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territorio e possono essere valutati in una duplice ottica:
ricostruttiva, nel momento in cui essi captano le ragioni del
successo di alcune aree del paese; e promozionale se essi
esportano il modello vincente incentivando così l’avvio di
nuove esperienze di crescita.
In un primo momento, l’approccio ai sistemi locali è stato di
tipo economico-imprenditoriale e si sono presi in esame i
dati relativi ai livelli di produzione e di occupazione, con
una particolare attenzione per le iniziative di tipo
manifatturiero, quindi i distretti industriali. Con questa
espressione si intende un’area urbana in cui sussiste un’alta
concentrazione di imprese che, in modo sinergico, tendono a
valorizzare le tradizioni produttive e a riqualificare aree
degradate. Al contrario, recentemente, l’asse d’interesse si
è spostato sulla dimensione civile e sociale del tema, quindi
su come si possano innescare dei processi di maturazione
all’interno di una comunità grazie ad iniziative culturali
collegate a precisi progetti di sviluppo locale.
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1.1 Il termine “distretto” e la sua evoluzione
Come brevemente accennato, in economia, il distretto
industriale si identifica con un territorio geograficamente
localizzato caratterizzato da un numero di imprese
specializzate che favoriscono la creazione di relazioni
endogene ed esogene e il parallelo sviluppo di infrastrutture
e servizi dedicati (Becattini, 1987). Ricercando le origini del
modello distrettuale, esse sono rintracciabili in Inghilterra a
partire dal 1870, grazie al contributo dell’economista Alfred
Marshall. Egli attribuì alcune prerogative fondamentali ai
distretti industriali, quali: una libera diffusione delle idee e
delle informazioni, una costante innovazione tecnologica, la
creazione di un mercato stabile e l’incentivazione di attività
indotte nelle aree circostanti. La loro integrazione si
traduceva in un andamento decrescente dei costi medi di
produzione delle imprese coinvolte nel distretto, grazie
anche al ruolo particolarmente rilevante delle economie
esterne di agglomerazione.
Diversamente, un distretto culturale può essere definito
come una rete di relazioni che congiunge insieme le varie
attività finalizzate alla promozione delle risorse,
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determinando un processo integrato di valorizzazione.
Proprio per quanto concerne le attività di valorizzazione,
esse presentano un forte legame con le infrastrutture, i
servizi del territorio e le offerte di professionalità, ovvero
con tutte quelle componenti capaci di generare il processo di
valorizzazione stesso. Altresì l’uso del termine distretto non
risulta casuale, ma, al contrario, esso fa riferimento ad uno
spazio definito e preciso, con confini ben definiti sulla base
di un insieme di criteri.
1.2 Le caratteristiche del distretto industriale
potenziale
I distretti industriali sono il risultato di una formula di
politica economica che riesce a relazionare design
industriale, creatività manageriale e cultura. Tali
agglomerati industriali ed artigianali costituiscono un valido
esempio di come il binomio cultura-creatività possa
rappresentare un driver per uno sviluppo economico locale.
Infatti, in linea generale, l’agglomerazione di imprese ha
sviluppato delle economie esterne, sostenendo di
conseguenza uno sviluppo economico endogeno. In termini
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teorici, un distretto culturale può essere considerato come il
prodotto di due fattori quali:
la produzione di cultura e la sua natura idiosincratica;
la presenza di economie esterne di agglomerazione.
Quando questi due elementi si fondono insieme, in un
ambiente creativo e dinamico, allora l’esistenza di un
distretto culturale è possibile e andrà ulteriormente
perfezionata attraverso l’apporto di istituzioni presenti ed
efficienti sul territorio (Santagata, 2000, 2006). Più
precisamente, la cultura ha due importanti radici
antropologiche che sono lo spazio e il tempo perché la
produzione di cultura è imprescindibilmente legata ad un
luogo preciso ed alla comunità che lo rappresenta. Proprio a
causa di questo carattere idiosincratico, la cultura è un bene
atipico rispetto all’economia di mercato che invece è
relativa a beni generici che non hanno una precisa
dimensione temporale e spaziale. Al contrario, la creatività
dei beni culturali rappresenta il prodotto specifico di una
generazione e crea dei veri e propri flussi di creatività
generazionale nei diversi ambiti culturali (Santagata, 2004).
Di conseguenza, ciascuna generazione ha una propria
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identità e quindi una propria cultura. Per questo motivo, i
distretti culturali si identificano con la produzione di beni
idiosincratici che fanno leva sulla creatività e sulla
proprietà intellettuale, mentre il legame con il territorio e la
sua evoluzione storica costituisce un vantaggio competitivo
notevolmente discriminante poiché rappresenta
l’accumulazione di capitale umano localizzato. Un distretto
industriale, infatti, stabilisce una rapporto con il territorio
alquanto variabile che può essere infatti:
forte, nel caso in cui la produzione è strettamente legata
alla trasformazione di materie prime (ad esempio i prodotti
agro-alimentari);
medio, nel caso di distretti che non hanno un legame
intimo con il territorio ma che si caratterizzano per antiche
tradizioni produttive (ad esempio, il caso della ceramica di
Caltagirone);
debole, per i distretti che puntano su prodotti innovativi.
Il modello distrettuale, applicato a piccole e medie imprese,
è perfettamente in grado di reagire alle variazioni di
mercato e alle eventuali crisi industriali, mantenere un
rapporto con le istituzioni in modo da favorire lo sviluppo di
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iniziative destinate alla valorizzazione dell’identità
complessiva e sviluppare rapporti al tempo stesso
competitivi e cooperativi tra le varie imprese.
Da un punto di vista strettamente giuridico, la definizione di
“distretto”, in riferimento all’ambito industriale, ha fatto la
sua prima apparizione nell’ordinamento italiano con la
lettera della norma di riferimento dedicata agli “interventi
per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese” che
così recita: “si definiscono distretti industriali le aree
territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione
di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto
tra la presenza delle imprese e la popolazione residente
nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme delle
imprese”(Art. 36 L. 317/1991).
Alla legislazione nazionale sui distretti hanno fatto seguito
vari interventi legislativi di carattere regionale che hanno
disciplinato, oltre alle forme produttive distrettuali di tipo
industriale, anche distretti di altra natura, introducendo, ad
esempio, la nozione di distretto culturale. Tale estensione
appare giustificata se si considerano gli ingenti cambiamenti
che hanno investito le società avanzate con il ruolo
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preponderante dell’economia intangibile della
comunicazione, dell’esperienza e dei servizi. Questi
mutamenti fanno si che la dimensione culturale sia posta tra
i fattori strategici delle politiche di sviluppo dell’Unione
Europea. Infatti, nel contesto di tale evoluzione, va inserita
la prospettiva adottata dal Consiglio Europeo di Lisbona del
2000 per il quale la ricerca, l’istruzione e lo sviluppo
costituiscono i pilastri del cosiddetto “triangolo della
conoscenza” su cui fondare il futuro dell’Unione; nonché i
numerosi programmi di finanziamento e le varie iniziative
istituzionali di sostegno alla realizzazione di organizzazione
ed eventi per una “rigenerazione culturale”.
1.3 Il modello distrettuale applicato alla cultura
Il modello distrettuale riferito ad un contesto industriale ha
avuto un notevole successo ed una larga diffusione che ha
comportato la sua esportazione ad altri settori economici, in
particolare in quello del turismo culturale. Questa attenzione
è dovuta a diversi fattori come ad esempio un’idea
composita del bene culturale che comprende il patrimonio
storico-monumentale e la storia della comunità o, ancora, il
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profilarsi del concetto di sviluppo sostenibile perseguibile
attraverso il rapporto tra bene culturale e ambiente
circostante
Tuttavia, la definizione di distretto culturale non è univoca
poiché esso rappresenta un nuovo oggetto di indagine e, con
grande facilità, spesso in Italia si ricorre impropriamente a
questo termine per definire iniziative diverse.
A tal proposito, inoltre, si sono sviluppati due diversi filoni
di letteratura distrettuale. Il primo affronta il tema del
distretto come cluster di attività dal contenuto artistico che
producono un mondo autonomo, dotato di senso proprio. Il
secondo filone invece, concepisce il distretto come un
obiettivo progettuale, frutto di una precisa azione di policy.
Questo tipo di prospettiva, nominata anche “interventista”
da Santagata, attribuisce un ruolo di notevole importanza
alle istituzioni che, attraverso una divisione dei compiti,
promuovono la conservazione e la valorizzazione del bene
stesso. A tal proposito il Valentino (2001) annota: “un
distretto per la valorizzazione dei beni culturali non nasce
spontaneamente, prende vita da un disegno che è volontà
politica e non può avvalersi di automatismi perché manca
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di un dispositivo di avviamento”. O ancora Preite (1998)
evidenzia la differenza tra distretto culturale e industriale
argomentando che: “mentre il distretto produttivo si
costituisce in modo spontaneo ed è il risultato di iniziative
non pianificate da una pluralità di agenti, quello culturale è
concepibile come costruzione volontaria di agenti politici
che individuano nel patrimonio culturale l’asse strategico
di un modello di sviluppo”.
Come ha scritto Roberta Sulli “il distretto culturale è un
modello di sviluppo territoriale che ha nella cultura il
motore, la sua leva fondamentale; non è un istituto ne uno
strumento codificato” (2007).
Abbastanza esaustiva è anche la definizione di Valentino del
2001 che definisce un distretto culturale come un sistema di
relazioni delimitato territorialmente che integra il processo
di valorizzazione delle dotazioni culturali con le
infrastrutture e con gli altri settori produttivi collegati (per
esempio, con le imprese di restauro, con le imprese
imprenditoriali ed editoriali fino alle filiere
dell’accoglienza). Il patrimonio culturale è l’asset attorno al
quale si sviluppa il distretto culturale e la centralità del