precisa l'ambito dei fenomeni culturali. In realtà il temine si
presta a molteplici interpretazioni, è polidimensionale ed
espande le sue coordinate in differenziati spazi concettuali. E'
patrimonio sia morale che materiale dell'uomo, soggetto a
continue trasformazioni che variano in base al ritmo della
natura dei suoi elementi e dell'epoca in cui nasce.
Il Sociologo Luciano Gallino nel Dizionario di Sociologia
delinea, nel definire generalmente il termine, una struttura che
si snoda in tre punti, quindi cultura costituita da valori, norme,
definizioni, linguaggi, simboli, modelli di comportamento,
trasmessa su supporti, veicoli materiali, gestita da mezzi per la
produzione e riproduzione sociale dell'uomo sviluppato
attraverso il lavoro e l'interazione sociale, trasmesso dalle
generazioni passate, anche di altre società, e soltanto in piccola
parte prodotto e modificato dalle generazioni viventi2.
Rilevante per la comprensione del termine è la dimensione
oggettività/soggettività insita in esso. Le tipologie di
definizioni variano a seconda che si ponga l'accento su una di
queste dimensioni.
La dimensione oggettiva racchiude quella parte di cultura che
si basa sulla memoria collettiva, sulla storia di un popolo,
2 L. Gallino, Dizionario di Sociologia, Utet, Torino, 1993
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ovvero quella cultura che esiste al di là del soggetto e che si
oggettivizza in un prodotto materiale.
Al contrario, la dimensione soggettiva, evidenzia un quid che
caratterizza la personalità umana, ovvero i modelli di
comportamento, i modi di pensare, di sentire.
In riferimento a quest'ultima dimensione troviamo le più
antiche definizioni del termine. In origine, infatti, il termine
cultura veniva utilizzato per indicare il processo di formazione
della personalità dell'uomo tramite l'apprendimento. Gli antichi
Greci definivano la cultura in relazione alla paideia, che
letteralmente vale per “educazione”, tecnica con cui il ragazzo
si prepara alla vita; con il tempo però il termine si arricchisce
di significato fino ad esprimere l'ideale della formazione
umana. Non più dunque processo per arrivare alla cultura
(educazione, e-duco), ma cultura stessa in quanto valore della
personalità del soggetto. “Il soggetto definito colto è colui il
quale è riuscito, assimilando le conoscenze ed i valori
socialmente trasmessi, a tradurli in qualità personali”.3
Simile era il significato che veniva dato alla cultura nella Roma
antica, cultura animi, dal latino colere, ovvero coltivare, aver
3 F. Crespi, Manuale di Sociologia della Cultura, Laterza, Bari, 1996 pg
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15
cura di, abitare, onorare, celebrare. Il termine indica
letteralmente la coltivazione della terra e del bestiame,
successivamente venne esteso metaforicamente alla
coltivazione dello spirito. Indica così lo sviluppo delle facoltà
umane tramite l'educazione.
Fino al XVIII secolo, e in parte sino ai giorni nostri, è questa
sfaccettatura, propria della dimensione soggettiva del termine,
a prevalere nel senso comune.
Con l'affermarsi dell'Illuminismo, il termine cultura allarga il
suo significato comprendendo il patrimonio universale delle
conoscenze e valori emerso nel corso della storia dell'uomo.
E' proprio in questo periodo storico che Diderot e D'Alembert
pensarono l'Encyclopédie, idea rivoluzionaria per quanto
riguarda il principio organizzatore della cultura e del sapere.
Sino a quel momento la cultura occidentale rispecchiava
l'ordine presente in natura, entro il quale era presente tutto lo
scibile umano. Si evidenza una trasformazione del termine, una
mutazione di significato da cultura animi a complesso
oggettivo di rappresentazioni collettive e non, di
comportamenti, norme e valori come patrimonio comune.
Quest'ultimo punto di vista permea i secoli successivi, con la
nascita dei caffè letterari, della metropoli, il soggetto diviene
16
sempre più partecipe alla vita della comunità, sottoposto a
infiniti stimoli visivi e materiale. Le rappresentazioni collettive
si cristallizzano nella merce, le Esposizioni Universali
mostrano le meraviglie della tecnica, dei prodotti finiti esposti
nelle vetrine dei passages. La cultura si lega alla materia, il
soggetto diviene consumatore. Non è una questione privata,
mentale ma si manifesta nella dimensione pubblica e nel
rapporto con gli altri.
Interessante il punto di vista socio-antropologico descritto da
Clifford Geertz il quale l'accomuna ad una rete di significati
che gli individui hanno creato e continuano a ricreare,
restandone così invischiati. Definizione che deriva dall'assunto
di Max Weber secondo il quale l'uomo è “un animale sospeso
fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto”.
Sottolinea come per la cultura “habitat naturale è il cortile di
casa, il mercato, e la piazza principale della città. Il pensare
non consiste in “avvenimenti nella testa” ma nel traffico di
simboli significativi – per lo più parole, ma anche gesti,
disegni, suoni musicali, congegni meccanici come gli orologi,
oggetti naturali come i gioielli – qualunque cosa sia avulsa
dalla sua semplice realtà e usata per conferire significato
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all'esperienza”4. Si vuole ridare dignità culturale alle
esperienze di ogni giorno, quotidiane. Approccio dal basso,
pratiche quotidiane come fondamentali per delineare la cultura
dell'individuo e di un popolo. La forza di questa impostazione
sta nel riconoscere importanza nella diversità delle culture,
termine intenzionalmente utilizzato al plurale, ogni differenza è
da rispettare e valutare in quanto tale. Vanno così ponendosi le
basi della percezione, ormai totalmente accettata nel XX
secolo, del relativismo culturale. Ogni cultura ha in sé validità
e coerenza, anche se distante da ciò che ci è più familiare. Si
prende consapevolezza che, per rappresentare e interpretare la
cultura, ci si deve legare alla diversità dei luoghi, delle
abitudini, delle norme, del patrimonio comune. Patrimonio di
raccolta delle esperienze, delle rappresentazioni tramandato
attraverso il linguaggio, gli scritti, i monumenti, che forma la
memoria collettiva, descritta da Jedlowski come “insieme di
immagini del passato che un gruppo sociale conserva e
riconosce come elementi significativi della sua storia”5.
Si può così evidenziare come il soggetto sia al contempo
prodotto e produttore della cultura. Egli stesso genera con il
4 C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1973 pg 15
5 P. Jedlowski, Memoria, esperienza e modernità, Franco angeli, Milano,
1989 pg 21
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suo operato, valori, norme, opere che si sedimentano nella
memoria collettiva, che diventano rappresentazioni sociali ed al
contempo decide quali di queste possano divenire patrimonio
comune rilevante nel tempo. E' interessante notare come la
cultura garantisca la continuità con il passato ed esprima il
costante divenire del tempo.
1.2 Una passeggiata tra i sentieri sociologici
In Sociologia molti studiosi si sono interrogati sul rapporto che
intercorre fra cultura e società, concetti fondanti della nostra
realtà.
Il Funzionalismo ha esaminato questo rapporto vedendo la
società come un insieme di parti interconnesso e tende a
considerare la cultura come parte integrante di essa, funzionale
alla costruzione della stabilità sociale. Emile Durkheim
considera la società, come un entità che detta degli imperativi
che vengono riflessi sugli individui.6 Egli parla di società sui
generis, caratterizzata dalla coercizione che esercita sui
soggetti per rispondere a delle sue esigenze. La cultura in
6 F. Crespi, Manuale di Sociologia della Cultura, Laterza, Bari, 1996
19
questo contesto è una variabile che la società sfrutta per
raggiungere il suo equilibrio. I modelli culturali, di
comportamento, le norme dettano e determinano i modi di
pensare, di agire degli individui. Alla cultura, Durkheim,
attribuisce una funzione di integrazione. E' la società che
conoscendo i propri bisogni regolamenta i comportamenti,
attraverso la cultura, per assicurare la soddisfazione di questi
ultimi. Si può notare una somiglianza fra cultura e
rappresentazioni collettive, intese nel pensiero di Durkheim
come forme intellettuali che riguardano il diritto, la religione,
la morale. Forme condivise dai soggetti per definire un
comportamento condiviso socialmente. Così come la cultura è
costituita dalla personalità dei soggetti, che si costruisce
attraverso l'interiorizzazione di modelli e valori che
stabiliscono l'equilibrio societario.
La corrente Funzionalista si avvicina alla cultura come
funzione di integrazione e di trasmissione delle norme, delle
aspettative, dei ruoli e dei fini sociali. Risulta evidente come, in
questo senso, l'idea di cultura si lega al processo di
socializzazione col quale l'educazione viene trasmessa.
Differente interpretazione di questo rapporto deriva da
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l'Interazionismo Simbolico di George Herbert Mead7. In
generale gli Interazionisti sottolineano l'importanza delle
esperienze vissute per la percezione di se stessi e delle relazioni
sociali. La società considerata soprattutto come un fenomeno
comunicativo, che si esplicita nel linguaggio e nei simboli.
L'individuo è sia prodotto sociale che forza attiva di
produzione delle relazioni sociali. Si evince che grazie agli
scambi l'individuo crea cultura e la mette in relazione con la
struttura societaria. La cultura entra a far parte della
formazione dell'uomo, è prodotto che l'uomo utilizza per
interagire con la società.
Nelle successive correnti di pensiero che si occupano della
cultura dal punto di vista comunicativo, quali la Scuola di
Francoforte, la Teoria Culturologica8, si fa forte il termine
cultura di massa. Descrivere il termine è compito arduo perché
sino ad oggi non si ha una netta e chiara definizione. Si trovano
diverse sfaccettature del termine, positive e non. Alcuni la
definiscono come un tipo di cultura, altri come un contenuto
veicolato dai mezzi di comunicazione ed altri ancora legano il
termine ad un determinato pubblico. Ciò che era definito
7 G. H. Mead, Mente, sé e società : dal punto di vista di uno psicologo
comportamentista, Giunti-Barbera, Firenze, 1966
8 S. Bentivegna, Teorie delle comunicazioni di massa, Laterza, Bari, 2005
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cultura dalla metà dell'Ottocento al Novecento sposta il suo
orientamento da una posizione elitaria e sdoppia il suo
significato verso una realtà composta dalle classi subalterne e
crea la cultura di massa. Si parla di cultura elitaria e popolare,
cultura alta e bassa, cultura di nicchia e di massa.
Edgar Morin con il suo volume L'esprit du temps9 individua
nella cultura di massa il suo oggetto di studio. Indaga su essa
come insieme di simboli che fanno parte della vita pratica.
Nasce nella modernità dove crescono i consumi e le tecniche
delle industrie. E' dal consumatore che nasce la cultura di
massa secondo Morin. Ed è proprio per questo che si equipara
il prodotto culturale al prodotto industriale. Verso di essa egli è
fortemente critico, evidenzia come questo tipo di cultura
offuschi il potere delle istituzioni quali scuola e famiglia nel
loro compito formativo,
Altrettanto critici nei confronti della cultura di massa sono
Adorno e Horkheimer. La definiscono accostandola al termine
Industria Culturale, coniato da questi autori per definire la
produzione del materiale d’intrattenimento della società
massificata10. Come un processo di riduzione della cultura a
9 E. Morin, L'Esprit du temps, Meltemi, Roma, 2002
10 T. W. Adorno, H. Marcuse, M. Horkheimer, Teoria critica della società,
Calderini, Bologna, 1970
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merce. La critica deriva dal fatto che, a loro avviso, questo tipo
di cultura prodotta in serie, standardizzata, sia prodotto di
interessi economici del capitalismo per soddisfare e manipolare
le masse.
Grande importanza nel connotare negativamente il termine
ebbero i mezzi di comunicazione di massa, vicini in quel
momento storico alla teoria ipodermica ed alla presunta
passività del pubblico. Con il passare del tempo e con lo
sviluppo dei mezzi di comunicazione, della tecnica, il termine
si arricchisce di sfaccettature positive. Walter Benjamin, pur
condividendo le idee della Scuola di Francoforte, vede nel
progresso della tecnologia e nei mezzi di comunicazione di
massa uno stimolo positivo per le masse per la
democratizzazione culturale11. Egli riesce a cogliere nella forza
della standardizzazione dei processi economici e
nell'innovazione con la quale si creano prodotti culturali
sempre diversi, un nuovo equilibrio per far partecipare la massa
all'arte e alla cultura. L'opera d'arte, con l'avvento della tecnica,
con la possibilità di riproduzione, perde sì l'aurea che la
caratterizzava, ma continua a svolgere, anche se con delle
11 W. Benjamin, L'opera d'arte nella sua riproducibilità tecnica, Einaudi,
Torino, 1991
23
diverse condizioni e contesti, la sua funzione di contrastare
l'ordine sociale.
Interessante è la definizione con la quale Stuart Hall descrive la
cultura: “non è una pratica, né semplicemente la descrizione
della somma delle abitudini e dei costumi di una società. Essa
passa attraverso tutte le pratiche sociali ed è il risultato delle
loro interrelazioni”.12 La nascita dei Cultural Studies aiutò a
capire come la cultura di massa evidenzia la dialettica tra
sistema sociale e conflitti sociali. Studiare i prodotti della
cultura popolare, di massa come i fumetti, le trasmissioni
radiofoniche, televisive ha stabilito con chiarezza le
opportunità che questo tipo di cultura possa dare alla società.
La cultura di massa è concomitante allo sviluppo della società
dei consumi e l'esistenza di una industria culturale, un'industria
cioè che produce cultura, non diversamente dalla produzione di
altre merci, su grande scala, non differenziando i prodotti, ma
fabbricandoli, per esigenze di economiche, in serie. Resa
possibile dalle tecnologie applicate al tempo libero e
all'informazione a partire soprattutto dalle tecniche di
riproducibilità delle immagini e dei suoni. In questo contesto il
12 S. Hall, La cultura e il potere: conversazione sui cultural studies,
Meltemi, Roma, 2007 pg 23
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