4
INTRODUZIONE
Questa tesi di laurea nasce dall’idea di voler unire quelle che sono le mie
grandi passioni: la lingua e la cultura araba e il mondo del giornalismo. Ma
ancor di più nasce dall’intento di voler informare chi ha poca o,
nessuna conoscenza riguardo alla funzione dei mass media presenti nel
mondo arabo. Tra i vari mezzi di comunicazione ho preferito la carta
stampata alla radio e alla televisione. I motivi sono legati semplicemente ad
una mia preferenza nella traduzione di testi scritti e anche alla maggiore
possibilità di trovare informazioni sull’argomento che ho deciso di trattare.
Perché la Libia e non un altro paese arabo? La mia analisi verte
principalmente sulla traduzione di articoli tratti dal quotidiano libico Al-
Shames sull’ultima visita del colonnello libico Mu‘ammar Gheddafi a Roma
per celebrare il secondo anno dalla firma del Trattato di Amicizia tra Libia e
Italia avvenuto nell’Agosto 2008. Ho analizzato lo stesso episodio trattato
da alcuni articoli di quotidiani italiani come la Repubblica e il Corriere della
Sera, soffermandomi oltre che sulle modalità di esposizione dei fatti, anche
sul linguaggio utilizzato. Lo scopo è ricavare (là dove ci siano) differenze e
analogie tra i due tipi di giornalismo.
I testi analizzati per questo lavoro, sia arabi che italiani, risalgono ai giorni
29 , 30 e 31 Agosto 2010.
È necessario precisare ciò, poiché proprio nel momento in cui questa tesi è
stata terminata secondo i protocolli di ricerca impostati inizialmente ed
attende ormai di essere discussa, si assiste ad una serie di rivolte all’interno
di numerosi paesi arabi, come per primi l’Algeria, la Tunisia e l’Egitto ma
non solo, volte a promuovere riforme politico-sociali nei governi che
sono/erano, a seconda dei singoli casi, in carica.
5
In particolare proprio per il caso della Libia, stiamo assistendo a uno scontro
ormai divenuto sanguinoso fra opposte fazioni, composte da forze
antigovernative e forze filogovernative, che porterà inevitabilmente a
modificare l’assetto geopolitico della regione, come del resto ha già portato
ad una revisione del Trattato di Amicizia italo-libico
2
.
Nel primo capitolo ho cercato di fornire alcuni cenni storici riguardo al
giornalismo nel mondo arabo partendo dai primordi, passando per la Nahda
fino ad arrivare al giornalismo arabo moderno, con Al Jazeera. Inoltre ho
messo in evidenza come la politica ha da sempre influenzato i giornalisti
arabi, sia nel Maghreb che nel Mashreq anche a causa dei vari processi di
colonizzazione. Al riguardo, la figura dello statunitense Rugh che classifica
diversi tipi di stampa all’interno del mondo arabo e le rispettive censure;
inoltre ho illustrato il ruolo dell’associazione internazionale Reporters sans
frontières nel difendere la libertà di stampa, e dell’Articolo 21 della
Costituzione italiana sulla libertà di manifestazione del pensiero.
Come detto in precedenza, la mia tesi oltre che offrire un quadro generico,
seppur limitato, del giornalismo nei vari paesi arabi, si indirizza
principalmente sulla stampa in Libia. Questo è quanto ho cercato di trattare
nel secondo capitolo, partendo dalla storia di questo paese arabo e dalle
sue dominazioni, fino ad arrivare alla colonizzazione italiana. Di
conseguenza non ho potuto tralasciare la figura del colonnello Mu‘ammar
Gheddafi, e la sua importanza a livello politico, economico e sociale, dentro
e fuori la Libia. Ho illustrato anche come l’indipendenza politica di questo
paese ha inciso fortemente sull’indipendenza culturale e quindi sulla
stampa e sulla pubblicazione di quotidiani e riviste.
Grande importanza ho dato al ruolo della notizia o informazione politica, e
alla presunta verità e obiettività insita in essa; l’interpretazione, la
6
soggettività, e la contrapposizione tra etica e deontologia della professione
giornalistica, riguardo al fatto di dover rispettare, o seguire delle regole
perché dettate dalla professione stessa o per rispondere alla propria
coscienza morale, in base quindi ai valori di ciascun individuo.
La traduzione di articoli estratti dal quotidiano libico Al Shames, e il
successivo confronto con i quotidiani italiani, mi ha permesso di effettuare
un lavoro di indagine sui diversi tipi di giornalismo, in base alle fazioni
politiche, capire perché si utilizza una parola piuttosto che un’altra, e
perché si inseriscano a volte metafore e figure retoriche, perché uno stesso
argomento, oggettivo perché realmente accaduto, viene spesso stravolto in
alcune parti, soltanto se ci si sposta dall’Italia alla Libia... ma non solo,
confrontando anche i diversi quotidiani italiani, ci si può rendere conto che
anche all’interno di uno stesso paese, una notizia politica può essere
facilmente stravolta, un quotidiano può risaltare un particolare
mettendone in penombra altri mentre un altro quotidiano, nello stesso
paese, sullo stesso argomento, può fare totalmente il contrario..
.
7
1. Il giornalismo arabo
1.1 Storia del giornalismo arabo: dalle origini alla Nahda
Il primo passo da compiere per conoscere come il giornalismo si delinea
all’interno dei paesi del mondo arabo è partire dalla sua storia, quindi la
nascita e gli sviluppi nel tempo. All’ interno di questo capitolo e in particolar
modo in questo primo paragrafo verranno forniti alcuni cenni storici sulla
stampa araba partendo dai primordi, importanti per capire il giornalismo
attuale e per confrontarlo con quello occidentale, evidenziando la loro
diversità per cultura e per vicende storiche. Già nel mondo arabo
preislamico, la parola aveva un ruolo importantissimo, in quanto permetteva
a chiunque di esprimere il proprio pensiero, al contrario del mondo
occidentale dove le forme espresssive per eccellenza erano la pittura, la
scultura e il disegno. Ognuno utilizzava il mezzo che meglio esprimesse le
proprie emozioni e passioni e con il quale riuscisse a comunicare.
I caratteri mobili della stampa, e quindi la nascita del giornalismo inteso in
senso moderno, risalgono al periodo in cui Napoleone occupò l’Egitto (1798-
1801).
Infatti questo periodo fu caratterizzato da una lunga serie di colonizzazioni e
forse è proprio per questo motivo che il giornalismo arabo sin dall’inizio
ebbe una forte vocazione politica. Quando nel 1801 i francesi partirono
dall’Egitto, il paese rimase senza stampa fino al 1828, anno in cui,
Muḥammad ‘Alī (1769-1849) fondò il primo giornale del mondo arabo al-
Waqā’i΄ al-miṣriyyah (Le vicende egiziane), organo ufficiale del governo che
aveva come obiettivo principale quello di esaltare l’operato del governatore.
Il giornale venne scritto prima in turco e in arabo, poi in un successivo
8
momento solo in arabo. Il periodo al quale facciamo riferimento è quello
della Nahda, dall’arabo ‘rinascita’ che indica appunto un movimento di
rinascita sociale, politica e letteraria che però non apparve in un momento
preciso ma fu un processo piuttosto lento e graduale i cui primi segnali ci
furono alla fine del Settecento.
Questo movimento segnò la fine di un lungo periodo di decadenza per il
mondo arabo, caratterizzato da ignoranza e povertà culturale. La Nahda non
consiste nel recuperare quello che faceva parte del patrimonio classico,
quanto invece portare innovazioni nei vari campi: a livello sociale ad esempio
ribaltò quella che era la figura della donna attraverso la fondazione di
movimenti femministi e pubblicazione di riviste che parlassero di problemi
femminili. Questo termine è utilizzato soprattutto nella regione siro-
libanese, mentre in Tunisia si parlerà ad esempio di tanwīr (traduzione del
francese illuminisme) e in Iraq di yaqẓah ‘risveglio’
1
.
I primi quotidiani e le prime riviste, sia politiche che letterarie, nascono in
Egitto e nella regione siro-libanese (in arabo bilad al-sham) questo perché la
vita culturale in questi paesi era tra le più vive e stimolanti, rispetto anche a
quella dei paesi del Maghreb. La Nahda del Vicino Oriente non fu infatti la
stessa che nel Maghreb e di conseguenza questo comportò differenze anche
a livello di stampa e comunicazione.
La ragione è legata al colonialismo: quello francese in paesi come Algeria
(1830-1962), Tunisia (1881-1956) e Marocco (1912-1956) e quello italiano in
Libia ( 1911-1943 ).
Tutto questo per dire che i paesi del Maghreb raggiunsero l’indipendenza
molto più tardi rispetto a quelli del Mashreq: la Libia nel 1951, il 1956 fu
1
I. Camera D’afflitto, Letteratura Araba Contemporanea dalla Nahḍah a oggi, Roma, Carocci, 2004 p. 19-
20.
9
l’anno del Marocco e della Tunisia, nel 1960 la Mauritania e nel 1962
l’Algeria. Ciò che distingueva la stampa maghrebina da quella dei paesi del
Vicino Oriente era che la maggioranza delle testate erano redatte oltre che
in arabo anche in francese, spagnolo, inglese e italiano.
Al Libano si deve il primo sviluppo della stampa, grazie all’apertura di negozi
di libri e alla pubblicazione di numerosi giornali; ma questa situazione non
durò molto, poiché infatti in seguito ad alcuni scontri per motivi economici,
la maggior parte dei letterati e intellettuali dal Libano si trasferì in Egitto che
divenne nuovamente il centro fondamentale e più innovativo del
giornalismo arabo, nonostante il periodo di occupazione da parte della Gran
Bretagna.
Gli occupanti imponevano il loro volere sui governi locali e quindi tutto ciò
si rifletteva anche nelle testate giornalistiche. Nel 1882 cominciò
l’occupazione inglese in Egitto, terminata nel 1922, e il giornale al-Ahrām ‘Le
piramidi’ cominciò a pubblicare articoli di alcuni giornalisti che criticavano
l’Inghilterra. Questo per dire che la colonizzazione determinò dei rapporti
tra giornalisti e potere politico, alcuni dei quali caratterizzati da forti censure.
10
1.2 La stampa tra potere e libertà: il ruolo della politica dal
Maghreb al Mashreq
In questo periodo si susseguirono una serie di provvedimenti politici e
legislativi che avevano come obiettivo principale quello di limitare la libertà
di espressione, rimanendo fedeli al volere degli uomini di governo. Nel
periodo successivo alla colonizzazione si vennero a creare anche dei sistemi
diversi per ciascun paese a seconda della situazione politica interna.
Rug
2
classifica quattro tipi di stampa all’interno del mondo arabo prendendo
come punto di riferimento la componente politica.
Il primo tipo di stampa ad essere classificato è quello dove il popolo si
mobilita nella politica e quindi è molto attivo e cerca di appoggiare tutte le
riforme politiche, sociali ed economiche. Parliamo di paesi come la Siria, la
Libia, il Sudan e l’Iraq al tempo di Saddam Hussein. Questi paesi hanno dei
regimi rivoluzionari e di conseguenza la loro stampa prova in tutti i modi a
difendere il potere politico e lo fa con toni aggressivi e combattivi. L’editore
che si cela dietro le testate è generalmente il partito unico al potere. I
giornalisti all’interno della stampa di questi paesi, sono continuamente sotto
pressione, e quando non si allineano con il regime al potere o quando non lo
rispettano, diventano vittime del sistema punitivo che prevede diverse
sanzioni come per esempio la sospensione della professione giornalistica,
l’arresto, o nel peggiore dei casi, la scomparsa
3
. Ecco perché Rugh definisce
2
William A. Rugh era un funzionario degli Affari Esteri operante per l’Agenzia d’Informazione statunitense.
Lavorò inoltre come ambasciatore statunitense per lo Yemen e gli Emirati Arabi Uniti. Fu presidente della
Amideast, associazione che promuoveva la cooperazione tra Americani e il Medio Oriente. Autore di Arab
Mass Media.
3
http://en.rsf.org/middle-east-north-africa.html
11
questo tipo di stampa, “in divisa”, facendo riferimento alle rigidissime
censure che vi sono.
Per fare un esempio, nell’Iraq di Saddam Hussein tutti i giornalisti erano
costretti ad iscriversi al partito Ba’ath
4
.
La seconda classificazione di cui ci parla è quella che riguarda paesi come il
Regno dell’Arabia Saudita, il Bahrein, il Qatar, l’Oman, gli Emirati Arabi Uniti
e la Palestina (con una situazione un po’ differente dagli altri paesi) .
I rispettivi giornali cercano di non contrastare mai i regimi che sono al potere,
quanto piuttosto di supportarli, e ciò nonostante si parli di giornali che non
sono proprietà dello stato ma sono controllati da gruppi privati. Il tono della
stampa è differente, meno aggressivo e rivoluzionario rispetto al precedente
gruppo. Anche qui non è lecito criticare la politica dei vari governi, ma ci sono
casi in cui traspaiono leggere critiche ai politici, dove però i toni sono sempre
molto tranquilli.
In questi paesi quindi possiamo dire che la stampa non è molto combattiva
e la ragione di ciò va ricercata nella presenza di leggi e sistemi legislativi
5
che
proteggono lo Stato, e anche nel fatto che il giornalismo qui si è sviluppato
piuttosto tardi rispetto ad altri paesi. Leggendo un’intervista
6
fatta a Sean
O’Driscoll, giornalista di un quotidiano, ora settimanale di Dubai, 7days
7
, ho
potuto rilevare che anche negli Emirati Arabi Uniti i giornali sono sottoposti
ad un controllo molto rigido da parte del governo anche se negli ultimi anni
4
L’Iraq fa parte dei cinque paesi più a rischio per la stampa assieme alla Colombia , Bangladesh,Filippine e
Russia.Rilevato da un rapporto diffuso dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) nel Maggio del
2005 .http://it.peacereporter.net/articolo/2352/I+cinque+Paesi+pi%F9+a+rischio+per+la+stampa
5
In Arabia Saudita c’è una legge del 1965,ancora in vigore che proibisce di criticare l’operato del governo;
in Oman la legge sulla stampa del 1984 autorizza la censura preventiva; in Qatar nel 1996 è stato abolito il
ministero dell’Informazione e quindi venendo a mancare il controllo della censura si sono verificate azioni
legali contro la stampa
6
http://www.luigiboschi.it/?q=node/29003
7
Nato nel 2004 e famoso per pubblicare articolari provocatori rispetto ad altri giornali presenti a Dubai
http://www.dubaifaqs.com/newspapers-in-dubai.php
12
la situazione sta migliorando in quanto, criticando ad esempio l’operato del
governo non si rischia più l’arresto del giornalista ma la chiusura del giornale.
I temi “proibiti” sono soprattutto quelli della prostituzione ma anche quelli
economici e culturali qualora danneggino l’immagine del paese. Ovviamente
il caso della Palestina merita un discorso a parte all’interno della stampa di
“corte”
8
per l’assenza di uno stato palestinese indipendente. Si comincerà a
parlare di stampa palestinese con la nascita dell’Autorità palestinese
presieduta dopo la morte di Yasser Arafat nel 2004 da Mahmūd Abbās (Abū
Māzen). I giornali presenti nei territori amministrati dall’Autorità
Palestinese, sono di proprietà privata. Esistono inoltre anche giornali di
opposizione, soggetti però a forti pressioni legali: al Istiqlāl ‘L’indipendenza’.
La stampa palestinese non seguiva le leggi del governo palestinese ma quelle
israeliane, inglesi, giordane e quindi a seconda dell’occupante di turno.
Ovviamente anche qui non è permesso ora, e mai lo è stato, criticare il
presidente Arafat e le sue decisioni politiche.
La terza classificazione proposta da Rugh è quella di una stampa da lui
definita come “illusa e frustrata”. I paesi presi in considerazione sono
l’Egitto, la Giordania, Tunisia e Algeria.
Anche in questo tipo di stampa c’è controllo da parte del potere politico ma
le proprietà dei giornali sono divise tra il governo, i partiti politici e il settore
privato.
In Egitto, dopo l’abolizione della monarchia nel 1952, si susseguirono diverse
pubblicazioni grazie alle quali il popolo poteva conoscere le varie idee sulla
rivoluzione. La situazione cambiò nel momento in cui salì al potere Ğamāl
‘Abd al- Nāṣir (comunemente più noto come Nasser) che fece arrestare tutti
8
W. A. Rugh, The Arab Press: news media and political process in the arab world, London, Croom Helm,
1979.