4Per questo, nel seguente lavoro è stata analizzata l’efficacia di uno
strumento in particolare, il Business Game, in grado di mettere in evidenza
eventuali problematiche e relative soluzioni, all’interno di un contesto
come quello della Pubblica Amministrazione. Il Business Game rappresenta
una metodologia inerente ad un approccio “learning by doing”, attraverso
il quale si cerca di insegnare o meglio far comprendere, ad un insieme di
persone, evidenti collegamenti che esistono fra la definizione degli
obiettivi, l’attività di decision making e i risultati competitivi. Molto spesso
accade che all’interno di ogni singolo dipartimento o ufficio
amministrativo, ci siano obiettivi, strategie e mezzi completamente
differenti e incongruenti tra loro; tutto questo ostacolerebbe il
raggiungimento dei medesimi risultati e quindi porterebbe a creare dei
micromondi in cui non vi è necessità di dialogo e non vi è necessità di
creare sinergie.
Il Business Game può essere utilizzato a questo scopo, in quanto la sua
efficacia sta nel fatto che esso è un’attività spontanea dell’uomo, in genere
fine a se stessa, che rientra nella categoria della cosiddetta “gaming
simulation”, rappresentando un valido strumento per l’individuazione delle
dinamiche della comunicazione. Affinché si possano ottenere dei risultati
efficaci all’interno di un contesto pubblico, la mia ricerca mi ha portato a
considerare il Business Game attraverso l’analisi di una ulteriore
metodologia quella della Balanced Scorecard. La scheda di valutazione
bilanciata ha lo scopo di tradurre la mission e la strategia di un ambiente
organizzativo in una serie completa di misure della performance, che
forniscono un modello di struttura per un sistema strategico di misurazione
e gestione. Questo strumento analizza le politiche strategiche di
5un’organizzazione utilizzando quattro prospettive d’indagine: clienti,
processi interni, apprendimento e crescita e finanziaria; per ogni
prospettiva vengono individuati obiettivi, misure, target ed iniziative.
Per capire al meglio l’efficacia della Balanced Scorecard possiamo
ricorrere ad un semplice esempio. Immaginate di entrare nella cabina di
pilotaggio di un moderno aereo e di trovarvi di fronte un solo strumento di
navigazione. Come vi sentireste al pensiero di imbarcarvi sull’apparecchio
dopo la seguente conversazione con il pilota?
D: Mi sorprende vedere che lei pilota l’aereo servendosi di un solo
strumento. A che cosa serve?
R: A misurare la velocità relativa dell’aereo. In questo volo mi
concentrerò sulla velocità.
D: Bene, senza dubbio la velocità è importante. Ma la quota? Non le
sarebbe utile anche un altimetro?
R: Negli ultimi voli ho lavorato sulla quota, e sono diventato piuttosto
abile. Ora devo concentrarmi sulla velocità ideale.
D: Ma come? Vedo che non ha neanche un indicatore del carburante.
Non le servirebbe?
R: Lei ha ragione, il carburante ha la sua importanza, ma se faccio
troppe cose nello stesso tempo non riesco a concentrarmi. Quando sarò
diventato esperto nel calcolare la velocità di volo come ho fatto con la
quota, nei voli successivi passerò a concentrarmi sul consumo di
carburante.
Il sospetto di chi scrive è che difficilmente si salirebbe a bordo di tale
velivolo e ancora più difficilmente si metterebbero le proprie sorti nelle
mani di tale pilota. È chiaro che un colloquio del genere è una pura
6invenzione, dal momento che nessun pilota si sognerebbe mai di guidare
un veicolo complesso usando un solo strumento alla volta: i piloti esperti
alla guida di un jet sono ormai in grado di elaborare informazioni fornite
da un gran numero di indicatori. I manager, come i piloti, hanno bisogno di
strumenti relativi a molti aspetti del loro ambiente e delle prestazioni da
offrire per seguire il percorso che li porterà in futuro a ottenere risultati
eccellenti.
Oggigiorno le organizzazioni agiscono all’interno di ambienti
complessi, cosicché risulta essenziale un’esatta comprensione dei propri
obiettivi e dei metodi da adottare per conseguirli. La Pubblica
Amministrazione, infatti, è caratterizzata da una struttura gerarchica
alquanto complessa e soprattutto rigida, portando ad ottenere basse
competenze e livelli di prestazione/perfomance molto limitati; ovviamente
questo tipo di struttura, favorendo la specializzazione delle competenze,
costituisce un’ottima soluzione in contesti organizzativi stabili. In ambienti
dinamici, più turbolenti ed instabili è, invece, consigliabile utilizzare un
approccio legato ad una visione d’insieme. Creando una Balanced
Scorecard che traduca la strategia in azioni concrete e utilizzando il
Business Game come strumento di formazione per ottenere tale risultato, si
può riuscire ad oltrepassare questo divario esistente all’interno della
Pubblica Amministrazione.
L’obiettivo finale del seguente lavoro, infatti, è quello di dimostrare che
con l’utilizzo del gioco di ruolo, realizzato attraverso lo sviluppo di una
BSC, è possibile ottenere collaborazione e comunicazione tra i diversi
dipartimenti presenti nell’organizzazione pubblica. In questo modo si
comprenderà come tale metodologia contribuisca a realizzare un
7allineamento della gestione agli intenti strategici, attivando efficaci sistemi
di reporting e processi di apprendimento organizzativo.
Oggetto del primo capitolo è una descrizione degli strumenti innovativi
utilizzati nel processo di formazione, in particolare si è fatto riferimento al
ruolo chiave della formazione nella Pubblica Amministrazione, sentita non
solo come dovere o come diritto dei lavoratori, ma come valore, nella
convinzione che solo una politica di qualità dei processi formativi pubblici
porterà alla costruzione di una P.A. capace di svolgere il ruolo di
protagonista dello sviluppo economico. In riferimento alle metodologie
adottate, l’attenzione è stata focalizzata sull’Action Learning, finalizzata da
un lato a saldare il momento dell’apprendimento con quello dell’azione e
dall’altro lato ad ancorare il processo educativo a situazioni concrete di
lavoro, senza la gestione dei problemi a tavolino.
Nel corso del secondo capitolo, invece, si va ad approfondire lo strumento
adottato nel seguente lavoro di tesi: il Business Game. Viene descritta la
nuova metodologia legata all’approccio “learning by doing”, riguardante
l’affinamento delle capacità decisionali in termini di tempestività ed
efficacia delle scelte adottate, la confidenza con situazioni di rischio ed
incertezza, l’insegnamento di tecniche di gestione, l’integrazione tra le
diverse funzioni organizzative, nonché l’addestramento all’orientamento
strategico (quest’ultimo, obiettivo della BSC). In particolare il Business
Game è stato ricollegato alla metodologia della System Dynamics,
attraverso la quale poter sviluppare tali progetti. La System Dynamics
procede alla identificazione di un problema; allo sviluppo di un’ipotesi per
spiegare la causa del problema; alla costruzione di un modello di
simulazione (il Business Game) del sistema, il quale riproduce il
8comportamento visto nel mondo reale; alla elaborazione di politiche
alternative e alla implementazione della soluzione scelta.
Il terzo capitolo procede a descrivere la Balanced Scorecard come base
teorica da cui partire per la creazione e l’implementazione di un Business
Game. La scheda di valutazione bilanciata può essere adottata all’interno di
un contesto pubblico come meccanismo di misurazione della strategia,
viene dimostrata la necessità di superare i semplici parametri economico-
finanziari per riuscire a misurare con un ridotto numero di indicatori-
chiave (correlati alle attività operative e coerenti con gli obiettivi strategici),
ciò che è veramente critico per il futuro dell’organizzazione. Il valore
aggiunto della BSC consiste nel dimostrare di essere qualcosa in più di un
semplice sistema strategico di management, per gestire la strategia a lungo
termine. Tutto questo finalizzato a sviluppare una nuova organizzazione
pubblica: la SFO (Strategy Focused Organization).
L’obiettivo del quarto capitolo è quello di procedere alla progettazione di
un applicativo di Business Game relativo alla Balanced Scorecard di un
Ente pubblico. L’attenzione è stata posta su tre grandi macro-fasi: analisi
teorica del business da simulare (raccolta di informazioni rilevanti),
mappatura delle specifiche del modello (correlazioni tra gli indicatori
individuati) e programmazione del software.
Infine, nel quinto capitolo, si farà riferimento al processo di formazione
attuato all’interno di un ipotetico Comune, analizzando le varie fasi che
caratterizzano tale percorso, in particolar modo, in riferimento all’utilizzo
del Business Game.
9Capitolo 1
Strumenti ed approcci innovativi per la
formazione
1.1. Il ruolo chiave della formazione nelle organizzazioni
pubbliche
Il definitivo superamento dell’economia industriale e l’avvento
dell’economia della conoscenza hanno portato ad una profonda rilettura
delle organizzazioni pubbliche che facevano riferimento ad un precedente
modello: scuola, istituti sociali, istituti giuridici e forme miste di intervento
sociale hanno risentito grandemente di un diverso modo di generare
ricchezza, conferendo ai processi di apprendimento un’importanza inedita.
La crescente attenzione data alle “persone”, quale soggetto
dell’apprendimento, è funzione di tale fenomeno, perché legato alla
rapidità del cambiamento ed alla qualità degli elementi in repentina
trasformazione. Tale mutato ritmo ha richiesto nuove caratteristiche delle
organizzazioni, con o senza fini di lucro, e conseguentemente, degli
individui che abitano tali organizzazioni. Si tratta cioè di passare dai
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paradigmi organizzativi tradizionali, essenzialmente gestiti nel presente e
per il presente (certezza della mission, esercizio di una capacità piramidale,
ecc.) ad altri, assolutamente nuovi, gestiti in vista di un futuro
costantemente prossimo e da considerare in continua evoluzione
(posizionamento della vision, esercizio della leadership visionaria, processi
di apprendimento e di auto direzione).
Le organizzazioni cessano di governare la propria autoreferenzialità, che
ha caratterizzato la loro storia professionale per tanti anni, acquisendo
consapevolezza che sopravvivranno se percepite come in grado di fornire
valore aggiunto e di creare le condizioni per lo sviluppo individuale e
collettivo, diventando cioè, organizzazioni che apprendono (learning
organization).
Nell’attuale scenario in continuo movimento, il sistema amministrativo
italiano è stato infatti investito da forti spinte al cambiamento: un primo
ordine di cambiamenti riguarda i contenuti delle attività delle P.A. Il
decentramento amministrativo, culminato nella riforma del Titolo V della
Costituzione che ha sancito il principio di sussidiarietà verticale ed
orizzontale, ha attribuito alle amministrazioni regionali e locali un gran
numero di nuove funzioni, cruciali per la qualità della vita dei cittadini e
per la solidità e la competitività dei sistemi produttivi. A un livello più
operativo sono stati istituzionalizzati compiti innovativi, come la
realizzazione dei sistemi di gestione ambientale, la gestione dello Sportello
Unico per le Attività Produttive e i servizi per l’impiego.
Questa ridefinizione del ventaglio delle funzioni amministrative
esprime e insieme contribuisce a delineare maggiori attese della società
riguardo al ruolo delle P.A.: l’amministrazione è chiamata a promuovere e
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orientare lo sviluppo socioeconomico, migliorando la solidità e la
competitività dei sistemi territoriali e assicurando alti livelli di qualità della
vita. In quest’ottica, a ciascun ente locale nella propria sfera di competenza
spetta un ruolo decisivo di guida del processo di sviluppo, che si può
dividere in molteplici forme: stimolo e valorizzazione delle risorse
socioeconomiche locali; individuazione degli attori sociali ed economici;
animazione territoriale, mobilitazione della partecipazione; partnership con
imprese, cooperative e associazioni per progetti di interesse pubblico, ecc.
Parallelamente, i cittadini esprimono nei confronti della P.A. una
domanda sempre più esigente di efficacia, efficienza, qualità,
personalizzazione e trasparenza dei servizi; per questo di pari passo, si
sono modificate le modalità operative della P.A., sia per adeguarsi alle
nuove funzioni, sia sotto l’influsso di una nuova concezione del sevizio
pubblico, di matrice aziendalistica.
L’organizzazione interna è stata snellita, resa più flessibile e modellata
in funzione delle attività da svolgere; la deregolamentazione, la
semplificazione delle procedure, la gestione orientata al risultato, la
rilevanza accordata alla customer satification, l’informatizzazione della P.A. e
le sue applicazioni (e-government) stanno rinnovando metodi e processi
operativi.
Il processo di integrazione europea e, in generale, l’intensificarsi dei
rapporti internazionali in una società globalizzata sono fonti di ulteriori
vincoli e opportunità per l’azione amministrativa, e impongono alle P.A. di
dialogare con istituzioni esterne ai confini nazionali, di raccordare con loro
il proprio operato e di armonizzarlo a standard internazionali.
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Complessivamente quindi, le trasformazioni dall’alto e dal basso
delineano un modello di amministrazione in netto contrasto con la
tradizionale logica burocratica, che identificava l’ordinaria attività
amministrativa con l’esecuzione di sequenze procedurali rigidamente
predeterminate e l’erogazione di servizi standardizzati. Le amministrazioni
non possono più limitarsi ad applicare norme standardizzate, ma devono
essere in grado di modificare nel senso desiderato situazioni concrete della
realtà sociale, elaborando obiettivi e strategie per conseguirli e,
controllando le conseguenze dell’azione per apportare le opportune
correzioni di rotta.
Il cambiamento che viene richiesto alla Pubblica Amministrazione
comporta dunque un radicale ripensamento del suo ruolo, della sua
missione e della logica operativa, che ha nelle persone la principale
determinante del successo e, di conseguenza trova nella formazione una
leva privilegiata di stimolo e sostegno.
In primo luogo, il sistema amministrativo si sta aprendo a forme nuove
di interazione con il suo ambiente, che possono essere presidiate solo per
mezzo di competenze specialistiche: inoltre la complessità di tale ambiente,
impone il ricorso a modalità decisionali ben più complesse di quelle tipiche
della razionalità legale o tecnica. Laddove problemi e soluzioni sono
caratterizzati da ambiguità e incertezza, non è più sufficiente l’esecuzione
meccanica di routine procedurali prefissate, ma occorre esaminare volta per
volta la situazione concreta, per poi ideare risposte su misura. La
padronanza delle tecniche proprie di specifici campi professionali resta una
necessaria base di partenza, ma a fare la differenza sono le competenze
personali, ovvero il mix di attitudini, conoscenze e capacità di ordine
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analitico, ideativo e pratico. Si tratta di risorse di tipo cognitivo, affettivo e
psicosociale accumulate con l’esperienza di vita e di lavoro, non
interamente codificabili, incorporate per così dire nella personalità
dell’individuo e strettamente legate alla sua motivazione, e proprio per
questo la formazione costituisce la via privilegiata per svilupparle e
attivarle.
In particolare, occorre mettere in campo competenze di natura
personale e trasversale, raramente considerate nei curriculum educativi
canonici, e comunque non trasmissibili attraverso i tradizionali metodi
didattici. Tra queste competenze ricordiamo quelle connesse alla gestione
delle relazioni, alla comunicazione, alla leadership, al trattamento delle
informazioni, alla programmazione e al coordinamento delle attività.
La Pubblica Amministrazione dovrebbe per questo trasformarsi da
sistema di uffici regolato da norme, in sistema di persone regolato da
comportamenti. È qui che si inserisce il vero e proprio cambiamento culturale
e di valori, oltre che delle professionalità che operano per e con
l’amministrazione locale. Cosa significa tutto questo? Tre cose:
anzitutto la necessità di passare da un concetto di cultura di
tipo prevalentemente “nozionistico” ad uno che sottolinea la
capacità dei singoli soggetti di raccogliere dati, analizzarli,
interpretarli, elaborare di conseguenza idee e soluzioni. Una
cultura come conoscenza e competenza;
il passaggio dalla cultura per pochi alla cultura per tutti.
Quello che conta non è più la forza fisica ma la capacità di
ragionare, la “nostra testa”;
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il passaggio dalla cultura “frammentata” alla cultura
“globale”. Anche questo è uno dei paradossi del nostro
tempo: quanto più il sapere si frammenta, tanto più occorre
ritornare ad approcci interdisciplinari sempre più ampi.
Un adeguato accompagnamento formativo è indispensabile per evitare
che tale cambiamento rimanga sulla carta: la formazione è il canale più
facilmente manovrabile per promuovere l’apprendimento e
l’interiorizzazione dei nuovi comportamenti attesi, in mancanza dei quali
l’innovazione si blocca di fronte all’incapacità delle persone di
comprenderla o di attuarla, o nel senso di insicurezza o inadeguatezza che
spinge a rifugiarsi su posizioni difensive.
La formazione può alleviare le tensioni che inevitabilmente
accompagnano ogni processo di cambiamento, sia consentendo di
comprendere meglio le dinamiche in atto, sia aiutando le persone a
sviluppare con meno fatica le nuove competenze necessarie, sia fornendo il
sostegno emotivo e pratico derivante dal fare parte di un gruppo
impegnato in un’impresa comune.
La formazione è, dunque, uno strumento indispensabile per mettere le
amministrazioni in condizione di dare corpo al loro nuovo ruolo e di offrire
risposte valide alle aspettative della società civile. Tuttavia, data la sua
importanza cruciale per la qualità di qualunque prestazione lavorativa e
per il buon funzionamento dell’organizzazione, la formazione non può
essere lasciata alle iniziative spontanee e discrezionali dei singoli, per forza
di cose normalmente saltuarie e slegate tra loro e di dimensione limitata.