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I nuovi elettori fra identificazione e ambivalenza 2
partito o di una coalizione. La politica è un argomento di per sé controverso, che
coinvolge la sfera affettiva, la sfera cognitiva e la sfera comportamentale degli
atteggiamenti di un individuo, che possono anche includere sia connotazioni
positive che negative contemporaneamente. Le persone possono cioè
sperimentare una certa ambivalenza riguardo ad un determinato argomento
politico, persona, schieramento, partito politico o verso i gruppi sociali che
animano la scena politica.
Nei dibattiti politici che i media ci riportano, si parla spesso di crisi
dell’identificazione politica, intendendo il fatto che l’appartenenza ad una parte
piuttosto che ad un’altra, abbia perso la sua importanza nello sviluppo
dell’orientamento politico a favore di criteri più legati all’interesse personale e di
categoria. Nonostante questo, è plausibile pensare che il comportamento politico
svolga una funzione espressiva (esprime l’identità dell’individuo). Lo scopo è
quello di approfondire configurazioni identificatorie specifiche per gli orientamenti
politici.
Nel nostro lavoro prendiamo in considerazione alcune di queste variabili:
l’identificazione la categoria costituita dalle persone con lo stesso orientamento
politico, i valori a cui le persone attribuiscono la priorità, gli atteggiamenti politici
ambivalenti e l’identificazione verso i leaders.
Attraverso il nostro lavoro, vogliamo fornire una chiave di lettura in più
sull’argomento, cercando ancora una volta di capire quali dinamiche psico-sociali
siano rilevabili dietro le scelte politiche degli individui.
Nel primo capitolo siamo partiti dagli studi di Tajfel (1981) e di Tajfel e Turner
(1986) sull’identificazione sociale, come quadro di riferimento per analizzare
l’identificazione con il partito e con il gruppo di persone dello stesso orientamento
politico. Sono state presentate le principali teorie e ricerche volte a spiegare e
misurare il rapporto che intercorre fra identificazione sociale e comportamento
politico.
L’ultimo paragrafo è dedicato all’analisi del rapporto fra valori e orientamento
politico, con particolare riferimento alla teoria formulata da Schwartz (1992).
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I nuovi elettori fra identificazione e ambivalenza 3
Nel secondo capitolo approfondiamo un aspetto della struttura degli
atteggiamenti: l’ambivalenza, concetto relativamente recente in psicologia
sociale. Dopo aver presentato i principali risultati di ricerche sull’argomento,
abbiamo confrontato i due metodi per la rilevazione dell’ambivalenza e rilevato
l’influenza che l’ambivalenza esercita su altri processi cognitivi.
Il terzo capitolo ha per argomento il leader e il processo di leadership. Abbiamo
concentrato la nostra attenzione su due tipi di leadership: quella transazionale,
fondata sullo scambio fra le parti (Hollander 1958; Graen e Haga, 1975; Graen e
Uhl-Bien 1991; 1995), e quella trasformazionale che comprende anche la
leadership carismatica, basata su aspetti più profondi del rapporto fra leader e
follower (Burns; 1978), perché ci sembravano le teorie più interessanti
sull’argomento.
L’illustrazione dei processi di leadership è motivata dall’ipotesi che la dinamica
identificatoria in ambito politico non si esaurisca nel rapporto con il partito o la
categoria degli elettori, ma comprenda anche il sentimento di prossimità
psicologica nei confronti di un leader.
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato alla presentazione della ricerca che
abbiamo svolto: l’obbiettivo è quello di verificare l’esistenza di un legame fra
identificazione sociale (o orizzontale) e orientamento politico (sono più
fortemente identificati con il partito gli individui politicamente orientati a destra e
centro-destra, o quelli politicamente orientati a sinistra e centro-sinistra?),
misurare il livello di ambivalenza relativo alle persone dello stesso orientamento
politico (sono più ambivalenti nei confronti degli individui del loro stesso
orientamento politico, le persone politicamente orientate a destra e centro-destra,
o quelle politicamente orientate a sinistra e centro-sinistra?), misurare il grado di
identificazione con il leader del proprio partito di appartenenza (si
identificheranno maggiormente con il leader gli individui politicamente orientate a
destra o centro-destra o quelle orientate a sinistra e centro-sinista?), verificare
l’esistenza di un’associazione fra adesione ai valori e identificazione,
atteggiamenti e orientamento politico.
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I nuovi elettori fra identificazione e ambivalenza 4
Capitolo primo
Il comportamento politico
La psicologia politica ha come oggetto d’indagine le rappresentazioni,
conoscenze, valutazioni, emozioni, ideologie che sono proprie degli individui in
quanto cittadini, leader, membri di gruppi. Qui di seguito ci occuperemo degli
atteggiamenti politici, in particolare della loro formazione, struttura e contrasto.
Prenderemo anche in esame il comportamento politico, che ha tra i suoi
prerequisiti le conoscenze e gli atteggiamenti degli individui, ma le cui condizioni
di attualizzazione sono anche profondamente condizionate da fattori esterni
(come le persone che ci circondano) ed interni (come i valori che rappresentano
principi guida nella vita di un individuo). Noi ci concentreremo sull’influenza che
l’identificazione sociale ha sul comportamento politico delle persone.
1.1 L’organizzazione delle conoscenze politiche
Ci soffermiamo ora su come vengono immagazzinate le conoscenze politiche
nella memoria a lungo termine, attraverso un processo che non è solo di
immagazzinamento ma anche di organizzazione e ricostruzione. Il modo in cui le
informazioni sono immagazzinate nella memoria a lungo termine avrà
un’influenza sulla facilità e sulle modalità con cui queste informazioni verranno
richiamate nella memoria a breve termine al momento della codifica di nuove
informazioni. Presentando l’argomento, distingueremo l’organizzazione delle
conoscenze relative ad un singolo argomento e l’organizzazione delle
conoscenze relative a più temi politici.
Nell’organizzazione delle conoscenze su un tema (di qualsiasi tipo) è sempre
implicita una componente valutativa, relativa cioè all’atteggiamento, positivo o
negativo, dell’individuo nei confronti del tema stesso. Secondo Pratkanis (1989)
le conoscenze si organizzano in una struttura che può essere unipolare o
bipolare, secondo il legame che esiste con la componente valutativa. Nel primo
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caso la struttura include solo conoscenze connotate positivamente o
negativamente, nel secondo caso include sia conoscenze positive che negative
che neutre.
Le conoscenze politiche (come tutte le conoscenze controverse) vengono
organizzate secondo una struttura bipolare (Pratkanis, 1989). In questo tipo di
struttura, rientrano sia informazioni coerenti con l’atteggiamento della persona
che informazioni neutre o opposte al suo atteggiamento.
Per quanto riguarda l’organizzazione delle conoscenze su più temi, un modello
interessante è quello proposto da Judd e Krosnick (1989). Il modello vede le
conoscenze organizzate in forma di rete semantica, ossia ciascun concetto
costituisce un nodo della rete e i diversi nodi sono collegati fra loro da diversi
possibili legami. Sia nodi appartenenti alla stessa categoria, sia nodi
appartenenti a categorie diverse possono essere collegati tra loro.
L’ipotesi di Judd e Krosnick è che due nodi risultino collegati quando vengono
attivati simultaneamente e ciò avverrebbe con più probabilità quando uno dei due
nodi implica, favorisce o esclude l’altro. Sia i nodi che i legami sarebbero
caratterizzati da una certa accessibilità e da una connotazione valutativa
(positiva o negativa). Ad esempio, il nodo relativo alla pena di morte e il nodo
relativo ad un certo partito politico possono essere particolarmente accessibili
nella mente di una persona e a loro volta, il nodo relativo alla pena di morte,
caratterizzato negativamente, e il nodo relativo ad un certo partito politico,
anch’esso caratterizzati negativamente, possono essere legati dal fatto che
questo partito appoggi la pena di morte.
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I nuovi elettori fra identificazione e ambivalenza 6
1.2 Gli atteggiamenti politici
La formazione degli atteggiamenti politici è frutto della combinazione di quattro
fattori (Krosnick e Milburn, 1990):
9 competenza politica;
9 competenza politica soggettiva (la percezione che ogni persona ha della
propria capacità di interpretare gli eventi della politica);
9 la percezione dell’interesse da parte del partito di riferimento per le
opinioni dei cittadini (se le persone credono che al proprio partito o governo
interessino le loro opinioni, sono più propense ad interessarsi alla politica);
9 complessità cognitiva (la capacità di strutturare ed organizzare le
informazioni e di ragionare secondo concetti astratti. Questo è particolarmente
utile in ambito politico perché le informazioni necessarie per formare un
atteggiamento in ambito politico, sono espresse in modo poco chiaro e ostico).
Gli atteggiamenti, una volta formati, sono costituiti da tre componenti:
9 cognitiva, ossia l’insieme delle credenze relative all’oggetto di
atteggiamento;
9 affettiva, ovvero le emozioni, i sentimenti relativi all’oggetto di
atteggiamento;
9 comportamentale, cioè le esperienze che l’individuo ha avuto con l’oggetto
di atteggiamento (Katz e Stotland, 1959).
Non è detto che tutte e tre le componenti siano sempre presenti alla base di un
atteggiamento: ad esempio si può sviluppare un atteggiamento positivo nei
confronti di un candidato perché si è letto della sua azione politica, senza mai
averlo visto e senza aver mai parlato direttamente con lui.
Nello stesso modo, non è detto che le tre componenti siano coerenti tra loro: un
individuo può avere informazioni negative su un partito, ma provare simpatia nei
confronti delle persone che lo compongono.
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I nuovi elettori fra identificazione e ambivalenza 7
A questo proposito, dobbiamo riservare un posto di rilievo al ruolo che
l’emozione gioca sugli atteggiamenti.
Secondo una ricerca effettuata da Abelson e colleghi (1982), le emozioni
suscitate dagli uomini politici hanno un’influenza di rilievo sul giudizio espresso
nei loro confronti, e nel caso delle emozioni positive, questa influenza può
addirittura superare quella dei tratti di personalità attribuiti agli stessi uomini
politici. I ricercatori hanno presentato ai partecipanti una lista composta da 16
tratti di personalità, equamente ripartiti fra positivi e negativi, e hanno chiesto loro
di valutare quanto fossero adatti a descrivere uomini politici americani, come
Kennedy, Carter e Bush. L’item era costruito pressappoco in questo modo: “La
parola ‘onesto’ descrive Kennedy benissimo, molto bene, abbastanza bene o per
niente?”. Successivamente, alle stesse persone è stata proposta una lista
composta da 12 emozioni, equamente divise fra positive e negative, e si è
chiesto loro di scegliere quali fra queste venivano suscitate in loro dagli stessi
uomini politici. L’item era pressappoco il seguente: “Carter, a causa del tipo di
persona che è o a causa di qualcosa che ha fatto, l’ha mai fatta sentire:
arrabbiato?… felice?…”. Infine ogni partecipante doveva esprimere un giudizio
su ciascun personaggio politico presentato, attraverso una scala a termometro, il
cui punteggio andava da 0 (estremamente sfavorevole) a 100 (estremamente
favorevole).
Così Abelson et al. (1982) hanno rilevato che se una valutazione si è formata
all’inizio soprattutto attraverso un canale emotivo, è più probabile che gli indici
emotivi rimangano in seguito migliori predittori di quella specifica valutazione
rispetto ad altri.
Per quanto riguarda la struttura degli atteggiamenti, uno degli orientamenti
emersi è quello secondo il quale gli atteggiamenti politici si sviluppano lungo un
continuum bipolare, chiamato in vari modi: liberalismo-conservatorismo, sinistra-
destra, radicalismo-conservazionismo (modello bipolare, Eysenck e Wilson,
1978). All’interno di questo modello il grado in cui un individuo è liberale
corrisponde al grado in cui lo stesso individuo non è conservatore e viceversa.
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Il significato di destra e sinistra nel sistema politico americano appare differente
rispetto al significato di destra e sinistra nel sistema politico italiano. Benché
universalmente la distinzione sia nata con la rivoluzione francese, il significato
intrinseco della dicotomia sembra essere diverso a seconda del sistema politico
di riferimento. Rifacendoci al lavoro di Bobbio (1994), utilizziamo il concetto di
destra e sinistra come contrapposizione di ideologie e movimenti antitetici.
Secondo lo studioso, in un universo come quello politico, costituito da rapporti di
antagonismo fra parti contrapposte (partiti, gruppi di interesse, fazioni…), il modo
più idoneo per rappresentare la realtà è una diade o una dicotomia. La stessa
categoria politica viene rappresentata dalla contrapposizione amico-nemico, che
riassume, ad un livello astratto, l’idea della politica come luogo dell’antagonismo.
Bobbio considera l’utilizzo delle parole destra e sinistra come una banale
metafora spaziale, la cui origine (del tutto casuale, per altro) e la cui funzione è
semplicemente quella di dare un nome alla persistente ed essenziale
composizione dicotomica dell’universo politico. Il nome dato alle categorie può
variare, la struttura essenzialmente bipolare dell’universo politico rimane. Per
questo, ci sembra comunque idoneo fare riferimento a teorie che riguardano due
sistemi politici concettualmente diversi, ma strutturalmente identici.
Un modello che si oppone a quello di Eysenck e Wilson è quello proposto da
Kerlinger (1984, modello dualistico), in base la quale il liberalismo non è
necessariamente l’opposto del conservatorismo, ma le due posizioni possono
essere fra loro complementari. Questo modello si basa sulla teoria dei riferimenti
criteriali: un referente è una categoria che serve a focalizzare un atteggiamento;
un referente è criteriale in quanto è centrale per un atteggiamento. Secondo
Kerlinger l’insieme dei fenomeni importanti per i liberali non saranno gli stessi per
i conservatori e viceversa. Ad esempio l’uguaglianza sociale sarà un tema
centrale per i liberali e non per i conservatori, la proprietà privata sarà un
concetto centrale per i conservatori e non per i liberali.
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Sidanius e Duffy (1988) hanno suggerito che strutture di atteggiamento diverse
possono coesistere in circostanze differenti. Quindi il modello dualistico può
risultare adatto in alcuni casi e il modello bipolare in altri.
1.2.1 Contrasto nel giudizio politico
Gli atteggiamenti che riguardano un tema non sono necessariamente positivi o
negativi, possono avere entrambe le componenti. Quando entrambe le
componenti vengono attivate, si genera contrasto nell’individuo. Come viene
gestito questo contrasto, riferito al giudizio politico? Come può l’atteggiamento
influenzare la conoscenza politica?
Secondo Cattellani (1997), l’influenza dell’atteggiamento sulla conoscenza può
essere tanto più rilevante:
9 quanto più l’individuo è coinvolto rispetto all’oggetto, quindi quanto più
l’atteggiamento è forte;
9 quanto più questo si presenta come ambiguo e contraddittorio.
Ci soffermiamo sul tema dell’ambiguità e contraddittorietà degli oggetti di
atteggiamento. Può accadere che gli atteggiamenti politici si formino non nei
confronti di oggetti stabili, sempre uguali a se stessi, ma di oggetti mutevoli, che
possono presentarsi alle persone in modi differenti a seconda delle circostanze.
In particolare, nel caso dell’uomo politico, la variabilità può riguardare sia i suoi
comportamenti sia i suoi atteggiamenti, che possono modificarsi in due modi:
9 il politico ritaglia le sue dichiarazioni su misura a seconda del contesto in
cui le effettuerà e del pubblico che avrà di fronte;
9 il politico cambia effettivamente posizione nel tempo. Può addirittura
capitare che un uomo politico cambi partito o che il partito di appartenenza cambi
ideologia di fondo.
Che implicazioni avrà tutto ciò sulle persone? Un’esigenza primaria dell’individuo
è quella di vivere in una realtà equilibrata e coerente e di essere lui stesso
equilibrato e coerente. Quindi la persona cercherà in ogni modo di ridurre
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l’incoerenza percepita negli altri e in se stessa, anche a costo di distorsioni nella
codifica di nuove informazioni.
Un’importante teoria sulla ricerca dell’equilibrio (Heider, 1958) è stata applicata
anche all’ambito politico da Granberg (1993). La teoria prende in esame i
rapporti che intercorrono fra tre elementi: cittadini, candidato (o partito politico) e
il tema politico. Il cittadino ha un certo atteggiamento nei confronti dell’uomo
politico; l’uomo politico ha un certo atteggiamento nei confronti del tema politico;
infine il cittadino ha una percezione dell’atteggiamento che l’uomo politico ha nei
confronti del tema politico. Il cittadino tenderebbe a raggiungere, mantenere o
ristabilire una situazione di equilibrio e ciò avviene quando tutte le relazioni della
struttura triadica sopra presentate hanno uno stesso segno positivo. C’è
equilibrio anche quando una delle relazioni è positiva e le altre due negative:
sono favorevole ad un leader ed entrambi siamo contrari alla pena di morte.
Supponiamo invece che io sia favorevole ad un leader che a sua volta è
favorevole alla pena di morte alla quale invece io sono contraria. Heider dice che
si cambia, tra gli elementi in gioco, quello che si percepisce come meno
importante o più semplice da cambiare e quando la triade delle relazioni è data
da due persone e da un tema si cambierà più facilmente l’atteggiamento verso il
tema.
L’obbiettivo di ristabilire l’equilibrio e quindi di attribuire idee che ci piacciono a
persone che ci piacciono, potrà agire come bias o tendenza sistematica nella
lettura dei dati, anche a dispetto delle reali informazioni a disposizione del
cittadino.
Una tendenza che può essere in parte ricondotta alla ricerca di equilibrio è la
tendenza ad accentuare la vicinanza tra noi stessi e l’oggetto del nostro
atteggiamento positivo e ad accentuare invece la distanza tra noi stessi e
l’oggetto del nostro atteggiamento negativo (Sherif e Hovland, 1961). Applicata al
caso politico, questa teoria suggerisce che l’elettore tenderebbe ad accentuare la
propria similarità percepita nei confronti di coloro che ha scelto di votare e (in
maniera minore) ad accentuare la differenza rispetto a chi non ha scelto.