6
New Hollywood per la crisi che investe il sistema causata dal
crollo degli spettatori attirati dalla televisione. Nel ’68 si
cominciano a vedere sul grande schermo pellicole che
interrogano, vivisezionano e smontano la “grande
menzogna
2
”, il “grande inganno” della televisione come
“specchio della realtà”. Titolo rappresentativo di questo
periodo è senza dubbio Quinto potere (1976) di Sidney Lumet
3
,
un caso esemplare di come l’universo televisivo venga visto dal
cinema: un famoso presentatore annuncia in diretta il suo
suicidio. All’epoca il tutto suona alquanto fantascientifico ma
la denuncia di Lumet è precisa nel senso che il fatidico 1984 è
alle porte e gli scenari stanno drammaticamente cambiando.
Scenario anticipato anche da Il candidato (1972) di Michael
Ritchie, con Robert Redford che, per farsi eleggere
governatore, dovrà scegliere se diventare una marionetta nelle
mani della tv o seguire il suo codice etico. Verso la fine del
decennio troviamo un altro film emblematico in questo senso,
non specificamente sulla tv, ma che colloca al centro del
proprio discorso il rapporto tra evento e comunicazione di
massa
4
: è il grande imbroglio raccontato in Capricorn One (1978)
2
Ivi, pag.119.
3.In originale il film si chiama Network: nome che subito evoca la
televisione.
4
Ivi, pag.125.
7
di Peter Hyams, dove si dimostra quanto falsa può diventare
/essere la tv, capace di ricostruire, addirittura, in studio uno
sbarco su Marte.
Gli anni ’70, quindi, servono al cinema americano per
prendere le distanze dalla televisione, per rimarcare il territorio
e per convincere i sempre più numerosi telespettatori che la
verità non arriva nelle casa attraverso il piccolo schermo, ma
solo tentando di rielaborarla attraverso strumenti e valori
artistici come da sempre cerca di fare il cinema.
Negli anni ’80 Hollywood entra con tutto il suo potere
seduttivo, nelle redazioni dei telegiornali e sui set di soap-
opera e telenovelas. Dentro la notizia (1987) di James L. Brooks,
smaschera, spoglia e disvela la genesi quotidiana delle news, i
vezzi e i lazzi degli anchorman, pronti a passeggiare sui cadaveri
dei propri parenti pur di portare a casa uno scoop.
Negli anni ’90, la reality-tv inizia ad occupare stabilmente i
palinsesti americani e pochi anni dopo anche Hollywood
comincia ad avvicinarsi e sfruttare il filone reality, si realizzano
così negli Stati Uniti almeno tre film chiave per la lettura del
sistema televisivo americano, almeno secondo l’interpretazione
di Hollywood, che vanno direttamente a connettersi con la
denuncia di Quinto potere. Il primo in ordine di tempo è Quiz
Show (1994), di Robert Redford, che ricorda un caso autentico
8
di truffa ai danni di uno dei più popolari telegiochi a premi
della storia americana, il secondo è The Truman Show (1998) di
Peter Weir e infine Ed Tv (1999) di Ron Howard.
Il cinema non avendo più simboliche da cui attingere, si
rivolge alla televisione nutrendosi, per non morire, di Grandi
Fratelli e Isole dei famosi. Amato, criticato, sbeffeggiato, ma
conosciuto da tutti, il “Reality Show” impazza nelle tv di tutto
il globo dal 1999 anno in cui la Endemol produce il primo
“Big Brother”. Specchietto per le allodole per aspiranti star e
attori, porta d’ingresso al “luccicante” mondo dello spettacolo,
il reality ha raccolto successi e insuccessi in giro per il mondo
anche dopo che il pubblico ha capito che non si trattava
proprio di “realtà”.
Ma che cos’è un format, in particolare quello del reality show?
E soprattutto come nasce il fenomeno del Grande Fratello?
Nel primo capitolo ripercorrerò la storia di questo fenomeno
mediatico a partire dalla sua nascita e da alcuni esempi tratti da
contesti geografici e culturali diversi.
Critici, intellettuali o semplici telespettatori, hanno visto nel
reality rimandi letterari
9
(Orwell, 1984), televisivi (tv-verità e candid camera), nei
videogiochi (possibilità di completamento partecipativo
5
) e
altro ancora.
Questa tesi si propone di dimostrare come sia possibile
trovare, per questo genere televisivo, anche riferimenti
cinematografici sia nel cinema americano contemporaneo che
del passato.
I film che ho scelto di analizzare nel secondo capitolo sono
The Truman Show (1998), EdTv (1999), Contenders-Serie7 (2001),
American Dreamz (2006), con particolare attenzione dedicata al
primo film perché considerato il capostipite del filone: una
sorta di “reality tv cinematografica”. Questi film “prendono a
prestito formati e modalità narrative che sembrano essere
tipicamente televisivi, riadattandoli al mezzo cinematografico e
stravolgendo alcuni strumenti classici della narrazione
filmica
6
”: una forte tendenza del cinema contemporaneo
americano a invadere il campo degli altri media, prendendo a
prestito le convenzioni estetiche e le strutture narrative. Nei
5
STEVEN JOHNSON , nel saggio Tutto quello che fa male ti fa bene,
spiega come nel reality, così come nei videogiochi, le dinamiche di
gioco non sono mai del tutto prevedibili. C’è una parte di trama, ma le
regole dell’interazione tra i partecipanti rispondono alla chimica della
personalità. Chi guarda, inoltre, partecipa con monologhi interiori del
tipo “Se fossi stato lì, mi sarei comportato in questo modo”.
6
INNOCENTI V., America oggi. La rappresentazione dei mass media nel
cinema americano contemporaneo, pag.10.
10
film presi in esame, inoltre, ritroviamo quella che Taggi chiama
“sceneggiatura invisibile
7
”, cioè il punto di arrivo
dell’adattamento televisivo della realtà: la descrivono, la
precedono e forse la ispirano. Un cinema che in un certo
senso smette di giudicare la tv, anticipandola e superandola,
nella perfezione di un testo che la tv non potrà mai avere
8
. Il
cinema e la televisione contemporanei, specie negli Stati Uniti,
appaiono così largamente interscambiabili: i procedimenti
linguistici, i personaggi, le situazioni, le tecnologie inventate
per la videomusic e la pubblicità, si consolidano e anzi
raggiungono una consacrazione quando vengono adottati dal
cinema.
9
Vedremo come questi film mettano in gioco
fondamentalmente i due principali discorsi cinematografici
sulla televisione:
ξ un discorso critico su ciò che la tv è o diventerà, per
quanto riguarda le tematiche del controllo e della
sorveglianza, dell’intimità e della produzione del reale.
ξ un discorso sul linguaggio televisivo. Il cinema che
parla della tv e il cinema che usa il linguaggio della tv.
7
Cfr. TAGGI P. ,op.cit., pag. 23.
8
TAGGI P., op.cit, pag. 25.
9
BUCCHERI V., L’ovvio e l’ottuso , “Segnocinema” n°98, 1999.
11
Alla fine di queste analisi avremo più dati per riflettere sul
particolare rapporto che lega da sempre il cinema e la tv e che,
nel caso specifico del reality, li vede apparentemente in
contrasto.
Considerato una “creatura” della tv, il cinema ha lavorato più
volte intorno al reality, prima anticipandolo, poi sfruttandolo
per fini narrativi, poi facendolo rientrare nei propri generi. Il
reality show degli anni novanta, creato a tavolino, ha
sbalordito fino ad un certo punto lo spettatore. Messa in scena
di sè stesso, nascosto dietro il muro della presunta verità,
presentato in tutti i modi come vero, il reality ha visto cadere il
suo appeal dopo che il pubblico (ingenuo ma non troppo) ha
capito“le regole del gioco”.
La tv, con i reality, voleva riprendersi la realtà, riproducendola,
ma nel farlo ha mancato clamorosamente il bersaglio.
12
1. Il format
“Non facciamo più la televisione,
ma viviamo la televisione.
Ce l’abbiamo dentro, la tv.
Le siamo dentro.
Ci contiene”.
Paolo Taggi, Vite da format
1.1 Definizione del termine “Reality Show”
Non esiste una definizione univoca del termine “Reality
Show”. Aldo Grasso ne parla in termini di “Programma basato
su situazioni reali che coinvolgono persone comuni, presentate
in un contesto narrativo (e quindi strutturate in storie), che si
avvale solitamente di contributi filmati, siano essi collegamenti
in diretta o contributi chiusi pre-registrati
10
”.
Possiamo quindi affermare che sono tre i tratti identificabili
del genere reality :
ξ prossimità del quotidiano
ξ centralità assegnata ai soggetti esterni al mezzo
10
GRASSO A., Storia delle televisione italiana, Garzanti, Milano, 2004,
p. 601.
13
ξ natura introspettiva della comunicazione messa in
scena che delinea non una televisione come “finestra
sul mondo”, ma una televisione come “finestra su noi
stessi”.
Nel genere rientrano quei programmi televisivi che utilizzano
le vite comuni dell’ ordinary people come puro materiale grezzo
per costruirci storie, per scrivere una realtà di secondo livello
che obbedisca alle regole linguistiche del racconto o della fiaba
con happy end; programmi quindi dove l’intervento autoriale è
molto forte nel riscrivere la realtà. Il reality ammette che le
storie trattate non siano acriticamente e oggettivamente
“registrate”, ma che vengano scritte e in qualche modo
narrativizzate”, sottoposte ad un intervento di scrittura e di
montaggio. Il reality show, infatti, esige un elemento narrativo
di forte richiamo, un “catalizzatore” che gli autori devono
essere in grado di pilotare e sviluppare. Non nasconde né nega
la presenza del mezzo televisivo: anzi il mezzo è presentato
come artefice della realtà, come demiurgo, benefattore o
ruffiano a seconda dei casi
11
.
Si tratta di un genere che sancisce l’intrusione nella vita
privata, che mescola segni e sogni, apparati produttivi e
11
Alessandri A., Cosa si intende per reality show
http://format.blogosfere.it/2006/04/guida_per_autor_1.html.
14
modalità espressive. Rivolto all’uomo qualunque, esso è in
grado di risvegliare in lui la voglia di esprimersi, di parlare, di
relazionarsi.
“Esso è soprattutto un’ idea di realtà o meglio, un’ idea che la
televisione si fa della realtà
12
”. Il reality show nasce sempre da
un format, il soggetto, il modello, lo schema che dà vita a un
programma televisivo. La maggior parte dei programmi di
maggior successo come il talk show, il reality ed i quiz, sono
basati su format, da cui poi derivano i programmi trasmessi in
ciascun paese. Sono programmi basati sulla realtà ma con una
caratteristica forte, quella di essere “formattati”. Si parla infatti
di “format flessibili” in grado di generare un’identità glocal
(globale e locale) in cui il concetto di globalizzazione lascia il
posto alla capacità di adattamento ad ogni singola realtà locale.
Il format si modella quindi nei vari paesi sulla base dell’identità
nazionale.
Possiamo dire che il reality show è un ibrido che lentamente
sta traghettando tutti i generi verso un unico grande genere
televisivo.
12GRASSO A.,Fisiologia del reality show,
http://format.blogosfere.it/2006/04/guida_per_autor_1.html.