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INTRODUZIONE
L’accostamento dei termini Logos e musica nel titolo di questa tesi vuole essere
un tentativo di spiegazione della dialettica tra questi due complessi concetti.
Anzitutto è necessario chiarire cosa si indica con le due parole in esame.
Con logos e Logos, scritti volutamente con la lettera minuscola e maiuscola, si
intende il duplice rinvio alla ragione, intesa nel primo caso in termini filosofici
come sostanza o causa del mondo, vale a dire come sinolo di pensiero e
linguaggio. Con il termine Logos invece ci si riferisce alla persona divina di
Cristo, Verbo incarnato. Questo Logos, che da ora in poi sarà indicato unicamente
con la iniziale maiuscola, è legato da una relazione di complementarità con il
concetto di musica: il Logos si fa musica e la musica è manifestazione del Logos.
Dall’ascolto del bello dei suoni è possibile cogliere le sue dinamiche: un iter che
tende all’agostiniana Civitas Dei.
Dal punto di vista filosofico, la trattazione della musica ha partorito due
definizioni nel corso della sua storia. Nel primo caso la musica è concepita come
luogo di rivelazione del divino o comunque di una realtà superiore. Rivelazione
che dal punto di vista strettamente filosofico è una forma di conoscenza, mentre
da quello religioso sottende un certo tipo di sentimento nei confronti della realtà
divina. La seconda definizione di musica è invece meno metafisica e
teologizzante, poiché implica una trattazione più tecnica: è una techne che
concerne la sintassi dei suoni. Seguendo il filo della prima definizione, giungiamo
a distinguere due iter. Il primo identifica l’oggetto della musica nell’armonia
universale: qui l’universo assume carattere divino. Nell’altro percorso invece
l’oggetto della musica coincide con il principio del cosmo e in virtù di ciò la
musica è intesa come autorivelazione del principio stesso, sotto forma di
sentimento. Nonostante la differenza appena evidenziata, le due concezioni hanno
in comune la separazione della musica intesa come arte pura dalle tecniche grazie
alle quali essa prende forma
1
.
La disciplina in questione all’interno della quale si svilupperà la nostra
indagine è la filosofia della religione. Essa è considerata una “filosofia seconda”,
1
Cfr. N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino, 1968, p. 585.
8
vale a dire una disciplina che si estende in un ambito particolare dell’esperienza
umana. Essendo seconda, presuppone l’esistenza di una filosofia prima, teoretica
e capace di auto fondarsi, tradizionalmente identificata con la metafisica (intesa
aristotelicamente come scienza dell’essere in quanto essere) e con la logica
(secondo il pensiero hegeliano, come struttura della realtà). Non vige disaccordo,
bensì dialogo fra religione e filosofia; la filosofia della religione è definibile come
“chiarificazione ermeneutica dell’esperienza religiosa”
2
. Qui si ripropone il
problema plurisecolare del rapporto tra teologia e filosofia (filosofia della
religione in particolare). Con teologia, in questo caso, non si fa riferimento a uno
spazio circoscritto della filosofia come fa Aristotele, ma a quella dogmatica che
limita la filosofia come disciplina che completa la riflessione sulla verità. Da parte
sua la filosofia, con il suo carattere critico, trova delle difficoltà a operare in un
contesto in cui sono accettate delle definizioni dogmatiche a priori. Come scrisse
Hans Urs von Balthasar “Senza filosofia nessuna teologia”: in questo senso la
presente tesi si occuperà di trattare un argomento teologico, vale a dire la musica
liturgica, con gli strumenti razionali forniti dalla filosofia. Luigi Pareyson invitava
a riconoscere il carattere complementare di filosofia e religione, ma allo stesso
tempo ammetteva la differenza fra le due discipline, evitando il rischio di
eliminare il confine tra di loro
3
. Il divario non è di oggetto, bensì di metodo,
ovvero di orientamento nei confronti dell’oggetto: si tratta di un interrogativo di
fondo, non di un punto di partenza. La teologia si basa su un primo elemento
rivelato, mentre la filosofia svolge il procedimento inverso, perché il suo scopo è
quello di ritornare a quel nucleo tramite passaggi che lo giustifichino
razionalmente, anche se spesso giunge a riconoscere la difficoltà di darne
un’elaborazione concettuale. Dunque, nonostante religione e filosofia si siano
trovate spesso in conflitto tra loro, esse non sono estranee, ma condividono una
radice unitaria: l’indagine del rapporto dell’uomo con l’Altro interpretato, a
seconda dei casi, come essere, infinito, assoluto, Dio. Questo Altro, rispetto
all’elemento antropologico, è suo fondamento, suo fine, sua origine e significato
della sua esistenza. Il fatto religioso è l’oggetto della filosofia della religione e, in
2
M. Ravera, Introduzione alla filosofia della religione, Utet libreria, Torino, 1995, p. 39.
3
Cfr. P. Coda, P. D. Bubbio (edd.), contributi di N. Bosco [et al.], L’esistenza e il Logos: filosofia,
esperienza religiosa, rivelazione, Città Nuova, Roma, 2007, p. 8.
9
virtù di ciò, essa resta filosofia e non diventa religione. Il suo atteggiamento è
ermeneutico, critico. Riprendendo le parole di Giuseppe Riconda, “la filosofia
della religione è possibile solo se si stringe un patto fra filosofia e religione per
cui l’una non fagociti o renda insignificante l’altra […] questo patto è difficile da
realizzare e il realizzarlo costituisce propriamente il problema fondamentale della
filosofia della religione”
4
.
Gli strumenti di filosofia della musica che sono stati utilizzati per operare
un’analisi della musica liturgica provengono dal testo del maestro Daniel
Barenboim (1942-vivente), La musica è un tutto. Etica ed estetica da cui emerge
il concetto di “tutto organico”. Con questa espressione si intende che ogni parte
inerente al discorso musicale è collegata all’altra; non possono sussistere infatti
una melodia senza il ritmo o una melodia senza armonia o ancora un’armonia
senza ritmo e così via. Qui si rilevano interessanti spunti che sono serviti da
collegamento con due dei maggiori, se non i maggiori esponenti della teologia
degli ultimi tempi: Josef Ratzinger (1927-vivente) e Pierangelo Sequeri (1944-
vivente). Il “tutto organico” nel contesto della funzione liturgica cattolica è
rappresentato dalla relazione tra musica e rito, infatti la prima è considerata come
parte necessaria e integrante della liturgia.
La scelta di questi tre autori di riferimento per la tesi ha come scopo quello
di trovare delle categorie utili a leggere la relazione tra Logos e musica sia dal
punto di vista filosofico sia teologico. L’ebreo Barenboim riflette sulla filosofia
della musica dal punto di vista del direttore d’orchestra contemporaneo, il
sacerdote cattolico Sequeri, oltre che essere un illustre teologo degli ultimi anni, si
distingue anche come compositore liturgico, infine Ratzinger, l’odierno pontefice
emerito, Benedetto XVI, ha spesso dimostrato nel suo pensiero teologico un nesso
con la musica. Per il Natale 2009 Ratzinger ha firmato un disco che riunisce la
spiritualità mariana degli ultimi due millenni e aiuta il fedele a entrare in
un’atmosfera che ha in dono solo in alcuni particolari momenti del pellegrinaggio
terreno
5
.
4
G. Riconda, Introduzione allo studio della religione, Utet, Torino, 1992, p. 49.
5
Cfr. Music from the Vatican. Alma Mater. Featuring the voice of Pope Benedict XVI, Multimedia
San Paolo Srl and Radio Vaticana, Roma, 2009.
10
La relazione tra Logos e musica avviene qui in questi termini: l’incipit del
Vangelo di Giovanni “In principio era il Logos. Il Logos era presso Dio. Il Logos
era Dio”
6
, può essere messo a confronto con l’espressione di Barenboim “in
principio era il suono”
7
. Unendo queste due diciture si può dunque pervenire a una
interpretazione del Logos, del Verbo, della Ragione originaria dal punto di vista
musicale. Anche Sequeri nel suo testo Musica e mistica. Percorsi nella storia
occidentale delle pratiche estetiche e religiose, individua alcune tracce di
divinazioni del ritmo originario, alcuni ritmi vitali percepibili nei fremiti, nelle
onde sonore e nelle grida. Da parte sua, Ratzinger sollecita un allargamento del
Logos fino alla ragione originaria della creazione e fino al pensiero dell’intima
realtà di Dio come Amore originario
8
. Non tutte le forme di musica possono
entrare a far parte della liturgia cattolica se non si sorreggono sul criterio del
Logos. Lo Spirito Santo conduce al Logos, dunque si tratta di una musica che
innalza il cuore, chiama alla lode: Sursum corda. Come diceva San Cipriano,
“Quando la Chiesa celebra cantando esprime nel modo più autentico la verità del
suo essere Corpo e Sposa di Cristo”.
Nel Logos che si fa musica entra in gioco l’elemento della musica come
oggetto dell’estetica. Qui non si tratta dell’estetica nel senso moderno, intesa
come riflessione della filosofia sull’arte, bensì di áisthesis, vale a dire di
percezione, in questo caso del divino. L’intento è quello di scoprire come si possa
sentire attraverso la sensibilità dell’udito la bellezza del mistero divino. Per questo
motivo, nella prima parte di questo lavoro si dedicherà lo spazio opportuno
all’esame dell’inventore, come lo definisce Sequeri, di una estetica teologale
cristiana: Sant’Agostino. Il vescovo d’Ippona scrisse “Tardi ti ho amato, Bellezza
tanto antica e tanto nuova; tardi ti ho amato”
9
. Questa affermazione sembra essere,
in questo contesto, la risposta alla domanda presente nell’Idiota di Fëdor
Dostoevskij: “quale bellezza salverà il mondo?”.
A questo punto è necessario definire meglio che cosa si intende con
“musica sacra”, perché da essa discendono le definizioni di musica liturgica e
6
Gv 1,1 in La Bibbia di Gerusalemme, Bologna, Dehoniane, 2000.
7
D. Barenboim, La musica sveglia il tempo, Feltrinelli, Milano, 2007, p. 29.
8
Cfr. P. Sequeri, L’amore della ragione. Variazioni sinfoniche su un tema di Benedetto XVI, EDB,
Bologna, 2012, quarta di copertina.
9
Sant’Agostino, Confessioni, X, 27, tr. It. A. Landi, Paoline, Milano, 1995.
11
musica religiosa. Non tutta la musica sacra è musica liturgica, ma solo quella che
la Chiesa ammette quando vi riconosce la sua preghiera ed è conforme ai criteri
liturgici approvati dalla Santa Sede. Da parte sua, invece, la musica religiosa è
quella che esprime il sentimento religioso senza essere destinata al culto; la sua
collocazione è il concerto spirituale. Per chiarezza ulteriore si possono distinguere
le seguenti quattro accezioni, ovvero categorie canoniche di musica sacra. Il canto
della liturgia che è propriamente liturgico; il canto nella liturgia con cui si intende
quello che insieme alla musica accompagna la liturgia; il canto intorno alla
liturgia impiegato in cerimonie non strettamente liturgiche; infine il canto fuori
della liturgia, vale a dire la musica religiosa extraliturgica
10
.
La nozione di musica sacra - che non si trova definita né nelle Scritture, né
nella Chiesa primitiva, né presso gli scolastici - apparve per la prima volta nel
titolo di un’opera di Michaël Praetorius del 1614. Essa stava a indicare solamente
una classificazione di opere, non la definizione di un genere. Sarà solamente nel
1884 che, in occasione della promulgazione di un’ordinanza della Sacra
Congregazione dei Riti sulla “musica sacra”, questa nozione vide la luce nella
Chiesa Cattolica. Tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del
Novecento, era intesa come musica sacra quella destinata al culto. In
contrapposizione a questa, la musica d’arte viene caratterizzata da argomento o
testo religioso, senza dover rispettare i canoni liturgici di riferimento quali il
gregoriano e la musica palestriniana. In entrambi casi (musica sacra e d’arte) si
tratta di musica colta, non popolare o di consumo. Dunque si può considerare
come vera arte sacra, quella che si impegna a essere a servizio del culto e che
dedica a Dio ciò che è più eccellente e degno di lui: essa non è mera ars gratia
artis, bensì arte plasmata dalla sua destinazione liturgica. In effetti nel XIX secolo
la teatralizzazione progressiva della musica caratterizzò anche riti e celebrazioni
liturgiche nella Germania meridionale e nell’Austria. Una corrente opposta prese
posizione per proporre un ritorno alla heilige Musik. Il termine in questione fece la
sua prima apparizione in un documento ufficiale della Chiesa al Sinodo
provinciale di Colonia. La corrente giungerà alla fondazione, tra XIX e XX
secolo, del Movimento Ceciliano (dal nome di Santa Cecilia, patrona di musici e
10
Cfr. J. Gelineau, Canto e musica nel culto cristiano: principi, leggi e applicazioni, LDC, Torino,
1963, p. 102.
12
cantori, festeggiata il 22 novembre), che attraverso interpretazioni storicamente
fedeli aveva come scopo la diffusione della cultura e della pratica della musica
sacra. Il movimento ebbe l’approvazione nel 1870 da papa Pio IX. Da allora la
Chiesa Cattolica ha lavorato per definire il ruolo, il criterio e lo spazio della
musica sacra nella liturgia, ben formulato nella Costituzione sulla sacra liturgia:
la Sacrosanctum Concilium. Come si vedrà nella seconda parte della tesi, il fine
della musica liturgica è la glorificazione di Dio e la santificazione dei fedeli: così
il Concilio Vaticano II ha attribuito solennemente una funzione ministeriale alla
musica nella funzione liturgica
11
.
La tesi è suddivisa in due parti. Nella prima è sviluppato il rapporto tra la
musica e la storia della filosofia. Si darà inizialmente spazio ai soggetti di
trattazione, vale a dire alla filosofia della musica di Daniel Barenboim, di
Pierangelo Sequeri e Joseph Ratzinger. Con l’ausilio delle categorie offerte da
questi autori, lo studio metterà in luce la questione a partire dal mondo antico, per
poi evidenziare le origini medievali del canto liturgico, le accezioni di
quest’ultimo nel periodo moderno e infine nell’età contemporanea. Alla parte
medievale sarà dedicato maggior spazio col fine di evidenziare gli autori su cui si
è basata l’estetica teologica della Chiesa cattolica dalla prime formulazioni sino al
periodo postconciliare.
Nella seconda sezione è presentato il rapporto tra la musica e la religione.
Il nocciolo concettuale è rappresentato dall’espressione “il Logos si fa musica
liturgica”. È proposta così un’analisi della musica liturgica con gli strumenti
ermeneutici forniti da Barenboim ed esegetici dati dai teologi Ratzinger e Sequeri.
Questi ultimi si rifanno ai documenti della Sacrosanctum Concilium, già citata,
che presenta una sistemazione teologica del materiale sulla musica liturgica.
Si partirà dall’utilizzo della musica colta occidentale nel rito cattolico,
analizzando la teologia della creazione nella musica di Giovanni Pierluigi da
Palestrina; quindi la grande figura del primo musicista-teologo, vale a dire Johann
Sebastian Bach, per poi passare attraverso l’itinerario “pasquale” di Franz Joseph
Haydn. Per introdurre alcune espressioni di Ratzinger si verrà poi toccati da “un
11
Cfr. J. M. Bodo, Musique sacrée et inculturation, in Musica sacra, una sfida liturgica e
pastorale: atti della II Giornata di studio nell’anniversario della “Sacrosanctum concilium”,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2008, pp. 96 sgg.
13
raggio di bellezza dal cielo” ascoltando la musica di Wolfgang Amadeus Mozart e
si percepirà “il fiume che collega alle origini” nei brani di Luigi Cherubini.
Avvicinandoci al nostro secolo, due esempi di interpretazione singolare della
musica liturgica: Ludwig van Beethoven che vi esprime la trinità di Umanità, Dio
e Natura e Anton Bruckner che presenta l’estremizzazione dell’interiorizzazione
romantica. Si farà accenno a due figure di spicco della musica sacra italiana
recente: Pietro Alessandro Yon e Lorenzo Perosi. Nonostante i successi ottenuti
oltreoceano dal canavesano Yon, egli resta pressoché sconosciuto nel mondo
organistico italiano, ma vale la pena citarlo (anche per ragioni “sentimentali”) per
l’opera di innovazione stilistica in un fine Ottocento in cui l’organo aveva una
prevalente funzione di abbellimento. Seguirà poi un capitolo sulla musica nella
cappella sistina, considerata da Ratzinger, esempio per il mondo intero: qui Perosi
segnò un periodo di splendore.
Infine la musica liturgica contemporanea d’uso comune, quella che ha
cercato di mettere in pratica le “regole” dettate dal Vaticano II, è esemplificata
dalla “Rivoluzione d’amore” dei Gen, uno dei movimenti sorti spontaneamente
all’interno della chiesa postconciliare. E ancora, guardando al panorama
contemporaneo è proposto uno studio del simbolo musicale nei brani di due autori
italiani: Pierangelo Sequeri e Marco Frisina. In conclusione, per richiamare il
carattere ecumenico della Chiesa e il valore del silenzio si tratterà della musica di
Taizé, composta da Jacques Berthier e Joseph Gelineau.
Il Logos continua a farsi musica dai primi secoli del cristianesimo fino a
oggi, affondando le proprie radici nella ragione originaria discussa nel mondo
antico.