2
intrattenimento, un canale dedicato al calcio e alle partite in
diretta. Un passo importante si è compiuto quando è stato
abbandonato il classico appuntamento della domenica pomeriggio
per interessi televisivi, che ha portato alla frammentazione della
giornata di campionato in un “week end” calcistico, cosa
impensabile negli anni ottanta. I ricchi contratti e le grosse somme
che arrivavano nelle casse delle squadre e della lega di calcio,
hanno subito fatto gola al movimento calcistico che si può dire ha
avviato un “matrimonio di interesse” tra questo sport e la
televisione. Ora i diritti televisivi rappresentano una grossa fetta
delle entrate di una società professionistica di calcio, e mostri
sacri come la storica “Novantesimo minuto” sono diventati dei
programmi seguiti dai pochi nostalgici del calcio o da chi non si
può dotare di un’ abbonamento alla tv satellitare. Ora lo scenario
dei diritti televisivi è fatto di accordi tra le società, di dispute e litigi
per accaparrarsi la fetta maggiore e di squadre che improntano le
proprie strategie più sul business economico che sulla ricerca
della sola prestazione sportiva. Vedremo come questo processo
sia legato ad espresse esigenze e interessi dei due mondi,
divenuti ormai paralleli, e come ormai questi siano legati in
maniera indissolubile.
3
CAPITOLO I
Il RAPPORTO TRA FENOMENO SPORTIVO
E DIRITTI TELEVISIVI
1. 1 Le premesse di un’evoluzione
L’attuale situazione dello sport e della televisione è il frutto un
processo più o meno lungo che ha visto questi due ambiti
crescere insieme e svilupparsi quasi di pari passo. Si può dire che
le grandi manifestazioni sportive, come ad esempio le Olimpiadi
hanno avuto un gran ruolo in questo sviluppo, hanno attirato
sempre un notevole numero di persone che volevo sentirsi
rappresentati anche nell’altro capo del mondo. E’ parimenti vero
che lo sport in Italia ha partecipato al battesimo della televisione: il
3 gennaio 1954 nel palinsesto del primo canale era presente
“Domenica sport”, progenitrice dell’attuale “Domenica Sportiva” e
solo tre settimane dopo gli italiani potevano seguire la partita della
nazionale contro l'Egitto. Spettacolo, informazione, finalità
pedagogiche del nuovo mezzo, interessi degli organizzatori si
combinano già nel primo incontro tra sport e televisione
1
. Lo sport,
fenomeno già affermato, dà una mano alla diffusione del nuovo
mezzo. Negli anni successivi i maggiori eventi sportivi, quali per
esempio Olimpiadi, diventano terreno fertile per le nuove
sperimentazioni a livello di tecnologia e per vedere il recepimento
1
Cfr. G. Iozzia e L. Minerva, Un matrimonio d’interesse, Roma, 1986 pag. 11
4
dello sport nel palinsesto. Il campionato di calcio arriva in
televisione nel 1960: tutte le domeniche va in onda la telecronaca
registrata di un incontro prescelto delle serie A. Nel 1960 con le
Olimpiadi di Roma si capisce l’arretratezza della pratica dello
sport in Italia, e questo spinge le federazioni a fare grossi passi
per incoraggiare le attività sportive. Nel frattempo gli esperimenti
continuano a susseguirsi portando le dirette ad aggiungersi alle
ore di differita, e a portare sempre più sport nelle case degli
italiani. Lo sport comincia ad inserirsi nel palinsesto del secondo
canale, e ad ogni evento sportivo di livello internazionale
corrisponde sempre un passo in avanti nella tecnologia ed un
aumento costante della richiesta di televisori. Nel 1964 l’olimpiade
di Tokio vede le prime trasmissioni via satellite, anche se in
differita, con la graduale diminuzione dei tempi di riproduzione. I
satelliti del sistema Intelsat permettono finalmente le trasmissioni
intercontinentali senza limiti di durata. Si apre una nuova fase per
tutto il sistema sportivo internazionale
2
. In Italia il 17 giugno 1970
17.700.000 spettatori vedono la partita degli Azzurri contro la
Germania nei campionati del mondo in Messico. Una settimana
dopo, per la finale Italia-Brasile, si raggiungerà quota 28.200.000 .
Nel 1971 nasce “Novantesimo minuto”. Per vedere le immagini
delle partite non bisogna più aspettare la sera, si apre un capitolo
di storia del calcio e delle immagini in chiaro con l’abbinamento tra
sintesi e racconto delle emozioni provenienti dai campi di tutta
Italia. Negli anni ‘70 fanno la loro apparizione sulla scena gli
sponsor; gli accordi tra Rai e Lega Calcio, sempre molto laboriosi,
2
Cfr. G. Iozzia e L. Minerva, Un matrimonio d’interesse, Roma, 1986 pag. 16 e seg.
5
prevedono che nelle trasmissioni giornalistico-sportive le sintesi
degli incontri siano precedute dai nomi e dai marchi ben visibili
degli sponsor. Si arriva al 79’ con la nascita del terzo canale, che
da subito propone una grossa offerta di sport, arrivando dopo
qualche anno ad avere il 45% delle ore di sport
complessivamente trasmesse nella televisione. Però la svolta per
i diritti televisivi e lo sport in genere avviene nel 1980 con la
nascita di Canale 5 e l’acquisto da parte del network di tutti i diritti
del Mundialito
3
.
A questo punto la Rai sente il proprio prestigio intaccato e si va ad
una disputa sui diritti delle della nazionale. La vicenda si risolve
grazie alla mediazione del ministro delle Poste e
Telecomunicazioni: la Rai ottiene gli incontri della squadra italiana
e Canale 5, riconosciuto ufficialmente per la prima volta come
interlocutore, l’uso del satellite intercontinentale. Comincia da quel
momento il gioco al rialzo per l’acquisto dei diritti televisivi. Canale
5, che importa in Italia una serie di avvenimenti spettacolari dello
sport americano (innanzitutto il Super Bowl, la finale di football
americano, all’inizio del 1981) avanza delle offerte per i diritti delle
olimpiadi di Los Angeles, il risultato è un’impennata dei prezzi,
che salgono da tre a cinque volte per i maggiori avvenimenti
sportivi
4
. In alcuni casi Canale 5 e Italia 1 conquistano l’esclusiva
su avvenimenti che in Italia erano sempre stati visti sotto il
marchio della Rai: una parte della boxe mondiale, la finale di
coppa Davis del 1984. Il monopolio è ormai rotto.
3
Competizione svolta dal 1981 al 1987, che vedeva impegnate le due squadre di Milano e altri club
prestigiosi di tutta Europa. Si svolgeva a Milano, che era anche la sede dell’emittente.
4
Cfr. G. Iozzia e L. Minerva, Un matrimonio d’interesse, Roma, 1986 pag. 21
6
Gli effetti si notano anche nei rapporti tra servizio televisivo
pubblico e l’istituzione sportiva nazionale (CONI). In occasione di
un errore della Rai nelle trasmissioni della discesa di slittino nelle
olimpiadi invernali di Sarajevo 84’ il CONI lancia un avvertimento:
“Il mondo sportivo, pur avendo avuto incoraggianti offerte dalle
televisioni private, ha sempre preferito il discorso diretto ed
esclusivo con la Rai, in quanto l’ente radiotelevisivo è l’unico, per
legge, ad avere la possibilità di effettuare trasmissioni in diretta su
tutto il territorio nazionale”
5
.
Questi fatti dimostrano che la crescita di sport e televisione sono
sempre andati i pari passo, aumentando sempre più le cifre
investite e l’importanza data ai diritti delle trasmissioni sportive;
infatti le prime discussioni sono nate per diatribe sui diritti
televisivi, tanto da portare a mettere in dubbio la posizione
dominante delle Rai, che all’epoca dei primi fatti era l’unico ente
televisivo ad aver usufruito di questi diritti. Con l’ingresso nella
scena nazionale del network privato di Mediaset, si è visto
abbandonato il monopolio e una crescita esponenziale dei diritti
relativi allo sport. Negli anni successivi si è vista sempre la Rai
prevalere nei diritti in chiaro delle sintesi del campionato di serie
A, almeno fino alla stagione calcistica 2005-2006, che ne ha visto
l’acquisto da parte di Mediaset, andando ad intaccare la storia e le
abitudini degli italiani e a mettere fine alla longevità di trasmissioni
come “Novantesimo minuto”, durata ben 34 anni.
Ora il matrimonio tra calcio e televisione è consolidato, dopo aver
vissuto quasi tutti i passi della storia di uno e dell’altro mass
5
Documento CONI del 3 aprile 1984
7
media, andando sempre più a coinvolgere aspetti
apparentemente esterni come economia e politica.
Nel breve excursus storico della crescita a braccetto dei due
mondi si è parlato dei diritti televisivi cosiddetti “in chiaro”, cioè i
diritti relativi agli highlights, ossia le sintesi delle partite (che non
possono superare i 3 minuti per partita). Il vero strappo su questi
diritti è avvenuto nel 1996, quando il 29 febbraio la Cecchi Gori
Communications, battendo la concorrenza della RAI e della RTI,
s’è assicurata l’esclusiva dei diritti radiofonici e televisivi “in
chiaro” dei campionati di calcio si serie A e B
6
. Sta di fatto che il
mancato versamento della fideiussione da parte
dell’aggiudicataria ha permesso di rimettere in campo la palla dei
diritti per la trasmissione on the air, così da propiziare il ripristino
dello status quo in favore dell’emittente di Stato, miglior offerente
in seconda battuta
7
.
Questo avvenimento ha rappresentato uno spartiacque per questi
diritti che erano sempre appartenuti alla rete di stato, il fatto che
poi i diritti stessi siano tornati in seguito alla Rai è solo un
particolare, infatti, come già visto, dopo meno di 10 anni Mediaset
farà la voce grande acquistando i diritti in chiaro.
La tecnologia ha poi fatto il resto, con i diritti “criptati”, cioè con le
dirette riservate per lo più al satellite che hanno cominciato ad
influenzare le abitudini del mondo del calcio e degli appassionati
sin dai primi anni; infatti fino alla comparsa delle dirette sui satelliti
nessuno avrebbe mai pensato che la sacralità delle partite della
6
E. Poddighe, “Diritti televisivi”e teoria dei beni, Padova, 2003, pagg.237 e segg.
7
vedi R.Simone, Diritti televisivi, sport e siphoning effect: tutela degli spettatori o delle emittenti in
chiaro?, in Rivista di diritto sportivo, 1997, pagg. 47 e segg.
8
domenica pomeriggio potesse essere rivoluzionata, fino all’attuale
“rateizzazione” che parte dall’anticipo del sabato pomeriggio per
arrivare al posticipo della domenica sera. Tornando ai diritti in
chiaro, si è subito capito come queste contrattazioni avrebbero
potuto portare tensioni tra la tv di stato e il principale competitor
(possiamo anche dire l’unico), che hanno portato a mettere più
volte in discussione la posizione dominante (almeno in passato)
della Rai e la loro strategia aziendale per servire i propri abbonati.
Queste dispute si sono sempre ripetute, arrivando a livelli più alti
negli ultimi anni, con il già citato acquisto dei diritti da parte di
Mediaset, fino ancora all’attualità fatta di minacce velate e
notifiche degli avvocati delle parti.
Per esempio in data 27 gennaio 2006 Mediaset ha annunciato
un’azione legale nei confronti della Rai riguardo a questi diritti,
nella quale accusa specificatamente la trasmissione “Quelli che il
calcio…” che riporta in diretta le reti segnate e i risultati delle
partite, simulando anche dei collegamenti con gli stadi dove si
giocano le partite.
Dopo diverse richieste di cessazione, Mediaset agisce per vie
legali in nome della lega e degli interessi delle squadre stesse,
affermando che questo comportamento rischia di svalutare i diritti
in chiaro con conseguenti danni economici per le squadre cedenti
dei diritti televisivi
8
. Il precedente attesta una sorta di guerra
fredda tra le due emittenti, in un periodo come quello attuale in cui
più volte si è discusso di questi diritti. Ricordiamo che invece per
quanto riguarda i diritti in chiaro della Champions League, (la
8
www.dgmag.it 27-01-06
9
maggiore competizione europea di calcio) la Rai si è aggiudicata
l’esclusiva, ribaltando la tendenza degli ultimi anni che avevano
visto questa manifestazione legarsi ai palinsesti di Mediaset. In
seguito vedremo i diritti criptati e quelli su internet, che sono diritti
derivanti sempre di diritti di cui abbiamo parlato e legati alle
nuove tecnologie.
1.2 Il potere dei mass media, l’arrivo della pay tv
Dopo aver parlato della nascita, crescita e sviluppo della
televisione dal 1953 ad oggi, passiamo ad osservare meglio
l’arrivo della televisione a pagamento nei suoi specifici aspetti,
individuando il valore aggiunto dato dai diritti televisivi. Ripartiamo
dal 1977 e vediamo la nostra a televisione al confronto con quelle
degli Stati Uniti, dove il colore era già utilizzato in maniera più
diffusa ed era già presente la prima tv a pagamento, la Home Box
Office, che contava più di 2 milioni di abbonati e un’attività di due
anni; questa situazione era dovuta anche al fatto che in Europa le
tv di stato erano detentrici della quasi totalità delle frequenze a
disposizione, preoccupati di non far finire un mezzo così potente
nelle mani dei privati. In quegli anni cominciano le prima
trasmissioni private, ma solo via cavo e monocanali e soprattutto
fuorilegge.
La Fininvest nasce come emittente a livello locale. Dalla metà
degli anni ‘80 ad oggi, la situazione rimane pressoché immutata,
10
con Rai e Fininvest proprietari di tre canali a testa, e Tmc
(diventata l’attuale La7), Mtv Italia e Rete A che trasmettono a
livello nazionale
9
. Anche la tv a pagamento, come quella free-to-
air, entra nel mercato italiano in ritardo rispetto agli Stati Uniti ed
altri europei più evoluti: la prima pay tv italiana entra in servizio
solo nel 1991, ma si adegua velocemente agli standard del
settore, diventando la prima a lanciare un’offerta in modalità
digitale satellitare, nel 1996.
Dopo queste premesse, passiamo ad analizzare la differenza tra i
due maggiori tipi di diffusione televisiva, ossia Free-to-air e Pay.
Come riconosciuto più volte in sentenze precedenti dalla
Commissione Europea ( casi IV/M.99-Bertelsman/Kirch/Premiere
e COMP JV.37-B_SKY_B/Kirch_pay-TV) che dall’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato (casi A274-
Stream/Telepiù, provv. N. 8386, C4754-Group Canal+/Stream )
una differenza fondamentale è costituita dalla modalità di
finanziamento. Infatti come argomentato dall’AGCM “”nel mercato
della televisione a pagamento si instaura una relazione
economica diretta fra emittenti e abbonati, mentre nel mercato
della televisione la domanda è rappresentata dagli inserzionisti
pubblicitari che acquistano degli spazi televisivi per la promozione
dei loro prodotti, né sussiste alcun tipo di relazione diretta tra
emittenti e telespettatori. (il pagamento del canone non può
essere assimilato ad un abbonamento, in quanto è una tassa per
9
La legge 223/90, cosiddetta legge “Mammì” , consente ad un ente privato di detenere al massimo il
25% dei canali nazionali in chiaro; oltre ai 9 canali sopraccitati, al momento dell’entrata in vigore
della legge, sono presenti, in chiaro, anche i canali Telepiù1, Telepiù2, Telepiù3. Questa situazione
consente a Rai e Fininvest di non dover spegnere alcun canale a loro disposizione.
11
il solo possesso di un apparecchio televisivo, e l’ammontare non è
stabilito dalle emittenti)”
10
.
Conseguenza diretta di ciò e la distinzione fra i due mercati:
quello della televisione a pagamento e quello della televisione in
chiaro. Dal punto di vista del telespettatore i costi sono di due tipi:
monetario nel caso della tv a pagamento, con l’esborso
dell’abbonamento, e temporale nella tv in chiaro, con la pubblicità
inserita nella programmazione. La scelta del telespettatore se
abbonarsi o meno alla pay-tv, avviene quindi in base al proprio
reddito e al costo attribuito al tempo “perso” per le inserzioni
pubblicitarie.
Sempre dal punto di vista del telespettatore si percepisce la
differenza nel palinsesto, che risulta più rigido nelle tv in chiaro e
più adattabile alle proprie esigenze nel caso della tv a pagamento.
Questi aspetti dimostrano l’importanza dei diritti sportivi e sui film,
che rappresentano una grossa parte dell’offerta delle tv a
pagamento; questo considerando anche la formula del “pay-per-
view” , nella quale il telespettatore spende solo se decide di
acquistare un evento, sportivo o meno, dal bouquet di offerta del
canale. Come riconosciuto dalla Commissione europea “il cinema
e i principali eventi sportivi costituiscono i due prodotti faro della
televisione a pagamento. L’acquisizione di tali diritti è
indispensabile per produrre programmi con caratteristiche tali da
attirare e convincere i futuri abbonati a pagare per ricevere tali
10
Punto 13 Sentenza C5109-Group Canal+/Stream
12
servizi: si tratta perciò di programmi che fungono da richiamo per
la televisione a pagamento”
11
.
Circa i diritti relativi ad eventi sportivi, un’altra particolarità,
anch’essa riconosciuta dalla Commissione, è quella di presentare
“un’elevata deperibilità connessa all’interesse del telespettatore
ad un’immediata fruibilità dell’evento trasmesso. L’attrattiva di un
evento sportivo, infatti, per un telespettatore è data generalmente
dalla sua trasmissione in diretta”
12
. Fra questi eventi sportivi è
possibile individuare un più ristretto set che gode di vasta
popolarità fra il pubblico denominato con l’aggettivo Premium;
sono considerati eventi sportivi premium: il campionato di calcio,
serie A e B, le fasi finali della Champions League e della coppa
Uefa, in seconda battuta il campionato di formula 1 e i tornei del
Grande Slam di tennis (Wimbledon, U.S. Open, Australian Open e
Roland Garros).
In tema di diritti sportivi è semplice notare come questi siano
influenzati dagli avvenimenti e dai protagonisti capaci magari di
avvicinare tante persone ad uno sport, ne sono esempi lampanti
la Juventus, che dovendo giocare nella serie B la stagione 2006-
2007, ha provocato un aumento esponenziale dei prezzi dei diritti
della serie cadetta; invece ci sono sport come lo sci, che ha
goduto di grossa visibilità e attratto molti appassionati negli anni
90’, grazie ai successi di Alberto Tomba.
Da queste considerazioni è facile capire come i diritti sportivi
rappresentino una delle principali basi per una tv satellitare, ma in
questi ultimi anni abbiamo assistito all’emergere del Digitale
11
Cfr. Decisione della Commissione del 27 maggio 1998, Bertelsmann/Kirch/Premiere
12
Punto 21 sentenza 13/05/2002 C5109
13
terrestre, che ha puntato ugualmente su questi diritti per attrarre
abbonati. In seguito andremmo ad analizzare la strada di questi
diritti dalla già citata legge Mammì del 1990 fino ai giorni nostri.
Secondo un articolo comparso sul sito www.dgmag.it, sulla
situazione del digitale terrestre al momento della sua apparizione
nel mondo dell’intrattenimento sportivo, e le prime barriere contro
cui è andato a sbattere per scontrarsi col colosso Sky;
individuiamo il momento in cui la piattaforma digitale ha concluso i
contratti con le principali società italiane: Juventus, Inter e Milan.
“L'emittente satellitare reagisce dopo l'accordo di Mediaset con i
tre club sul digitale terrestre. Se non è proprio guerra, è qualcosa
di simile. E ormai sono tutti contro tutti: Mediaset che con i diritti
del digitale terrestre di Milan, Inter e Juve ha dato un colpo a Sky;
la pay tv di Murdoch che dopo l’iniziale momento di smarrimento,
al grido di “business is business” sta preparando la controffensiva
su diversi piani; le squadre di calcio che vogliono soldi dal digitale
terrestre di Mediaset e dal satellitare di Sky. Ma Sky proprio non ci
sta, tanto da aver fatto due conti e ora sta valutando se chiedere
soldi indietro a Milan, Inter e Juve. Infatti, quando di recente la tv
satellitare aveva chiuso l’accordo triennale con le tre squadre per
un valore economico altissimo, lo aveva fatto in una sorta di
esclusiva visto che allora Sky era l’unica piattaforma in grado di
trasmettere il calcio. Ora invece la tv del magnate australiano è
convinta che i valori vadano ridiscussi e che pertanto potrebbero
esserci delle decurtazioni sui contratti. Insomma l’esclusiva ha un
valore che va salvaguardato. Finché la partita si poteva vedere
solo su Sky aveva un certo peso, se ora si può vedere anche sul
14
digitale terrestre (sul computer e sui telefonini) ne ha un altro. In
qualche modo, anche tutte le altre squadre di calcio, che ancora
devono chiudere i contratti con Sky, è bene sappiano che le cifre
potrebbero essere meno stellari se poi si vendono i diritti anche a
Mediaset, e soprattutto saranno uguali agli ultimi contratti stipulati.
Peraltro i valori delle squadre di calcio sono costantemente
monitorati dalle principali società di ricerche. Di recente, quella
elaborata da Nielsen («indagine monitor calcio»), aveva
identificato circa 27 milioni di appassionati di calcio, in Italia: tra
questi il 24% tifa Juve, il 12% Milan, il 12% Inter, il 4% Roma e via
di seguito. Numeri che possono pesare anche nei contratti.
Quanto a Mediaset - dopo il colpo di Milan, Inter e Juve - per ora è
in una fase interlocutoria, ma di trattativa, con altre squadre di
serie A. Le più felici sono proprio le squadre contattate da
Mediaset, intenzionata a portare, con gradualità, la serie A sul
digitale terrestre. Ma la strategia di Mediaset deve essere
forzatamente a lungo raggio: perché se è vero che avere il calcio
sui decoder del digitale terrestre è un forte lancio per la nuova
tecnologia, è anche vero che Mediaset per ora rischierebbe di
spendere molti soldi acquistando i diritti, senza poi averne un gran
ritorno. Infatti la prima stagione 2004-2005 è del tutto
sperimentale e i primi mesi potrebbe anche non riuscire a
trasmettere le partite (peraltro solo quelle casalinghe) di Milan,
Inter e Juve. I problemi, riguardo alla tecnologia del digitale
terrestre, sono di vario ordine. Per esempio, allo stato attuale, è
coperto solo il 50 per cento della popolazione; ma soprattutto è
ancora da capire bene in che modo incassare i 3 euro a partita
15
che il telespettatore paga attraverso una card acquistata in
tabaccheria. Insomma per i primi mesi Mediaset effettuerà dei test
su varie città italiane per vedere di mettere a punto diversi aspetti
della nuova tecnologia. Poi per la stagione 2005-2006 partirà la
prima vera offerta per il telespettatore. Che comunque fino al
2007 continuerà a vedere le partite su Sky che ha i diritti per tutte
le squadre di serie A. Solo nel 2007, quando scadranno i diritti di
Sky e Mediaset potrà godere del suo diritto di prima negoziazione,
tutto verrà ridiscusso. Anche se c’è chi è pronto a giurare che in
realtà alla fine Mediaset rivenderà i diritti a Sky. Insomma dal
Biscione non c’è voglia di forte guerra e si usa fare il paragone dei
telefonini: avere la card ricaricabile o l’abbonamento col canone
fisso sono due modi diversi di avere il cellulare che coesistono
benissimo e che si rivolgono a pubblici diversi, proprio come il
calcio per il digitale e il satellitare. Chissà, forse è vero che c’è
spazio per tutti”
13
.
Questa era la situazione con l’arrivo del digitale terrestre di
Mediaset, e questo ci porta a qualche riflessione. Prima di tutto è
facile comprendere come Mediaset abbia avuto subito un peso
importante in questa questione, seppur al momento del suo
inserimento i problemi tecnici erano diversi e anche significativi. Il
digitale terrestre, più volte spalleggiato dallo stato con
finanziamenti di vario genere, assume subito il ruolo di
concorrente del satellitare, nonostante siano poche le comunanze
tra i due mezzi. Un altro aspetto è quello della durata dei contratti,
che visti i vari stravolgimenti societari (come nel caso “Calciopoli”)
13
www.dgmag.it