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adottato una politica di massiccio intervento, tesa alla liberalizzazione di quei
settori che, quasi per tradizione storica, venivano annoverati tra i servizi pubblici.
Queste sono le principali direttive dell’elaborato e rappresentano le
problematiche che rivestono negli ultimi anni un grande interesse sociale.
La trattazione è suddivisa in tre parti.
Il primo capitolo è dedicato ai servizi pubblici in generale al fine di
esporre un’analisi della legislazione, partendo dalla nozione di servizio pubblico.
Infatti, la nuova disciplina ha completato il processo di riforma dei servizi
pubblici, iniziata nei primi anni ’90 e rientrante nell’ambito della più generale
trasformazione della Pubblica Amministrazione italiana e della ridefinizione del
suo rapporto coi cittadini. Il processo di integrazione europeo ed il conseguente
graduale affermarsi dei principi comunitari di libera concorrenza, unitamente
all’evoluzione socio-economica e tecnologica dei settori regolati, hanno
contribuito al superamento dei modelli di gestioni dirette e monopolistiche
caratteristiche della realtà dei servizi pubblici, tumultuosamente sviluppatisi dal
dopoguerra ad oggi. Un simile scenario, determinato anche da sollecitazioni di
provenienza comunitaria, ha postulato l’esigenza di reimpostare i tradizionali
assetti organizzativi degli Enti che gestivano i servizi, modificando le regole che
presiedono alla disciplina dei rapporti con l’utenza.
La seconda parte, ha come argomento i servizi pubblici nell’ordinamento
comunitario.
Il cambiamento di politica adottata dalla Comunità, determinato
dall’innovazione tecnologica, unitamente all’evoluzione della domanda, che
avevano privato del carattere di monopolio naturale una serie di servizi pubblici,
provoca una svolta quasi epocale nella disciplina degli stessi a livello nazionale.
Fino a quel momento i servizi pubblici nella maggior dei Paesi europei ed in
particolare in Italia, erano assoggettati ad un regime di monopolio legale o più
correttamente, com’è stato osservato, di riserva originaria a favore dello Stato.
L’introduzione del regime di libero accesso al mercato, non solo esclude
l’esistenza di posizioni monopolistiche pubbliche, ma priva di significato la
gestione pubblica dell’impresa, spingendo gli Stati alla privatizzazione formale e
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sostanziale. La liberalizzazione dei mercati non modifica, per altro, solo le regole
e le logiche comportamentali degli Stati, di fatto sottraendo loro la libertà di
scelta degli strumenti idonei a realizzare gli interessi generali impliciti nei servizi
pubblici, ma inevitabilmente limita il potere di individuare tali interessi. Ed in
vero la Comunità, dopo aver inciso sul regime giuridico dei servizi pubblici, sta
assumendo sempre più il compito di definire gli interessi generali ad essi sottesi e
le prestazioni indispensabili per realizzarli, sostituendosi agli Stati membri. In
questo filone sembra collocarsi e trovare ragione giustificativa, l’elaborazione
comunitaria del “servizio universale” come strumento di coesione economica,
sociale e territoriale tra gli Stati membri.
Nel terzo capitolo, sono puntualizzate le esigenze di tutela degli utenti di
servizi pubblici sia dal punto di vista della garanzia che giurisdizionale. Infatti,
la progressiva liberalizzazione dell’area dei servizi pubblici ha determinato una
crescente attenzione per la tutela del cittadino-utente, sempre più visto come
cittadino-cliente da soddisfare nelle proprie esigenze. I profili qualitativi connessi
all’erogazione del servizio hanno così assunto un’autonoma rilevanza rispetto ai
tradizionali aspetti quantitativi delle prestazioni; le problematiche connesse alla
garanzia della qualità del servizio sono divenute nuove e decisive sfide per il
moderno legislatore. In quest’ottica va inquadrata l’introduzione di strumenti
come le carte dei servizi e di logiche di customer satisfaction che ha determinato
mutamenti sostanziali nell’organizzazione del servizio da erogare e negli assetti
degli stessi soggetti gestori. Quindi, tra le iniziative di riforma che si ispirano alla
l. n. 241/90 rientra la c.d. Carta dei Servizi pubblici. Questo strumento si presenta
come un completamento della legge sul procedimento amministrativo in quanto
tale legge afferma nuovi principi nei rapporti fra amministrazioni e cittadini,
attraverso un catalogo di diritti che, però possono essere fatti valere solo nei
confronti dell’amministrazione autoritativa. La Carta dei Servizi pubblici
provvede ad estendere l’applicazione degli stessi principi anche all’attività
erogativa, attraverso regole adeguate alle caratteristiche di tale differente modello
di amministrazione.
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CAPITOLO 1
I SERVIZI PUBBLICI IN GENERALE
9
1.1 ELEMENTI ESSENZIALI DELLA NOZIONE DI SERVIZIO
PUBBLICO TRA CONCEZIONE OGGETTIVA E SOGGETTIVA
La nozione di servizio pubblico è una delle più complesse che la teoria del
diritto pubblico e amministrativo abbia cercato di fornire. Nel nostro
ordinamento non si è affermato un concetto unitario di servizio pubblico, così
come non c'é un diritto dell'insieme dei servizi pubblici, ma differenti discipline
che ne regolano i diversi aspetti.
I francesi, che hanno dedicato a questo tema la riflessione più
approfondita e sono tuttora i primi tenaci difensori della nozione di servizio
pubblico, lo identificano con “ogni attività la cui esplicazione deve essere
assicurata, regolata e controllata dai governanti in quanto indispensabile alla
realizzazione e allo sviluppo dell’interdipendenza sociale e che è di natura tale da
non poter essere completamente realizzata se non con l’intervento della forza di
governo”1.
In via generale, il concetto di servizio pubblico evoca l’idea di un compito
di interesse generale da realizzare, al quale si preponga un soggetto pubblico che
ne curi, direttamente o attraverso altri, l’esecuzione. Sono tradizionalmente
definiti servizi pubblici quei servizi che soddisfano esigenze fondamentali della
collettività, quali, ad esempio, i trasporti di linea, le telecomunicazioni, le
radiodiffusioni, il recapito della corrispondenza postale, la somministrazione di
energia elettrica e di gas naturale. Il legislatore, in Italia come nel resto del
mondo, non ha mai fornito una nozione2 espressa di servizio e,
conseguentemente, la dottrina non ha avuto a disposizione precisi e univoci
termini di riferimento su cui fondare le proprie ricostruzioni teoriche. Poiché
manca una definizione legislativa generale di servizio pubblico che valga per
l’intero ordinamento giuridico, e in particolare per il diritto amministrativo, le
nozione in questione è stata essenzialmente il frutto dell’opera interpretativa
della dottrina classica e della giurisprudenza francese e italiana che, hanno
1
Si veda Corso Guido, manuale di diritto amministrativo III edizione, 2006, G. Giappichelli editore, Padova.
2
L’art. 22 della legge 192/90, invece, definisce servizi pubblici quelli che hanno per oggetto la produzione dei beni
ed attività rivolti a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
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elaborato concezioni teoriche differenziate in relazione al quadro normativo e
istituzionale di riferimento.
Alcuni degli elementi distintivi del servizio pubblico sono stati così
ricavati per distinzione da quelli della funzione pubblica. Nel diritto
amministrativo la funzione pubblica e il servizio pubblico sono due nozioni
differenti che esprimono momenti diversi e non coincidenti dell’attività
amministrativa nel suo complesso. L’elemento distintivo è il carattere
autoritativo riconducibile all’azione dell’amministrazione. Il servizio pubblico si
identifica pertanto con una pubblica amministrazione che cura in maniera
concreta gli interessi della collettività, senza far uso di poteri che comprimono o
limitano la sfera di libertà dei cittadini3. La funzione pubblica, invece, si riferisce
ad un’attività che si caratterizza perché rivolta al perseguimento di uno scopo
esterno, non fissato dal soggetto agente, e che in tal senso si concretizza
nell’esercizio di poteri autoritativi.
L’assenza di una disposizione normativa che chiarisse la nozione di
servizio pubblico ha determinato l’elaborazione di diverse tesi dottrinali in
materia, tra le quali meritano di essere riportate la teoria “soggettiva” e quella
“oggettiva” dei servizi pubblici.
Nella prima fase dell’elaborazione della teoria del servizio pubblico
grande attenzione era stata posta sulla natura pubblica del soggetto erogatore.
Secondo tale approccio soggettivo4, della dottrina francese, gli elementi che
permettevano di individuare il servizio pubblico erano l’imputabilità diretta (o
indiretta tramite concessionari) dell’attività allo stato o ad altro Ente pubblico e
la destinazione a favore di cittadini amministrati. Tutte le figure di servizi
pubblici venivano così ricondotte nella sfera dell’attività sociale
dell’amministrazione. L’unico tratto caratterizzante il pubblico servizio era
l’assunzione che ne faceva il pubblico potere. Pertanto, la Pubblica
Amministrazione, valutato un servizio come di utilità generale, assumeva il
3
Nel 1900 erano pubblici servizi quelli della pubblica istruzione, delle poste, delle ferrovie, però non la polizia e le
forze armate. In sostanza, era un pubblico servizio quello gestito dal pubblico e tutti i servizi che non avevano una
forma autoritativa. Si veda Giannini Massimo Severo, L’amministrazione pubblica dello stato contemporaneo, 1998,
in “Trattato di diritto amministrativo”, Padova, p. 75.
4
La teoria del servizio pubblico in senso soggettivo nasce nell’ambito della dottrina francese con la funzione di
delimitare il riparto di giurisdizione tra il giudice amministrativo e il giudice ordinario.