4
Le mobilitazioni sulla globalizzazione sembrano assumere molti caratteri propri dei
movimenti sociali che la scienza politica ha analizzato dettagliatamente negli ultimi
quarant’anni, presentando inoltre un’accentuata dimensione sopranazionale. Nel
primo capitolo, si descriveranno le principali caratteristiche dei movimenti sociali e le
diverse interpretazioni in relazioni ad esse formulate.
Nel capitolo seguente si prenderanno in considerazione le origini e la composizione
del “movimento dei movimenti” che ha suscitato l’attenzione dei sociologi, oltre che
dei politologi. Verificatesi dopo anni si “silenzio” durante i quali si era parlato di fine
dei movimenti, alludendo alla progressiva istituzionalizzazione e
professionalizzazione delle esperienze legate alle lotte degli anni Sessanta e Settanta,
le nuove mobilitazioni di Seattle sono parse per molti un evento inaspettato. In realtà,
il controvertice di Seattle ha dato voce a gruppi, organizzazioni e associazioni anche
molto diverse confluite in seguito alla paziente costruzione di reti di contatto su scala
globale, sviluppatesi già a partire dagli anni Ottanta e accelerata dai numerosi
controvertici organizzati nel corso degli anni Novanta. Di seguito, partendo dai
documenti prodotti dai movimenti di protesta globali, verranno descritte le proposte
delle diverse “anime” no global.
Il ricorso alla protesta è un elemento caratterizzante i movimenti sociali. Molti
studiosi individuano la distinzione fondamentale tra i movimenti e gli altri attori
politici nell’utilizzo da parte dei primi della protesta come strumento di pressione
politica, cioè di una forma d’azione che interrompe la routine quotidiana. Da Seattle
in poi, gli attivisti critici della globalizzazione hanno fatto uso di forme d’azione non
5
convenzionali, pur privilegiando le strategie non violente. I media hanno comunque
enfatizzato la presenza all’interno delle manifestazioni di massa, come a Seattle e a
Genova, di forme più radicali di protesta. Nell’eterogeneo repertorio d’azione
adottato dall’emergente movimento globale si è scelto di indagare, nel terzo capitolo,
l’azione comune in campagne, boicottaggi e controvertici. Proprio le azioni comuni
portate avanti a livello internazionale e i controvertici della società civile hanno
favorito la creazione di legami di solidarietà fra attori di paesi diversi sia per le grandi
manifestazioni, che per l’azione a livello locale.
I movimenti sociali sono reti di relazioni informali. La pluralità di individui, gruppi e
organizzazioni che in essi partecipano è inserita in un sistema di rapporti non
formalizzati, un network che può assumere varie forme: da semplici reticoli dispersi e
debolmente connessi, a più complesse reti dense e fortemente integrate. E’ proprio
questa la particolarità dei movimenti sociali, il suo non essere un’organizzazione
precisa e facilmente individuabile, ma una pluralità flessibile, dinamica, di attori
collettivi in rapporto fra loro: una rete di reti appunto. Queste caratteristiche generali
dei movimenti sociali si presentano in forma ancora più accentuata nelle
mobilitazioni sulla globalizzazione. Nel quarto capitolo si descriverà come questi
soggetti si mettono in rete sia attraverso canali virtuali, Internet, che attraverso
momenti di incontro reale, i Forum sociali organizzati a livello mondiale,
continentale, nazionale.
Il movimento dei movimenti non si limita ad indirizzare le proprie rivendicazioni a
livello sopranazionale, al contrario tematizza una stretta dialettica tra l’ambito globale
6
e il contesto locale, cogliendo proprio nella dimensione locale lo specchio delle
contraddizioni della globalizzazione dall’alto e la base imprescindibile per la
realizzazione della globalizzazione dal basso di cui è fautore. Anche nel caso italiano
e abruzzese, il movimento può essere analizzato alla luce di questo duplice percorso
che lo vede, da un lato, parte delle crescenti mobilitazioni di natura globale, e
dall’altro, ne interpreta le caratteristiche a partire dalle specifiche condizioni
politiche, sociali e culturali che ne hanno favorito lo sviluppo in Italia e nella regione.
Nell’ultimo capitolo si descriveranno le diverse aree che compongono il movimento
italiano, ma soprattutto il percorso di sviluppo dell’Abruzzo Social Forum. In
particolare dell’Abruzzo Social Forum verranno descritti: il momento e le cause della
formazione, i principali promotori e attori, le battaglie affrontate, le iniziative
organizzate a livello locale, nazionale e internazionale, le forme d’azione e di
comunicazione, il rapporto con le istituzioni locali, i problemi e le relazioni che esso
instaura col territorio e con le altre organizzazioni di movimento, per comprendere
come, in effetti, si articola il rapporto tra la dimensione globale e quella locale del
movimento in esame. A tal fine sono state utilizzate come fonti: materiali
documentali prodotti dall’ASF (dossier, articoli, volantini, ecc.), il sito internet,
un’intervista ad uno dei portavoce del forum (in appendice) e l’osservazione
partecipante durante le assemblee regionali e le riunioni.
7
Capitolo 1
8
1.1 Globalizzazione e partecipazione
Senza alcun dubbio, la globalizzazione è un fenomeno dinamico,
complesso e portatore di contraddizioni e conflittualità. Il termine
indica un fenomeno pluridimensionale e di conseguenza non è
possibile darne una definizione univoca. Tuttavia, seguendo
l’approccio di Held e McGrew, la globalizzazione può essere intesa
essenzialmente come: azione a distanza, oggi le decisioni prese da
soggetti in un ambito locale hanno conseguenze significative per
soggetti lontani; compressione spazio temporale, il riferimento è al
modo in cui i mezzi di comunicazione elettronici erodono, con la loro
istantaneità, i limiti della distanza e del tempo; accelerazione
dell’interdipendenza ovvero l’intensificazione dei livelli di
interconnessione tra economie private (delle aziende) e società
nazionali; contrazione del mondo ovvero erosione dei confini e delle
frontiere geografiche per effetto delle attività socioeconomiche
1
.
Inoltre alcuni utilizzano il termine “globalizzazione” per
riferirsi a reti stabili di interconnessioni o di interdipendenze che si
dispiegano su scala mondiale; altri lo usano, invece, per indicare una
vera e propria trasformazione dell’organizzazione della società.
1
D. Held, A. McGrew, Globalismo e antiglobalismo, Il Mulino, Bologna 2001, p.
13.
9
Tuttavia in questa sede, non interessa tanto trovare una definizione
condivisa di globalizzazione, quanto piuttosto riconoscere i suoi tratti
distintivi e le sue potenzialità euristiche rispetto alla comprensione del
tema della partecipazione nella società contemporanea.
Ma come viene percepita la globalizzazione nella società civile? Negli
ultimi anni gli effetti più discutibili sotto vari profili di questo
fenomeno sono fortemente contestati da parte di un nuovo attore
collettivo. Non è uno Stato o un partito, né un’associazione, è un
movimento tanto poliedrico e articolato al suo interno, che qualcuno
lo ha chiamato “movimento dei movimenti”
2
. E’ stato chiamato così
perché riunisce migliaia di organizzazioni non governative attive in
più paesi, associazioni di protesta, ambientalisti, sindacalisti, gruppi
religiosi, difensori dei diritti dei consumatori, anarchici, pacifisti,
liberal, conservatori, persone singole: impiegati, casalinghe, uomini
d’affari, studenti, operai. Anche se i loro obiettivi sono diversi,
talvolta agli antipodi, tutti sono accomunati dalla preoccupazione che i
loro interessi siano progressivamente sempre più scalzati da quelli
delle imprese e che il solo potere effettivo, attualmente, sia nelle mani
di istituzioni non elettive.
2
In realtà le etichette coniate per rappresentare questo movimento di protesta sono
state tante: “Popolo di Seattle” e di “Porto Alegre”, poi “noglobal”, infine “new
global”, come hanno detto gli stessi protagonisti del movimento, perché non li si
definisca solo per ciò che non sono, ciò che non vogliono.
10
“Se cercassimo una spiegazione causale della nascita della protesta
[…], potremmo senza dubbio affermare che ciò che ha risvegliato le
piazze è stata una privazione di potere: la perdita del potere di
controllo e indirizzo della sfera economica da parte dell’autorità
politica nazionale e la mancanza di legittimità, l’inefficacia e
l’inadeguatezza di poteri superiori che sono subentrati in luogo di
quelli in parte superati”
3
.
Attualmente esistono nuovi poteri che in un modo o nell’altro hanno
sottratto ai governi nazionali la possibilità di controllare i processi di
sviluppo economico e sociale: si tratta delle grandi imprese
multinazionali e delle organizzazioni economiche sovranazionali. La
crescente globalizzazione del commercio, stimolata attraverso accordi
intergovernativi che privilegiano il principio del libero scambio, tende
a subordinare ad esso le leggi nazionali e la debolezza delle leggi
internazionali a difesa della concorrenza accentua la libertà di
manovra delle grandi multinazionali. Come si legge nel volantino di
convocazione della manifestazione contro il summit di Banca
Mondiale e Fondo Monetario Internazionale nel 2000 a Praga, la
politica di queste istituzioni, in alleanza con le multinazionali, è
orientata a “massimizzare i profitti privati e limitare il potere delle
3
S. Ravazzi, Il movimento dei movimenti: azione collettiva fra teoria e realtà, in
“Teoria Politica”, n. 2, 2002, p. 51.
11
persone di proteggere l’ambiente, determinare il proprio destino
economico e salvaguardare i propri diritti umani”
4
.
La protesta contro la globalizzazione neoliberista ha avuto un forte
momento di visibilità a Seattle nel 1999, provocando il fallimento
della terza conferenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
(WTO) che avrebbe dovuto avviare il Millennium Round. Da Seattle
in poi, ogni vertice internazionale di qualche rilevanza è stato
accompagnato da controvertici e manifestazioni di protesta riportate
dalla stampa, spesso con più enfasi del programma ufficiale degli
incontri. In questi casi la protesta, se non altro, ha l’immediato effetto
positivo di far uscire i negoziati internazionali dall’ombra degli
accordi discreti tra diplomatici.
Le manifestazioni contro la globalizzazione neoliberista hanno
condensato una forte domanda di partecipazione, alla quale i partiti
non sono sembrati più capaci di dare risposta. Ormai i contestatori
respingono il governo rappresentativo, perché lo ritengono un
meccanismo inefficace, così scelgono di manifestare nelle strade e
attraverso internet. Come afferma Naomi Klein, in una recente
4
http://www.tightrope.it/user/chefare/en/prageng.html
12
intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica”: “I movimenti sono
la risposta al fallimento globale in una democrazia rappresentativa”
5
.
La crescente interdipendenza economica è stata accompagnata dalla
crescita di una “significativa internazionalizzazione dell’autorità
politica e insieme da una globalizzazione della stessa autorità
politica”
6
. In primo luogo si è assistito a una crescita delle
Organizzazioni internazionali governative (Oig) con un raggio
d’azione regionale come l’Unione Europea, ma anche come il
MERCOSUR in America Latina, il NAFTA nel Nord America o
finalizzate a scopi militari come la NATO e di sviluppo economico
come il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale
del Commercio.
Per comprendere la portata del fenomeno basti pensare che dal 1909 al
1997 il numero delle Oig classiche (conventional) è salito da 37 a 258,
adottando, però, criteri soltanto un po’ meno rigidi, il numero delle
Oig arriva a 1850
7
. In realtà, la crescita delle Organizzazioni
internazionali governative è legata alla consapevolezza di dover
governare fenomeni sempre più complessi, che sfuggono la
dimensione nazionale e la capacità dello stato di intervenire utilmente.
5
“La Repubblica”, 14 ottobre 2002.
6
D. Held, A. McGrew, op. cit. p. 72.
7
A. Caffarena, Le organizzazioni internazionali, Il Mulino, Bologna, 2001, pp.
48-49.
13
L’effetto serra, le sfide poste dalla criminalità organizzata o la tutela
della salute pubblica si articolano oggi su una scala che rende lo stato
inadeguato e richiedono un intervento concertato a livello
internazionale. E’ emersa, dunque, l’esigenza di dar vita a politiche
pubbliche internazionali che esplichino i loro effetti in un ambito
spaziale extranazionale.
Oggi sempre più parte della politica è traslata in un ambito dove non
esiste rappresentanza, a decidere delle sorti dell’umanità sono
istituzioni sovranazionali, organismi accomunati da una natura
sostanzialmente non democratica: non sono mai stati eletti, non
possono essere sostituiti, né giudicati, non rispondono in alcun modo a
coloro che subiscono gli effetti delle loro decisioni: in una parola, non
sono responsabili. Contro questi organismi che, insieme alle grandi
potenze economico-militari, prendono decisioni “chiave” per il mondo
si scaglia la protesta della società civile globale. La protesta è l’unico
modo per far sentire “altre” voci. Il movimento new global dà voce
alla gente cui è stato negato il diritto di eleggere i “suoi governi” e
anche alle persone che non sentono più che i rappresentanti eletti
agiscono nel loro interesse. Il successo che sta avendo il movimento
dimostra che esiste un’alternativa alla frustrazione e all’estraniazione:
proprio ponendo questioni, avanzando critiche e rendendole
14
pubbliche, esercitando pressione sulle persone che prendono decisioni
per la società, il demos partecipa alla gestione della globalizzazione.
1.2 Cosa sono i movimenti sociali
Il movimento new global è senza dubbio ascrivibile al più ampio
genere dei movimenti collettivi degli ultimi quarant’anni, che la
scienza politica ha analizzato dettagliatamente. Dagli anni Sessanta i
movimenti sociali, le azioni di protesta e, più in generale, le
associazioni politiche non riconducibili a partiti e sindacati, sono
diventati una componente pressoché stabile delle democrazie
occidentali.
Individuare una definizione di movimento sociale non è facile, poiché
si tratta di un concetto in continua evoluzione, che risente non solo del
mutare della realtà, ma anche delle interpretazioni che nel corso del
tempo gli studiosi hanno dato di esso. Nel resto del paragrafo si
cercherà di definire meglio tale concetto.
Fra le definizioni, una delle più semplici e complete, considera i
movimenti sociali come “attori collettivi formati da individui e gruppi
dotati di un’identità comune, che attraverso sforzi collettivi, si
15
mobilitano per ottenere mutamenti politici, sociali e/o culturali”
8
.
Attori non accumunabili a semplici organizzazioni politiche (come
partiti e gruppi di pressione), né tanto meno a sette o a culti religiosi:
“la specificità dei movimenti sociali sta nel fatto che sebbene esistano
delle organizzazioni che fanno riferimento ai movimenti, i movimenti
non sono organizzazioni […] sono, piuttosto, reti di relazioni tra attori
diversi, che possono includere o meno, a seconda delle condizioni,
anche organizzazioni dotate di una struttura formale. Dal fatto che
singole organizzazioni possano far parte di un movimento sociale non
discende che esse possano essere assimilate a quest’ultimo”
9
.
E’ proprio questa, infatti, la particolarità del movimento sociale, il suo
non essere un’organizzazione dalla struttura precisa e facilmente
individuabile, bensì una pluralità flessibile e dinamica di attori
collettivi in rapporto fra loro: una “rete di reti” appunto. Le singole
organizzazioni che sono incluse in tale galassia, non hanno nessun
vincolo col movimento sociale, né è individuabile una data precisa che
segni il loro ingresso in esso, o la loro uscita, esse sentono di
collocarsi nel movimento, perché seppure portatrici “di identità e
orientamenti differenziati arrivano a condividere un dato sistema di
8
D. Della Porta, Movimenti collettivi e sistema politico in Italia 1960-1995,
Laterza, Roma 1996, p. 314.
9
D. Della Porta, M. Diani, Movimenti collettivi e sistema politico in Italia 1960-
1995, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 314.
16
credenze e un senso di appartenenza […], mantenendo al tempo stesso
la loro peculiarità e autonomia”
10
. Simili specificità del movimento
sociale sfociano in quattro caratteristiche di fondo individuate da
Donatella della Porta e Mario Diani
11
.
In primo luogo i movimenti sociali possono essere considerati “reti di
relazioni informali”. La pluralità di individui, gruppi ed
organizzazioni che partecipano al movimento, è inserita in un sistema
di rapporti non formalizzati, diverso dai gruppi di pressione o dai
partiti, nei quali l’appartenenza è generalmente sancita da una tessera.
Il network può assumere varie forme, da semplici reticoli dispersi e
debolmente connessi, a più complesse reti dense fortemente integrate.
Per essere considerata un movimento sociale, una collettività i cui
membri sono coinvolti in scambi di vario tipo, deve elaborare un
sistema di credenze condivise e una specifica solidarietà. Chi
partecipa ad un movimento sociale non riceve tessere, né fa
sottoscrizioni, bensì si riconosce in una causa, la sente emotivamente
sua, e la sposa come stile di vita quotidiano.
Il terzo elemento caratterizzante i movimenti sociali è “l’azione
collettiva di tipo conflittuale”. I movimenti sociali sono attori
collettivi impegnati in conflitti di natura politica e/o culturale, volti a
10
Ivi, p. 32.
11
Ivi, pp. 28-30.
17
promuovere od ostacolare il mutamento sociale, ad un livello sia
sistemico sia non-sistemico. Per conflitto s’intende una relazione di
opposizione tra attori che si riferiscono al controllo di una medesima
posta. Perché vi sia conflitto sociale occorre, in primo luogo, che sia
definito un campo condiviso, con attori che si percepiscono come
diversi, ma al tempo stesso legati dal riferimento ad interessi e valori
cui attribuiscono importanza. E’ necessario che l’interazione inoltre
comporti, da parte di ognuno degli attori coinvolti, rivendicazioni
negative, vale a dire domande che, se realizzate, danneggiano gli
interessi degli “avversari”, nonché minacce di sanzioni esplicitamente
rivolte a quest’ultimi.
Il “ricorso alla protesta” è il quarto elemento che distingue i
movimenti sociali. Per quanto riguarda le forme d’azione, i movimenti
sociali si caratterizzano, in generale, in quanto adottano forme
“inusuali” di comportamento politico. Molti studiosi individuano la
distinzione fondamentale tra i movimenti e gli altri attori politici
nell’utilizzo da parte dei primi della protesta come strumento di
pressione politica, cioè di una forma non convenzionale di azione che
interrompe la routine quotidiana. Chi protesta si rivolge in genere,
tramite i mass media, all’opinione pubblica, prima ancora che ai
rappresentanti eletti o alla burocrazia pubblica.