
che la sua neonata creatura può avere successo, ma soprattutto vede la realizzazione di quello
che era stato uno dei suoi sogni, far vincere la musica giovane, e far partecipare i giovani a
questa vincita.
Nella nazione l’idea è piaciuta, i cantanti iniziano ad interessarsi a questa manifestazione, e
anche i discografici capiscono le opportunità di questa vetrina promozionale estiva.
Naturalmente il patron Salvetti decide di proseguire con questa avventura ed è nel 1965 che il
Festivalbar diventa un vero e proprio successo popolare. Nel arco di un anno infatti la vendita
dei juke-box è più che triplicata arrivando a quota 15000 (per un totale di 150000 copie di
dischi speciali, che, ad oggi, varrebbero un paio di dischi di platino).
Oramai il fenomeno è partito e l’ondata di successo è inarrestabile, nel 1967 la RAI capisce il
potenziale di questo concorrente del Cantagiro e decide di dedicargli un po’ di spazio in TV.
In questo stesso anno viene creato un premio speciale per la miglior giovane proposta
dell’anno il “Discoverde”, che più che un riconoscimento diventerà un vero e proprio
“portafortuna”, viste le carriere che seguiranno i titolari di questo premio.
Nel 1969 i Juke-box raggiungono quota 30 mila con la conseguente vendita di 600 mila copie
di 45 giri; Salvetti capisce che il juke-box ormai è l’unica realtà per portare la musica ai
giovani e da vero amante della musica nella sua totalità nel 1970 concretizza una sua idea, che
anche oggi sarebbe a dir poco “pioneristica”: decide di stampare una nuova versione dei
dischi speciali dove, insieme ai successi contemporanei di Battisti, Patti Pravo e Dalla, si
possono trovare anche arie di Vivaldi, Papatanassiou e Mozart.
Negli anni a seguire continua l’ascesa del Festival con nomi di altissimo livello, grandi
scoperte fra i giovani e artisti stranieri.
Nel 1973 si festeggia il decennale sempre nell’Altopiano di Asiago, mentre Salvetti, oramai
conosciuto da tutta l’Italia come il patron del Festivalbar, viene chiamato dalla RAI per
prendere le redini di un Festival di Sanremo che stava continuando un inesorabile discesa.
Pochi sanno che Salvetti ha curato in contemporanea dal 1973 al 1978 la direzione artistica di
entrambe le manifestazioni, una in fervida ascesa con sempre più attenzione da parte del
pubblico mentre l’altra viveva i suoi anni più bui.
La professionalità del patron rimane sempre a livelli altissimi senza far pesare una posizione
che oggi sarebbe definita “conflitto di interessi”, visto che per lui l’unico interesse rimaneva
sempre e solo la musica, di quale festival si trattasse non era importante.
Nel 1975 il festival lascia l’Altopiano di Asiago, ormai diventato stretto, per cogliere la
grande occasione dell’Arena di Verona, che diventa la sede istituzionale della finale.
Nel 1977 gli organizzatori del Festivalbar decidono di fare un regalo ai tanti spettatori, per
tutto l’affetto di questi anni, e ai veronesi per l’ottima accoglienza: due “concerti speciali” i
Chicago e Santana.
Tre anni dopo, nell’ 80, Salvetti decide di ufficializzare i “concerti speciali” che avranno una
particolarità rispetto alle serate precedenti del Festivalbar, saranno veri concerti dal vivo; ad
inaugurare questa novità è il concerto di Antonello Venditti.