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PREMESSA
Il 26 ottobre 1863 undici persone si incontrarono in una taverna di Londra per discutere di calcio.
Erano i rappresentanti dei più importanti club inglesi, alla ricerca di un accordo definitivo per
uniformare le regole del gioco del football. Questa data è da considerarsi come il momento di
nascita del calcio moderno. Tuttavia già dal 2600 a.C. in Cina l’uomo aveva cominciato a divertirsi
prendendo a calci palloni rudimentali. In ogni caso né i primi “calciatori” cinesi, né quei raffinati sir
inglesi avrebbero mai potuto immaginare cosa sarebbe diventato il calcio oggi: un’enorme
macchina in grado non solo di catalizzare l’attenzione e le emozioni di miliardi di individui, ma
anche di creare un giro d’affari colossale.
Il momento più significativo di questo fenomeno è costituito dai Campionati Mondiali, in cui le
rappresentative di tutti i Paesi del Mondo si sfidano per determinare quale sia la più forte. L’ultima
edizione, Germania 2006, rappresenta il culmine (momentaneo) dell’espansione di questa
“macchina”.
Ciò che regge il sistema veicolandone i messaggi e il senso è la comunicazione, che oggi si serve di
tecnologie sempre più avanzate per raggiungere ogni angolo del mondo e coinvolgere un numero
sempre maggiore di persone.
L’obiettivo di questa tesi è innanzitutto analizzare l’evento dei Mondiali di calcio come fenomeno
di massa, con i suoi risvolti sociali, politici e soprattutto economici. Vedremo poi nello specifico
come la Coppa del Mondo FIFA Germania 2006 è stata organizzata in tutti i suoi aspetti. Mi
concentrerò inoltre sull’approccio dei media all’avvenimento: questa parte è fondamentale per
capire come i Mondiali sono stati esportati e presentati in Italia e quale immagine ne è derivata.
Infine cercherò di ipotizzare come potrebbe essere Sudafrica 2010, la prossima edizione dei
Campionati.
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1. MONDIALI E SOCIETÀ
1.1 La comunicazione di massa
Prima di cominciare l’analisi, è necessario tener presente che per poter diventare lo straordinario
fenomeno che sono, i Mondiali di calcio hanno bisogno di essere comunicati. Si inscrivono dunque
all’interno delle logiche della comunicazione di massa. Il messaggio parte da un’emittente e arriva a
una moltitudine di riceventi: si tratta quindi di una forma di comunicazione “da uno a molti”, che in
genere non è interattiva perché le informazioni vanno in un’unica direzione, dalla sorgente ai
destinatari.
Già nelle società antiche si potevano avere fenomeni di questo tipo, ma erano esperienze
eccezionali, legate a occasioni particolari quali cerimonie o discorsi importanti. Era indispensabile
la compresenza fisica di tutti gli attori della comunicazione, in forma “faccia a faccia”. Il numero
dei riceventi era quindi circoscritto a chi poteva udire e vedere l’emittente.
La tecnologia oggi permette di superare i limiti materiali e di trasportare in forma immateriale i
messaggi a distanza, grazie ai cosiddetti media (mezzi, dal latino). La televisione per esempio
permette di vedere trasmissioni in diretta, diffondendo una nuova cultura, quella della
contemporaneità. Si possono infatti seguire avvenimenti lontani in tempo reale, direttamente da casa
propria. C’è quindi una notevole contrazione temporale che va necessariamente a condizionare i
ritmi della vita umana, dal momento che non occorre più andare fisicamente nel luogo in cui un
evento si svolge. Questo implica anche un sostanziale annullamento delle distanze: grazie alla
tecnologia ci possiamo “muovere” a grande velocità pur stando fermi e si passa quindi dal “qui”
all’”ovunque”. Diventiamo sempre più “cittadini del mondo”.
1.2 La Coppa del Mondo come evento mediale
Oggi sempre più persone sono raggiungibili dal flusso di informazioni dei media e viviamo perciò
in una società di massa. Uno degli aspetti fondamentali della cultura che si è diffusa è il “fenomeno
calcio”, in cui si intrecciano l’originale dimensione ludica e componenti economiche, sociali e
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politiche. Si tratta di uno spettacolo collettivo capace di coinvolgere una grossa fetta della
popolazione e di richiamare quindi l’attenzione di politici e pubblicitari.
L’importanza assunta dal calcio è evidente se pensiamo che le
competizioni di maggior interesse sono da considerarsi a pieno titolo degli
“eventi mediali”: questi sono avvenimenti la cui eccezionalità è data dalla
straordinaria ampiezza del pubblico e dalla sensazione di assistere a
qualcosa di unico e storico. Sono caratterizzati da valori forti e condivisi e
sono presentati in modo da favorire la partecipazione corale, rituale ed
emotiva degli spettatori. Uno studio di Katz e Dayan
1
individua tra i
media events le cerimonie e le distingue in tre differenti categorie,
inserendo le gare sportive tra le “competizioni”.
L’avvenimento sportivo che più di tutti gli altri incarna le peculiarità dell’evento mediale è senza
dubbio la Coppa del Mondo di calcio, capace di coinvolgere ed appassionare persone di ogni età,
sesso ed estrazione sociale. Il pubblico dei Mondiali è infatti molto più vasto rispetto a quello dei
tifosi che solitamente seguono le partite tra squadre di club: le Nazionali di ogni Paese risvegliano il
senso patriottico o più semplicemente il campanilismo insito in ogni uomo.
È subito chiaro come la spasmodica attenzione dedicata a questa manifestazione abbia più a che
vedere con l’irrazionalità che con la razionalità. La comunicazione fa leva su questo aspetto e lo
ingigantisce: non ci si limita a descrivere ciò che succede in modo oggettivo (denotazione), ma si
carica l’avvenimento di valori, positivi o negativi, costruendo una vera e propria narrazione
(connotazione). Questo processo è alla base della comunicazione di massa, poiché sfrutta la
componente emotiva, necessaria per ottenere il massimo coinvolgimento degli spettatori.
1.3 Intrattenimento e società
Come vedremo più avanti, la televisione italiana degli ultimi venticinque anni è stata sempre più
dominata dalle logiche dell’intrattenimento e della spettacolarizzazione. Gli effetti che questo
fenomeno ha avuto sulla società sono evidenti: ha contribuito all’affermarsi di una nuova cultura
massificata che si è andata a sovrapporre alle precedenti culture delle varie regioni e dei vari ceti
sociali. Il piacere visivo e l’evasione sono ciò che i media forniscono e ciò che la gente sembra
volere. Si tratta di un’evasione che è però integrata in una realtà conformista. La comunicazione
infatti propone dei modelli e manipola i bisogni della gente. Uno di questi è il bisogno di essere
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D. Dayan, E. Katz, Le grandi cerimonie dei media. La storia in diretta, Bologna, Baskerville, 1993, p.29.
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connessi: i media ci vengono presentati come assolutamente necessari, poiché ciò che conta oggi è
essere sempre raggiungibili, integrati nei flussi comunicativi. È questo il “principio di
inclusione/esclusione”, base della Network Society (società delle reti, così definita da Manuel
Castels). Si può dire quindi che la comunicazione genera il bisogno di altra comunicazione.
Assistiamo così a fenomeni paradossali, come quello delle abitazioni del Terzo Mondo in cui è
presente un apparecchio televisivo ma manca il frigorifero. Un altro esempio riguarda proprio i
Mondiali di calcio: nel Medio Oriente la card che permetteva di vedere i Campionati costava dai
130 euro in su, una cifra notevolmente superiore al salario minimo. Ma in molti non erano disposti a
perdersi la Coppa del Mondo, uno dei pochi momenti di svago nella dura vita quotidiana.
“L’amusement è il prolungamento del lavoro sotto il tardo capitalismo. Esso è cercato da chi vuole
sottrarsi al processo di lavoro meccanizzato per essere di nuovo in grado di affrontarlo. Ma nello
stesso tempo la meccanizzazione ha acquistato tanto potere sull’uomo durante il tempo libero e
sulla sua felicità, e determina così radicalmente la fabbricazione dei prodotti di svago, che egli non
può più apprendere altro che le copie e le riproduzioni del processo lavorativo stesso”. Così Adorno
e Horkheimer
2
, teorici della scuola di Francoforte, spiegano un aspetto dominante della società
contemporanea e la loro analisi è ancora molto attuale.
Lo sport (e in particolare il calcio) si inserisce perfettamente in questa logica: da pratica elitaria che
era, è diventato una forma d’intrattenimento, uno spettacolo prodotto da professionisti e destinato al
consumo di massa attraverso il supporto dei mezzi di comunicazione. Il professionismo nasce
proprio per lo spettatore, che assume così un ruolo attivo nel decidere le sorti di una competizione,
di una squadra o di un singolo giocatore. Tutto questo ha come conseguenza un ulteriore incremento
del business collegato allo sport.
È possibile tracciare un parallelo tra la società odierna e quella dell’antica Roma: i potenti, per
evitare malcontenti e conseguenti rivolte, davano al popolo “panem et circenses” (pane e giochi),
come sosteneva Giovenale. Lo sport oggi è il corrispondente dei circenses: è cioè lo svago di cui la
gente ha bisogno, la “fabbrica dei sogni” che permette agli uomini di sopportare le fatiche
quotidiane.
2
M. Horkheimer e T. W. Adorno, “L’industria culturale. Illuminismo come mistificazione di massa”, in Dialettica
dell’Illuminismo, Torino, Einaudi, 1966, pp. 147-148.
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1.4 Il tifo calcistico
Il calcio viene vissuto come un vero e proprio rito, che in quanto tale crea coesione e
identificazione: tutti i tifosi si sentono partecipi di valori, passioni ed emozioni comuni, diventando
un’unica grande entità. Nell’antichità i riti collettivi, in cui si faceva riferimento a una credenza
condivisa, erano momenti fondanti delle comunità. Nella società secolarizzata in cui viviamo sono
venuti meno i valori trascendenti, in favore di altri molto più “terreni”: sono cambiate le credenze,
ma le funzioni e i risultati del rito sono analoghi.
Lo spettatore non si identifica solo con gli altri tifosi, ma anche e soprattutto con i giocatori e con
l’allenatore. Si attua una vera e propria “mimesi”, in cui chi segue le partite si sente protagonista al
pari dei suoi beniamini e vive le loro stesse emozioni, soffre e gioisce con loro. Se la squadra vince,
il tifoso è anch’egli vincitore, ha la sensazione di essere speciale, migliore degli altri, sia a livello
collettivo sia individuale. Il calcio rappresenta un momento di evasione e la vittoria viene
considerata addirittura una rivincita sull’insoddisfazione della vita reale. Si spera nel successo
anche per vedere confermato ciò in cui si crede, il proprio punto di vista.
La sconfitta invece può essere presa con distacco, ma la delusione può anche sfociare nell’ira e
nella violenza. In ogni caso le discussioni che scaturiscono da una partita possono essere pressoché
interminabili.
Questo è il tifo calcistico, quasi una religione soprattutto in Italia. È costituito da elementi che
hanno poco a che vedere con la ragione, ma che possiedono una straordinaria forza emotiva. Ed è
intorno a questo fenomeno che ruota tutto il “grande circo” del calcio e più in generale dello sport.