2. Rassegna bibliografica
2. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
2.1. PROBLEMATICHE LEGATE ALL’UTILIZZO DEL
DIESEL
2.1.1. Attuale richieste e prospettive
Il mercato del gasolio in Europa può essere suddiviso in due settori
con opposte esigenze [1]:
1) il mercato del riscaldamento, della produzione di energia, ecc., la
cui domanda sta diminuendo nel tempo per l’aumentato utilizzo del
gas naturale;
2) il mercato dei trasporti che, al contrario, si sta ampliando sempre
più. Questa forte domanda è giustificata in parte dai vantaggi fiscali
offerti in alcuni paesi europei all’impiego del diesel. Inoltre,
l’evoluzione dei motori diesel sembra poter offrire una maggiore
efficienza energetica se paragonata a quelli a benzina.
Questa situazione ha creato un forte squilibrio fra domanda ed
offerta (Tab. 1): in Europa il diesel ha un maggiore utilizzo se
confrontato con la benzina, con un volume complessivo pari a 110
milioni di t/anno (dati relativi agli anni 1993-95), mentre il consumo
mondiale è di 460 milioni di t/anno [2].
Benzina (10
6
t) Diesel (10
6
t)
Europa 132 110
USA 330 86
Mondo 720 460
Tab. 1. Consumi di diesel e benzina nel mondo [2].
2.1.2. Composizioni attuali e specifiche richieste
Il diesel è una miscela di frazioni provenienti dalla distillazione del
petrolio, da unità di hydrocracking e da vari trattamenti termici. I suoi
principali componenti sono gli idrocarburi aromatici, i nafteni, le
cicloparaffine, le iso- e le n-paraffine, le olefine; essi bollono
generalmente fra 200°C e 360°C ed hanno un numero di atomi
compreso fra C
12
e C
25
. Sono inoltre presenti eterocomposti,
contenenti zolfo o azoto. La composizione del diesel è molto
importante, poiché influisce sulle sue caratteristiche: accensione del
2
2. Rassegna bibliografica
combustibile (definita dal numero di cetano), densità, volatilità,
potere calorifico, tendenza a dare fumi e comportamento alle basse
temperature. Nessuna delle classi di idrocarburi prima citate soddisfa
pienamente tutti i requisiti: per esempio, le n-paraffine, che hanno
ottime proprietà di accensione e bassa tendenza a dare fumi, mostrano
viceversa un basso potere calorifico (Tab. 2) [3].
Tab. 2. Proprietà delle varie classi di idrocarburi in funzione del loro utilizzo come
combustibili diesel.
Variando una delle proprietà del combustibile, si possono avere
effetti diversi secondo la tecnologia motoristica impiegata: infatti
l’effetto osservato su un motore ad iniezione indiretta (IID) può essere
differente o, addirittura, opposto se valutato su di un motore ad
iniezione diretta (ID) tipo heavy-duty (HD), essendo molto diverse le
condizioni di funzionamento [4].
2.1.3. Caratteristiche dei combustibili diesel
2.1.3.1. Numero di cetano
Il numero di cetano di un combustibile indica la spontaneità
dell’accensione quando viene iniettato nei cilindri ed influenza
l’avviamento a freddo del motore, la quantità di emissioni inquinanti
ed il rumore prodotto. Indagini sperimentali, tra le quali il programma
EPEFE svolto nell’ambito del progetto europeo Auto/Oil 1, hanno
mostrato come l’incremento del numero di cetano tenda a diminuire la
durata del regime transitorio termico del motore dopo l’avviamento a
freddo e determini la riduzione degli inquinanti nei gas di scarico. La
figura 1 [5] evidenzia come le emissioni di NO
x
si riducano
all’aumentare del numero di cetano [6-8].
3
2. Rassegna bibliografica
Fig. 1. Effetto del numero di cetano sulle emissioni di NO
x
[5].
L’effetto è particolarmente accentuato per l’emissione degli
idrocarburi e degli ossidi di azoto, sia nei motori ID-HD che nei
motori IID-LD (light-duty) [4].
Il numero di cetano (CN) viene usualmente determinato mediante il
test ASTM-D613 [9] ed è uguale a quello di una miscela teorica
avente la stessa qualità di accensione del combustibile. Esso viene
calcolato in accordo con l’equazione:
CN = % esadecano + 0.15* % HMN
dove:
Esadecano (cetano) è lo standard con CN = 100
2,2,4,4,6,8,8,-Eptametil-nonano (HMN) è lo standard con CN = 15;
Questo test richiede 0.8-1.0 L di combustibile e non è perciò
sfruttabile nei test preliminari di sviluppo di un catalizzatore, dove si
ottengono solo piccoli volumi di prodotto. A questo scopo, sono stati
sviluppati metodi alternativi [10-14] per determinare il numero di
cetano, correlandolo alle proprietà chimiche e fisiche del
combustibile. Alcuni di questi metodi sono focalizzati esclusivamente
sul greggio e non hanno trovato utilizzazione nei combustibili ottenuti
per oligomerizzazione catalitica di olefine a catena corta. Il miglior
metodo sviluppato fino ad oggi utilizza la spettroscopia di risonanza
magnetica al protone (H-NMR). Diversi studi sono stati effettuati nel
tentativo di correlare i dati ottenuti via H-NMR con il numero di
cetano [15-31]. Uno dei risultati più interessanti è la relazione (2),
4
2. Rassegna bibliografica
proposta da O’ Connor et al [29], basata sul rapporto fra il numero di
gruppi CH
3
e CH
2
presenti nella frazione idrocarburica:
CN = 2.34 + 35.4*(CH
2
/CH
3
) (2)
e la regressione non lineare (3) derivata da essa:
CN = 1.8+43.8*(CH
2
/CH
3
)
2
+ 0.69*(CH
2
/CH
3
)
3
(3)
Questo metodo presenta una buona correlazione con il numero di
cetano determinato via ASTM-D613 nell’intervallo tra 29 e 52, anche
se risente fortemente della natura degli idrocarburi presenti.
Recentemente, Catani et al. [30] hanno mostrato come la
precedente equazione sottostimi significativamente il numero di
cetano, con scarsa attendibilità soprattutto per le paraffine ramificate
con lunghezza della catena compresa tra C
10
-C
20
(Fig. 2A). E’ stato
proposto un nuovo algoritmo (4) basato sia sulla struttura degli
idrocarburi (percentuale di ramificazione, quantità di –CH
2
vicinali e
quantità dei gruppi isopropilici terminali nella catena idrocarburica)
che sulle loro proprietà fisiche [punto di ebollizione (BP)], che
fornisce una migliore correlazione tra i dati calcolati e quelli ottenuti
col metodo ASTM-D613 per un elevato numero di paraffine (Fig.
2B):
CN = 31.7+0.05+BP 0.99*%
ramif.
+ 3.78*CH
2vicin.
+7.91*i-propil (4)
5
2. Rassegna bibliografica
y = 0.98x + 6.83
R
2
= 0.80
0
20
40
60
80
100
120
0 20 40 60 80 100 120
Actual cetane number
H
-
N
M
R
c
e
t
a
n
e
n
u
m
b
e
r
y = 0.91x + 6.36
R
2
= 0.91
0
20
40
60
80
100
120
0 20 40 60 80 100
120
Actual cetane number
C
a
l
c
u
l
a
t
e
d
c
e
t
a
n
e
n
u
m
b
e
r
A B
Fig. 2. Correlazione tra il numero di cetano calcolato sulla base dell’equazione di
O’ Connor (2) (Fig. 2A) [26] o usando l’algoritmo proposto da Catani et al. (4)
(Fig. 2B) ed il numero di cetano calcolato col metodo ASTM-D613 per paraffine
aventi lunghezze della catena comprese tra C
10
-C
20
.
A dispetto dei migliori risultati ottenuti, anche con l’algoritmo (4)
le deviazioni per alcuni composti rimangono notevoli. Inoltre appare
problematico l’applicazione di questo algoritmo ai carburanti diesel,
essendo costituiti da miscele di centinaia di composti.
Il numero di cetano dipende strettamente dal grado di saturazione
dei costituenti del combustibile e dal numero di atomi di carbonio:
come si può osservare in figura 3, esso aumenta linearmente con il
numero di atomi di carbonio, con l’eccezione degli idrocarburi
aromatici che mostrano un incremento più spiccato. Confrontando poi
le varie classi di composti, il numero di cetano è molto basso per i
nafteni (anche in presenza di molti atomi di carbonio), mentre
raggiunge valori elevati per le n-paraffine. Dalla figura 4 si può notare
come aumentando la percentuale di aromatici in un combustibile, il
numero di cetano si abbassi a valori prossimi a 20.
Le frazioni provenienti dal cracking catalitico (LCO/HCO) e da
quello termico (TCGO), hanno il più alto contenuto di solfuri,
composti azotati e aromatici, la più alta densità e la più bassa qualità
in termini di cetano [32].
6
2. Rassegna bibliografica
Fig. 3. Numero di cetano in funzione degli atomi di carbonio.
Fig. 4. Numero di cetano in funzione del contenuto di aromatici.
2.1.3.2. Densità
Questa proprietà influenza le prestazioni, il consumo e le emissioni
nello scarico del motore, poiché l’alimentazione è controllata su base
volumetrica [4]. Un’elevata densità del diesel porta ad un
arricchimento della miscela combustibile-aria, con una maggiore
efficienza del motore e quindi un minor consumo. Tuttavia, essa causa
contemporaneamente effetti negativi sulle emissioni di particolato in
tutti i tipi di motore e degli ossidi di azoto in quelli del tipo ID-HD
[3].
2.1.3.3. Volatilità
La volatilità viene espressa come la temperatura alla quale si
ottiene l’evaporazione di una definita quantità di combustibile:
7
2. Rassegna bibliografica
indicatori tipici sono, infatti, le temperature alle quali evaporano
rispettivamente il 50% (T50) ed il 95% (T95) in volume del gasolio.
Una volatilità troppo bassa o troppo elevata determina uno scadimento
delle prestazioni del motore, per la formazione di vapor-lock, od una
scarsa atomizzazione del getto. Se si riduce la T95, cioè si aumenta la
volatilità della frazione alto-bollente del gasolio, si riduce l’emissione
di particolato e di ossidi di azoto nei motori ID-HD; viceversa, queste
ultime specie tendono ad aumentare negli scarichi dei motori IID-LD
[4].
2.1.3.4. Contenuto di zolfo
Lo zolfo nel gasolio, presente naturalmente sotto forma organica,
viene emesso dopo la combustione nel motore in massima parte come
SO
2
ed in piccola percentuale come SO
3
. Una frazione ancora
inferiore è rappresentata dai solfati dei metalli presenti naturalmente
nel combustibile o derivanti dagli additivi aggiunti, adsorbiti sulle
particelle carboniose del particolato. La riduzione del contenuto di
zolfo nel gasolio contribuisce non solo ad una minore emissione di
SO
2
e di SO
3
nello scarico, ma anche ad una riduzione dell’emissione
di particolato.
I risultati del programma europeo EPEFE hanno mostrato come una
riduzione dello zolfo da 500 mg/Kg a 30 mg/Kg determini una
diminuzione del 7% nell’emissione di particolato nei veicoli leggeri e
del 4% in quelli pesanti. La presenza di quantità elevate di zolfo nel
gasolio riduce rapidamente l’efficienza, e quindi la durata, dei
convertitori catalitici applicati sul condotto di scarico dei veicoli.
Inoltre, esso non consente lo sviluppo di nuovi dispositivi catalitici in
grado di ridurre l’emissione di particolato e di ossidi di azoto in
ambiente fortemente ossidante [4].
2.1.3.5. Contenuto di idrocarburi aromatici e controllo delle
emissioni
Occorre innanzitutto premettere che le tre classi nelle quali
vengono suddivisi gli idrocarburi aromatici contenuti nel gasolio
(mono-, di- e poliaromatici) hanno effetti differenti sul livello di
emissioni inquinanti. In generale, se si riduce il contenuto di
idrocarburi aromatici nel gasolio, si osserva una diminuzione sensibile
8
2. Rassegna bibliografica
nelle emissioni di ossidi di azoto, specialmente nei motori ID, come
conseguenza dell’abbassamento della temperatura di fiamma durante
la combustione. La riduzione delle emissioni di particolato e di
idrocarburi policiclici aromatici è invece associata ad una diminuzione
del contenuto di specie poliaromatiche a tre o più anelli [4].
2.1.3.6. Proprietà alle basse temperature
La composizione del combustibile influenza la sua filtrabilità a
bassa temperatura: in particolare, le n-paraffine a più lunga catena,
con buone qualità di accensione, tendono in queste condizioni a
cristallizzare, ostruendo il filtro [3].
2.1.4. Principali componenti del diesel
2.1.4.1. Frazione media della distillazione primaria
Questa frazione (detta “straight run gas oil” o SRGO) rappresenta
un’importante componente del combustibile per il suo elevato numero
di cetano (Fig. 4). La qualità di questo diesel è correlata alla qualità
del grezzo di partenza: generalmente, esso ha un elevato contenuto di
paraffine ed un basso contenuto di aromatici e può essere quindi
utilizzato senza ulteriori processi, eccetto quello di desolforazione [3].
2.1.4.2. Diesel da cracking termico
Presenta in generale un numero di cetano più basso e una densità
maggiore del SRGO. Il diesel da cracking termico subisce in genere
un preliminare stadio di idrogenazione, a causa della presenza di
componenti olefinici instabili durante il processo di cracking [3].
2.1.4.3. Diesel da cracking catalitico
E' caratterizzato da un numero di cetano molto basso e da
un’elevata densità. Come il precedente, anch’esso deve essere
preliminarmente idrogenato a causa della sua elevata instabilità.
Tuttavia, anche dopo questo trattamento esso può essere addizionato
solo in minime quantità in relazione allo scarso potere di accensione,
legato al considerevole contenuto di aromatici ed alla tendenza a dare
fumi [3].
9
2. Rassegna bibliografica
2.1.4.4. Diesel da hydrocracking
L’importanza di questo componente è legata all’elevato contenuto
di isoparaffine, alle buone proprietà di accensione ed alla bassa
fumosità [3].
2.1.4.5. Cherosene
Una migliore stabilità del combustibile diesel alle basse
temperature può essere raggiunta addizionando cherosene, che viene
principalmente utilizzato come combustibile per jet. Esso presenta
comunque lo svantaggio di avere densità, potere calorifico e viscosità
inferiori a quelli degli altri componenti e viene perciò addizionato solo
in particolari condizioni climatiche. Infatti, una bassa densità e un
basso potere calorifico portano alla diminuzione delle prestazioni del
motore e ad un incremento del consumo di carburante, mentre la bassa
viscosità conduce al deterioramento della pompa di iniezione, dovuto
allo scarso potere lubrificante [3].
2.1.4.6. Diesel sintetico
Il combustibile diesel può essere ottenuto non solo dal petrolio, ma
anche da sorgenti fossili come il carbone. Il primo processo è stato
quello di Fischer-Tropsch, con il quale si otteneva un combustibile
con numero di cetano 100 (circa), una bassa quantità di solfuri, una
bassa densità ed un elevato potere calorifico [33-36]. Nel 1992 è stato
rivendicato il processo “Shell Middle Distillate Synthesis” (SMDS) a
partire da gas di sintesi, ottenuto dal gas naturale per steam-reforming
[37-39]. Questo combustibile, avendo basse quantità di aromatici e di
solfuri ed un numero di cetano prossimo a 60, viene aggiunto al diesel
ottenuto nella distillazione primaria per incrementarne la qualità. Il
principale svantaggio di questo processo sta negli elevati costi di
produzione del gas di sintesi. Inoltre, in questi ultimi anni è stata
studiata una nuova via per la produzione di diesel sintetico a partire da
olefine a basso peso molecolare (“Conversion of Olefins to Diesel” o
COD). Le olefine sono sottoposte ad oligomerizzazione, utilizzando
catalizzatori a base di zeoliti, per ottenere un diesel con numero di
cetano > 50. Tuttavia, la bassa selettività di questi processi ne limita
ancora l’applicazione.
10
2. Rassegna bibliografica
2.1.4.7. Biodiesel
Si definisce biodiesel l’estere monoalchilico di un acido grasso
derivato da lipidi rinnovabili, come i grassi animali o gli oli vegetali
[40, 41]. Il biodiesel è biodegradabile e non tossico, presenta un punto
di ebollizione di 150°C, una elevata viscosità ed una bassa volatilità,
con un calore di combustione pari a circa l’ 80% di quello del diesel
derivato dal petrolio. Per risolvere il problema dell’alta viscosità degli
oli vegetali, si possono fare microemulsioni con solventi come
metanolo, etanolo e 1-butanolo [42].
La reazione di transesterificazione (Fig. 5) può essere catalizzata da
basi, acidi o enzimi: le basi includono NaOH, KOH, carbonati ed
alcossidi; gli acidi solforico e cloridrico sono usati normalmente in
catalisi acida; la lipasi è l’enzima utilizzato nella biocatalisi. La
reazione catalizzata dagli alcali è più veloce di quella con catalisi
acida. Nella catalisi basica i gliceridi e gli alcoli devono essere
sostanzialmente anidri, perché se è presente acqua invece della
reazione di transesterificazione ha luogo quella di saponificazione.
Gli alcoli usati sono generalmente primari o secondari,
monofunzionali e alifatici, con un numero di atomi di carbonio
compreso da 1 a 8 [42, 43]. Metanolo e etanolo sono usati molto
frequentemente, (specialmente il metanolo) per il basso costo e le
idonee proprietà chimico-fisiche (polarità e corta catena); inoltre, sia i
trigliceridi che l’NaOH sono estremamente solubili in esso.
La transesterificazione consiste in tre reazioni consecutive
reversibili: il trigliceride è convertito prima in digliceride, poi in
monogliceride ed infine in glicerina, liberando una mole di estere ad
ogni stadio (Fig. 5).
11
2. Rassegna bibliografica
Fig. 5. Schema della reazione di transesterificazione.
Le variabili nella formazione dell’estere durante la reazione di
transesterificazione sono il rapporto molare alcol/olio, la temperatura
ed il tempo di reazione, il contenuto di acqua ed il tipo di catalisi. È
stato osservato come l’aumento della temperatura, favorisca la
conversione dell’estere [44]. Il rapporto stechiometrico della reazione
di transesterificazione è di tre moli di alcol per mole di trigliceride,
ottenendo tre moli di estere ed una di glicerina. Tuttavia, in pratica
occorre un rapporto molare più alto, affinché l’equilibrio sia spostato
verso la formazione dell’estere. La reazione catalizzata da acidi ha
bisogno di un rapporto maggiore (30:1), mentre quella catalizzata da
basi ha bisogno di un rapporto di 6:1, raggiungendo l'equilibrio con
una velocità maggiore [42]. La quantità di base è generalmente
compresa tra 0.1 e 1 % p/p di olio e grasso. I grassi e gli oli utilizzati
per la transesterificazione devono essere anidri (≤0.06 % p/p) e con
pochissimi acidi liberi (0.5 % p/p). Per realizzare la
transesterificazione occorre una temperatura diversa in funzione del
tipo di olio utilizzato; inoltre, la temperatura determina sia il tempo di
reazione che la quantità di estere formato.
Ci sono due fattori che incidono sul costo del biodiesel: il costo
della materia prima e quello del processo. Il costo della materia prima
(grassi e oli) corrispondente a circa il 60-75% del costo totale del
biodiesel. Se si usano oli usati, il costo si abbassa significativamente,
anche se peggiora la qualità del biodiesel ottenuto. La
transesterificazione in continuo è un processo che consente la
diminuzione dei costi; i vantaggi di questo processo sono i bassi tempi
di reazione e l’elevate capacità produttive. Il recupero di glicerina di
12
2. Rassegna bibliografica
ottima qualità diminuisce i costi complessivi. L’avere solo piccole
quantità di acqua nel processo consente di ottenere glicerina ad elevata
concentrazione (al contrario della glicerina ottenuta nel processo di
saponificazione) evitando così lo stadio di evaporazione per eliminare
l’acqua in eccesso.
Tuttavia il suo impiego presenta alcuni aspetti critici:
1) il costo di produzione è maggiore di quello del gasolio;
2) la coltivazione di vegetali a uso energetico richiede enormi
estensioni di terreno fertile;
3) le materie prime e il prodotto finale sono condizionati da logiche di
differenti mercati (alimentare ed energetico);
4) il recupero di oli esausti è costoso e ancora poco diffuso.
Questi punti rappresentano un limite alla produzione e all’impiego del
biodiesel, confinandolo ad un settore di nicchia.
2.1.4.8. Altri combustibili a basso impatto ambientale
Si possono ottenere gasoli più puliti [40] mediante l’aggiunta di
acqua al diesel di raffineria. Una emulsione tipica acqua/gasolio è
costituita da quasi 90 % di gasolio, 10 % di acqua e da uno specifico
stabilizzante. Il vantaggio offerto dall’utilizzo di queste emulsioni
consiste nel miglioramento della combustione e quindi nella
diminuzione delle emissioni di particolato (fino al 25 %). All’interno
della camera di combustione, la vaporizzazione dell’acqua contenuta
nell’emulsione provoca la rottura delle gocce di gasolio, aumentando
la superficie di contatto con l’aria e dando luogo ad una combustione
più completa ed omogenea. Inoltre, l’evaporazione dell’acqua abbassa
la temperatura di combustione, riducendo le emissioni di NO
x
fino al
15 %. D’altro canto, la presenza dell’acqua comporta una diminuzione
del contenuto energetico del gasolio, solo in parte compensata dalla
migliore combustione, con una perdita di potenza del motore di circa
il 5 %.
2.1.5. Requisiti futuri
Il problema della qualità del combustibile diesel è strettamente
funzione delle emissioni inquinanti e di conseguenza del
miglioramento della qualità dell’aria. È indubbio che ogni riduzione
della quantità degli inquinanti emessi dai motori diesel avrà un
13
2. Rassegna bibliografica
impatto benefico sul benessere pubblico e sull’ecosistema. In questa
ottica la legislazione è diventata negli ultimi anni sempre più
restrittiva con specifiche regolamentazioni sulla qualità dei
combustibili (Tab. 3).
EU Svezia USA
Specifiche 2000 2005 2010 City
Class I
US EPA CARB
reference
N°. Cetano min 51 53 58 50 40 48
Densità max
kg/m
3
845 <845 825 820 875 860
BP T95 max °C 360 350 330 285 338* 349
Aromatici tot.,
max vol%
- - - 5 36 10
Poliaromatici
Max, vol%
11 8 1 0.02 - 1.4
S max, ppm p/p 350 50 50 10 500 500
Tab. 3. Requisiti del diesel previsti per i prossimi anni [2, 45, 46].
* (BP T 90 max °C)
2.1.6. Tossicità di aromatici e tio-composti
2.1.6.1. Idrocarburi policiclici aromatici (PAH)
Questi composti si formano piroliticamente in tutti i processi di
combustione incompleta e nella carbonizzazione a bassa temperatura
dei materiali organici. Le attività antropogeniche a cui è legata la loro
formazione vanno quindi dal traffico veicolare ai processi di
raffineria, dagli impianti di incenerimento dei rifiuti a quelli di
produzione di nerofumo. Poiché la pirolisi di materiali organici diversi
fornisce ad una data temperatura prodotti simili, si assume che anche i
meccanismi di decomposizione pirolitica dei PAH siano analoghi,
consentendo di utilizzare la concentrazione di un singolo PAH come
misura del potenziale cancerogeno dell’intera classe. In particolare si
fa riferimento alla concentrazione di benzo(a)pirene (BaP). I PAH
includono una intera classe di composti cancerogeni, ma usualmente
se ne considerano 18, fra cui si possono ricordare il naftalene,
l’antracene, il fenantrene, l’acenaftene, l’acenaftilene ed il pirene.
14